La lunga strada verso casa

Seconda parte

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The way to love anything is to realize that it may be lost.
Gilbert K. Chesterton

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Sunnydale

Novembre 2002

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Double Meat Palace

Buffy riordinò l'ennesimo tavolo coperto di panini mezzi sbocconcellati e bibite rovesciate. Aveva cominciato il suo turno da meno di un'ora e le sembrava già un'eternità. Ma non dicevano che con il tempo ci si abitua a tutto? Evidentemente aveva trovato l'unico lavoro che peggiorava di giorno in giorno. No piccola correzione. Quello era uno dei due lavori che peggioravano di giorno in giorno. L'altro era quello di Cacciatrice.

Osservò con orrore una frotta vociante di studenti invadere l'ingresso del locale. E poi dicevano che i demoni erano terrificanti...

-Summers...-

Buffy fece un gesto stanco con la mano in direzione del supervisore.

-Lo so, lo so, il tempo è denaro, il cliente ha sempre ragione, devo darmi una mossa...-

Il ragazzetto dinoccolato che sfoggiava con orgoglio la targhetta di capo turno le indicò seccato il telefono dietro le cucine.

-Guarda che il regolamento non consente di ricevere telefonate personali durante il turno...-

Buffy si precipitò verso le cucine ignorando i rimproveri del ragazzo. Strinse la cornetta del telefono tra le dita respirando a fondo per calmarsi e pregando che per una volta si trattasse di buone notizie.

-Signorina Summers?-

Cercò inutilmente di dare un volto a quella voce sconosciuta eppure familiare.

-Sì?-

-Sono Robin Wood, il preside della...-

Buffy non riuscì a trattenere un sospiro spazientito.

-Guardi, se è per le assenze di Dawn abbiamo avuto un'emergenza in famiglia, domani mi occuperò di accompagnarla a scuola personalmente...-

L'uomo sembrò esitare un istante dall'altro capo del telefono.

-Si tratta di una faccenda un po' più complicata, signorina Summers...una faccenda che richiede la sua presenza immediata-

Buffy lanciò un'occhiata in direzione del capo turno che la fissava insistentemente con un'espressione corruciata.

-Il mio turno è appena cominciato Preside Wood, potrei venire nel suo ufficio domani in mattinata...-

-Domani potrebbe essere troppo tardi, signorina Summers-

Buffy tornò a concentrarsi sulle parole dell'uomo.

-Si può sapere cosa è successo di così terribile?-

L'uomo esitò di nuovo come incerto sul da farsi. Strano, Robin Wood non le aveva mai dato l'impressione di essere uno che esitava, per niente.

-Si tratta di una questione che preferirei evitare di discutere al telefono-

Buffy tornò a guardare il supervisore che le indicava insistentemente il quadrante dell'orologio appeso alla parete dell'ingresso invitandola poco educatamente a interrompere la conversazione.

-Se vuole che interrompa il turno rischiando di perdere il mio lavoro temo che dovrà essere un po' più esplicito di così, Preside Wood-

Il silenzio che seguì non durò che un istante.

-Riguardo al suo cucciolo, quello che ha perso. Volevo solo avvertirla che io so dove si trova, purtroppo non è in piena forma, a quanto pare il chip di riconoscimento che gli avete fatto mettere gli sta dando qualche problema. Ora, non so se lei sia ancora interessata a riaverlo ma...-

La voce di Buffy risuonò perentoria attraverso il ricevitore.

-Mi dica solo dove e quando vuole che ci incontriamo-

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Sotterranei della New Sunnydale High

Spike si appoggiò alla parete, stremato. Ogni volta che credeva di aver superato il peggio, succedeva qualcosa che lo riportava duramente con i piedi per terra.

Almeno la crisi era passata, ma non si illudeva che non ce ne sarebbero state altre. Travers non lo avrebbe certo lasciato andare così. Si chiedeva solo quanto sarebbe riuscito a resistere.

La prima scossa lo colse di sorpresa. 

No. Non di nuovo. Non così vicina.

Eppure avrei giurato che avrebbe aspettato ancora un po'.

Era come se qualcuno gli stesse strappando una alla volta tutte le terminazioni nervose, come se le sinapsi del suo cervello fossero improvvisamente tutte dolorosamente e forzatamente attivate.

Centinaia di immagini gli invadevano gli occhi, migliaia di suoni aggrovigliati gli assordavano le orecchie.

No. Per favore aspetta...ancora un attimo...

All'improvviso l'immagine di Buffy gli comparve davanti. Indossava la divisa di quell'orribile fast food. Ricordava tutte le volte in cui era andato a trovarla, cercando di convincerla ad andarsene. Ma in fondo quello era solo un lavoro come un altro e la verità era che non riusciva a sopportare niente di quello che la allontanava da lui, anche se solo per poche ore. E poi era carina con quella divisa. Lo aveva sempre pensato, anche se non glielo aveva mai detto.

Devo morire proprio adesso?

Devo abbandonarla in questo modo?

Dobbiamo lasciarci così?

Sto così male che non riesco neanche a pensare...

Non adesso! Mi serve ancora un po' di tempo!

E poi all'improvviso il volto di lei era così vicino e le sue braccia lo stringevano, come in uno di quei sogni che continuava a fare, ma che si scioglievano come la prima neve, al mattino.

-Spike!-

Doveva essere completamente impazzito, perché adesso davvero la sentiva al suo fianco come se lei non se ne fosse mai andata e la sua voce lo chiamava e sembrava così disperata...

-Buffy?-

Era come se ogni sillaba gli costasse un dolore insopportabile, ma doveva sapere, doveva sapere se quella era la realtà, se lei era davvero lì, con lui.

-Sono qui. Sono qui Spike. Coraggio, non è niente, non morirai-

Doveva parlarle, doveva dirglielo prima che fosse troppo tardi.

-Buffy...io...-

Ma lei era già lontana e la sua voce si intrecciava con mille altre nella sua mente, o forse davvero in quella stanza c'erano miliardi di persone che lo guardavano morire e ridevano, ridevano...

-Se solo potessi-

Ma il dolore era troppo forte anche solo per parlare.

-Vuoi dire se solo volessi…-

Buffy si voltò a guardare la nuova arrivata. Una donna alta ed elegante, le forme morbide strette da un tailleur Chanel e i riccioli scuri raccolti in un'acconciatura elaborata. La prima cosa che le venne in mente fu che quella donna era il suo esatto contrario, quasi il negativo di una sua foto. La seconda fu che l'aveva già vista e non era affatto una donna.

-Halfrek-

Il demone della vendetta affettò uno stupore compiaciuto.

-Quale onore! La Cacciatrice si ricorda il nome di un povero demone di classe inferiore. E io che pensavo riuscissi a malapena a tenere a mente i nomi dei demoni che ti sei fatta…fuori-

-Cosa vuoi?-

Il tono di Buffy era basso e perentorio, ma il demone non ne sembrò particolarmente impressionato.

-Tesoro, non è da te che voglio qualcosa. Anzi non sono io che voglio qualcosa, tanto per essere precisi-

Lo sguardo di Halfrek si proiettò su Spike, che era rimasto seduto a terra, la schiena appoggiata contro la parete umida.

-Non ci provare neanche, credi che mi sia dimenticata tutto il casino che hai combinato l'ultima volta? Ti ho risparmiato solo perché alla fine le cose sono tornate al loro posto e Anya mi ha pregata di non intervenire-

Halfrek rise di gusto, la mano dalle unghie laccate davanti alle labbra chermisi.

-Tu mi avresti risparmiata? Povera ingenua. Sono io che ho risparmiato tutti voi e solo perché l'inaspettata comparsa di William mi ha colta di sorpresa. Ma adesso le cose sono molto diverse. Il sipario si sta chiudendo sul misero spettacolino che voi umani chiamate vita. Presto le tenebre caleranno e il caos tornerà a regnare su questo mondo. E credimi, Cacciatrice, questo non è un buon momento per schierarsi dalla parte dei "buoni"-

Buffy non si scompose, limitandosi ad osservare il demone con fare annoiato.

-Ora che hai fatto il tuo discorso ad effetto puoi andartene, Halfrek. Qui non c'è niente per te-

Il demone della vendetta rivolse lo sguardo verso il fondo della stanza.

-Niente dici? Eppure io percepisco chiaramente il risentimento e l'odio, la paura e il desiderio. Scorrono in questa stanza come onde sempre più potenti e presto tutti questi sentimenti strariperanno. E io voglio esserci quando accadrà-

Buffy guardò di sfuggita Spike che da qualche minuto fissava Halfrek con una strana espressione sul volto. Non doveva permettere che quello stupido demone si prendesse nuovamente gioco di loro. Ma questa volta poteva stare tranquilla. Spike non era certo ingenuo e avventato come Dawn, certo non si sarebbe fatto abbindolare da quattro lusinghe di un demone della vendetta.

-Credi di potermi aiutare?-

Come non detto. Buffy si girò completamente e squadrò Spike come se gli fossero improvvisamente spuntate due teste.
Halfrek la superò incurante, chinandosi di fronte a Spike e raccogliendogli il volto tra le mani.

