Madri e figli

Prima parte

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Non è facile pensare alla strada, è meglio percorrerla, magari a ritroso, verso il passato quand'anche ciò non dovesse servire che a tornare nel presente con un po' di fulgore negli occhi.
Hermann Schreiber

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Sunnydale

Novembre 2002

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-Ti sto uccidendo-

La fissò negli occhi. Quegli occhi verdi come una foresta piena di sole. E la vide irrigidirsi sotto il suo sguardo.

-Sto distruggendo tutto quello che ti circonda. Sto uccidendo ogni parte di te che è ancora buona e pura-

Lei fece per replicare, ma l'espressione sul volto di lui, così decisa e priva di speranza, la lasciò attonita e senza voce.

-E alla fine, quando tutto intorno a te sarà morto e non ti sarà rimasto nient'altro, io verrò per te. Per finirti-

La ragazza sostenne il suo sguardo con rinnovata sicurezza, quasi che le sue ultime parole l'avessero improvvisamente risvegliata.

-Io credo in te, Spike-

Lui la guardò per qualche istante con dolorosa incredulità. Poi l'azzurro cristallino dei suoi occhi si fece cupo e torbido.

-Fai male-

In una frazione di secondo fu su di lei, le mani strette intorno al suo collo sottile e indifeso. Negli occhi che l'avevano guardato con fiducia, vedeva ora riflesso l'orrore della sua maschera mostruosa.

-Ho paura-

Sulle sue labbra lesse una richiesta di aiuto. Lo stava implorando. Nonostante tutto continuava a credere in lui.

-Non sentirai niente-

Il rumore secco delle ossa spezzate risuonò nella cantina vuota. Il vampiro strinse a sé il corpo esanime prima di lasciarlo scivolare sul pavimento, ai suoi piedi.

-Te l'avevo detto che prima o poi saresti caduta ai miei piedi, Cacciatrice-

Spike si svegliò con un urlo soffocato. Gli ci volle qualche secondo per realizzare dove si trovasse. Willow sembrava dormire tranquilla accanto a lui. Almeno per il momento. La storia della nuova casa sembrava aver assorbito tutte le sue angosce oltre alle sue energie. Ma cosa sarebbe accaduto quando quell'ultima distrazione si fosse esaurita?

Nel frattempo lui aveva di nuovo ucciso Buffy. Nel suo incubo. Un incubo che lo tormentava da troppo tempo.

Si passò una mano fra i capelli con un sospiro frustrato. Credeva che il peggio fosse passato. Quando Buffy, la vera Buffy, aveva salutato il suo ritorno con occhi pieni di domande ma privi di odio, si era illuso che tutto si sarebbe risolto per il meglio. E sentire Willow dirgli che credeva in lui...che credeva che potesse essere una persona migliore...una persona, lui che era sempre stato considerato una cosa morta, un mostro...da tutti loro.

Aveva ricominciato a sperare. Si era illuso di poter essere diverso...di poter fare la differenza.

"Ma la verità è che non sei altro che un mostro"

Lei gli sorrideva, bella e letale come una pantera.

"Sappiamo entrambi che hai perso ogni traccia di umanità da molto tempo. A dir la verità conosciamo entrambi il momento esatto in cui hai perso la tua battaglia, non è vero?"

Spike serrò le labbra cercando inutilmente di ignorarla.

"Non sei stanco di lottare ogni giorno contro il demone che ti brucia le viscere? Non sei stanco di perdere, ogni notte?"

Quegli occhi di velluto, così insoliti e preziosi, così inaspettati su quel viso d'ebano. Così indimenticabili.

"Perché continuare a sforzarsi Billy? Sei un perdente, un essere inferiore e inutile. Lo sei sempre stato. Anche quando fingevi di essere un uomo come gli altri"

Spike si alzò di scatto cercando di scrollarsi quelle parole di dosso. Non poteva lasciarsi andare. Non adesso. Doveva essere forte. Per lei. Per tutti loro. Avrebbe avuto tutto il tempo di crogiolarsi nell'autocommiserazione dopo aver rimandato quegli stupidi demoni da dove erano venuti.

Ma quando uscì dalla stanza, lei era ancora lì, accanto al letto. E lo fissava con un sorriso strano. Un sorriso che gli diceva che la resa dei conti era vicina.

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Buffy richiuse l'armadio e diede un'ultima occhiata alla camera da letto. Finalmente era tornata a sembrare la stanza di un essere umano normale. Non che sua sorella fosse un comune essere umano, ma che diamine, doveva proprio vivere come un animale? Era come se non le importasse di dormire sommersa dai vestiti sparsi sul letto o camminare sui libri di scuola e sui pelouches che sua madre le aveva regalato. Era come se tutti quegli oggetti che avrebbero dovuto rappresentare un legame con il suo lato umano le fossero completamente indifferenti. Anzi, a volte le sembrava quasi che quel disordine apocalittico fosse perfino studiato. Come se lasciasse la sua stanza in quelle condizioni inaccettabili apposta per provocarla.

Cosa si aspettava che facesse? Cosa voleva da lei esattamente?

Buffy si scostò i capelli dal viso, sospirando frustrata.

Perché le cose dovevano essere così difficili?

Mentre cercava, inutilmente, di trovare una risposta adeguata a quegli interrogativi esistenziali notò un oggetto che spuntava da sotto il letto. Si chinò annoiata a raccoglierlo, sperando almeno che non fosse qualcosa di radioattivo. Dawn aveva la mania di portarsi i compiti di chimica a casa. C'era mancato poco che con il suo ultimo esperimento li facesse esplodere tutti.

Ma non era un oggetto da laboratorio quello che Buffy si ritrovò tra le mani.

Era un innocuo pacco avvolto in una carta da regalo bordeux.

Buffy rigirò il pacchetto, perplessa.

Forse Dawn aveva già iniziato a comprare i regali di Natale...Dio, lei neanche aveva ancora pensato a cosa comprare...forse era meglio fare una lista.

Stava quasi per riporre il pacchetto dove l'aveva trovato quando notò un biglietto sotto la coccarda colorata.

Naturalmente avrebbe dovuto lasciar perdere e rimettere il pacchetto al suo posto. Non erano affari suoi se Dawn voleva fare un regalo a qualcuno. E soprattutto non la riguardava a *chi* Dawn volesse fare un regalo.

D'altra parte Dawn era sotto la sua tutela...aveva il dovere di controllarla e provvedere alla sua educazione...

Mordendosi il labbro nervosamente, Buffy soppesò il pacchetto.

Oh al diavolo! Avrebbe solo dato un'occhiatina...in fondo che male poteva fare?

Con decisione sfilò il biglietto da sotto il fiocco e lesse il nome del destinatario.

E pensò che di male ne faceva parecchio.

Tanto male che le sembrava quasi di non riuscire più a respirare.

Buffy rilesse il nome almeno un centinaio di volte, quasi sperando che quelle cinque lettere cambiassero sotto i suoi occhi.

Ma naturalmente le lettere rimasero al loro posto, fissandola riprovevoli dalla superficie bianca del biglietto.

Spike.

Dawn aveva comprato un regalo per Spike.

Mentre a lei quasi non rivolgeva la parola. Figuriamoci comprarle dei regali.

Aprì la busta, estraendo il cartoncino decorato al suo interno. Aveva fatto trenta, tanto valeva fare trentuno...

14/11/02

Le vecchie abitudini sono dure a morire...

Non vedo l'ora di rinnovarle con te nella nuova casa!

Buon compleanno

la tua Briciola

Buffy osservò il bigliettino confusa. "Buon compleanno"..."14/11/02"...

Il compleanno di Spike. Spike che compiva gli anni. Bè era una contraddizione in termini. Lo era, no? Che senso aveva per un vampiro festeggiare il compleanno?

Per quanto Spike avesse sempre avuto una certa fissazione per la sua "età".

"Duecento anni non sono un po' tanti per appassionarsi a cose come queste?"

"Ho centoquarantanove anni, per la cronaca...e poi certe cose non hanno età..."

"Spike, ti prego! Solo i pensionati guardano le telenovelas al giorno d'oggi!"

Lui l'aveva guardata ferito.

"A tua madre piacevano"

E lei non aveva più saputo cosa rispondere.

