Origine e dati
storici

Da "TREVISO E LE SUE PIEVI"  di Carlo Agnoletti (1845-1913) storico della diocesi - vol ll, Turazza, 1898

 NB: Si ringrazia il prof. QUIRINO BORTOLATO per i  seguenti appunti  storici che possiamo definire sciccherie per intenditori:

> Pieve di Riese o Cendrole
> Poggiana
> Spineda di Asolo
> Vallà

PIEVE DI RIESE O CENDROLE

Eccomi alla patria di due Card. di S. R. C. e Patriarchi di Venezia, Jacopo Monico (1778-1851), e il vivente Giuseppe Sarto (n. 1835). E’situata questa pieve fra Asolo, Coste, Salvatronda, Castelfranco, Godego, Bessica; è pari alle parochie di Riese, Vallà e Poggiana, che arano pur le regole nel quartiere del Dom nel 1335; ecclesiasticamente però (a. 1330) sola figliale era Vallà, sendo Poggiana tutt’uno colla matrice. Il nome è dai Reti, deportati da Druso Nerone, che posero e murarono un castello, sulla sinistra dei Musone, rigato anche dal Venale e dalle Brentelle di Piave, Brenta, sulla strada da Padova ad Asolo; il qual castello Ottone I diede al Vesc. trivigiano nel 972, quando dava quello vicino di Godego al monastero di S. Can­dido d’Intica (Frisinga), e però della mensa vesc. nostra erano e pieve e castello, riconosciuti dal Papa (a. 1152) colle pertinenze. Ma si noti che dove per altre pievi con castelli prima si nomina in quella bolla la pieve, per Riese invece c’è scritto «il castello di Riese colla pieve» lo che indica che qua la maggior importanza e popolazione già era presso il castello e non presso la chiesa battesimale: il Vescovo poi aveavi vassalli per il feudo di decania (a. 1178) e se decano vuol dir anche carceriere, niuna meraviglia che qua il Vescovo re­legasse i suoi prigioni. Ed anche altri doventarono proprietari, concedendo il Prelato p. es. al monastero di Piave continuante i lavori de’ Nonantolani; e la famiglia dei castellani appellata da Riese, diede, fra altri Acilio, nel 1193 sindaco nell’esame dei danni per la guerra causata da Mel, alcuni notaj e specialmente Alessandro giudice, che il 16 Marzo 1255 fu procuratore di Alberigo innanzi ad Alessandro Pp. IV. In processo di tempo veneziani furon padroni di questo castello, che dové esser demolito ne’nuovi tempi, e piuttosto la mole diventò palazzo che nel sec. scorso il nobile Zorzi Andrea di Padova, architetto, ammodernò, quindi passò a Gradenigo e Venier. Il luogo primitivo della pieve era, quello che tutto dì si appella le Cendrole (cinerulae) per incendi o disboscamenti a giovare all’agricoltura, e così sulla destra dello sregolato torrente si battezzava in Bessica, sulla sinistra in S. M. Assunta di Cendrole; e come in quella le vicende e i cataclismi poterono far Loria quasi pari alla pieve, in questa la plebe venne mano mano trasferendosi al castello di Riese, mutando o piuttosto al titolo di S. Maria aggiungendo S. Matteo.

