Quinto incontro: la liberazione dal significato. Il formalismo come “fenomeno culturale del XX secolo”

Quest’ultima lezione si propone di avviare una prima riflessione sul formalismo, fenomeno tipico della matematica del ‘900.

Formalizzare vuol dire astrarre e quindi trattare contenuti diversi, ma che hanno qualcosa in comune, con uno stesso linguaggio. Per esempio, la relazione funzionale y = kx formalizza tutti i fenomeni nei quali vi sono due grandezze significative (indicate con x e y) che sono legate da una legge di proporzionalità diretta.

La formalizzazione in quanto astrazione da diversi contenuti è un fenomeno tipico del XX secolo: si assiste a una formalizzazione in arte (a partire dall’astrattismo, e da vari movimenti che sentono il bisogno di esprimersi con un linguaggio grafico – pittorico meno legato all’oggetto – situazione da rappresentare e più attento alle relazioni tra gli oggetti e alle strutture soggiacenti il mondo sensibile), ma anche in musica, in letteratura e, in generale, nelle scienze fisiche, chimiche, biologiche, economiche.

I processi di formalizzazione nelle discipline e nelle espressioni artistico – letterarie sono spesso concretizzati nella ricerca e nella sperimentazione di nuove forme di espressione: l’artista sente il peso del già detto (e, speso, del come detto! Immaginate come debba sentirsi uno scultore di fronte al blocco di marmo dopo le opere dei Greci, di Michelangelo, dello stesso Canova … quali speranze di aggiungere qualcosa a quanto già detto usando lo stesso linguaggio e gli stessi canoni di quei grandi artisti?) e sperimenta nuove strade e nuove forme di comunicazione. 

Nelle discipline scientifiche, la formalizzazione nasce dall’esigenza di rendere sempre più gestibili e controllabili le tecniche e gli oggetti specifici della disciplina. In matematica, in particolare, la formalizzazione nasce dall’esigenza di studiare oggetti come la dimostrazione, gli assiomi, le teorie … Con quale linguaggio parlare di questi oggetti? Con il linguaggio naturale, ricchissimo, ma sfumato e ambiguo oppure con i linguaggi artificiali, lineari e per questo gestibili e più adatti al compito? La domanda è retorica ed è ovvio che la risposta sia con i linguaggi artificiali, dove i vari termini non devono richiamare significati sfumati e ambigui e, all’occasione, devono essere tali da non richiamare alcun significato (proprio in questo senso formali). In alcuni casi, come nella microfisica le forme del linguaggio matematico risultano anche utili a parlare di oggetti di cui non si ha diretta esperienza (atomi, elettroni, microparticelle in generale) senza utilizzare termini che fanno inevitabilmente riferimento alla nostra esperienza quotidiana e che, quindi, possono essere fuorvianti.

 

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