Ma da qui a festeggiare il compleanno ce ne passava...

Doveva essere una cosa tra lui e Dawn. Uno dei loro piccoli rituali. Una volta tornata in vita aveva scoperto che, durante quella lunga estate senza di lei, ne avevano istituiti un'infinità.

Tutta una serie di abitudini e "appuntamenti irrinunciabili" che regolavano lo scorrere della loro vita...o non-vita.

Il cinema del mercoledì sera.

La nuova puntata di Passioni il venerdì.

La serata del poker il sabato.

E chissà quanti altri di cui non era a conoscenza.

E ora questo.

Buffy scartò con cura il regalo, facendo attenzione a non rovinare la carta. Se Dawn avesse scoperto quello che stava facendo non l'avrebbe perdonata mai. Già così mostrava a malapena di tollerarla...

Sul retro della scatola di cartone campeggiava la foto di un servizio completo per preparare la fonduta al cioccolato.

Ecco. Quello doveva essere uno di quei rituali di cui ancora non aveva scoperto l'esistenza. Anzi a quanto pareva era "una vecchia abitudine", stando alle parole di Dawn.

Nella foto accanto una famiglia felice sorrideva di fronte a un bollitore fumante e una bambina dai capelli biondi mangiava con gusto un pezzetto di frutta appena intinto nella cioccolata fusa. La madre le teneva un braccio intorno alle spalle, quasi a voler proteggere il suo momento di gioia. Il padre le osservava sorridendo.

Buffy non poté fare a meno di pensare a un'altra famiglia. Una famiglia che era abituata a riunirsi di fronte a tre tazze di cioccolata per parlare dei dubbi e dei piccoli problemi di ogni giorno, per ridere delle cose del mondo e di se stessa. Una famiglia di sole donne, legate da un sentimento ancora più forte, dopo che il padre le aveva lasciate. Ricordava il sorriso di sua madre che accompagnava orgoglioso ogni loro successo e consolava ogni piccola sconfitta. Ricordava notti felici. Prima che tutto cambiasse. Prima che la notte diventasse il momento della lotta tra la vita e la morte. Ricordava Dawn con il naso sporco di panna, la faccia tuffata avidamente nella tazza di cioccolata.

Eccetto che Dawn non era mai stata davvero lì, in quelle notti. E forse anche quelle notti felici non erano altro che un'illusione, un falso ricordo. Forse esistevano solo nei suoi desideri.

Ma anche se così fosse stato, anche se non avesse mai davvero condiviso quei momenti con Dawn, i sentimenti rimanevano. L'affetto che la legava a Dawn, anche quello rimaneva.

Buffy ricacciò indietro una lacrima richiudendo con attenzione il pacchetto e rimettendo il biglietto al suo posto.

Era così anche per Dawn? Anche lei sentiva quel legame? O forse non l'aveva mai sentito. Forse per lei quei momenti erano solo bugie costruite a tavolino per costringerla a rimanere in una situazione che detestava, accanto a una persona che disprezzava.

Forse per lei gli unici momenti veri erano quelli che aveva vissuto con Spike. L'unico che non le aveva mai mentito. L'unico che non aveva mai finto che lei fosse un essere umano come gli altri.

Forse lei riusciva ad essere se stessa solo quando era con lui.

E dopotutto Buffy non se la sentiva di darle torto.

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Ci voleva più nero.

Dawn riprese in mano il carboncino, scurendo le curve e gli angoli della sagoma.

-Un po' grottesco, se me lo consenti-

La voce alle sue spalle non la distrasse dal suo compito di storia dell'arte, ma si guadagnò una replica tagliente.

-Parla quello che dipinge solo gente mutilata-

Hiro sorrise senza scomporsi.

-Io disegno solo quello che vedo-

Dawn continuò a tratteggiare la figura femminile sulla tela bianca.

-Bè anch'io. Non è colpa mia se la realtà è grottesca-

Hiro soppesò l'affermazione con aria critica.

-L'ho vista anch'io tua sorella e non l'ho trovata così...mostruosa come la stai disegnando-

Dawn scrollò le spalle con noncuranza, prima di tornare a lavorare al ritratto di Buffy.

-Questo perché non l'hai mai vista senza trucco-

Hiro soffocò una risata prima di replicare con leggerezza.

-Non essere cattiva...-

Dawn si girò di scatto, gli occhi azzurri dilatati.

-Credi che io sia cattiva?-

Hiro la fissò stupito.

-Come?-

La ragazza scosse la testa con un risolino acuto.

-Non importa...era una domanda stupida...stavo scherzando-

Con improvvisa fretta si mise a raccogliere le sue cose. Hiro la trattenne per un braccio, improvvisamente consapevole dell'importanza della risposta che lei gli chiedeva.

-Dawn, nessuno di noi nasce buono o cattivo...sono le nostre azioni a determinare da che parte stiamo...-

La ragazza si liberò facilmente della stretta. Con dita nervose ripiegò il disegno a carboncino e lo infilò nel libro di poesie di Hikman.

-Dawn...-

Hiro la guardò uscire dall'aula, senza neanche rispondere alle richieste di spiegazione dell'insegnante.

Le cose stavano degenerando più in fretta di quanto avesse immaginato.

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Stupida ragazzina.

Ma chi diavolo si credeva di essere?

Abbandonare così l'aula senza neanche darsi la pena di giustificarsi!

Maggie Ryan chiuse il registro con foga.

-Facciamo una pausa di un quarto d'ora-

Gli studenti cominciarono a lasciare l'aula in ondate scomposte.

Trogloditi.

Ecco cos'erano.

Ma forse era solo lei che aveva smesso di tentare. Tentare di capirli, di entrare in contatto con loro.

"Non hai mai tentato di capirmi, ecco qual'è il problema"

Le parole di Jacob continuavano a tormentarla. Le ultime che le aveva rivolto, prima di andarsene chissà dove.

Ma lei aveva tentato invece, in tutti i modi. Inutilmente.

Come aveva potuto partire così, senza un'esitazione...come se non avesse aspettato altro che compiere ventun'anni per potere finalmente liberarsi di lei.

Eppure era suo figlio. Sangue del suo sangue. Questo doveva pur contare qualcosa...

Ancora se lo ricordava bambino, dolce e fragile, totalmente dipendente da lei. Quand'è che le cose erano cominciate a cambiare così tragicamente? Quand'è che aveva smesso di ascoltarla? Quand'è che aveva smesso di rispettarla?

"Avresti dovuto pretenderlo quel rispetto"

La voce le penetrò il petto, affilata come una lama.

"Nessuno dà niente per niente, Maggie"

Maggie Ryan si voltò di scatto.

-Chi c'è?-

Una risata profonda la avvolse.

"Non avere paura, Maggie. Sono qui solo per darti quello che meriti. Quello che ti spetta"

Maggie scosse la testa confusa.

-Io non so cosa...-

"Ma certo che lo sai. Sai bene quello che vuoi, non è vero, Maggie? E allora coraggio. Dimmelo"

Maggie si morse il labbro inferiore nervosamente.

Probabilmente stava impazzendo...o forse stava semplicemente scivolando nella schizofrenia. Aveva letto da qualche parte che sentire delle voci era uno dei sintomi...eppure...sembrava così reale...e invitante.

"Cosa vuoi, Maggie?"

La donna alzò al cielo gli occhi vitrei e rispose.

+ + +

-E così ho guardato il biglietto...e non dirmi che non avrei dovuto, perché lo so anche da sola...comunque ho guardato il biglietto e sai per chi era il regalo? Guarda non ci crederai mai...-

-Sarà stato per Spike-

Buffy guardò Xander con gli occhi stralunati. L'uomo distolse un secondo lo sguardo dalla strada e scrollò le spalle improvvisamente imbarazzato.

-Voglio dire...fra poco è il suo compleanno, è normale che Dawn abbia pensato di fargli un regalo...-

Xander tornò a concentrarsi sulla guida sorridendo divertito di fronte all'espressione incredula di Buffy.

-Vorresti dire che tu sapevi quando Spike compie gli anni? Anzi sapevi che li compie, tanto per cominciare?!-

-Sai Buffy, anche lui ha una data di nascita-

Buffy si accoccolò sul suo sedile, piccata.