-Ne sono certa, William. Devi solo dirmi ciò che vuoi e io ti esaudirò-

Spike sorrise in modo strano prima di rispondere.

-Non eri così ben disposta l'ultima volta che ci siamo visti-

Halfrek agitò una mano davanti al volto come a voler cancellare il passato.

-Bè tu e i tuoi allegri compari avevate appena rovinato uno dei miei lavori migliori. Quella ragazzina, Dawn, ha stoffa, lasciatelo dire. E' normale che fossi un po' alterata-

Il sorriso scomparve dalle labbra di Spike mentre proseguiva.

-Dawn non c'entra in questa storia e neanche Buffy, vero? Quella volta…mi chiedo se davvero fossi semplicemente venuta ad esaudire un desiderio di Dawn o se invece non l'avessi preso come una scusa per una rimpatriata. Quale delle due, Cecily?-

Halfrek sorrise tornando al suo volto umano.

-Mi chiedevo quanto tempo avresti impiegato ancora per riconoscermi. Ma non dicevano che il primo amore non si scorda mai?-

Spike ricambiò il sorriso, senza sincerità.

-Cosa vuoi che ti dica, i ricordi tendono ad abbellire anche le cose più orrende-

Halfrek gli posò un dito sulle labbra, il volto imbronciato.

-Sei sempre il solito insolente, William. Prima o poi qualcuno desidererà che ti strappi la lingua e te la faccia ingoiare-

Buffy afferrò il demone per un braccio e la tirò in piedi, continuando a guardare Spike.

-Un momento, vorresti dire che questa è *quella* Cecily?-

Halfrek si liberò con stizza dalla sua stretta.

-Insomma William, credevo che si trattasse di una questione privata e invece scopro che hai raccontato del nostro piccolo interludio anche a cani e porci! Oh, senza offesa Buffy-

Ma la Cacciatrice era troppo occupata ad attendere una risposta che non arrivava per registrare il basso umorismo del demone.

-Ma come diavolo hai potuto innamorarti di *questa* qui? Voglio dire, è alta, pallida, ha i capelli neri ed è una squilibrata, perciò certo corrisponde al tuo tipo ideale, ma…è un demone della vendetta che diamine!-

Halfrek rise divertita alle sue spalle.

-Oh tesoro, ma quando mi ha conosciuta lui non lo sapeva, vero William? Era troppo occupato a venerare il personaggio che mi ero creata per stare in società e reclutare più clienti per accorgersi che non aveva davanti un essere umano. Troppo occupato a scrivere insulse poesie per la sua bella Cecily per accorgersi che dietro quella facciata da ragazzina di buona famiglia si nascondeva un antro oscuro. Che posso dire, sono sempre stata una brava attrice-

Buffy scosse la testa incredula.

-Ti sei presa gioco di lui…dei suoi sentimenti. Lui ti ha dato l'anima e tu gli hai riso in faccia. Ti sei presa il suo cuore e poi ci hai ballato sopra. Come hai potuto…-

Halfrek sollevò le spalle con sufficienza.

-E tu Buffy, come hai potuto? Io almeno avevo la scusa di essere un demone della vendetta. Giocare con le vite degli esseri umani è il nostro lavoro. Qual è la tua scusa per aver giocato con i suoi sentimenti? Qual è la tua scusa per avergli spezzato il cuore?-

Buffy indietreggiò colpita, cercando inutilmente una replica adeguata, ma la risata di Spike la tolse dall'imbarazzo. Almeno fino al momento in cui le sue parole non la colpirono come uno schiaffo in pieno viso.

-Vedervi litigare su chi mi ha spezzato meglio il cuore è assolutamente…delizioso-

Spike si alzò in piedi con fatica rimanendo appoggiato al muro con una mano, mentre con l'altra si massaggiava la nuca cercando inutilmente di scendere a patti con il dolore.

-Davvero vi guarderei volentieri venire alle mani, magari la prossima volta organizziamo un torneo di lotta nel fango…ma sinceramente oggi non sono molto in forma. Perciò Halfrek, che ne dici di farmi passare il mal di testa?-

Il demone della vendetta sorrise compiaciuto.

-Basta solo che lo desideri-

Buffy si parò tra loro, come se la sua presenza potesse impedire al desiderio di compiersi.

-Ma dico sei impazzito? Quel dannato chip ti ha fuso il cervello, è così?-

Spike avanzò di qualche passo fronteggiandola rabbioso.

-Non ancora, ma ho come l'impressione che sarà esattamente questo che succederà se non faccio qualcosa subito, perciò scusa se preferisco esprimere un dannatissimo desiderio invece che farmi bruciare il cervello da un nugulo di scienziati con manie di grandezza!-

-Ma è una follia! Credi davvero che lei voglia aiutarti? Credi che voglia solo farti un favore? E perché diavolo dovrebbe farlo secondo te?-

-Perché glielo devo-

La voce di Halfrek, estremamente calma, ebbe effetto immediato di attirare l'attenzione di entrambi. Buffy la squadrò poco convinta.

-Cos'è un'altra delle tue stupide uscite ad effetto?-

Ma il demone non sembrava più sentirla, troppo impegnata a studiare le reazioni di Spike alle sue parole.

-Esprimi questo dannato desiderio così saremo pari, William-

Spike scosse la testa ridendo.

-Pari? Noi non saremo mai pari, Cecily. Non ti sei fatta scrupolo di sbattermelo in faccia quella dannata notte. Com'è che dicesti? Ah sì. Voi siete troppo inferiore, William. Sembravi esserne convinta pienamente. Cosa c'è di diverso adesso?-

Halfrek incrociò le braccia sul petto stizzita.

-Dio, William, a volte sei un tale testardo! Eri solo un insulso umano quando ci siamo conosciuti, o almeno così credevo. Capisci bene che in qualità di demone della vendetta non potevo certo abbassarmi ad intrecciare una liason con te! naturalmente adesso le cose sono molto diverse...-

Spike assentì distrattamente.

-Sarebbe stato così terribile?-

Halfrek lo guardò senza capire.

-Essere amata da un semplice essere umano, sarebbe stato così svilente per te? Essere amata da qualcuno che ti aveva messo al centro del suo universo sarebbe stato così insulso? Essere amata con tutta la forza di cui uncuore umano è capace sarebbe stato così insopportabile?-

Halfrek serrò i pugni, il volto acceso dalla rabbia.

-Insopportabile, hai detto bene. Il modo in cui mi guardavi, il modo in cui mi cercavi, il modo in cui mi volevi...era insopportabile. Il tuo amore per me era così...puro, così...rifulgente. Per un attimo mi ha accecata, mi ha distolto dalla mia missione, dai miei doveri. Ho rischiato di perdere tutto a causa tua. I miei poteri, l'appoggio di D'Hoffrin, il rispetto dei miei simili. Avrei perso ogni cosa...-

-Avresti avuto me-

Spike le sorrise senza convinzione.

-Ma questo non era sufficiente per te, vero Cecily? Tu non volevi l'amore, volevi il potere, è questo che hai sempre cercato. Per questo sei tornata da me, non è così? Non si tratta di pareggiare i conti. No. Si tratta di avere qualcosa in cambio. Credi che non mi sia accorto di cosa è cambiato?-

Halfrek alzò il mento risoluta.

-E cosa è cambiato, sentiamo-

Spike la fissò dritto negli occhi scuri, senza esitare.

-E' cambiato il modo in cui mi guardi-

Halfrek fece spallucce studiandosi un'unghia laccata di un rosso acceso.

-Non capisco a cosa ti riferisci-

Spike non smise di guardarla fino a che lei non fu costretta a rialzare di nuovo lo sguardo su di lui. Poi sorrise di nuovo, questa volta sinceramente divertito.

-Sai su una cosa hai detto la verità. Non mi disprezzi più come un tempo-

Halfrek lo studiò con circospezione senza rispondere, ma lo sguardo di Spike era indecifrabile.

-No. Non leggo più disprezzo nei tuoi occhi. Ora leggo un puro e distillato terrore-

Il demone rimase attonito per qualche istante, incassando il colpo. Poi, con abilità, nascose il suo disappunto dietro una risata leggera..

-Leggi pure quello che vuoi, William. Del resto i tuoi gusti letterari sono sempre stati scadenti. La mia offerta è sempre valida, conosci la procedura. Quanto al resto sei libero di credermi o meno, ma queste sono tutte le spiegazioni che ti posso dare-

Il demone sorrise sornione prima di alzare le braccia in un gesto teatrale e sparire in una nuvola di fumo bianco.

Spike si accasciò a terra stringendosi la testa tra le mani, mentre Buffy si inginocchiava di fronte a lui, indecisa se ridere o piangere.

-E ora Buffy, dimmi che hai un piano valido e che non ho gettato al vento l'unica chance di sopravvivenza che mi rimaneva-

Buffy tirò fuori dalla tasca il cellulare e cominciò a digitare una serie di numeri.