Era dunque quella vetusta chiesa della B. V. in Cendrole, nelle cui fondamenta si rinvenne una pietra iscritta «L. Vilo niu IIII vir praefectus juri dicundo Testamento Fieri jussit» che apparteneva a un benemerito del fano che dopo la predicazione del Vangelo si convertiva in chiesa per ministrarvi il battesimo: e come si dové trasportare il fonte in S. Matteo colla residenza del pievano, già non fu né distrutta né dimenticata la chiesa di S. Maria, la cui protezione per molte grazie era stata sperimentata, e nell’Ebenus la si descriveva posta nei boschi, chiusa, ufficiabile ma non più curata: la sua qualità di pieve enunciavasi pure nel 1493; nel 1550 vi era cessato ogni segno di parochialità, ma la scuola (dei battuti) cogli auspici anche di S. Giovanni, vi faceva le sue divozioni, e volendo essi porre un’altra imagine della Madonna con proprio altare, affinché non si alzas­sero due Madonna con pregiudizio dei pievano cui l’altare maggiore apparteneva, sopra questo fu convenuto di collocarla; s’istituiva pure la mansionaria dei Tiretta, famiglia posseditrice alle Tirette, per l’altare di S. Caterina V. M. ricordato nel 1536. Pertanto l’altare mariano si ornava abbastanza (a. 1554); la divozione dei fedeli manteneva il luogo sacro, però bisognoso di tetto (a. 1567) celebrandovisi nei primi sabbati dei mesi: grande vi era il concorso nei lunedì di Pasqua (a. 1578), credo perché la dedicazione fosse stata nella festa dell’Annunziata: del 1598 n’erano mal tenuti gli altari; poi nel 1603 fu ordinato che il banco dei miracoli ed ex-voto si tenesse fuori di chiesa e fosse fatta una nicchia per accomodarvi l’imagine di N. Donna SS.ma cingendo l’altare di balaustrata per non lordarlo coll’olio offerto. Al 1641 una mensile processione vi si conduceva: i pievani del sec. XVIII non vedevano di buon occhio che la gente si sfogasse al romitorio dalle Cendrole (per custodia di un romito); se non che il popolo accresceva i pii atti, come a Santuario, e alle processioni delle prime domeniche ne aggiungeva (a. 1725) nei sabbati di quaresima per celebrare e predicare; ottenevasi (a. 1729) che la messa vietata negli oratorj il 15 Agosto, festa patronale, qua fosse permessa. Inoltre lo stesso consiglio dei X nel 1737 vietò a Lorenzo Taranto d’eriger betola sopra questo sagrato, e il Doge nel 1756 concorse a riedificar grande e bella la chiesa, con duc. 100 effettivi e con roveri del bosco di S. Zenone; cosicché furono in seguito più solenni le processioni che già vi facevano, nel giorno di Pasqua, Ramon, Poggiana, Spinea, S. Vito, Vallà, nell’indomani Godego, nella Dom. I di Maggio Montebelluna, per voto antico. Della nuova chiesa sacramentale gli altari laterali furono di S. Giuseppe e S. Eurosia, e si dimenticò S. Caterina; anche negli ultimi anni si ampliò l’edifizio con portici e stanze utili a pellegrini divoti, ed a sacerdoti e confessori: ne ornano le pareti quadri di Lanzarini e di Giordano, rappresentanti i sacrifici di Noè ed Elia; avvi buon organo, molti e pur preziosi addobbi di sacrestia; e la parochia nella dom. di Pasqua dopo i vespri in S. Matteo si reca a cantarli alle Cendrole, e così apre la solennità del lunedì, giorno ora assegnato alle processioni limitrofe.

Si trasportò, dissi, la pievania al castello: qua erano state erette due chiese vicine, la prima dai Nonantolani a S. Silvestro P. C., almeno nel sec. VIII, l’altra all’Evangelista Matteo, dai Cisterciesi che a que’ primi monaci succedettero, e che dopo l’onore da S. Gregorio VII dato in Salerno all’apostolo, frequentemente presero questo santo a titolo di loro chiese, quasi in segno di grato animo al Papa vindice dei diritti e disciplina chiesastica (prima del 1157): di queste due chiese la seconda servì per il battesimo e per le funzioni dei vivi; la prima per i defunti e intorno ad essa fu fatto il cimitero: nella casa dietro questa risiedeva il pievano; i monaci cui seguirono le monache degli Angeli di Murano, e patrone di Lovadina (sec. XV) si conservarono il gius sopra S. Silvestro; di S. Matteo lo ebbe il Vescovo, perché diventata pieve. Quantunque per il vecchio titolo si nomini plebs S. Mariae de Rexio (a. 1328 ecc.), posta in villa et invicem unita a S. Matteo (a. 156 7), il piovano si disse di Cendrole et annexorum (a. 1500), de Cendrolis sive de Rexio (a. 1521) quando nella visita si cantò l’orazione di S. Matteo, come patrono; ed è pur dato leggere nel muro esterno in cornu Epistolae di S. Matteo attorno una pietra sepolcrale dov’è sculto un prete cogl’indumenti da Messa usati nel 1400 «hic jacet corpus prudentis et venarabilis viri d.ni Andreae de Ziroldis olim plebani hujus ecclesiae qui obiit A. D. 1412 die 3 men­sis Octohris, cujus anima in pace requiescit».