-Lo so che ha una data di nascita...non sono *così* stupida...è che non pensavo avesse l'abitudine di festeggiare il compleanno...voglio dire, quanto è stupido festeggiarlo per uno che non invecchierà mai neanche di un giorno!-

Xander serrò le dita sul volante prima di rispondere. Stava camminando su un campo minato, se ne rendeva perfettamente conto, ma non rispondere sarebbe stato ancora più sospetto.

-Credo lo faccia per sentirsi come gli altri. Umano voglio dire-

E se è per questo invecchia tanto quanto noi, adesso. Continuò mentalmente.

Buffy sembrò poco convinta.

-Una delle sue solite idee idiote. I compleanni servono solo a ricordarti che la tua data di scadenza si avvicina, non certo a farti sentire "normale"-

Xander scosse la testa, improvvisamente più serio.

-E' stata un'idea di Joyce, veramente. Ha scoperto per caso quando era nato e gli ha fatto un regalo il giorno del suo compleanno. Naturalmente Spike finse che la cosa non lo avesse minimamente colpito. Ma sai com'era tua madre. Riusciva ad arrivarti dritta al cuore, anche con un semplice gesto. E poi Spike non è mai riuscito a rifiutarle niente. Era davvero legato a lei. Riuscivo a vederlo perfino io...Dopo che tua madre è morta ...insomma ha continuato a festeggiarlo. Il suo compleanno, voglio dire. Credo per lui sia una specie di regalo postumo a Joyce...una prova di fedeltà...a volte penso che fosse un cane in una delle sue vite precedenti...del resto non può aver scelto quello stupido nome a caso...avevo un compagno di classe che aveva un cane di nome Spike, uno di quegli insopportabili mastini, abbaiava tutto il santo giorno...in effetti un po' me lo ricorda...-

-Che cosa gli aveva regalato?-

Xander rimase in silenzio per qualche istante. Ricordava benissimo la sera che aveva trovato Spike nel suo scantinato con il regalo di Joyce in mano, ancora incartato. Come se non osasse toccarlo. Come se non riuscisse a credere che qualcuno avesse davvero fatto qualcosa per lui, in maniera totalmente disinteressata.

-Un libro. Un libro di poesie. Qualcosa di Hicmar...Itman...una roba così-

-Hikman-

Xander si voltò a guardare la ragazza stupito. Buffy gli rispose con un sorriso incerto.

-Spike ha una fissazione per quell'autore. Non faceva altro che ripetermi le sue poesie mentre facevamo...-

Xander alzò una mano in segno di difesa.

-Ti prego, risparmiami i dettagli...-

Buffy rise divertita.

-Intendevo dire mentre facevamo la ronda, stupido! Non è che facessimo solo sesso quando uscivamo insieme...-

Xander la guardò poco convinto.

-Ah no? Sai Spike sembra avere le idee molto chiare su quello che facevate insieme e anche quanto lo facevate se è per questo...-

-Tu e Spike parlate della vostra vita sessuale?-

Xander la guardò inorridito.

-Assolutamente no! Ti rendi conto vero che hai inserito nella stessa frase me, Spike e l'espressione "vita sessuale"...per non parlare di "vostra"...Dio, avrò gli incubi per le prossime due settimane...-

Buffy ricacciò indietro la risata che le stava invadendo la gola. Questo era uno di quei temi che andavano approfonditi...

-E allora come sai...-

Xander scosse la testa sconsolato.

-Purtroppo Anya manca ancora totalmente di filtro quando si parla di certi argomenti. Le confidenze che le ha fatto Spike durante la loro maratona di sesso in notturna sono ancora il suo argomento preferito...-

Buffy cercò di scacciare il fastidio che l'idea della "maratona di sesso in notturna" di Spike e Anya le aveva suscitato, concentrandosi sulla questione delle loro reciproche "confidenze".

-Così Spike si è confidato con Anya...-

Xander percepì immediatamente il segnale di allarme. Praticamente poteva vedere la parola "pericolo" scritta in rosso e lampeggiante di fronte agli occhi.

-Non parlerei proprio di confidenze...sai era il momento...e avevano bevuto...e sai com'è Spike, non riesce mai a tenere chiusa quella maledetta boccaccia...-

-Mi sembra ci riesca benissimo quando è con me...-

Xander guardò in tralice la ragazza. D'accordo, cos'era quella? Un'espressione ferita? Possibile che Anya avesse ragione quando diceva che la storia tra quei due era ben lontana dall'essere finita?

Eppure almeno per Spike sembrava una cosa chiusa...e poi ora c'era quella ragazza...quella Bethany...

-Senti, Buffy...non credo lo faccia per ferirti...sta solo tentando di mantenere un rapporto il più normale possibile, dato che dovrete inevitabilmente collaborare nei prossimi mesi-

Buffy si voltò a guardare l'uomo con un'espressione scettica.

-Xander, il rapporto tra me e Spike può essere definito in molti modi, ma non certo "normale"...e poi da quando esattamente saresti diventato il suo avvocato difensore? Fino a qualche giorno fà lo volevi ridurre a un mucchietto di cenere e ora improvvisamente ti comporti come se fosse il tuo migliore amico?-

Xander misurò bene le parole, sapeva che Buffy si sentiva tradita dal suo comportamento. E la cosa lo faceva anche ridere da un certo punto di vista, perché era stata proprio lei a fargli cambiare idea su Spike, era stata lei la prima a chiedergli di comportarsi civilmente con lui e ora che lo stava facendo lo trattava come se l'avesse pugnalata alle spalle. Ma questa era Buffy. Prendere o lasciare. E lui aveva deciso di prendere. Molto tempo prima.

Lentamente accostò la macchina al lato della strada.

-Il fatto che io e Spike abbiamo un rapporto più o meno civile non significa che io abbia dimenticato i miei sentimenti per te...sei sempre la mia Buffster, non dimenticartelo. E' per te che ho combattuto tutti questi anni, non per Spike-

Buffy guardò di sottecchi l'uomo seduto al suo fianco.

-Mhh mmh. E comunque com'è che hai improvvisamente deciso di sotterrare l'ascia di guerra?-

Xander sorrise senza staccare gli occhi dalla strada.

-Quando sbaglio, io lo riconosco-

Buffy si sentì punta sul vivo e tornò a concentrarsi sulle mani che teneva serrate sulle ginocchia senza riuscire a impedirsi di continuare ad ascoltare avidamente le parole di Xander.

-E poi lui è cambiato...e parecchio. E poi anch'io sono cambiato...tutto è cambiato-

Buffy non poté fare altro che assentire silenziosamente. Poi un pensiero improvviso la colpì.

-Ne sai qualcosa di questa nuova casa di cui parlava Dawn?-

Xander strinse le mani sul volante. Altro sentiero scivoloso amico. Occhio ai freni.

-Bè in effetti...-

-No. Non dirmelo. Gliel'hai trovata tu, vero? Del resto avrei dovuto immaginarlo. Non ce lo vedo proprio Spike che va in giro con un agente immobiliare a parlare di cucina abitabile e soggiorno esposto a ovest...e poi te la immagini la telefonata all'agenzia? "Oggi pomeriggio? Mi spiace ma il mio medico mi ha consigliato di non espormi al sole diretto. Che ne dice se facciamo dopo mezzanotte?"-

Buffy si lasciò andare a una risatina, sentendosi totalmente e irrimediabilmente stupida.

-Non sono stato io ad aiutarlo a trovarla, ma...comunque l'ho aiutato con il trasloco...e poi sai, ci sono sempre cose da mettere a posto quando si entra in una casa nuova...cose da carpentiere...-

Di solito era lei quella che stupiva e lui quello che rimaneva a bocca aperta come un pesce lesso. Bè ogni tanto faceva bene invertire i ruoli...

-Buffy, ho paura che ti cadrà il mento se apri ancora un po' la bocca...-

Buffy serrò le labbra cercando di riprendersi dalla sorpresa, inutilmente.

-*Tu* hai aiutato *Spike* a traslocare? E adesso mi verrai a dire che gli hai montato anche le mensole della cucina...-

-A essere precisi erano quelle del salotto...-

Buffy scosse la testa sorridendo.