-Pizza Connection? Sì, sono Buffy Summers e vorrei ordinare una pizza Africa 2-

Spike rialzò la testa di scatto, incredulo, peggiorando di parecchio il livello del suo mal di testa. Poi si lasciò andare contro la parete ridendo di gusto. Non esattamente un'idea geniale quando hai un'emicrania, ma scoprì di non poterne fare a meno.

Buffy gli stava ordinando l'ultima cena.

Se c'era un fondo lui lo aveva decisamente toccato. E dato che peggio di così non poteva andare, decise di stare al gioco.

-Per me una Quattro Stagioni, anzi no, fai una specialità della Casa con sopra tutto quanto-

Buffy lo fulminò con lo sguardo con l'unico risultato di farlo ridere più forte. Adesso era certo, se non fosse morto per il chip sarebbe soffocato dal ridere. Credeva che non sarebbe mai riuscito a smettere, ma come sempre la vita era piena di sorprese.

-Sì, pronto? Ah! Meno male che ti ho trovato! Devo chiederti un favore, Raley-

Spike smise di ridere di colpo.

Eppure dopo tutti quei secoli avrebbe dovuto saperlo.

Non c'è mai limite al peggio.

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-E' ora di tornare a casa-

Raley appoggiò il telefono satellitare sul tavolo di metallo. Non credeva ci sarebbe voluto così tanto. Sperava solo di essere arrivato in tempo. Buffy non meritava di perdere qualcun altro. Nessuno lo meritava. Gli occhi azzurri di Samantha gli riempirono la mente per un istante, prima che il suo istinto di sopravvivenza li ricacciasse in un angolo sperduto del suo cuore.

-Ma agente Finn...la missione...-

Osservò il corpo smagrito del soldato che gli aveva rivolto la parola, i suoi occhi neri pieni di vergogna e speranza.

-Non c'è missione più importante che proteggere le persone che amiamo. E' èer questo che siamo venuti in questo angolo di mondo. Per permettere alle nostre famiglie di vivere serenamente-

Gli occhi grigi di Raley vagarono tra il fitto fogliame della giungla africana. Nei punti più bui riusciva quasi a sentire l'oscurità sussurrare il suo nome.

-Abbiamo lottato per questo. Molti di noi hanno dato la vita. Ma non è servito a niente. L'ombra dei demoni ha già lasciato il suo luogo d'origine e si sta allungando sulla terra-

Il soldato dalla pelle d'ebano seguì lo sguardo del suo capitano, rabbrividendo istintivamente.

-Sono vicini. Sento le loro voci che mi urlano nelle orecchie-

Raley si voltò verso il suo soldato con uno scatto nervoso.

-Non devi ascoltarli. Non devi ascoltarli mai!-

Poi più calmo tornò a guardare la foresta nera.

-Questi demoni ti divorano l'anima se solo li ascolti-

Lui l'aveva visto succedere, senza poter fare nulla per impedirlo. Ma non avrebbe permesso che accadesse di nuovo.

Dei passi affannati risuonarono tra le sterpaglie avanzando verso di loro. L'ultima vedetta tornava all'accampamento. L'ultimo residuo di quello che una volta era stato un imponente esercito.

Agente Riddik a rapporto, capitano-

Raley guardò il ragazzino che li aveva raggiunti con un sospiro stanco. Aveva la divisa sporca di fango e notti insonni, gli occhi grandi e spauriti sul viso segnato dagli ultimi eventi.
Si chiese come appariva il suo di volto.
Forse anche nei suoi occhi si leggeva quella paura atavica e fastidiosa.
La paura di morire.
Il soldato rimaneva sull'attenti, imperterrito. Come se rispettare il regolamento avesse potuto salvarlo dall'oscurità che si portava dentro.
Aveva i capelli biondo cenere e gli occhi chiari. Proprio come lui.
Riusciva quasi a ricordare un tempo in cui era stato così. Così sicuro. Così fiducioso. Così certo di poter tracciare una netta distinzione tra bene male. Così convinto che ciò che doveva combattere fosse fuori da lui.

-Rilassati Ned. Non sei davanti alla Corte Marziale. Non ancora almeno-

Il ragazzo rilasciò la tensione muscolare che lo aveva tenuto in piedi fino a quel momento, nonostante il digiuno e le notti insonni. Barcollò per un istante prima di riprendersi e fissare i suoi occhi luminosi in quelli spenti del suo capitano. Le sue labbra sottili tradivano con un tremito leggero la sua urgenza di parlare.
Era in attesa di un segno. Raley lo sapeva meglio di chiunque altro. Parla solo se interrogato da un tuo superiore. E dopotutto le regole sono regole.
Solo che non era sicuro di voler sentire quello che il suo soldato aveva da dirgli.

-Parla. Cosa hai visto?-

Il soldato rilasciò un respiro che aveva evidentemente trattenuto fino a quel momento.

-Sono stato all'accampamento nord signore, come mi aveva detto. Ma non è rimasto nessuno-

Raley assentì distrattamente, già proiettato verso quello che doveva fare a quel punto.

-Così se ne sono già andati…-

-No!-

La forza con cui il soldato lo aveva contraddetto rasentava l'insubordinazione, ma Raley sapeva bene che non era il momento di mettere mano al regolamento.
Così rimase in silenzio, in attesa. Vide il soldato deglutire faticosamente, come se non riuscisse a trovare la forza di continuare.

-Sono tutti morti, capitano…sbranati dalla belva. Tutti. Come li ha lasciati…-

Ned Kelly si interruppe sentendo conati di vomito che gli risalivano alla gola al solo ricordo di quello spettacolo raccapricciante. Mai neanche in uno di quei film splatter che guardava con suo fratello da bambino, di nascosto dai suoi genitori, aveva visto una scena simile. Immagini così ti rimangono scolpite nella testa fino alla morte e tornano a tormentarti nel sonno. Di questo ne era certo.

Raley serrò i pugni lungo i fianchi imponendosi di rimanere impassibile. Qualcuno doveva mantenere il controllo della situazione o non ci sarebbe più stata speranza per nessuno. Almeno lui doveva fingere di non avere paura.

La risata del soldato di colore alle sue spalle riempì l'aria rarefatta della giungla.

-Poveri agnellini, si sono persi nel bosco e il lupo li ha mangiati-

Raley si voltò a guardare quello che un tempo era stato il soldato semplice Thomas Winter e che ora appariva sfigurato nelle fattezze di una creatura mostruosa. La fronte era deformata così come il corpo che era cresciuto a dismisura mentre dalla bocca aperta in una risata sinistra si intravedevano una serie di zanne affilate.

Lo aveva già visto succedere. Sapeva che arrivati a quel punto era troppo tardi per fare qualunque cosa, eppure ogni volta si ostinava a sperare di poterli ancora salvare.

-Reagisci Thomas! Non lasciare che ti domini!-

Il mostro rise più forte afferrando Raley e lanciandolo a più di cento metri di distanza, quasi fosse poco più pesante di un aeroplanino di carta.

-Thomas ha preferito rifugiarsi in un posto più tranquillo, agente Finn. Desiderava a tal punto andarsene che mi ha perfino ceduto il suo corpo pur di liberarsi. Si è chiesto se sia valsa la pena fino qui per morire dimenticato da tutti. Cosa devo rispondergli agente Finn? Ne è valsa la pena?-

Raley serrò le labbra avvicinandosi impercettibilmente a Ned nel disperato tentativo di proteggere almeno lui.

-Povero Rale, credi ancora di avere il controllo. Ancora ti illudi di poter fare la differenza. Il sogno americano, la forza del singolo e bla bla bla. Siete così pateticamente inutili-

Il demone cominciò a disegnare ampi cerchi intorno ai due uomini rimasti.

-Sai qual è la cosa più triste, agente Finn? Voi umani non sapete perdere. Non riuscite a capire quando è finita. Ed è finita per voi, te lo posso assicurare. E' solo questione di tempo-

Dalla bocca di Thomas uscì una risata bassa e gutturale.

-Davvero credevi di potermi trattenere qui? Davvero credevi di poter salvare la tua piccola villetta con la staccionata bianca?-

Il corpo di Thomas cominciava lentamente a perdere i suoi connotati umani sotto lòa spinta del demone che lo stava divorando dall'interno.

-Io non risiedo in nessun luogo e per questo sono ovunque. Io non ho acluna forma e per questo posso essere chiunque. Non c'è modo di contenermi o di fermarmi. Io sono dentro ognuno di voi. Mi portate in grembo fin da quando emettete il primo vagito e mi nutrite con le vostre frustrazioni, i vostri odi, la vostra rabbia. I vostri sentimenti risentiti hanno un sapore così dolce. Peccato che i vostri corpi siano tropo fragili per contenere la mia potenza, sento già le ossa di questo misero vascello scricchiolare sotto il peso della mia grandezza. Chi sarà il prossimo ad accogliermi? Sarai tu Raley? In fondo ho già avuto tua moglie. Non avevi giurato di rimanere insieme a lei nella buona e nella cattiva sorte?-

Raley strappò il fucile a canne mozze dalle mani tremanti di Ned e sparò un solo colpo dritto al centro dello stomaco di Thomas.