La prebenda fatta dal Vesc. nel 1330 era di L. 40 fra piovano e chierico, il quale suppongo avesse quella parte che dal 1462 diventò beneficio di Poggiana. Nel 1467 stimavasi duc. 60 (erano mal piantate le terre) e S. Matteo serviva al battesimo, il pievano abitava nella casa contigua a S. Silvestro, tenendosi anche questa chiesa, ma corrispondendo un censo di pepe a Lovadina. Sorvolerò che per l’irresidenza o non troppa moralità, pecche non rare nel ’500, anche S. Matteo fu trascurato, tanto più perché quelli di Poggiana e Vallà tradizionalmente riguardavano le Cendrole e vi si erano i loro massari riservati alcun diritto; e che nel 1520 teneva tal beneficio il Card. Bembo, il cui cappellano qua ufficiante aveva la licenza di celebrare in tutto il veneto Dominio. Ricorderò poi che nel 1567 vi si ordinò la scuola del SS.; tavole e pitture eseguivansi al 1595; i massari del 1687 usurpavano beni della fabbrica e molti gioti (ghiottoni) andavano a sonar le campane dì S. Silvestro nel tempo della Messa in S. Matteo, causando sconci; nel 1641 la pisside era coperta di carta, e fu ordinata una seconda sagrestia perchò ci stesse piìi commoda la gente. Nel ’700 S. Matteo era una chiesa desolata, la peggiore che mai fosse, eppure aveva la rendita di L. 540! ma per buona ventura scossi i parochiani si accinsero a fabbricar la moderna parochiale nel 1764 con armonia architettonica, e fu benedetta nel 1773, indi consacrata nell’8 Giugno 1777, ponendosi all’altar maggiore le statue dei Ss. compatroni Matteo e Silvestro; ma il gran quadro di Tintoretti dello Sposalizio di M. V. con altri pregiati dipinti di Palma ecc. furono donati poscia dal Card. Monico: in essa sono anche gli altari del Rosario, del patavino Taumaturgo e del S. Cuore di Gesù, l’organo è piacevole; non più quattro statue sostengono il pergamo; sulla torre campanaria l’orologio mostra nel gnomone la rivoluzione della Luna per le sue fasi, e il Sole nei successivi segni dello Zodiaco. Fu il beneficio, dopo appianata lite di confine con Vallà da cui la strada separa, e con Altivole che incominciava alla casa Miotti e cui non doveva spettare la casa Gradenigo, fu, dico, nel 1780 di duc. 600 fra campi, livello di biade di Poggiana, affitti, altri livelli e quartesi che rendevano st. di frum. 30, segala 45, sorgoturco 100, sorgorosso 15, miglio e saracino 5, avena 5, legumi 4, e vino: buono per vero, e che naturalmente nel 1642 stuzzicò le voglie anche a 21 concorrenti, avendo già messo senno per le leggi civili, che invigilavano, certi gentiluomini trevigiani che nel 1563 Si rifiutavano di pagar i quartesi, onde i contadini davano tutt’al più quella misura che lor piacesse e della peggior qualità !!