-Mi sembra di vivere in un episodio di quella serie che vedevo da bambina...come si chiamava...quella dove a gente ordinaria succedevano sempre cose fuori dall'ordinario...Oltre la realtà...Fuori dalla realtà?-

-Ai confini della realtà, titolo originale Twilight Zone di Rod Sterling, anni Sessanta. Grande serie-

Buffy si girò a guardare l'uomo alla guida con occhio critico.

-Sai Xander, a volte mi preoccupi...-

Xander le sorrise di rimando.

-A volte anch'io mi preoccupo-

Poi tornò a guardarla negli occhi, con serenità.

-Non sono tanto diverso da quei tre Nerd. Warren, Andrew, Jonathan. Forse sarei diventato uno di loro se non ti avessi mai incontrata. Forse sarei stato io a spararti nel tuo giardino...a uccidere Tara...-

Buffy posò la sua mano su quella di Xander, stringendogliela con calore.

-Xander, ma che stai dicendo...-

L'uomo distolse lo sguardo, puntandolo dritto di fronte a sé.

-Quello che è successo...quello che abbiamo fatto l'anno scorso...se me lo avessero predetto non ci avrei mai creduto. Non avrei mai creduto di poter lasciare Anya sull'altare, il giorno delle nostre nozze. Non avrei mai creduto che Tara potesse morire così, né che Willow reagisse in quel modo...per non parlare di te e di Spike...Dio, forse hai ragione...forse siamo solo i protagonisti di qualche serie televisiva horror per teen ager...-

-Non capisco dove vuoi arrivare...-

Xander scosse la testa, incerto.

-Neanche lo so Buffy...è solo che...vedere come siamo cambiati...quello che siamo stati capaci di fare...e di non fare. Era tutto così semplice nella mia mente. Noi eravamo i buoni, capisci? Quelli che erano destinati a vincere...quelli che non potevano sbagliare...quelli che facevano automaticamente la cosa giusta. Ma era solo un'illusione. Essere demoni o umani, neanche questa è più una discriminante. Alla fine quelli che ci hanno ferito davvero sono state proprio le persone che ci erano più vicine, i nostri amici-

-E noi abbiamo ferito loro-

Xander guardò il volto stanco di Buffy e ricambiò la stretta della sua mano.

-E' vero. Abbiamo sbagliato. Siamo caduti. Tutti quanti. Però...ci siamo rialzati anche. Siamo cambiati, certo. Probabilmente non saremo mai più come eravamo. Ma quando si è trattato di fare la scelta finale...quando si è trattato di scegliere da che parte stare, abbiamo fatto la scelta giusta. Tutti noi. Nessuno escluso-

-E' questo che pensi?-

Xander si appoggiò contro lo schienale del sedile, rilassando i muscoli della schiena.

-Penso che in questi anni abbiamo sempre cercato di comportarci come Superman, l'eroe senza macchia e senza paura. Ma forse non siamo mai stati Superman. Forse noi siamo stati Batman, fin dall'inizio. L'eroe con un passato traumatico alle spalle che lotta contro l'oscurità che si annida dentro e fuori di lui. Magari non saremo mai eroi puri e luminosi, ma questo non vuol dire che non possiamo essere degli eroi...insomma forse non indosseremo mai un mantello rosso, ma tutto sommato anche quello nero non è male, ti pare?-

Buffy si lasciò andare a una risata leggera.

-Già...e poi il nero mi dona di più-

Xander si unì alla sua risata, sentendo che la tensione che li aveva divisi dopo il ritorno di Spike si andava lentamente sciogliendo.

+ + +

A volte non riusciva a fare a meno di ricordarla.

La sua Cacciatrice.

E ricordava quella strana sintonia, quello strano senso di familiarità che provava ogni volta che si confrontava con lei.

E insieme a lei ricordava un'altra città. Un'altra danza mortale. Un altro se stesso.

Spike sollevò il bicchiere di whiskey tra le dita osservando i riflessi caldi del liquido corposo in controluce.

Caldi come erano stati gli occhi di lei.

Sul palco del locale una band sgangherata suonava una canzone di Jim Morrison rendendola quasi irriconoscibile.

Come on baby light my fire

A volte gli sembrava ancora di intravedere quegli occhi neri che lo fissavano in mezzo alla folla.

Come on baby light my fire.

Esattamente come lo avevano fissato quella notte.

Come on baby light my fire.

La notte in cui si erano visti, per la prima volta.

+ + +

New York

1977

Sentiva la folla muoversi sotto di lui in ritmiche onde di odori e calore. Aspirò a fondo, come se davvero ne avesse bisogno. Poi chiuse gli occhi e lasciò che tutti quei battiti intorno a lui coprissero ogni altro rumore, lasciò che fosse il loro ritmo a guidare la sua voce. E le parole sgorgarono calde e roche oltre il muro dirompente delle chitarre elettriche.

Nessuno sa che vuol dire
soffrire
e ferire
con questi occhi blu

E all'improvviso la sentì muoversi nella folla, sinuosa come un felino. Lo stava guardando. Ed era come se quello sguardo nero lo trapassasse da parte a parte, più affilato e doloroso di una lama incandescente. Spike aprì gli occhi di scatto e la guardò a sua volta, senza smettere di cantare. Anzi, continuando a cantare solo per lei.

Ma i miei sogni non sono senz'anima
come
il mio corpo
Ho queste ore
e questo amore

vendicativo
che è ancora vivo
mentre il resto è morto

Lei che continuava a fissarlo, bella e letale. Gli occhi così intensi da farlo rabbrividire e bruciare al tempo stesso. E lui che all'improvviso non desiderava altro che continuare a essere guardato in quel modo, fino in fondo. Fino alla fine.

Nessuno sa che vuol dire
voler essere vivo
e sentirsi cattivo
con questi occhi blu

+ + +

Nikki lo guardò muoversi sul palco, mentre la sua voce calda e roca invadeva l'aria circostante. I capelli platinati risplendevano di riflessi argentei sotto le luci psichedeliche del locale e gli occhi di un blu profondo sembravano ancora più grandi sul volto pallido e scavato. Orecchini, piercing, borchie e un jilet di pelle nera sopra un paio di jeans sdruciti. Tutto in lui gridava ribellione. Non c'erano regole nella sua musica, così come non ce ne dovevano essere nel suo stile di vita.

Intorno a lei decine di persone gridavano come in preda a un'estatica follia. Lui le sorrise, ammiccando. Come se fosse stata niente più che una nuova fidanzata che era venuta a sentirlo cantare.

Cantare.

Poteva esserci qualcosa di più assurdo di un vampiro che giocava a fare la rock star?

Cercò di farsi strada tra la folla in delirio, ma il palco era troppo lontano e il mare di persone troppo denso per poter essere attraversato. Accanto a lei alcune ragazzine piangevano come indemoniate, mentre le ultime note della canzone si perdevano nell'aria opprimente della sala.

-Cosa ci troveranno poi...-

-E' un idolo-

Nikki si girò di scatto seguendo il suono della voce alle sue spalle. Un ragazzo magro e dinoccolato osservava rapito la creatura che si muoveva sul palco.

-Vuoi dire un idiota-

Il ragazzo scosse la testa senza staccare gli occhi dall'oggetto del suo desiderio.

-Non vedi? La gente lo venera proprio come se fosse un idolo. L'idolo delle folle...-

Nikki si scrollò di dosso una ragazza ubriaca cercando di far risuonare la propria voce al di sopra del fragore della musica elettrica che rimbombava nel locale.

-Sì bè, non capisco cosa ci sia da venerare...-

Il ragazzo sorrise senza staccare gli occhi dal cantante.

-Il suo modo di vestire, sporco e stracciato eppure curato nei minimi particolari, il suo modo di cantare, libero e sfrenato...quando lo guardo è come se sentissi scorrere nelle mie vene la sua rabbia, il suo disprezzo per la società, il suo gusto per la trasgressione-

Nikki fissò il ragazzino stralunata.

-E queste cose sarebbero elementi positivi e degni di venerazione in quale universo esattamente?-

Il ragazzo si voltò verso di lei allora e la Cacciatrice rimase stranamente sorpresa dalla sua somiglianza con il demone che si stava esibendo sul palco.

