Una storia semplice

Capitolo 3

La telefonata


Quando aprì gli occhi e la vide non riuscì a capire cosa ci facesse lei lì, poi cominciò a ricordare: l'aveva chiamata un paio di giorni prima per parlarle, ma non ci era riuscito, non c'era; poi non ricordava più nulla.
Era così bella: la pelle bianca come la neve, i capelli castani chiari, il corpo ben fatto.
Era più bassa di lui e non portava quasi mai i tacchi e vestiva da "paracadutista" come diceva lei.
Era stupenda.
Tentò di alzarsi ma un capogiro lo fece ricadere sul letto. Non l'aveva svegliata per fortuna.
Rimase steso, non capiva perché avesse quelle fitte alla testa; si voltò a guardarla ancora: indossava una maglia bianca ed un paio di pantaloni scuri, un paio di calzini bianchi e i capelli raccolti in una treccia sfatta.
Tentò di nuovo di alzarsi e dovette resistere al dolore: stava camminando cioè stava dondolando e non ricordava.
Andò in bagno e vide il suo volto allo specchio: sembrava appena uscito dalla centrifuga.
- Buongiorno! Come stai? - fece lei con un sorriso.
- Ho un mal di testa atroce! -
- Si lo so! Non hai fatto altro che lamentarti tutta la notte! - sorrise di nuovo - Ti faccio un tè, forza muoviti! -
La guardò andare in cucina, poi la senti prendere il bollitore.
Cosa ci faceva lei lì?
Come mai si era lamentato tutta la notte?
Proprio non ricordava.
Andò in cucina, si sedette e si strinse la testa tra le mani.
- Quando mi hanno detto che mi hai telefonato non ci credevo, sai non è da te - fece lei armeggiando con le tazze.
- Hmm! - bofonchiò lui.
La testa gli stava scoppiando e le mani gli tremavano.
Perché?
Un brivido di freddo lo fece sussultare.Lei senza parlare gli passò una felpa.
- Grazie! - fece lui dopo un attimo di esitazione.
Senza parlare, lei si girò e gli porse la tazza che aveva in mano, poi si sedette davanti a lui bevendo il suo tè.
Lui cominciò a sorseggiare il liquido caldo osservandola di sottecchi.
- Ho fatto la spesa, - fece lei - tieni! Prova! Questi biscotti li ho fatti io! - sorrise.
Quel sorriso illuminava la sua vita: da quanto tempo non lo vedeva?
Prese un biscotto e dovette ammettere che era molto buono.
- Mi hai telefonato ma non so il perché? - fece lei appoggiando la tazza.
- Volevo sentirti! - rispose lui.
- E' buffo, non credevo fossi un sentimentale! - fece lei seria con una punta di malizia - Forse era la febbre! -
- Non capisco - fece lui con sguardo inquisitore.
- Ti ho telefonato appena me lo hanno detto, ma non c'eri. Così ci ho riprovato il giorno dopo, più di una volta, ma non ha risposto nessuno, - sorseggiò il suo tè - allora ho preso il treno e sono venuta -.
Lui la guardò negli occhi.
- E la scuola? -
- Non preoccuparti, mi sono organizzata! -
- Hmm! - fece lui - Come sei entrata? -
- Ho suonato e mi hai aperto. - prese un biscotto - Quando ti ho visto ho capito tutto: avevi la febbre! Hai dormito per due giorni! -
- Cosa? - fece lui, ma si dovette calmare perché stava troppo male.
- Non agitarti, ho pensato a tutto io! - sorrise.
Lei gli prese la mano e la strinse.
- Forse hai ancora un po' di febbre, sei caldo! Và a letto è meglio! - gli sorrise.
Lui si stese e sentendola in cucina si sentì rincuorato.
Perché aveva deciso di non vederla?
Di non dirle nulla?
Perché non voleva ostacolarla, voleva che vivesse la sua vita senza rimpianti.
Lui non capiva se lei lo amasse o se gli fosse solo amica, ora però non gli importava perché era lì.
Chiuse gli occhi, la testa gli faceva troppo male.
Lei gli si avvicinò in silenzio e rimase ad osservarlo: il viso contratto in una smorfia di dolore.
Avevano deciso di non vedersi, poi lui era ricomparso; non dovevano vedersi se lo erano detti anche l'ultima volta invece ora erano di nuovo al punto di partenza.
Lui aprì gli occhi sentendosi osservato.
- Cosa c'è? -
- Stavo solo pensando - disse lei.
Lui non disse altro, rimase a guardare quegli occhi azzurri che lo incantavano, quelle guance pallide impercettibilmente tinte di rosa, quella fronte alta e spaziosa e quella bocca rossa e carnosa, ben disegnata.
Come l'amava, ma ammetterlo sarebbe stato il suo punto debole.
Conosceva ogni singola sfumatura azzurra di quegli occhi, ci si era perso molte volte.
Chiuse gli occhi ma lei era lì, sempre in primo piano.
Come si era deciso a chiamarla?
Non lo sapeva, sapeva solo di averlo fatto, forse erano stati i primi sintomi di febbre.
- Vuoi che ti lasci solo? - e fece per andarsene.
Lui le prese una mano.
- No , resta ancora un po' mi fa piacere che tu stia qui! - lei gli sorrise e annuì, poi si mise a sedere sul letto.
I tratti di quel viso scuro erano unici e lei non poteva staccarvi gli occhi.
Lei strinse forte la mano di lui, che non l'aveva lasciata, e se la portò al viso.
Una lacrima scese giù.
Lui la sentì: piangeva.
Perché?
Aprì gli occhi e si tirò su per asciugarle il viso.
- Non preoccuparti non è niente - fece lei.
Lui la guardò e le baciò la fronte.
- Sono felice di rivederti e sono felice che tu mi abbia chiamata - disse lei con un filo di voce.
- Sono felice anch'io, perché non mi hai risposto! -

CONTINUA...

 

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