Le fasi invece di S. Silvestro furono di essere stata pur essa sacramentale; e in prova nel 1567, adducevansi certe figure di angeli dipinti sul muro sinistro dell’altare, colla scritta «hic est Corpus Christi» già abrogata dal tempo, in luogo chiuso di mattoni e cemento; che in quell’anno era senza fornimenti: nel 1603 stava sempre aperta; nel 1608 non vi si celebrava; nel 1641 se ne valutava la entrata in L. 8, né sempre il piovano locale se ne investiva, ma anche altro sacerdote, per esempio nel 1744 pre Giovanni Biffis, paroco di Giavera che per tale beneficio poteva benedire e assistere a’ penitenti anche in Riese. Essendo rovinosa questa chiesa, allorquando si rinnovò S. Matteo, parea bene demolirla, ma il permesso ne fu dato nel 1781 a patto di farla nuova; al che nel 1796 attendevano le monache; avvenuta poscia la soppressione, si abbandonò il lavoro, e delle muraglie i popolani si valsero per appendici a S. Matteo. Esistono due oratori; quello Grassi (a. 1621) della Maternità di M. V. presso il palazzo alla Costanza che magnificamente fu decorato dal can. e letterato veneziano Gius. co. Lazzari; e quello Monico del SS. Redentore. La Costanza è così denominata per Tuzzio Costanzi che vi costruì un palazzo, e scavò un pozzo nella cui ghiera di pietra leggesi «marmoreo cinxit Tutius Constantius orbe Hunc puteum de quo limpida surgit  aqua: 1516 adì 25 Otubrio.» Riese è patria di due Emm. Card. Monico e Sarto.

Essendo fuochi 9 ¼ 1/8 nel 1335 le anime erano 750 (aggiungansi 280 di Poggiana): solo a Riese cominunicavano 300 in 60 fam. nel 1467: nel 1525 erano tenuti a confessarsi 250, erano tutti 700 nel 1641, 1100 nel 1790, oggi oltre 2000; ed è Riese un municipio del distretto di Castelfranco, nella Congreg. di Sanzenone, una volta di Godego. (TORNA SU)

  POGGIANA

Dirò subito di questa cura che fu indivisa da Riese fino a oltre quattro secoli. Il nome puglana, poggiana vuoi accennare non a Paolo essendovi la g, ma a pugilato o pugna (combattimento) e si affà al castello di Riese: il titolare S. Lorenzo mostra che questa antica chiesa campestre della pieve resiana era diaconale. Qui nel 1264 aveva possessioni il comune di Treviso. Poiché si era vicini ad uomini dei confini di Loria, Godego e Ramon i quali avevano malagevole l’accesso alle proprie chiese, e d’ordinario dalle Cendrole di Riese ri-cevevano i Sacramenti, si accordarono questi con quelli della regola di Poggiana per costituire una nuova parochia, e però il 17 Giugno 1457 cominciarono all’uopo le pratiche; una lettera papale del 1459 ammonivali che i postulanti si guardassero bene dall’aver debiti coi vicini paesi; finalmente il 15 Gennaio 1462 fu fatto anche chiesasticamente il paese di Poggiana, con un cappellano perpetuo del pievano di Riese che fino al 1682 ebbe pure diritto di nominarlo, e gli si assegnarono i quartesi dei campi di Poggiana, coll’obbligo di ricevere i Sacramenti da Riese, e di pagare come censo al pievano 7 staja di frumento, 1 di buona fava, 1 botte di vino e 1 libbra di cera lavorata (più tardi vi fu qualche diminuzione). E così volevasi che anche una nuova chiesa fosse fatta che servisse alla gente di Poggiana e di Ramon; ciò che non ebbe corso, a ciascuno piacendo meglio l’ombra del campanil proprio; nel 1467 poi ordinavasi di ornare il tabernacolo; nel 1521 il battistero mancava d’acqua; al 1599 era l’altare del Rosario, e il paroco mancando di zaghi, si serviva da sè la Messa, che celebrava ogni sabbato o lunedì per defunctis; di quell’epoca o Francesco o Giacomo da Bassano dipingeva la pala maggiore. Anche del 1621 benedicevasi il fonte di Pentecoste: nel 1685 frequentavano poco la chiesa: del 1689 fu introdotta coll’altare la scuola del Taumaturgo di Padova: nel 1731 si fece nuovo il Coro: nel 1777 ed era fatta nuova la canonica che vent’anni prima avea le ponte, e nel 5 Giugno la chiesa ricevé la consacrazione, assegnandosi la festa anniversaria alla Dom. III dopo Pentecoste. Anche di questi ultimi anni si attese a lavori che indicano il buono spirito di pietà nella gente e in chi la governa. Era il beneficio nel 1790 sufficiente dando di affitti staja 14 di frum. e 11 lire, più i quartesi. Le an. nel 1335 erano 280, ché la regola si estimava di 3 ½: al 1463 comun. 300 in 20 fam.; tutti erano 250 nel 1525 e sì che la guerra di Cambraj vi fu funestissima! nel 1685, 250, nel 1790, 315, oggi circa 700, nel comune di Riese, Congr. già di Godego, ora di S. Zenone. - Nel 1574 non piacendo certo paroco agli abitanti, gli fecero paura. (TORNA SU)

