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Perché usare un trasformatore di uscita avvolto in aria?

Da sempre i trasformatori di uscita sono realizzati con all'interno un robusto pacco di sottili lamierini in ferro al silicio, l'esigenza di utilizzare un nucleo siffatto trae origine da alcune considerazioni note da sempre ai tecnici: il ferro del nucleo di un trasformatore presenta una permeabilità magnetica migliaia di volte superiore a quella dell'aria, cioè il flusso magnetico trova un percorso estremamente agevole, bastano poche spire di rame per ottenere un efficiente dispositivo, anzi quanto più è grande il nucleo tante meno spire ( e quantità ) di rame sono richieste.

Sembrerebbe che tutto filasse liscio..... ed in parte fila, poiché i trasformatori sono forse le macchine elettriche che hanno il più alto rendimento energetico, ovvero consumano al loro interno poca energia, ma che fine fa l'energia che consuma un trasformatore?

Poco male se il problema fosse limitato alla perdita di qualche percento di potenza utile, ma in realtà le cose vanno diversamente: le perdite sono essenzialmente dovute a cinque cause

1- le perdite dovute alla resistenza delle matasse di rame, al passaggio della corrente dissipano energia per effetto Joule, è costante a tutte le frequenze, dipende dalla corrente,

2- le perdite dovute a flussi dispersi, non tutto il flusso generato dall'avvolgimento primario si concatena con il secondario, trasferendo tutta l'energia,

3- esiste un certo accoppiamento capacitivo tra le spire contigue, e tra queste ed il nucleo, peggiora con l'aumentare della frequenza e con la differenza di potenziale tra spire vicine,

4- il passaggio del flusso magnetico alternato attraverso il nucleo provoca una circolazione di corrente chiamata corrente parassita, è per questo che si utilizzano lamierini sottili, in quanto tra le altre cose dipende dalla qualità del materiale e dalle sue dimensioni fisiche,

5- forse il più subdolo dei problemi deriva dalla caratteristica dei materiali ferromagnetici con cui sono realizzati i lamierini dei trasformatori di rispondere con un certo ritardo alla magnetizzazione, e di mantenere una certa memoria della magnetizzazione ricevuta, ( si pensi alle calamite ) così che la corrente magnetizzante deve seguire una curva particolare detta curva di isteresi, ogni scostamento da questa curva viene trasferito sulla fem indotta sul secondario, in pratica la corrente di magnetizzazione seppur di valore assoluto percentualmente basso rispetto a quella di pieno carico richiede una notevole componente di terza armonica, costringendo lo stadio finale a lavorare a frequenza appunto tripla di quella in esecuzione, per minimizzare questo effetto si usano materiali speciali, quali ferro al silicio, a grani orientati ecc.

per finire si pensi al problema delle vibrazioni dei lamierini del nucleo, anche questo produce udibile degrado nella riproduzione sonora di qualità.

I problemi elencati ai punti 4 e 5 scompaiono con l'utilizzo di trasformatori avvolti in aria, allora perchè non vengono da sempre utilizzati? La risposta alla domanda si può dare analizzando quali sono i problemi che insorgono dall'eliminazione del nucleo di un trasformatore: a causa della bassissima permeabilità relativa dell'aria non è possibile ottenere una reattanza dell'avvolgimento primario alta come vorremmo, in quanto occorrerebbe un numero elevatissimo di spire e/o un diametro della matassa enorme, con conseguente aumento dei problemi visti ai punti 1, 2, 3, senza contare a problemi di tipo pratico. Inoltre occorre una quantità di rame enormemente superiore, ( per un amplificatore di media potenza alcuni kg) ed il rame è molto costoso.

Cosa comporta una reattanza primaria non elevatissima ? Innanzitutto una corrente di magnetizzazione elevata a frequenze basse, infatti la reattanza è funzione della frequenza, in pratica un trasformatore siffatto a frequenza industriale assorbirebbe una elevata corrente a vuoto anche senza carico, ma nell'impiego audio che è quello che ci interessa si traduce in una certa e non ripida diminuzione della curva di risposta all'estremo basso, a partire da circa 80 Hertz, compensato ampiamente dall'arricchimento in contenuto armonico che contribuisce a fornire un'impressione di rinforzo dovuto al cosiddetto effetto della fondamentale mancante.

Non è semplice trovare il punto di equilibrio tra i parametri che entrano in gioco nel dimensionamento di un trasformatore avvolto in aria, infatti ognuno è legato all'altro e spesso hanno andamenti opposti, come visto aumentando le spire ed il diametro si aumenta la reattanza, che è positivo, ma aumenta anche la resistenza e l'accoppiamento capacitivo che è negativo, durante le prime prove ho utilizzato diverse tipologie e tecniche realizzative, fino ad arrivare a quella attuale, dopo aver avvolto alcune decine di Kg di filo di rame smaltato, mi piace ricordare che costruii appositamente un tornio per effettuare le prime prove, rivelatesi subito incoraggianti, per passare poi a sondare tutte le possibili varianti, ho realizzato un prototipo di trasformatore pensato per ridurre al minimo i flussi dispersi, con avvolgimento bifilare (primario e secondario insieme) composto da più di 100 matasse da collegare in serie e parallelo, per scoprire alla fine che il risultato era scadente a causa dell'enorme accoppiamento capacitivo tra primario e secondario.

La versione definitiva prevede la realizzazione su di un supporto in legno per facilitarne l'inserimento nel mobile e per ragioni costruttive, sul quale sono avvolte le 4 matasse del primario e le 5 del secondario delle quali la prima e l'ultima con metà spire rispetto alle altre collegati in modo da rendere simmetrica la resistenza.

Chi volesse avere un'idea del dimensionamento può provare a fare qualche conto con le formule di Kordorfer, variando i parametri per vedere l'andamento della reattanza della matassa considerata, tenendo conto che danno solo un'indicazione dell'ordine di grandezza

by Alessandro Coppi

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