-Nel nostro. In una società alienante e selvaggiamente egoista come la nostra, il nichilismo è l'unica filosofia di vita possibile. E lui è il nuovo dio di questa religione pagana e senza regole. La gente non vuole più eroi che si mettano su un piedistallo, la gente vuole riti liberatori e sfrenati, se non fosse così gruppi come i Sex Pistols non avrebbero mai avuto il successo che hanno avuto. Sai, anch'io ho fondato un gruppo l'anno scorso. I Generation X. Solo che non riusciamo a trovare nessuno che ci produca. Lui invece riceve offerte milionarie e continua a rifiutarle. Suona solo in locali di periferia, come questo. Vengo qui ogni volta che so di trovarlo. Penso che se solo riuscissi a capire cosa lo rende così speciale...-

Nikki scosse il capo con decisione.

-Se fossi in te non cercherei di approfondire la sua conoscenza. Quello è un tipo pericoloso-

Il ragazzo le sorrise poco convinto.

-Sarà, ma io darei tutto quello che ho per essere come lui-

Nikki squadrò il ragazzo da capo a piedi con un sospiro rassegnato.

-Non credo tu abbia la minima idea di quello che stai chiedendo-

La musica continuava a riempire il locale trascinando dietro di sé le urla delle centinaia di persone che si erano assiepate sotto il palco.

Nikki tornò a guardare il vampiro che le strizzò l'occhio mandandole un bacio. E sentì una stana sensazione avvamparle il corpo.

Ridicolo.

+ + +

-Voglio essere come te-

Spike guardò il ragazzo di fronte a lui con sufficienza.

-Non credo tu abbia la minima idea di quello che stai chiedendo, ragazzino-

Il ragazzo fece un passo in avanti, per nulla impressionato da suo tono sprezzante.

-Non ho paura di morire-

Beh a quanto pare un'idea ce l'aveva. Spike osservò il suo interlocutore con più attenzione. Zigomi affilati e profondi occhi blu. Occhi pieni di sogni appassionati e dolorosi. Come erano stati i suoi una volta. Prima che la morte li spegnesse.

-Come ti chiami, ragazzino?-

-William...William Broad-

William. C'era da aspettarselo. Insolitamente infastidito, Spike fece per allontanarsi, ma si sentì trattenere per un braccio.

-Credi che io non valga abbastanza?-

E di nuovo quegli occhi blu lo trapassarono con la loro sfrontata incapacità di nascondere le emozioni. E di nuovo Spike rivide in quegli occhi imploranti una parte di sé che aveva represso e nascosto sotto tutto il sangue che aveva versato nell'ultimo secolo.

Con un moto di rabbia afferrò il ragazzo per il collo e lo sbatté contro il muro fatiscente del locale.

-Dici che non hai paura di morire-

Con una morsa di acciaio gli strinse il collo, soffocandolo lentamente.

-E io ti credo, William. E sai perché? Perché non si può uccidere qualcuno che è già morto. Ed è così che ti senti, vero? Morto e sepolto-

Sentì che il corpo che stringeva tra le mani stava lentamente cedendo. Ancora qualche istante e la vita lo avrebbe abbandonato, insieme all'ultimo alito di fiato che gli rimaneva nei polmoni. Negli occhi del ragazzo vide accendersi di colpo un istinto primordiale. Un istinto che era più forte della stanchezza e del desiderio di morire. Quel corpo, prima così arrendevole e rassengato, cominciò di colpo a lottare. Lottare per rimanere vivo. Spike lo lasciò andare senza preavviso, guardandolo impietoso tossire e annaspare in cerca di aria.

-Ma se fossi morto non sentiresti il bisogno di respirare, non credi?-

Attese di vederlo riprendere a respirare normalmente prima di voltargli le spalle e iniziare ad allontanarsi. Non aveva fatto che pochi passi, quando si fermò ad accendersi una sigaretta.

-Quando uccido qualcuno lo faccio per sentire la sua vita che mi scorre nelle vene. I corpi morti non mi interessano. Comincia a vivere, ragazzino. Comincia a dimostrare che vali qualcosa e forse quando ci incontreremo di nuovo mi verrà voglia di ucciderti-

Sentiva lo sguardo del ragazzo puntato contro di lui, come in attesa di qualcosa. Con calma, Spike aspirò una profonda boccata di fumo.

-E se non puoi essere bello e dannato, vestiti come se lo fossi-

Con un sorriso sardonico si voltò a guardarlo un'ultima volta.

-Non sai come funziona bene con le ragazze-

+ + +

Nikki lo aiutò a rialzarsi controllando nel frattempo che non avesse segni sospetti sul collo.

-Tutto bene?-

Il ragazzo si lasciò aiutare, sembrava riuscisse a mala pena a stare in piedi. Strano, non le sembrava fosse ferito in modo grave. Per la verità non aveva neanche un graffio...forse all'ultimo momento il vampiro era stato attirato da una preda più invitante.

-Ti avevo detto di stare attento, lo sai che hai corso il rischio di morire stanotte?-

Il ragazzo la guardò in modo strano, un sorriso indecifrabile sulle labbra.

-Già. Adesso credo che correrò il rischio di vivere-

Nikki si aggiustò la giacca di pelle sulle spalle con un sospiro. Probabilmente era ancora sotto shock.

-Hai almeno un posto dove andare?-

Il ragazzo assentì silenziosamente cominciando ad allontanarsi.

Nikki si morse le labbra incerta, forse sarebbe stato meglio accompagnarlo...ma se voleva rintracciare quel vampiro doveva muoversi adesso, non poteva perdere tempo. E poi dubitava che fosse così interessato a quel ragazzo da rischiare di rimanere nei paraggi, con una Cacciatrice in giro.

-Cosa hai intenzione di fare adesso?-

Il ragazzo si girò a guardarla prima di rispondere e Nikki ebbe l'impressione di non averlo mai visto prima. C'era una pienezza nuova nei suoi insoliti occhi blu.

-Naturalmente...scriverò una canzone-

E con quelle parole sparì oltre la porta del locale.

Nikki lo guardò allontanarsi e pensò che mai come in quell'istante le era sembrato simile a quello strano vampiro che cantava di sogni pieni di passioni dolorose e ridava speranza allo sguardo spento di un ragazzino perduto.

 

+ + +

Sunnydale

Novembre 2002

-Hai intenzione di consumarlo con gli occhi?-

Spike sorrise in tralice, senza distogliere lo sguardo dal bicchiere.

-Come mi hai trovato?-

La ragazza rimase in piedi dietro di lui.

-Non sei poi così imprevedibile come credi-

Spike appoggiò il bicchiere sul bancone del bar, senza berne il contenuto. Con calma estrasse un paio di banconote dalla tasca dei jeans e le depositò tra le mani di una cameriera, regalandole uno dei suoi sorrisi brevettati. La donna ricambiò il sorriso e gli strizzò l'occhio prima di rivolgersi alla ragazza dietro di lui.

-Vedi di tenertelo stretto, cocca. Esemplari così capitano una volta ogni cento anni-

La ragazza sorrise divertita prima di replicare a tono.

-Per la precisione una volta ogni centocinquant'anni-

La cameriera le fissò perplessa per qualche secondo prima di scrollare le spalle e tornare al lavoro.

Spike si alzò dalla sedia e si girò a guardare la ragazza.

-Ti ha mai detto nessuno che sei terribilmente pignola a volte?-

Bethany sorrise prima di avviarsi verso l'uscita del locale. Spike la guardò indeciso per qualche istante poi si rassegnò a seguirla con un sospiro.

-E comunque gli anni trascorsi dalla mia nascita sono centoquarantanove e non centocinquanta, almeno fino al giorno del mio prossimo compleanno-

Bethany sorrise accondiscendente.

-Che sarà fra poco più di una settimana...-

Spike assentì con convinzione.

-Appunto, manca ancora più di una settimana perché gli anni siano centocinquanta-

Bethany scosse la testa simulando una divertita rassegnazione.

-E poi sono io quella pignola...-

Spike finse di non cogliere la battuta e puntò gli occhi contro il cielo della sera. I colori plumbei delle nuvole sembravano il presagio di un cambiamento temporale imminente. Nell'aria fredda e elettrica c'era profumo di neve.

+ + +

Doveva proprio dimenticarlo? Proprio oggi?