SPINEA “DI ASOLO”

Comprendendo questa cura anche Manzolino, che fu la prima figliale di Bessica, se ne vuol parlar subito. Manzolino accenna a vitelli, pastorizia e agricoltura, come pure il suo titolo S. Giorgio; ed è sulla destra del torrente: Spinea invece ch’è sulla sinistra, ricorda gli spini che ingombravano gli alvei disordinati del Musone, e poiché il prisco titolare fu S. Giustina, discepola di S. Prosdocimo, ha un’origine assai rimota; per distinzione da altre spinete, si aggiunse e aggiunge di Bessica, di Loria, di Asolo, di Castelfranco, secondo il gius chiesastico o civile. Quelle due chiese de’Ss. Giorgio e Giustina aveano nel 1330 le prebende, quella di L. 15, questa di 20 tenute dal pievano di Bessica: ne’quaderni posteriori si registrarono ambedue di seguito, ché già la vicinanza ne formava unica cura, benché del 1436 le rendite di Manzolino spettassero al pievano di Castelfranco, e quante volte il beneficio fisso si attribuiva a un prete lontano, ma i quartesi al vicino ch’esercitava il ministero! per la qual cosa i quartesi di Manzolino si son sempre corrisposti al curato di Spinea. Vi è sorta anche una terza chiesa di S. Antonio Abb. per protezione contro la peste del fuoco sacro o mal rossigno, in luogo più centrale per le due regole, che diventò curazia dal 1467, e da ultimo parochia; ma contemporaneamente duravano le altre due, e quella di S. Giorgio con suo cimitero ma senza circuito prativo (cortina), ambedue dette oratorî (a. 1566) e in seguito perite.

Ora presso S. Antonio il pievano di Bessica spesava un cappellano per gli uffici (a. 1493), cui non mancava il torcular pel vino, e che aveva certi diritti verso la gente, cioè i quartesi di Manzolino e le o­blazioni di Spinea. Non avea peraltro beni propri S. Antonio di Spinea, e del 1547 non potevasi mantenerla lampada né asservar l’Eucaristia (a. 1521-65); il pievano poi veniva a celebrarvi le Dom. terze di mese, e, non potendo, mandava un altro per la seconda messa, più nella sagra del 17 Gennajo, e a far qualche ufficio da morto e a visitar alcun infermo, e l’ufficiante nel Sab. S. portava il cereo in quella delle altre due chiese dove si benediceva il Fonte. Nel 1565 essendo cadente anche questa di S. Antonio, gli abitanti si disponevano a raccon­ciarla, confortandoli il piev. Maroni che procurò indulgenze alla scuola di S. Antonio e permise vi si battezzasse: quindi (a. 1590) si disse bella e marmorea la mensa dell’altar magg.; nel 1603 era nuova la sagrestia, né mancava il pergolo, dilet­tandosi il cappellano di predicare: però la pisside era ancora di vetro. Nel 1623 raccolto il visnà a suon di campana e avvertiti dal marigo per le loro case gli uomini del comune, ché il pievano volea per sè i frutti, pur esponendosi a liti, né voleano quelli di Spinea pagar i quartesi, convennero in quella vece di dar al cappellano chiunque facesse boaria il doppio degli altri, e del ruolo de’ pisnentazzi chi un vigan, chi mezzo, secondo le forze, e quale un secchio di vino, quale niente.

