Racconti e Favole                                                                                                                                                                                

 RACCONTI   RACCONTI BREVI  


                                 Le bambole in fila

Tutte le bambine hanno messo in fila le bambole e giocato alla maestra. Paula ci ha messo anche un vero registro di classe. Suzy, Patty, Laureen, Liza …Liza? Liza assente. Paula non era davvero una bambina che si contentasse di una bambola e un pezzo di spago per starsene buona a giocare. Aveva messo su anche una biblioteca senza libri, con tanto di schede per l’archivio dei testi e degli autori, e naturalmente le lettere di sollecito alle lettrici che tardavano a restituire i libri presi a prestito. Perché Paula non è mai stata una a cui facesse piacere perdere le cose, fin da piccola. Ma i suoi giochi non finivano davvero qui. Nel silenzio della grande casa, Paula si alzava di notte e se ne scendeva giù in cucina col suo registratore di cassa, fornito di tanto di campanello quando veniva fuori il cassetto dei soldi. Una volta scesa nella cucina, nel complice riposo di tutta la famiglia prendeva le scatolette di cibo e detersivo dagli scaffali per riporli in sacchetti di carta, proprio come fanno le brave ragazze alle casse del supermercato. Naturalmente ogni sacchetto aveva il suo bravo scontrino. La mattina sua madre trovava tutti i sacchetti belli e confezionati. Tutto proprio come nei supermercati, a parte l’incasso in dollari, cosa quest’ultima che deve aver addolorato non poco la piccola Paula, che già allora veniva chiamata la nostra spilorcina, ma su questo particolare non ha detto nulla. Paula dice di aver fatto questo gioco per molte notti, di tanto un tanto, senza mai essere stata rimproverata da sua madre, anche se a distanza di tempo le viene il sospetto che qualche notte sua madre si alzasse e si mettesse a spiarla sorridendo da dietro una porta. Ma il grande gioco di Paula era il ragazzo dell’ascensore. In una stanza al piano terra della casa c’era un angolo rientrante, come il vano di un ascensore appunto. Sul un lato di questo vano nel muro, Paula aveva disegnato i pulsanti dell’ascensore. Un telaio di liste pieghevoli in legno, come quelli che si usano nei terrazzi e nei giardini, faceva da cancelletto scorrevole. Per ore e ore Paula andava su e giù, “A che piano, signora?” Le ho chiesto se si fosse procurata in qualche modo una uniforme. Mi ha detto che forse si, ma non ricordava per certo. Le ho promesso di comprargliene una: gonna rossa, camicetta blu, cappello nero a visiera con aquila d’argento.