Per un istante, poco prima che il cadavere cadesse riverso al suolo, intravide nei suoi occhi lo sguardo del suo commilitone.

Come le altre volte una voluta di fumo nerastro fuoriuscì dal foro del proiettile disperdendosi in pochi secondi nell'aria.

Raley sentì i signhiozzi soffocati di Ned alle sue spalle. Senza voltarsi si chinò a raccogliere il cadavere di Thomas e se lo caricò sulle spalle.

-Muoviti Ned. Torniamo a casa-

+ + +

Di colpo come era venuto, il dolore si placò.

Spike rimase immobile qualche istante indeciso se credere o meno che la crisi fosse davvero passata.

-Come ti senti?-

La voce di Buffy lo riportò definitivamente alla realtà. Si mise a sedere e sbattè le palpebre una, due volte, poi tornò a guardarla.

-Bene, credo...ma come...-

E poi dimenticò completamente quello che voleva dire, perché lei gli aveva preso il volto tra le mani e ora lo guardava con una strana espressione disegnata sul volto, sembrava quasi sollievo...o forse era solo stupita di trovarsi in quella situazione, almeno quanto lui.

 Ancora non le sembrava vero.

Buffy continuò a fissarlo in silenzio senza smettere di toccarlo e si chiese distrattamente se non sarebbe stato possibile fluttuare nell'esistenza così, senza mai smettere di toccarsi, sempre connessi l'uno all'altra in qualche modo. Ma c'era qualcosa che le mancava...le mancava la capacità di tradurre in parole quello che sentiva in quel momento. Non aveva parole per descriverlo. Quando lo toccava era come se l'asse che guidava la sua vita si riallineasse, quasi ci fosse stata una bussola rotta dentro di lei che riprendeva a funzionare quando lo sfiorava. 

Lui era diventato il suo nord. 

Ma quando era successo? L'idea stessa di dipendere così profondamente da qualcuno la terrorizzava e ancora di più la terrorizzava l'idea che per molto tempo lei era stata il suo punto di riferimento fisso, il polo attorno a cui lui aveva compiuto la sua rivoluzione. E se anche lui avesse provato la sua stessa paura? Si separò da lui all'improvviso illudendosi che sciogliere quel contatto le avrebbe permesso di pensare più chiaramente.

Lui sembrò percorso da un brivido leggero, forse sentiva freddo in quel sotterraneo umido. Ora il freddo doveva sentirlo, come tutti gli altri...ma poi Buffy guardò i suoi occhi azzurri velarsi di un'ombra scura mentre il suo sguardo le sfuggiva e capì che aveva letto quel suo improvviso allontanamento come un rifiuto e sentì il bisogno di spiegare e chiarire, ma non sapeva neanche da dove cominciare.

-Come hai fatto?-

Lo guardò senza capire per qualche istante, poi vide che le indicava la tempia.

-Il chip, come hai fatto a disattivarlo?-

Oh. Spiegazioni sul chip. Sì, queste poteva darle senza problemi.

-Ho chiamato Raley-

-Sì, questo l'avevo sentito. A proposito *originale* la trovata della pizzeria, l'ho vista usata solo in un centinaio di film sulla Cia-

Sembrava arrabbiato. Buffy si morse un labbro indecisa sul da farsi. Forse le spiegazioni che le aveva chiesto non erano così indolori come aveva pensato.

-Prima di andarsene mi ha lasciato un numero...per le emergenze e quando ho capito che si trattava del chip...bè ho pensato che lui fosse ancora in contatto con qualcuno dei superstiti dell'Iniziativa e che potesse trovare un modo per disattivarlo...-

Spike scosse la testa mentre un sorriso incredulo gli si disegnava sulle labbra.

-E per quale oscura ragione Capitan America avrebbe acconsentito ad aiutarmi?-

Buffy scrollò le spalle con noncuranza prima di rispondere.

-In realtà ha acconsentito ad aiutare *me* ad aiutarti-

Spike assentì lentamente.

-D'accordo allora cambiamo la domanda. Per quale motivo *tu* hai deciso di aiutarmi?-

Lei lo guardava come se non riuscisse a capire la sua domanda e Spike sentì una rabbia incontrollabile salirgli alla gola.

-Io ti ho ferita, ti ho delusa, ti ho abbandonata, come puoi ancora desiderare di aiutarmi?-

Buffy scosse la testa con decisione.

-Non mi hai delusa hai messo in gioco la tua vita per salvare la mia e quella degli altri...e neanche per un momento ho pensato che te ne fossi davvero andato per sempre...perché tu sei quello che ritorna...anche quando te ne vai è sempre per tornare...-

Spike si alzò con fatica, voltandole le spalle, poi parlò di nuovo la voce improvvisamente percorsa da una calma perentoria.

-Io ho cercato di violentarti, Buffy-

-Non eri in te. Il demone aveva preso il sopravvento-

Spike la guardò e vide che davvero credeva a quello che stava dicendo. E non si stupì perché anche lui per un po' ci aveva creduto...o forse si era solo illuso di crederci e quell'illusione gli era bastata.

-E' più facile credere che sia stato il demone, vero?-

Buffy si sentì presa in contropiede, dove voleva arrivare? Lui la osservava con uno sguardo indecifrabile.

-Ti capisco, sai? Pensare che quella notte, in quel bagno, sia stato un demone ad aggredirti rende le cose più accettabili-

Spike distolse lo sguardo da quegli occhi improvvisamente troppo penetranti e si strinse nelle spalle.

-Ripensi mai a quella notte?-

Buffy si avvicinò a lui prendendolo per un braccio, cercando i suoi occhi.

-Continuare a ripensarci, non serve a niente...solo a farsi del male-

Spike sfuggì a quel contatto, come se ne fosse rimasto scottato.

-Non serve a niente, dici? A me è servito a molto, invece. Continuare a rivivere quel momento, giorno dopo giorno, notte dopo notte, mi ha fatto capire un paio di cosette da non sottovalutare-

Buffy incrociò le braccia sul petto, con aria di sfida.

-Sentiamo, quale grande illuminazione hai avuto autoflagellandoti lungo il tuo cammino per la redenzione?-

Spike la guardò dritto negli occhi, uno sguardo pericolosamente simile a quello con cui l'aveva sfidata la notte in cui si erano incontrati la prima volta.

-Hai mai riflettuto sul fatto che quella notte, mentre ti sbattevo su quel pavimento, non mi sono trasformato?-

Buffy lo guardò per un attimo senza capire, poi il senso di quelle parole la colpì inaspettato, come uno schiaffo in piena faccia.

Lo sentì ridere di nuovo.

-Finalmente ci sei arrivata anche tu, vero? Quella notte non è stato il demone ad aggredirti, ma l'uomo-

Spike socchiuse gli occhi, incapace di affrontare lo sguardo attonito di Buffy.

-Il demone non avrebbe avuto bisogno di aggredirti per averti, ti aveva già avuta e non una volta soltanto. Se davvero avesse deciso di attaccarti sarebbe stato per avere quello che non gli avevi ancora concesso, il tuo sangue, non il tuo corpo. La verità è che non mi ero mai sentito così umano e impotente come quella notte, in quel bagno-

Uno strano sorriso gli sfiorò le labbra mentre continuava.

-In tutti quei mesi avevo scelto di dimenticare il mio demone e liberare il mio lato più umano, perché credevo che questo mi avrebbe fatto arrivare al tuo cuore. Per un po' mi sono anche illuso che stesse funzionando, ma quando mi hai lasciato, mi sono sentito perduto. Perché non avevi detto addio a Spike, ma a William. Potevi accettare l'aiuto del demone, ma non l'amore dell'uomo. Solo che ormai era troppo tardi, non potevo più tornare indietro, non riuscivo più ad essere solo Spike, il demone sanguinario e senz'anima che era così più facile da gestire per te. Non riuscivo più a ricacciare indietro i sentimenti che provavo. All'improvviso tutte le fragilità legate alla mia natura umana erano tornate a dominarmi. Tu mi avevi reso debole. Senza neanche accorgertene avevi sconfitto il mio demone per sempre, riportando in vita William. Mi sentivo di nuovo indifeso di fronte a te e agli altri, come quando ero vissuto da semplice essere umano. Non riuscivo più ad accontentarmi di amare soltanto, volevo essere amato a mia volta. Quella notte, quando ti ho aggredita, credevo fosse per dimostrarti quanto anche tu avevi bisogno di me, quanto il tuo corpo non poteva fare a meno del mio...credevo fosse una prova di forza...-

Spike scosse la testa come a voler cancellare delle immagini fastidiose dalla mente.

-Ma la verità era che avevo solo bisogno di un pretesto per fare l'amore con te-

Tornò a fissarla, sforzandosi di incrociare il suo sguardo.

