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Incontro con Francesco De Marco:

Baronessa della Caldana: una vittoria che ha tanti volti!

 

“avevo perso solo un ferro durante una passeggiata. E non me n’ero accorto. Poi avevo saltato su un campo , duro, alla NATO, in occasione di una giornata dimostrativa di salto ad ostacoli”. Questo l’antefatto, all’apparenza banale e irrilevante, che stava per porre termine alla carriera agonistica di Baronessa della Caldana. Me ne ha parlato il proprietario Francesco De Marco, cavaliere primo grado napoletano. Argento  al Campionato Regionale 2002-Brevetto Senior, in sella alla sua cavalla del cuore,  la vera  protagonista di questa storia dall’incipit triste e dai tratti rocamboleschi e inaspettati. Attraverso le parole del Cavalier De Marco, colme d’affetto, l’ho quasi conosciuta, pur non avendola mai vista:” Baronessa è una cavalla saura di 9 anni. Piccola, leggera, armoniosa, balzana da tre, lista bevente, fiera ed orgogliosa come una araba, figlia del vento. Esuberante, difficile, scontrosa, nevrile, lunatica, formidabile in campo gara. Non potrei montare altri che lei. Tutti i suoi difetti li amo e  li comprendo tutti. Il fatto che la stessi perdendo come soggetto competitivo mi stava facendo impazzire di rabbia e collera. È con me da sei anni. Andai a sceglierla all’allevamento della Caldana, un allevamento, con sede a Mondragone,  che ha prodotto ottimi soggetti. Appena l’ho vista ho capito che avremmo formato un bel binomio, un “binomio di affezione”, come lo definisco io, più che di agonismo. È sempre stata una cavalla sanissima, fortissima, di tempra straordinaria, tutta nervi, cuore, quasi indomita. Montarla è come imbrigliare il vento, è come cavalcare un ciclone, come assaporare la velocità allo stato puro. La classica cavalla di carattere”.

 Nel 2003 inizia il calvario.