Dawn sbuffò annoiata.

Se ne sarebbe anche fregata, ma in mezzo al quaderno aveva lasciato la penna che le aveva regalato Giles per festeggiare il suo ritorno a scuola dopo...bè poteva anche dire le cose come stavano dato che stava parlando con se stessa. Dopo il suo tentato suicidio.

Si poteva parlare di suicidio? In fondo lei era l'essenza di un oggetto. La chiave. Forse era meglio usare la parola disintegrazione...

"Sei solo una cosa. Non puoi provare sentimenti. Non puoi amare. Sei solo una cosa malvagia e disgustosa"

Buffy lo aveva ripetuto continuamente a Spike, fin da quando lui aveva varcato la soglia di casa Summers. E ogni volta Dawn aveva sentito che quelle parole non riguardavano solo Spike, ma anche lei. Perché anche lei era una *cosa*. Proprio come lui. E se lui non poteva amare...se lui non poteva provare sentimenti...lui che almeno un tempo era stato vivo e reale...allora che speranze aveva lei?

Con una smorfia girò la maniglia dell'aula e varcò la soglia.

E rimase attonita a fissare lo spettacolo che le si parava di fronte agli occhi. Davvero non credeva di trovare ancora qualcuno in aula a quell'ora di notte. Perfino il custode aveva abbandonato il suo gabbiotto all'ingresso.

E invece l'aula era gremita di studenti. Ed erano tutti educatamente seduti nei loro banchi, immobili e silenziosi.

-Sei in ritardo Dawn, farai meglio a sederti-

L'insegnante stava seduta dietro la cattedra, come se fare lezione alle dieci di sera fosse la cosa più normale del mondo.

Dawn fece per replicare, ma all'improvviso l'unica cosa che desiderava era sedersi al suo banco e recuperare il tempo perso.

Si chiese se la signora Ryan avesse già spiegato l'arte Barocca. Quanto era indietro rispetto agli altri? Doveva farsi prestare gli appunti.

Ma non ora. Rifletté sedendosi compostamente. Ora doveva ascoltare l'insegnante.

In silenzio.

Era una questione di vita o di morte.

+ + +

-Non mi hai ancora detto cosa ne pensi-

La ragazza si voltò a guardarlo con un'espressione perplessa sul volto.

-Cosa ne penso di cosa?-

Spike infilò le mani nelle tasche guardandola in tralice.

-Dell'idea di venire a vivere nella nuova casa. Con me e Willow-

Bethany distolse lo sguardo fissandolo sul cielo della sera che si faceva sempre più scuro.

-Non è incredibile come le giornate si siano accorciate?-

-Ti ho fatto una domanda. Più di un'ora fà. Se la risposta è no, vorrei che me lo dicessi. Se vuoi restare da Rupert non c'è problema, davvero. Solo, ti prego, non insultare la mia intelligenza mettendoti a parlare del tempo. Forse una cosa così funziona con quegli idioti di Osservatori, ma non certo con me-

Bethany tornò a guardarlo negli occhi. Lo aveva ferito.

-Scusami-

Spike scrollò le spalle con noncuranza, invitandola tacitamente a continuare.

-Non è che non voglia venire a vivere con voi...anzi...-

-E' la casa, vero? Non ti piace come l'abbiamo arredata...-

-Adoro la casa, Spike. E' perfetta. Tu e Willow avete fatto un lavoro fantastico lì dentro-

-E allora, perché? E non dirmi che preferisci la compagnia di Rupert alla nostra perché se è così giuro che vado a buttarmi dal primo ponte abbastanza alto nei paraggi...-

Bethany sorrise divertita. Su certe cose era così insicuro da farle quasi tenerezza.

-Non credo sia una buona idea, ecco tutto-

Spike alzò gli occhi al cielo frustrato.

-Ma perché?-

Bethany gli voltò le spalle fissando gli occhi nel cielo plumbeo.

-Guarda, sta cominciando a nevicare-

Spike la afferrò per un braccio con rabbia, costringendola a voltarsi.

-Non è divertente Beth-

La ragazza lo guardò dritto negli occhi con un'intensità tale da farlo rabbrividire.

-Ti amo, Spike-

Lui la lasciò andare, sorpreso.

-Beth io...-

-Non hai bisogno di rispondermi. Non te l'ho detto per ottenere qualcosa in cambio. Volevi una risposta, ora ce l'hai. Non vengo a vivere con te perché ti amo-

Con un sorriso Bethany gli voltò le spalle, rovesciando la testa verso il cielo e lasciando che i primi fiocchi di neve le rinfrescassero le guance infuocate.

Spike era rimasto fermo, dietro di lei. Sentirsi dire "ti amo" così direttamente. Così semplicemente. Lui che aveva sempre dovuto mendicare briciole di affetto e di attenzione. Da tutti.

E ora arrivava questa ragazzina e si donava a lui così, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.

Bethany si allontanò di qualche passo intrecciando le mani dietro la schiena.

-So bene che il tuo cuore e la tua mente sono occupati al momento. Ma io non ho paura di aspettare-

Spike distolse lo sguardo e lo fissò sui primi lampioni che si accendevano lenti diffondendo tutto intorno una luce rosata.

-Neanche se dovessi aspettare per sempre?-

Bethany voltò leggermente la testa per guardarlo. I capelli neri e lucidi le ricadevano sul viso, impregnati dei primi fiocchi di neve.

-Per sempre dici?-

Lo fissò per qualche istante, come se cercasse una qualche risposta sul suo volto. Una risposta che neppure lui riusciva a darsi.

-Cos'è "sempre" Spike? *Sempre*...a volte penso che questa parola non abbia alcun significato. Proprio come "mai". Potrei morire domani, o magari stanotte, per quanto ne so. L'unica cosa di cui sono certa in questo istante è che ti amo. Non so se ti ho amato ieri. Non so se ti amerò domani. Ma ti amo adesso. Su questo non ho dubbi-

Bethany tornò a guardare la neve che cadeva lenta nella notte.

-Mi rendo conto che non è una gran cosa da dire a uno che ha amato la stessa creatura per più di cento anni, ma...io non sono un vampiro, non sono una creatura immortale, leggendaria...sono solo un essere umano pieno di difetti e debolezze. Non posso promettere fedeltà eterna o eterno amore. Posso solo essere sincera con me stessa e con i miei sentimenti. Posso solo dirti quello che provo adesso...adesso che sono qui, con te-

Spike serrò i pugni nelle tasche della giacca. La verità era che di fronte a un'ammissione così aperta e diretta si trovava impreparato. Di solito era lui quello diretto. Era lui quello che diceva le cose come stavano riducendo gli altri al silenzio. E invece adesso era lui quello che restava in silenzio, senza avere il coraggio di dire la verità...con decisione rialzò il capo.

-Bethany io...-

E poi fu come morire. Di nuovo.

Il petto squarciato, i polmoni svuotati, la mente annichilita.

Spike crollò sulle ginocchia, le forze che lo abbandonavano lentamente.

Sentiva la voce di Bethany, ma non riusciva a decifrare le sue parole.

Poi delle immagini gli riempirono gli occhi e sentì il cuore scoppiare.

Una donna. Il petto squarciato, i polmoni svuotati, la mente annichilita.

Era lei ad essere morta. Era lei che sarebbe morta.

E all'improvviso era di nuovo vivo e sentiva chiaramente Bethany che chiamava il suo nome nella notte bianca di neve.

Si riempì i polmoni dell'aria fredda di ghiaccio e stelle. Poi riaprì gli occhi e si voltò a guardare la ragazza accovacciata al suo fianco.

-Qualcuno sta per morire-

+ + +

-A me sembra improbabile che sia ancora a scuola Buff...-

Buffy scosse la testa contrita.

-Anche a me, ma è l'unico posto che mi viene in mente. Prima di uscire Dawn ha parlato di qualcosa che aveva dimenticato al corso-

Xander sospirò stancamente. Negli ultimi mesi Dawn era diventata incontrollabile e quell'ultima "fuga nella notte" era solo una tra le tante.

-D'accordo, allora. Se non altro abbiamo un punto da cui cominciare-

Buffy assentì distrattamente accelerando il passo, poi di colpo si bloccò costringendo anche Xander a un brusco arresto.