-Come vedi non ho nessuna scusa. Non c'è nessuna entità superiore o inferiore da condannare o maledire. Soltanto me. E ora dimmi, Buffy, come puoi riuscire a perdonarmi? Come puoi riuscire anche solo a guardarmi in faccia senza provare disgusto o repulsione per la mia debolezza?-

E così era arrivato. Il momento del confronto. Il momento di mettere tutte le carte in tavola. E naturalmente, in perfetto stile Buffy Summers, il gioco delle rivelazioni si svolgeva in un sotterraneo umido di muffa e polvere. 

Buffy sospirò rassegnata. Al diavolo anche la scenografia.

-Potrei farti la stessa domanda-

Spike la fissò, sorpreso, incapace di comprendere il senso di quelle parole e così Buffy continuò.

-Quando sono tornata dalla morte, non sopportavo di vedere la gioia negli occhi di chi mi stava intorno, neanche se parte di quella gioia derivava dal fatto di avermi di nuovo accanto. Tutti mi guardavano come se riconoscessero in me la ragazza spensierata di un tempo, ma io non mi riconoscevo affatto in quell'immagine. Tutto era esattamente come lo avevo lasciato, ma io ero irrimediabilmente cambiata. Agli altri sembrava fare piacere che io recitassi la parte della ragazza normale e serena, ma non a te...tu insistevi a volermi guardare fino in fondo all'anima...ogni giorno ti avvicinavi un po' di più al mio cuore e la cosa mi spaventava a morte... -

Buffy sentì gli occhi bruciare di lacrime trattenute e per la prima volta lasciò che le inondassero il viso senza paura di quello che lui o chiunque altro avrebbe potuto pensare.

-Perché il mio cuore era in una situazione allarmante, non c'era posto per gli altri, non c'era posto per nient'altro che per il rimpianto...rimpianto per quella che ero stata e non sarei più potuta tornare a essere. E così ogni volta che dicevi di amarmi sentivo che non lo stavi dicendo a me, ma alla ragazza che avevi conosciuto, quella che era morta gettandosi da quella torre per salvare il mondo. Ogni volta che eri gentile con me sentivo che lo facevi in memoria di lei...e senza rendermene conto ho cominciato a odiarla-

Un mezzo sorriso le sfiorò le labbra, rapido come un battito d'ali.

-La odiavo così tanto quell'immagine che tutti avevate di me che il mio unico desiderio era quello di distruggerla. Quella prima volta, quando ho passato la notte con te nella casa abbandonata, l'ho fatto per ritorsione ...credevo che concedendomi a te, la creatura che ero nata per combattere, avrei finalmente frantumato quell'ideale di perfezione che tutti associavano a Buffy Summers...credevo fosse un modo per sputare in faccia al mio destino di Prescelta...un modo di punire e disprezzare chiunque avesse deciso di ridarmi una vita che non volevo...ma quando mi sono svegliata accanto a te, il giorno dopo, ho capito che la verità era un'altra...-

Lo vide trattenere il respiro e si accorse di avere fatto lo stesso. Serrò i pugni e si costrinse a continuare.

-La verità era che volevo solo qualcuno che facesse almeno finta di amarmi per quella che ero e non per quella che ero stata un tempo o che gli altri credevano che fossi-

Lui continuava a guardarla, immobile. Forse ora l'avrebbe disprezzata, ora che finalmente gli aveva rivelato la debolezza del suo cuore. 

-Volevo solo qualcuno che amasse la creatura debole e disorientata che ero diventata, quella che non era più sicura di dove fosse il confine tra giusto e sbagliato, quella che non voleva più sentirsi in dovere di salvare tutti gli altri, ogni volta. Volevo solo qualcuno che mi abbracciasse dicendomi che tutto sarebbe andato bene-

Puntò gli occhi sul pavimento, incapace di sostenere ancora lo sguardo di lui.

-Solo che il mio orgoglio non mi permetteva di ammetterlo. O forse avevo solo paura che se avessi visto quanto ero debole e patetica mi avresti disprezzata. Tutti mi avreste disprezzata. E allora ho deciso di attaccarti, per non essere attaccata, per impedirti di ferirmi ti ho ferita per prima, ho preferito calpestare il tuo amore piuttosto che ammettere che forse non ne ero all'altezza. Pur di tenerti lontano dal mio cuore ho spezzato il tuo-

Si morse un labbro scontandosi una ciocca di capelli dal viso arrossato dal pianto e dallo strano imbarazzo che non riusciva a impedirsi di provare.

-Eppure tu mi hai perdonata. Mi hai perdonato ogni egoismo, ogni violenza, ogni vigliaccheria. Mi hai continuato a perdonare, un giorno dopo l'altro, lasciando che io distruggessi tutto quello che di buono c'era in te...lasciando che distruggessi l'uomo che eri diventato e quello che potevi diventare, un uomo che meritava di essere amato come io non ho saputo... o non ho potuto-

Si interruppe solo per riprendere fiato. Un respiro profondo. E poi un altro e un altro ancora. Dio, perché doveva essere così difficile?

-Quando ti ho lasciato, è stato perché speravo di salvarti dal dolore che ti stavo causando, non certo perché disprezzavo quello che eri diventato-

Ecco l'aveva detto. Ora non le sembrava più così difficile. Buffy sorrise tra le lacrime, doveva essere uno spettacolo ben poco attraente imprigionata nella divisa del Double Meat con il trucco sciolto dalla giornata e dal pianto e i capelli impregnati dell'odore acre dell'olio nero delle friggitrici. Forse in quello stesso istante lui stava pensando cosa mai aveva potuto trovare in lei.

-Forse saresti stato più felice se non mi avessi mai incontrata...-

Spike rise sinceramente divertito sentendo la tensione che lo aveva imprigionato sciogliersi improvvisamente.

-Felice?-

Buffy osservò il volto di Spike tornare impassibile, mentre i suoi occhi azzurri si perdevano in un orizzonte lontano. 

-Quando ti ho visto per la prima volta stavi ballando con i tuoi amici e la prima cosa che ho pensato è stata che mi sembravi felice. Per questo ti ho odiata all'istante-

Il cuore le faceva male come se qualcuno lo stesse stringendo con forza tra le dita e le sembrava di non riuscire neanche a respirare. Era questo che lui aveva provato ogni volta che lei gli aveva sbattuto in faccia il suo disprezzo?

Io vorrei vederti anche se per te è una pena incontrarmi.

Il pensiero la colse all'improvviso mentre le parole di Spike continuavano a riempire la stanza.

-Più ti conoscevo più sentivo di odiarti. Nonostante la tua natura di Cacciatrice vivevi una situazione idilliaca, avevi una madre che ti amava, degli amici che si sarebbero buttati nelle fiamme dell'inferno per te, perfino il vampiro più sanguinario e crudele sulla terra aveva ceduto le armi affascinato dalla tua spensieratezza. Il tuo sorriso soddisfatto illuminava la gente che ti stava intorno, per te sembrava naturale mostrare felicità. Solo il disprezzare profondamente la tua gioia sembrava darmi soddisfazione-

Buffy socchiuse gli occhi cercando di concentrarsi sul significato di quello che lui le stava dicendo.

Anche se tu mi odiassi vorrei lo stesso averti accanto.

-Continuavo a tormentarti e a ripensarci mi sono anche divertito nel farlo. Poi un giorno mi hai chiesto cosa volessi davvero. "Perché mi dici sempre di non voler avere nulla a che fare con me se poi fai di tutto per attirare la mia attenzione?". E' stato come se il mondo mi crollasse addosso. Ma ho deciso subito di non pensarci più...avevo paura di arrivare alla verità perché era una verità avvilente...-

Buffy aveva l'impressione che il suo cuore si fosse fermato e al tempo stesso le sembrava che dovesse esploderle in petto.

Ti prego accettami.

-In fondo al cuore speravo di raccogliere le briciole della tua felicità, volevo solo che una persona felice mi guardasse, volevo solo qualcuno che facesse almeno finta di essere la mia famiglia...volevo solo ricevere un bacio, come quando ero bambino-

Buffy vide una lacrima solitaria solcare il volto apparentemente tranquillo di Spike.

Mi va bene anche fare finta.

-Quando me ne sono reso conto per me è stato un vero shock, come se di colpo tutti i miei punti di riferimento si fossero ribaltati, come se l'universo in cui ero vissuto fino a quel momento fosse finito sottosopra. All'improvviso tutto quello che desideravo era che tu potessi guardarmi negli occhi e sorridermi, senza vergognarti di me...-

Lui la guardò negli occhi prima di continuare, quasi volesse essere certo che lo stava ascoltando e credendo.

-Innamorarmi di te, lottare al tuo fianco, mi ha fatto capire che tipo di persona voglio diventare-

Io ti amo, anche se tu mi odi.