 Questa straordinaria “atleta” compromessa per un tendine. Tutti i veterinari confermano la medesima prognosi: la cavalla va fermata per un tempo indefinito che va dai quattro o cinque mesi, secondo una stima preventiva . Il tentativo iniziale viene fatto con l’applicazione di un vescicante. Arriviamo a maggio. Di lì a poco si sarebbero svolti i campionati regionali, appuntamento annuale per il binomio napoletano- l’anno prima avevano sfiorato la vittoria ed erano a caccia del gradino più alto del podio- ma la cavalla non convinceva nella sua condizione fisica. Quel maledetto tendine continuava a gonfiarsi. E questo stato di cose si acutizza nel mese di giugno. Il veterinario di allora è più radicale. Consiglia di fermare Baronessa per un anno, tenendola a riposo in un paddock, in modo da ottenere un recupero naturale . Francesco,”cavaliere inesistente”, rassegnato, amareggiato, ma mai sconfitto, approfitta del tempo di ferma per far approvare la dolce saura quale fattrice selezionata data la sua splendida morfologia. Non è una soluzione, ma un modo per prepararsi al peggio. Anche se evinco dalle parole che nella sua mente Francesco continuava  a cercare, a riflettere e soprattutto a sperare. “E Baronessa aspettava da me un aiuto risolvente. Lei che non mi ha mai tradito, mai deluso, mai abbandonato all’insuccesso o all’incertezza. Era il momento in cui toccava a me dimostrarle la mia gratitudine”. Mi dice in tono quasi disperato ricordando quei momenti in cui tutto era fermo e l’immobilità lo tormentava all’estremo. Tra giugno e luglio, sempre appiedato, si reca , non ha saputo dirmi il perché, ad assistere ad una gara di salto ad ostacoli ad Agnano. E lì avviene qualcosa che Francesco De Marco  descrive in questi termini: “Tra tante persone che assistevano alla manifestazione agonistica, mi trovo a raccontare la storia di Baronessa ad un –signore speciale- che mi ascoltava quasi alla maniera socratica della maieutica. Alla fine della mia descrizione mi dice di essere un veterinario e di chiamarsi Gennaro Di Micco”. Ecco questo è il classico incontro giusto, al momento giusto nel posto giusto. Il segno che aspettavo. “ Non le prometto niente. Mi faccia vedere la cavalla così ci leviamo ogni dubbio ed indugio”. Queste le parole comprensibili di quel professionista che vedevo per la prima volta. Quando venne a vederla, quel veterinario mi stupii. Non proferì alcuna parola. Guardò la mia Baronessa  quasi che stesse istaurando un silenzioso e personale colloquio , al quale non partecipavano che loro due. Non fece ecografia o alcun esame radiologico. A conforto della diagnosi usò uno sguardo accurato e il senso tattile della mano, unico strumento, umano, necessario a fargli chiarezza sulla patologia. Si trattava di una lesione abbastanza seria del tendine, con tutta una serie di complicanze che non sto qui a citare a livello medico. So solo che non ritenne utile il vescicante. Mi diede la terapia e si raccomandò di seguirla alla lettera senza tralasciare nulla. “Reputo che siamo in grado di recuperarla benissimo. E lo affermo con un certo margine di certezza  perché la cavalla ha una tempra forte e voglia di vincere”. Si squarciò un mondo. Perché eravamo in due adesso ad aver fiducia in Baronessa e non ero più solo”. Nel legame del cavaliere e del suo cavallo era entrato anche un uomo speciale, un amico. E tutto grazie ad una cavalla e a quel maledetto tendine!” Entrambe in un momento delicato della propria esistenza, comprendo tra le righe. Uno a livello professionale, poiché da allievo del Dott. Rigato  diventava professionista autonomo, l’altro cavaliere a metà! Entrambe condividevano da due punti di vista la medesima soddisfazione  di restituire alle gare la saura focosa. Lascio continuare il racconto a Francesco: “ a sostegno della terapia Di Micco indica un altro dettaglio che non è tanto secondario: una buona ferratura! Altrimenti la terapia non può avere esito positivo. È fondamentale mettere in appiombo- sottolineava Di Micco- Sapevo solo questo: la mia prossima tappa era alla volta di Mastro Camillo! Un esperto “ferracavalli” un artigiano, un artista che opera all’interno della sua bottega, come fosse la “fucina di Vulcano”, in cui i ferri nascono dalla semplice barra fino a modellarsi all’occorrenza. Un “Guru “dei maniscalchi che si innamorò subito della cavalla”. E mentre parla Francesco mi sembra di ascoltare i viaggi di Gulliver!!! “Da giugno a settembre Baronessa ha seguito la terapia, venendo mossa quotidianamente a longhina, in giostra, a fine agosto ho iniziato a montarla; intorno al 15 settembre  il primo salto. “Adesso siamo in tre: io, Baronessa e quel veterinario dal quale non mi sono più staccato, perché mi ha restituito la mia cavalla”. E sento la voce al telefono avere come un tremore. “adesso voglio andare piano e non commettere più errori. La cavalla sta crescendo giorno per giorno. Tutti dicono che ha grandi potenzialità ed ora ci vuole il cavaliere. Ho imparato la grande lezione della pazienza e della calma e da questa vicenda ho acquisito un attaccamento ancora più morboso a Baronessa. Guai chi me la tocca!  Questa non è fantascienza o stregoneria, né fortuna. C’è tutta una alchimia di ingredienti che hanno funzionato, primo tra tutti la costanza, la dedizione, la diligenza, l’umana volontà. Questa vicenda dimostra quanto sia importante la competenza professionale, in qualsiasi mestiere, specie nell’ambito equestre e quanto funzioni l’accoppiata razionalità e sentimento, esperienza e metodo, ponderazione e una certa dose di rischio. Quanto  sia fondamentale  far dialogare mente e cuore”.

  Posso solo dire, cari lettori, guardateli  in gara, con occhi e mente diversa, alla luce di questo racconto. Il loro percorso saprà trasmettervi oltre che un brivido tutto sportivo,  anche un insegnamento di vita,  e precisamente ad avere fiducia, a  non avere paura del “buio” e delle ombre, perché c’è della luce a risplendere poco lontano, che proietta la figura di quel qualcuno che al momento giusto sa rappresentare la risoluzione del problema.

                                         

 

 

 

                Giulia Iannone

 

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Autore

Nino Esposito