Prima del 1747 la chiesa venne riformata, cogli altari del S. Rosario e di S. Girolamo (gius Betini): il campanile fu compiuto nel 1749, tutto a spese del comune, continuandosi le fazioni con Loria e Bessica, e insieme frequentandosi anche le celebri missioni del 175S. Del 1790 si facevano tutte le funzioni parochiali, non esclusa la Liturgia del Sabb. S., si prendeva poi per compatrona S. Lucia; e quanto sarebbe stato più giusto rievocare compatroni i Ss. Giustina e Giorgio! i quali ora nem­meno si ricorda abbiano avuto in protezione questi luoghi. Dal 1814 si ebbe paroco proprio, e così cessò quel contributo di 30 duc. che il pievano dava a questo cappellano. Nel 1335 ciascuna delle due regole stimavasi 1/2 fuoco, erano dunque an. 80: nel 1565 comunicavano 70: tutti erano 300 nel 1621, 391 nel 1790, oggi appena 500 nel comune di Riese e nella congr. di Sanzenone. Al capitello del 1599 concorrevano gli spiritati.
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VALLÀ

Anche qui l’etimologia sa di milizia, che vallatus locus è uno steccato, e sarà stato tale nell’incursioni degli Ungari: poi si chiamò villa di Vallà di Riese. Il titolare S. Giambattista era auspicio del battesimo per questa cappella di Riese, però solo in caso di necessità lo si ministrava in luogo, e dopo il 1647 vi fu eretto il fonte: può il titolo essere stato dato perché nella festa del Precursore 24 Giugno la chiesa ebbe la consacrazione, che nel sec. XVII era stata dimenticata. La prebenda di mensa vesc. nel 1330 fu di L. 15, e nel 1470 che era chiesa curata, ma senza fonte, di duc. 30. Nel 1467 parochiani visitavano bene la lor chiesa; di tre calici uno era rotto. Nel 1503 cita­rono dinanzi al Vescovo il paroco Vincenzo Rossi meno morale; ma le cose andarono meglio col suc­cessore Daniele Rossi Vesc. di Caorle e fratello di Bernardo Vescovo nostro, all’anno 1521, quando è ricordo di certe Messe che qui la congregazione di Godego dovea celebrare e che i massari aveano alcun diritto sopra il culto delle Cendrole. I tre che di Pasqua (a. 1564) non aveano fatto la commu­nione erano caratterizzati ladri e ghiottoni. Già fioriano le scuole del SS. e del patrono, e la divozione di S. Rocco, nella cui festa si celebravano 3 Messe, ma del 1725, sei. Del 1567 fu ordinata la sacrestia dalla parte del campanile; del 1598 l’imagine del titolare sovra la porta. Lagnavasi il paroco (a. 1645) che gli toccasse sonar l’Ave Maria e per ciò pretendeva 6 lire. La chiesa attuale fu eretta per l’architetto Preti, a cominciare dal 1742, cogli altari laterali di S. Giuseppe e del Rosario e S. Rocco, e la consacrazione si celebrò il 3 Mag­gio 1777 in 4 1/2 ore (assegnandosi per la sagra la Dom. II di Maggio). Anche S. Gottardo si prese a festeggiare con particolarità. Al 1814 rimonta il titolo arcipretale; al 1819 il cimitero nuovo, previa permuta di terra del beneficio: questo tra fitti e quartesi dava duc. 262 (a. 1790.) La famiglia Miani (del casato di S. Girolamo) aveva edificato un oratorio di S. Caterina V. M. ricordato nel 1565; ma come fu il parente Fond.r dei Somaschi degno dell’onor degli altari, a questo fu dedicato: quivi nel 1725 si celebrava la messa in tutte le feste, essendo una chiesa campestre. Poiché la regola faceva (a. 1330) f. 3 ¼ 1/8, le anime erano 250 nel 1467, communicavano 240 in 26 fam., 220 nel 1621, tutti erano 477 nel 1747, oggi 1200, nel comune e forania di Castelfranco. Al 1598 erravi in Vallà una strega. Nel 16 Agosto 1885 sparandosi mortaretti, uno di questi scoppiato e rotto causò ferite e morti. (TORNA SU)