-Non potrei mai...mai...desiderare di non averti incontrata...-

Sembrava quasi aver dimenticato come si facesse a camminare, perché mentre lo raggiungeva sentiva di fare qualcosa di completamente diverso, qualcosa che non aveva niente a che fare con gambe, muscoli, pavimenti o cose stupide come la realtà. Correva stando ferma, andava terribilmente in fretta e allo stesso tempo le sembrava di muoversi attraverso le sabbie mobili. E poi all'improvviso era tra le sue braccia e la sua pelle era così calda che riusciva a toccarla solo con la punta delle dita, sfiorando il suo viso, le sue labbra, la sua gola, mentre sentiva nello stomaco una sensazione così familiare eppure così nuova, come delle farfalle che battessero le loro ali tutte insieme in un turbine di colori caldi. 

Lui si era lasciato stringere, eppure sembrava esitare e per un attimo Buffy provò una paura che non riconosceva.

Dovette passare qualche secondo prima che Spike si rendesse pienamente conto di quello che stava succedendo. Buffy gli era letteralmente volata tra le braccia togliendogli il fiato e lo stringeva a sé come se non gli fosse rimasto niente altro al mondo, come se fossero le ultime due creature rimaste sulla terra. Nonostante tutto quello che era successo, nonostante tutte le ferite che si erano inferti a vicenda, lei ora lo stava abbracciando e quell'abbraccio sembrava avere il potere di cancellare tutto il resto. Si lasciò andare contro la parete che gli stava alle spalle, ma prima ricambiò l'abbraccio trascinandola con sé, le mani sul suo corpo come per la prima volta. 

Tutto in lui era nuovo e al tempo stesso familiare. I suoi capelli morbidi stretti tra le dita mentre teneva la faccia nascosta nell'incavo del suo collo. Questa era una sensazione che conosceva, ma del tutto inaspettato fu il brivido che le percorse la schiena. La sua mano che le accarezzava la nuca sciogliendo tutte le tensioni che aveva accumulato. Si lasciò andare contro di lui completamente con un sospiro, arrendendosi. Riusciva a sentire i suoi muscoli muoversi sotto di lei al ritmo delle sue carezze e del suo respiro. Forse potevano chiudere il mondo fuori e restare così per sempre. Forse poteva chiederglielo. Rialzò la testa verso di lui e si accorse che già la stava guardando. E la guardava in un modo che le toglieva ogni capacità di pensiero coerente. Poi lui le sorrise avvicinando la fronte alla sua, occhi negli occhi, e lei registrò distrattamente il fatto che stava ansimando e le mani le tremavano, ma non importava perché ora anche lui sembrava senza fiato e anche le sue mani sembravano tremare mentre le scostava i capelli dal viso.

Era come se si vedessero per la prima volta e allo stesso tempo non avessero mai smesso di guardarsi da quando erano venuti al mondo.

Lo aveva mai guardato così? Si chiese se qualcuno in passato lo avesse mai guardato così. Erano così belli i suoi occhi verdi che lo guardavano senza ragione. Si poteva morire e attraversare l'inferno pur di vedere degli occhi che ti guardano così. E all'improvviso le labbra di lei che lo sfioravano come nella promessa di un bacio. Ed era già troppo. Ancora una carezza e stavano scivolando insieme lungo il muro, le gambe che cedevano sciolte dal calore dei loro corpi allacciati. 

Era come lasciarsi trascinare da una corrente calda e serena, come riemergere quasi senza fiato dopo un tuffo in un fondale profondo dove ci si era quasi persi.

Quasi.

Spike scosse la testa cercando di pensare, ma era impossibile quando sentiva il corpo di Buffy contro il suo, assolutamente impensabile quando sentiva le sue braccia che lo stringevano in un abbraccio sicuro, loro che non si erano mai abbracciati, non avevano mai neanche tentato di farlo, troppo terrorizzati dall'idea di essere respinti. Prendersi e farsi prendere era stato più facile. 

Meno pericoloso.

+ + +

-Hanno disattivato il sistema di reazione del microcircuito-

Travers sbatté i pugni sul tavolo con rabbia.

-E' impossibile! Non hanno le competenze per disattivare quel dannato aggeggio!-

Andrew scosse la testa con un sospiro.

-Non hanno disattivato il chip, ma solo il sistema di emissione delle scariche elettriche. E comunque la cosa non è stata fatta da Sunnydale, se vuole posso individuare l'origine del segnale, ma ci vorrà qualche minuto-

-Non mi importa sapere chi l'ha fatto, mi importa sapere cosa possiamo fare noi adesso!-

Andrew scrollò le spalle con noncuranza.

-Non molto. Non possediamo i codici per reintegrare la procedura standard di un sistema così complesso. A questo punto l'unica cosa che possiamo fare è distruggerlo-

Quentin Travers incrociò le braccia sul petto riacquistando un minimo della sua proverbiale calma, gli occhi grigi fissi sullo schermo del monitor.

-Procedi-

Andrew lo guardò come se non capisse completamente il significato del suo ordine.

-Non credo sia quello che vuole signore-

Travers non lo degnò di uno sguardo.

-So bene quello che voglio, figliolo. E ora procedi a distruggere quel dannato marchingegno. Non ci ha portato altro che seccature-

Andrew girò sulla sedia da ufficio fino a guardare Quentin Travers negli occhi.

-E' consapevole, signore, che se distruggo il chip la diretta conseguenza sarà la morte cerebrale del soggetto in cui è impiantato?-

Il capo del Consiglio degli Osservatori si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto.

-Alcuni *soggetti* imparano la lezione solo con le maniere forti-

+ + +

Indietro non si torna.

Buffy cullò la frase nella mente per qualche secondo. L'idea di andare avanti, per una volta, non la spaventava poi così tanto. Non quando sentiva la pelle di Spike contro la sua. Non quando sentiva le sue carezze sulla schiena. Non quando sentiva le sue labbra sulla fronte, sulle guance, così vicine a baciarla sulla bocca.

E all'improvviso lui era di nuovo lontano. Centimetri, metri, miglia, anni luce di distanza. Le ci volle qualche secondo per riprendersi e capire la situazione.

Si stringeva la testa tra le mani come se gli stesse scoppiando.

Il chip.

-Spike!-

Non sembrava essere in grado di risponderle, troppo impegnato a controllare il dolore.

Sentì la porta aprirsi dietro le sue spalle e passi e voci concitate invadere la stanza. Wood era tornato. E non era solo.

La voce di Giles le giunse lontana e ovattata, tanto che le risultava terribilmente difficile capire il senso delle sue parole. E forse neanche le importava molto capirle, perché Spike stava urlando ora e un rivolo di sangue gli colava dall'orecchio destro.

-Spike! Spike cosa succede...rispondimi! Spike!-

Si avventò su di lui cercando di costringerlo a guardarla a risponderle.

Sentì le mani di Giles che la trattenevano, la allontanavano.

-Calmati Buffy, rischi di fargli più male che bene-

Fargli male. Dio, perché ogni volta finiva così?

Ferisci sempre le persone che ami.

Buffy serrò le labbra scacciando la voce che le rimbombava nella mente.

Vide Willow chinarsi sul demone e raccogliergli la testa tra le mani.

Willow avrebbe risolto il problema. Era sempre stata brava a risolvere i problemi. La matematica le piaceva. Le era sempre piaciuta.

-Lo vedo signor Giles...il chip...credo che...vogliono distruggerlo!-

Giles dissentì con forza.

-E' impossibile. Quentin mi ha assicurato che lo avrebbe attivato solo per rintracciarlo, non avrebbe senso distruggere il chip...-

-E' stato lei-

L'Osservatore si girò a guardare quella che una volta era stata la sua Cacciatrice e la freddezza nel suo sguardo lo lasciò senza fiato.

Buffy avanzò di qualche passo nella sua direzione.

-Ha avvisato il Consiglio che la loro nuova *arma* era sparita e magari gli ha anche suggerito di riattivare il chip per rintracciarlo-

-Buffy non...-

-No!-

La ragazza avanzò ancora spingendo l'uomo in un angolo.

-Non mi interessa sentire le sue giustificazioni. Voglio che contatti di nuovo il Consiglio e dica a quel bastardo che ne è a capo che deve smetterla di giocare con le nostre vite. Li faccia smettere immediatamente di fare qualunque cosa stiano facendo a Spike o le assicuro che non risponderò più delle mie azioni-

L'uomo scosse la testa di nuovo contrito.

-Ho già tentato, Buffy. Il Consiglio si rifiuta di mettermi in contatto con Travers...a quanto pare è in missione in un luogo segreto...-

Buffy si precipitò su Willow prendendola per le spalle.

-Fermali, Will. Io so che lo puoi fare. Liberalo del chip-

Willow si divincolò dalla stretta della ragazza.

-Non posso io...non riesco ancora a controllare bene il potere...rischierei di distruggere il cervello di Spike insieme al chip...-

-Ma è quello che succederà comunque non lo capisci?-

Buffy emise un sospiro frustrato. Non c'era più tempo. Non c'era più scelta.

Alzò la testa e fissò un punto indefinito sul soffitto.

-Halfrek! Halfrek! Dannazione vuoi muoverti stupido demone della vendetta?-

-Non c'è bisogno di essere volgari. Mi hai interrotto durante il mio appuntamento settimanale con la manicure, perciò spero sia importante perché in caso contrario...-

-Desidero che Spike sia libero dal chip-

Giles si parò tra il demone e la ragazza con un'espressione stravolta.