La scuola si ergeva di fronte a loro, buia e silenziosa, fatta eccezione per un'unica finestra illuminata, al secondo piano. L'aula di educazione artistica. La luce che filtrava dai vetri sottili si proiettava sul cortile innevato in una forma allungata e distorta.

Ma non era quello spettacolo notturno ad aver attirato lo sguardo di Buffy.

Xander alzò gli occhi al cielo maledicendo il pessimo senso dell'umorismo di chi guidava le loro vite dall'alto.

-Spike cosa diavolo...-

Il demone gli fece cenno di tacere, senza distogliere lo sguardo dalla finestra illuminata. Dopo un tempo che a Xander sembrò interminabile, si rivolse a Buffy che si era istintivamente messa al suo fianco.

-Che un insegnante decida di tenere le sue lezioni a quest'ora di notte mi sembra già strano, ma che addirittura degli studenti decidano di seguirle mi sembra quanto meno improbabile-

Buffy incrociò le braccia sul petto sorridendo, ma senza voltarsi a guardare il demone.

-Per quanto mi riguarda avrebbero dovuto incatenarmi alla sedia per riuscire a trattenermi oltre l'orario stabilito-

Spike si voltò a guardare la ragazza con un'espressione poco convinta.

-Dubito che sarebbero bastate delle semplici catene per trattenerti in un posto dove non volevi stare-

La mancanza di un qualunque vezzeggiativo alla fine della frase la colpì come uno schiaffo in pieno viso. Niente amore. Niente tesoro. Niente dolcezza. Niente boccoli doro. Neppure uno scarno Summers o un freddo Cacciatrice. Solo una constatazione atona e senza passione.

Questa volta Buffy lo fissò dritto negli occhi.

-Non mi sembravi della stessa idea quando mi hai incatenato nella tua cripta costringendomi ad ascoltare le tue profferte di amore eterno...-

Al contrario di quanto Buffy avesse previsto, Spike non sembrò particolarmente impressionato da quell'accusa neanche troppo velata. Si limitò a tornare a fissare la finestra illuminata senza rispondere.

Decisamente quello Spike non era per niente divertente. L'altro Spike, il *suo* Spike le avrebbe risposto a tono, non avrebbe mai lasciato passare una provocazione come quella, impunita.

Ma era proprio quello il punto, vero? Quello Spike non era *suo*. Buffy si chiese se lo era mai stato, tanto per cominciare.

Il suo sguardo si spostò sulla figura minuta accanto al demone. Doveva avere qualche anno in meno di lei. Di certo era troppo giovane per Spike. E poi a lui piacevano le bionde, lo sapevano tutti. Bè naturalmente fatta eccezione per Drusilla. Lei era decisamente bruna. Ed era stato il suo unico amore per più di cento anni...

Serrando i pugni lungo i fianchi Buffy si stampò un sorriso falso sulle labbra.

-Vedo che ti sei portato un'amica-

Spike ricambiò il suo sorriso prima di rispondere.

-Non è una semplice amica-

Buffy sentì il sangue ribollire nelle vene. Voleva giocare? D'accordo. Ma se sperava poi di risolvere tutto con una pacca sulla spalla...

-Mi chiamo Bethany e sono una collaboratrice del signor Giles. Piacere di conoscerti Buffy. Ho molto sentito parlare di te-

Naturalmente la frase, pronunciata in un impeccabile accento inglese, fu accompagnata da un sorriso disarmante. Buffy sentì di odiarla come e più di prima. Strinse educatamente la mano della ragazza lanciando uno sguardo di fuoco a Spike che finse di non coglierlo.

-Direi che è ora di muoversi. Ho giusto bisogno di ripassare qualche lezione-

Buffy scrollò le spalle cercando di scacciare la tensione dalla schiena mentre Xander stringeva a sua volta la mano della ragazza bruna. Ovviamente con un sorriso ebete stampato sulle labbra.

Stupidi uomini.

Distogliendo lo sguardo dalla scenetta a tinte rosa Buffy si accorse che Spike l'aveva già preceduta di un centinaio di metri.

Sbuffando affrettò il passo.

Stupidi demoni.

+ + +

Il libro ricadde violentemente al suolo. Willow lo osservò attonita per qualche istante, prima di sollevare lo sguardo su Giles.

L'Osservatore ricambiò il suo sguardo accondiscendente.

-Devi essere stanca, vero? Continueremo domani gli esercizi di concentrazione-

Willow scosse la testa senza riuscire a proferire parola.

Rupert Giles sospirò, visibilmente stanco.

-Willow, trovo inutile se non addirittura dannoso accanirsi su un esercizio quando non si hanno le giuste motivazioni ed energie per portarlo a termine. Non è un dramma, davvero, ritenteremo domani-

La ragazza si alzò in piedi, allora, fissando l'uomo dritto negli occhi grigi. Poi si avviò con lenta decisione verso la porta di ingresso, raccogliendo la giacca di lana dal divano.

-Willow...non credo che sia opportuno per te uscire senza scorta a quest'ora...sono sicuro che Spike tornerà a minuti e allora, se anche lui sarà d'accordo, potrete andare a casa insieme, ma al momento...-

Willow si voltò a guardare l'Osservatore, gli occhi socchiusi e il volto contratto.

-Spike non tornerà, signor Giles-

L'uomo assentì distrattamente.

-Sì, naturalmente...immagino che lui e Bethany abbiano diverse cose di cui parlare...probabilmente torneranno direttamente al nuovo appartamento-

Con misurato contegno, Giles si alzò infilandosi nel contempo la giacca di tweed.

-Allora penso che ti accompagnerò a casa io...una passeggiata dopo cena non può che fare bene al mio metabolismo, questo cibo americano è davvero deleterio per il fegato, non so davvero come...-

-Signor Giles-

Le parole risuonarono tese e nervose nell'aria. Rupert Giles alzò gli occhi sulla ragazza, immobile sulla soglia della porta di ingresso. E per la prima volta da quando era tornato a Sunnydale provò una sincera e completa paura.

Gli occhi di Willow erano liquidi e neri, le vene del viso in evidenza e i capelli rossi mostravano innaturali sfumature nere.

Serrando i pugni, Giles si preparò a usare le formule di emergenza del concilio delle streghe, ma Willow lo precedette, immobilizzandolo con le sue parole.

-Spike non tornerà signor Giles. Mai più. Se non facciamo qualcosa adesso, morirà stanotte-

Rupert Giles sentì il sangue defluire dal viso e il respiro farsi pesante mentre l'oscuro presagio che lo aveva tormentato fin dal suo ritorno a Sunnydale prendeva forma concreta di fronte ai suoi occhi.

Con improvvisa decisione attraversò la stanza a grandi falcate e raggiunse Willow sulla soglia della porta. Fissò la strega negli occhi illuminati dal potere delle arti oscure e senza esitazione le strinse la mano.

-Cosa stiamo aspettando?-

E con quelle parole sparì con lei oltre la soglia.

+ + +

Maggie Ryan squadrò con sussiego i nuovi studenti.

-Siete in ritardo. Farete meglio a entrare e sedervi-

Gli studenti già presenti non diedero segno di aver notato i nuovi arrivati, continuando diligentemente a prendere appunti sui loro quaderni.

Buffy notò immediatamente la testa fulva di Dawn, proprio in prima fila. Stava per entrare quando la stretta di Spike la trattenne. Rialzò gli occhi su di lui, confusa, ma lo sguardo azzurro e deciso del demone la convinse ad aspettare.

-Perché non viene fuori lei, professoressa?-

Maggie sbatté violentemente la mano sulla cattedra fissando con rabbia lo studente ribelle.

-Vi ordino di entrare, immediatamente. E non intendo ripeterlo una seconda volta!-

Gli studenti ordinatamente seduti nei banchi sollevarono il capo stupiti.

Sulle labbra di Spike si disegnò un sorriso ironico e Buffy incrociò le braccia sospirando. Ci mancava solo uno Spike-show per concludere la sua serata in bellezza. Qual'era la prossima mossa? Sedurre l'insegnante? Ma quando tornò a guardare il suo compagno lo trovò mortalmente serio...bè per quanto potesse essere mortalmente serio uno che era morto da più di cento anni...

-Io non ho molta voglia di entrare. Tu che ne dici Buffy?-

Assurdamente felice di sentirlo pronunciare il suo nome, Buffy ricambiò il sorriso di Spike, prima di rivolgersi all'insegnante con tono di sfida.

-Entrare? Non ci penso neanche. Però potremmo fare un salto in palestra. Ho visto giusto qualche muro che avrebbe bisogno di un po' di colore...tu come te la cavi con i graffiti Xander?-

Xander affettò un certo imbarazzo, passandosi le dita tra i capelli.

-Bè non per vantarmi ma giù al porto mi chiamano il mago dei graffiti. Devo avere giusto un paio di bombolette in macchina-

Il respiro della professoressa Ryan si fece affannoso e quando parlò la sua voce era stranamente distorta.

-Come osate far perdere tempo alla *mia* classe!-

In una frazione di secondo la donna si catapultò oltre la cattedra avventandosi contro Spike. Mentre Buffy e Xander si facevano da parte, trascinando con loro Bethany, Spike rimase immobile, sulla soglia dell'aula. Il corpo di Maggie Ryan lo investì in pieno. Spike strinse la donna con forza e la trascinò fuori dalla stanza.

Dawn scosse la testa, le orecchie invase da uno strano ronzio. Si guardò intorno confusa. L'aula di educazione artistica. Osservò l'orologio sulla parete opposta, proprio sopra la cattedra vuota. Le lancette segnavano le undici di sera. Cosa diavolo...

Gli inconfondibili suoni di una lotta le giunsero alle orecchie. Si alzò rapidamente precipitandosi in corridoio, seguita da un gruppo di studenti.

-Dawn!-

La voce di Buffy la raggiunse, forte e chiara, ma il suo sguardo era concentrato sullo scontro che si svolgeva a pochi passi da lei.

Spike evitava con grazia felina i ripetuti assalti che una strana creatura dal volto tumefatto e i denti affilati gli rivolgeva contro con inumana violenza. Dawn osservò attonita il mostro, provando una strana sensazione di familiarità. Il corpo deformato era coperto di stracci colorati...no, erano brandelli di vestiti. I vestiti della professoressa Ryan. Con orrore, Dawn realizzò che la creatura con cui Spike stava lottando non era un mostro, ma la sua insegnante di storia dell'arte.

I movimenti scomposti della donna si intrecciavano con quelli precisi ed eleganti del demone, come in una strana danza. Dawn rimase immobile, a pochi passi dalle due figure che lottavano senza neppure sfiorarsi, come ipnotizzata. Non per la prima volta pensò che se fosse stato possibile avrebbe volentieri osservato Spike combattere per una vita intera.

-Spike vuoi smetterla di giocare?-

La voce di Buffy ruppe lo stato di trance in cui non solo Dawn, ma anche gli altri presenti erano caduti. L'unico a non sembrarne colpito sembrò proprio Spike che continuò imperterrito a girare in ampi cerchi attorno alla sua avversaria, imprigionandola in una gabbia invisibile.

Buffy sbuffò scuotendo la testa.

-Il solito esibizionista-

Accanto a lei Bethany avanzò di qualche passo, stringendo al petto la custodia nera di quella che doveva essere una chitarra elettrica.

-Non vuole combattere...-

Buffy guardò in tralice la ragazza.

-Sta già combattendo, credimi, io lo conosco. Lui è fatto così, gli piace giocare con la sua preda...è peggio di un bambino!-

Bethany non si voltò neppure a guardare Buffy, troppo concentrata sulla scena che si stava disegnando davanti ai suoi occhi.

-Spera ancora di poterla salvare...ma è troppo tardi...non riesce a vedere che è troppo tardi?-

-Tardi per cosa?-

Ma Bethany sembrava ormai lontana anni luce e Buffy non poté fare altro che osservarla in silenzio aprire la custodia della chitarra e con rapidi gesti estrarre da uno scomparto nascosto una pesante spada nera e scarlatta.

-Nascondiglio interessante per un'arma, non ci avrei mai pensato-

Di nuovo le parole di Buffy caddero nel vuoto, inascoltate. La cosa cominciava ad irritarla.

-Spike, devi ucciderla!-

La voce di Bethany risuonò stranamente spezzata. Le sue mani erano serrate convulsamente intorno all'impugnatura della spada e il suo volto era contratto.

Aveva paura.

Il mostro sembrò accorgersi di lei all'improvviso. I suoi occhi vitrei la fissarono, come ipnotizzati. Spike gli si parò davanti, chiudendogli la visuale, ma non abbastanza in fretta da impedirgli di agire.

Con un verso gutturale la creatura alzò un braccio in direzione della ragazza. Una strana massa di energia si sprigionò dalla sua mano colpendola in pieno viso e scaraventandola all'indietro. La spada, liberata dalla stretta della ragazza, compì un'ampia parabola nell'aria fino ad andarsi a conficcare nella parete opposta.

Buffy tornò a guardare Spike, mentre una strana sensazione le attanagliava lo stomaco.

Spike continuava a evitare gli attacchi, ma non dava segno di voler reagire. Cosa diavolo stava aspettando?

Con rabbia si avvicinò a grandi passi al cerchio invisibile che Spike aveva disegnato intorno alla creatura con cui stava lottando, ma la sua voce la bloccò.

-Che diavolo stai aspettando, Cacciatrice? Porta in salvo quei dannati ragazzini!-

Fu solo una frazione di secondo. Non abbastanza lunga da consentire al mostro di approfittare della sua distrazione, ma sufficiente per permettergli di girarsi verso di lei. Buffy sentì il cuore mancare un battito. Nel mezzo della lotta, Spike si era girato a guardarla. E c'erano rabbia e impazienza nel suo sguardo. Ma c'era anche una strana sicurezza. La stessa con cui una volta le aveva annunciato che l'avrebbe uccisa, durante la notte di San Vigio. Una sicurezza ineluttabile come la morte.

-Buffy non c'è più tempo!-

Buffy si riscosse rabbrividendo. Di fronte a lei il mostro che era stato un tempo un essere umano, stava lentamente crescendo e i suoi occhi iniettati di sangue assumevano via via una colorazione innaturalmente scura e densa. All'altezza di quello che doveva essere lo stomaco una strana luminescenza si faceva sempre più intensa. Buffy guardò il corpo di Bethany riverso al suolo. Il colpo l'aveva appena sfiorata eppure l'aveva quasi uccisa...cosa sarebbe accaduto se il nuovo attacco di quel mostro l'avesse colpita in pieno? E se avesse colpito Xander...o Dawn? Buffy serrò i pugni lungo i fianchi cercando di calmarsi. Si voltò a guardare le persone alle sue spalle. Un'intera classe di studenti terrorizzati. Sua sorella. Il suo migliore amico. Tutti in pericolo. Perché lei aveva messo il proprio desiderio di combattere prima della loro sicurezza. Spike aveva ragione. Non c'era più tempo da perdere. Ancora una volta l'aveva costretta ad affrontare quello che avrebbe preferito dimenticare. Il suo dovere supremo. Non combattere. Ma salvare e proteggere gli innocenti. Per questo era nata. Per questo sarebbe morta. Amen.

Più tardi Buffy avrebbe visto quel momento con altri occhi. Più tardi avrebbe riletto la frazione di secondo in cui aveva raccolto il corpo di Bethany e afferrato la mano di Dawn incitando gli altri ragazzi a seguirla fuori dalla scuola come uno di quei momenti decisivi che cambiano la tua vita per sempre.

Ma mentre si allontanava lungo i corridoi, seguita da una ragazzina recalcitrante e da un nugolo di studenti terrorizzati, non si fece grosse domande esistenziali. Del resto quella battaglia non le era apparsa poi così diversa dalle altre. Non era la prima volta che si affidava a Spike dopotutto. Il mostro sarebbe morto. Gli innocenti portati in salvo. Spike sarebbe uscito dalla lotta tumefatto e affaticato, ma le avrebbe sorriso nel suo solito modo. Magari l'avrebbe anche convinta a offrirgli una birra al Bronze. In fondo aveva salvato la serata.

Il pensiero che le cose sarebbero potute andare diversamente non la sfiorò neanche per un istante.

+ + +

Continua nella seconda parte...

 

 

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