-Buffy! Cosa diavolo pensi di fare?-

Buffy scrollò le spalle con noncuranza.

-Sto semplicemente esprimendo un desiderio di fronte a un demone della vendetta-

L'Osservatore scosse la testa incredulo.

-Hai la minima idea del rischio che stai correndo, anzi del rischio che stai facendo correre a tutti noi?-

Buffy lo guardò con ostinazione.

-Come si dice chi non risica non rosica-

-Chi non risi...Buffy ti vieto categoricamente di proseguire con questo tuo folle corso di azioni, non sappiamo quali conseguenze potresti causare e...-

-Forse non le è chiaro, signor Giles, ma lei non è più nella posizione di vietarmi niente. Ho già espresso il desiderio ed è solo questione di tempo prima che Halfrek lo esaudisca-

-Non proprio-

La voce di Halfrek risuonò calma come sempre. Buffy la squadrò con occhi di fuoco.

-Bè non tocca a te esprimere il desiderio, ma a William. D'Hoffrin è stato chiaro su questo punto-

Giles si intromise tra le due, gli occhi acuti puntati sul demone.

-Cosa ha a che fare D'Hoffrin con tutto questo?-

Buffy spostò alternativamente lo sguardo dal suo ex Osservatore al demone, prima di parlare.

-Già, Halfrek. Credevo avessi parlato di una questione privata tra te e Spike, invece a quanto pare si tratta di lavoro-

Halfrek sorrise nervosamente aggiustando con un gesto vezzoso il fermaglio che le trattenenva i riccioli scuri.

-Diciamo è venuto casualmente a scoprire il mio breve...intermezzo con William e non è stato molto felice del mio modus operandi, perciò ha deciso che dovessi al nostro eroe senza macchia qui una sorta di *risarcimento* per aver momentaneamente deviato, senza intenzione sia chiaro, il corso del suo destino e aver così messo in pericolo la stessa sopravvivenza della nostra stirpe...francamente mi sono stupita che non mi abbia uccisa all'istante. Comunque le regole sono oltremodo chiare. Il risarcimento è dovuto a William ed è lui che deve esprimere il desiderio, non c'è discussione possibile su questo punto-

-D'accordo Cecily-

La voce di Spike tagliò la stanza come uno stiletto appuntito.

Buffy si voltò a guardarlo di scatto, seguita da tutti gli altri.

Aveva il volto rigato di sangue ed era mortalmente pallido, gli occhi enormi e persi nel vuoto, come se non riuscisse a mettere a fuoco quello che gli stava davanti.

Giles fece per intervenire, ma Spike fu più veloce di lui e in un attimo il desiderio era espresso.

-Desidero che tu liberi la mia testa-

Un sorriso sardonico si aprì sul volto incipriato del demone prima che le sue labbre vermiglie recitassero la formula di rito.

-Esaudito-

+ + +

-Juhdiel!-

No, non sono io.

-Juhdiel vieni fuori!-

Se rispondo dovrò tornare ed è ancora presto, non voglio tornare così presto. Ma ormai le gambe gli facevano male a stare accovacciato e i rami gli graffiavano le braccia. Sentiva i rumori del bosco intorno e il freddo della sera che scendeva tutto intorno chiudendolo nella sua morsa di ghiaccio.

Avrebbe dovuto cercarsi un riparo migliore, un posto dove stare fermo e immobile fino a che non avessero smesso di cercarlo.

-Juhdiel! Eccoti qui finalmente! Lo sai che ci hai fatto preoccupare a morte?-

Spike si alzò in piedi e guardò negli occhi la donna dai capelli rossi che gli sorrideva dall'alto.

-Io non sono Juhdiel, sono Spike-

La donna sorrise divertita.

-Hai sognato di nuovo il futuro? Quello dove sei un vampiro cattivo?-

Spike scosse la testa con veemenza.

-Non ho sognato, ti dico che sono Spike, il sogno è questo!-

La donna scosse la testa con pazienza.

-Allora se sei Spike perché sei più basso di me?-

Spike osservò la donna di fronte a lui poi si guardò le mani e il corpo che erano quelli di un bambino. 

Sentì la risata dell'altra mentre gli porgeva un piccolo specchietto d'avorio.

-Ecco, guarda qui dentro e vedrai che ti riconoscerai-

Spike strinse lo specchio rotondo tra le dita e vi guardò dentro avidamente. La superficie lucida rimandava l'immagine del volto di un bambino che non doveva avere più di dodici anni. I riccioli di un castano morbido gli ricadevano sulla fronte spaziosa e la pelle chiara faceva risaltare ancora di più gli occhi azzurri come pozze d'acqua pulita.

-Sono io-

-Certo che sei tu, sciocchino! E adesso andiamo o gli anziani si arrabbieranno-

Juhdiel prese la mano che la donna gli porgeva.

-Cosa vogliono gli anziani?-

Vide il suo sguardo incupirsi mentre gli rispondeva.

-Quello che vogliono sempre, Juhdiel. Il tuo potere-

+ + +

-Cosa gli sta succedendo?-

Appoggiato contro la parete di pietra Spike sembrava intento ad osservare un punto indefinito in lontananza.

L'Osservatore girò cautamente intorno al corpo facendo quello che sapeva fare meglio.

Osservando.

-Non ho molti elementi su cui basarmi, ma se dovessi formulare un'ipotesi direi che è caduto in uno stato di trance o in una sorta di coma vigile-

-Ma si riprenderà?-

La voce di Willow sembrava percorsa da un'incertezza e da un nervosismo che la faceva assomigliare molto a quella della ragazzina imbranata e tormentata da tutto il liceo.

Una ragazzina.

Ecco cos'era. Ecco cos'erano anche Buffy e Xander.

Ragazzi.

A volte lo dimenticava, fuorviato dai ruoli, dalle magie, dai destini, ma quelli con cui aveva a che fare erano solo ragazzi poco più che ventenni e come tutti i giovani adulti avevano il disperato bisogno di aggrapparsi a una figura paterna o a qualunque cosa potesse dargli sicurezza.

Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto dargliela, quella sicurezza.

Purtroppo non era mai stato bravo a mentire.

-Non lo so-

Sentì la risata di Buffy prima ancora di voltarsi e vedrla sulle sue labbra e sul suo viso.

-Un Osservatore che ammette la propria incompetenza. Siamo davvero arrivati alla fine del mondo come lo conosciamo-

Giles scosse il capo contrito.

-Non mi sembra il momento di fare del facile umorismo, Buffy-

La ragazza lo fissò con calcolato cinismo prima di replicare.

-Allora signor Giles, questo significa che non ci resta che piangere?-

+ + +

La ragazza piangeva appoggiata contro il muro di pietra. Quando rialzò il capo per guardarlo, vide che aveva gli occhi iniettati di sangue.

Mancava poco.

Juhdiel strinse le dita sull'impugnatura della spada prima di rivolgersi al guardiano della cella.

-Aprite la porta-

L'uomo esitò un istante, poi guardò gli occhi cristllini del bambino e uno strano senso di sicurezza gli avvolse il cuore. Tirò fuori dalla tasca un pesante mazzo di chiavi e spalancò la porta.

Non appena intravide uno spiraglio di libertà, la ragazza vi si precipitò contro come una falena attirata dalla luce.

Juhdiel le si parò davanti impedendole la fuga.

-Levati di mezzo, moccioso!-

Juhdiel alzò la spada sopra il capo, poi parlò con voce calma.

-Sei stata contaminata. La tua unica via di salvezza è di arrenderti al potere della spada scarlatta e lasciare che la sua lama nera ti purifichi-

La ragazza rise sguaiatamente.

-Se pensi che lascerò avvicinare te o la tua lurida spada alle mie carni ti sbagli di grosso-

Con uno scatto di una velocità soprannaturale lo superò, ma come dal nulla il bambino le riapparve davanti. Lo vide fissare un punto preciso proprio al centro del suo stomaco.

-Cosa vuoi da me? Levati di mezzo, levati!-

Juhdiel chiuse gli occhi e allontanò da sé ogni rumore concentrandosi sul suono della spada che lo guidava verso il demone. Sentiva il potere oscuro scorrere a fiotti nel corpo della ragazza davanti a lui e all'improvviso la traiettoria del colpo gli apparve chiaramente davanti agli occhi della mente.

"Non avere paura"

"Colpisci, Juhdiel"

"Non avere paura"

Juhdiel riaprì gli occhi e con un balzo preciso fu sulla ragazza, la spada conficcata al centro del suo stomaco con precisione tale che non uscirono che poche gocce di sangue scuro dalla ferita.

Un urlo gutturale fuoriuscì dalle labbra della ragazza, un urlo che non sembrava appartenerle.

Juhdiel chiuse gli occhio mentre l'energia scura e bruciante si propagava dalla spada al suo corpo, attraverso le sue braccia contratte.

"Resisti"

"Devi resistere Juhdiel"

Il bambino serrò le labbra concentrandosi sulla posizione del proprio corpo, i muscoli tesi allo spasmo.

Cancellò dalla mente ogni pensiero relativo al peso insopportabile della spada e alle urla sempre più strazianti del demone. Scosse di puro dolore gli piegavano le ginocchia.

Ancora qualche secondo. Solo qualche secondo ancora, si convinse, mentre conati di vomito gli invasero la gola.

Poi all'improvviso le urla intorno a lui tornarono quelle di una ragazzina di sedici anni mentre l'ombra del demone prendeva forma di fronte a lei prima di essere risucchiata dalla spada con un sibilo sordo.

Quando non rimase più neppure un soffiodi quella fumata nera e viscida, Juhdiel estrasse la spada dal copro della ragazza che si portò istintivamente le mani al ventre, scoprendolo incredibilmente intatto.

Il guardiano osservò la scena prima di voltarsi verso il bambino con gli occhi pieni di domande. Ma prima che potesse formularne anche una soltanto lo vide crollare di fronte a lui e cadere riverso a nella polvere. Fece per chinarsi su di lui, ma una donna dai capelli fulvi lo precedette, congedandolo con un gesto dellamano.

-Pensate alla ragazza-

La donna raccolse il bambino tra le braccia con uno sguardo di compassione negli occhi.

-Torniamo a casa-

+ + +

-Ci deve essere un modo per riportarlo fino a noi-

-Un modo c'è infatti-

Willow avanzò di qualche passo.

-Lo stesso che ho usato per riportare indietro te, una volta. Lo stesso che ho già usato per riportarlo indietro la prima volta-

-Rischiando di venire risucchiata dalla sua mente-

Giles serrò le braccia sul petto, un'espressione risoluta sul volto.

-Non posso consentirti di tentare di nuovo. Sei ancora troppo instabile-

-Andrò io allora-

Buffy prese la mano di Willow costringendola a guardarla.

-Insegnami-

Willow scosse la testa poco convinta.

-Non sei una strega Buffy. Perché questa cosa funzioni tra persone normali è necessario che condividano un legame profondo, un legame di sangue. E anche in quel caso è difficile che l'esperimento riesca-

Giles le sfiorò la spalla contrito.

-Buffy...non credo che...-

Ma Buffy non sentiva più niente di quello che la circondava, né vedeva altro oltre al corpo di Spike immobile di fronte a lei. Un corpo addormentato, intrappolato in chissà quale incubo.

-Buffy...-

La voce di Giles si perse nella stanza. Buffy sembrò non sentirla neppure, troppo occupata a slacciarsi uno degli stivali di pelle.

Willow si avvicinò di qualche passo, ma si bloccò non appena la vide estrarre un coltello affilato.

-Buffy cosa diavolo...-

Prima che qualcuno potesse intervenire, si era già procurata un taglio profondo sul palmo della mano sinistra.

Si accoccolò accanto a Spike raccogliendogli la testa in grembo e lasciò che il suo sangue gli bagnasse la bocca.

Sostenendolo gli dischiuse le labbra e lo nutrì lentamente con la stessa dolcezza che una madre avrebbe usato verso il proprio figlio.

E all'improvviso non le importava più che gli *altri* la stessero guardando e giudicando. Non le importava di stringere tra le braccia un nemico della sua specie. Non le importava che qualcuno si accorgesse delle lacrime che le riempivano gli occhi.

Voleva solo che Spike si risvegliasse. Solo questo.

Rupert Giles non poté fare a meno di fare un passo indietro e trattenere il respiro per qualche istante.

Perché davanti ai suoi occhi si stava compiendo ciò che gli Osservatori di ogni tempo avevano più temuto.

Davanti ai suoi occhi appannati dalla commozione e dalla sorpresa, una Cacciatrice donava spontaneamente il proprio sangue e con esso la propria vita alla creatura che era nata per combattere. Un demone.

Poco importava che fosse tutto comunque inutile, poco importava che il sangue di Buffy non potesse più aiutare Spike come una volta, quando ancora era un vampiro, il gesto rimaneva. Impensabile nella sua enormità. Imprevedibile nella sua irrazionalità.

Avrebbe dovuto fermarla. Sarebbe dovuto intervenire. E allora perché il suo corpo non voleva muoversi?

Giles socchiuse gli occhi con fatica e si lasciò sfuggire un sorriso amaro.

Forse in cuor suo sperava in un miracolo. E non era forse lecito sperare? Almeno per un istante ancora...

+ + +

Le voci erano lontane. Troppo lontane per riuscire a distinguere cosa dicessero. Sentì una mano fresca e asciutta carezzargli la fronte bollente.

Emily.

Un sapore metallico gli invase la bocca. Un sapore che gli sembrava di conoscere da sempre. Lentamente cominciò a distinguere le parole che gli volteggiavano intorno.

-Bevi da bravo. Bevila tutta d'un fiato-

E siccome era un bambino ubbidiente, Juhdiel bevve. Come aveva fatto migliaia di altre volte.

E come era successo migliaia di altre volte si svegliò, mentre sua sorella cadeva in un sonno malato.

+ + +

Giles sentì la stretta di Willow sul braccio riportarlo prepotentemente alla realtà.

La realtà in cui Spike era perduto per sempre.

-Signor Giles...guardi!-

E l'Osservatore guardò. Senza riuscire a credere ai propri occhi

Vide gli occhi di Spike illuminarsi di nuovo di vita.

Vide la sua mano allontanare gentilmente quella della Cacciatrice e coprirne la ferita perché il sangue rallentasse il suo deflusso.

E ringraziò un Dio in cui non aveva fede per un miracolo a cui non riusciva a credere.

-Impossibile-

La voce di Robin Wood risuonò piatta e atona nel silenzio irreale che si era venuto a creare.

E Giles vide nei suoi occhi tormentati che stava tentando di capire, di darsi una ragione, di trovare una qualche razionalità al di sotto di quel groviglio di emozioni. E lo compatì per questo, perché lui aveva già percorso quella strada e sapeva bene che non lo avrebbe portato a nulla. Perché Spike aveva il potere di generare sentimenti e reazioni totalmente irrazionali nelle persone che lo circondavano. E non c'era ragione o spiegazione, quando si trattava di Spike. E non c'era modo di tenerlo lontano, di cancellare le emozioni incontrollabili che suscitava.

Incurante di quello che le accadeva intorno Buffy ricambiò la stretta di Spike indecisa se ridere o piangere, lo sguardo fisso in quegli occhi blu che per un attimo aveva creduto persi per sempre.

E per la prima volta Buffy ebbe la certezza insensata che, nonostante tutto, le cose si sarebbero risolte per il meglio.

Non sapeva perché. Non sapeva come. Ma sentiva che ogni cosa sarebbe tornata al suo posto.

Era come aveva cantato quella volta, quando aveva dato voce a sentimenti che non credeva di poter più provare.

Possiamo affrontare qualunque cosa se rimaniamo uniti.

Se rimaniamo uniti.

Sentì la stretta di Spike allentarsi e istintivamente tornò a guardarlo.

Lui le sorrise, ma i suoi occhi azzurri erano freddi e taglienti come il metallo.

-Stai lontano da me o ti uccido-

+ + +

Note Nerd:

Chi è Joyce? Ci sono almeno due risposte: un Oni e un puro spirito. Come si accordano queste due cose? Semplice: la Joyce che parla con Dawn è niente meno che un Oni (gli Oni prendono a volte le sembianze che le loro potenziali vittime desiderano), la Joyce che parla con Spike è invece il vero spirito della madre di Buffy.

La canzone citata da Spike nel suo post scriptum è Cretin Family dei Ramones, la stessa che ascoltava con Willow e Giles nel capitolo Il giorno che ti ho salvato.

Due grandi ritorni in questo capitolo: Andrew (il mio mito personale) e Raley (vedremo come si evolverà...). Contenti? Eh eh...

La filastrocca cantata dall'Oni-Nikki è ispirata alla serie delle filastrocche di Mamma Oca, ma è inutile che andate a cercarla...questa l'ho inventata io divertendomi con la simbologia del nome di Robin Wood che letteralmente significa Pettirosso di bosco.

Una curiosità: i due disegni dello scambio di sangue tra Spike e Buffy sono i primi che ho realizzato per questa fanfic (non avevo neanche ancora scritto il Prologo che già avevo immaginato questa scena!)

Ebbene sì, nella mia storia Halfrek è Cecily, il primo amore di Spike. Surreale? Neanche troppo. Nella serie originale Halfrek e Cecily erano interpretate dalla stessa attrice e nella sesta serie Halfrek riconosce Spike come William la prima volta che lo incontra...Joss non ha voluto approfondire il discorso...ma io non potevo certo lasciarmi scappare questa occasione!!! L'unico problema era che le età non collimavano: all'epoca in cui William era vissuto Halfrek era già in giro a seminar zizzannia da secoli...e così mi è venuto il flash: e se Cecily non fosse mai stata umana? Del resto il modo in cui aveva trattato William era davvero...demoniaco!

 

 

 

 

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