Il Fabraterno 2007/01


il 2007 si è aperto con la premiazione dei vincitori
XV Edizione Premio letterario
“Liliana Bragaglia”


 

Cronaca di un successo annunciato? Non è certo retorica la frase se rivolta al premio letterario “Liliana Bragaglia”, giunto alla sua XV edizione. Ospitato anche quest’anno dall’Auditorium della Biblioteca della Città di Ceccano, la tanto attesa cerimonia della premiazione si è svolta il 19 gennaio, con inizio alle ore 17,00 ed ha visto una numerosa affluenza di pubblico, che vedeva al suo interno una alta percentuale di poeti, letterati, studiosi ed “addetti ai lavori”, ma anche studenti, oltre che di convinti curiosi.

Non c’è dubbio che l’Ass.ne Culturale Fabraterni, sotto la formidabile spinta propulsiva del suo Presidente Ennio Serra ha, ancora una volta colto nel segno, incentivando l’interesse per la poesia e per la prosa, sul territorio della Città di Ceccano e di buona parte della Provincia di Frosinone. La tenace determinazione, la schietta convinzione del suo importante ruolo di Presidente da parte di Ennio Serra, che sin dall’atto della sua elezione si propose di essere “garante della continuità” dell’attività associativa, solleticando il più ampio e corale contributo, in primis di tutti i Soci, ma anche di una moltitudine, più ampia possibile, che desse il suo contributo per la crescita della Città, vede con questa edizione del Premio letterario, l’apice del successo di una personalità quanto mai sincera e dedita convintamente, “anima e corpo” potremo dire, al progredire continuo del territorio. Ennio Serra nel suo intervento di apertura, ha ringraziato le autorità presenti ed in particolar modo il Sindaco di Ceccano, Antonio Ciotoli, sempre presente e sempre puntuale a tutte le manifestazioni culturali dell’Associazione. Un doveroso ringraziamento è stato anche rivolto alla Regione Lazio, per aver corrisposto un congruo contributo, grazie al quale l’Associazione ha avuto la possibilità di organizzare il Premio Letterario. E’ quindi intervenuto il Sindaco di Ceccano, il quale ha rivolto un sentito e sincero ringraziamento all’Associazione Culturale Fabraterni per l’importantissimo ruolo di rilievo che ormai da tanti anni svolge nell’ambito della cultura della Città di Ceccano e non solo, e per la forza con la quale sa coinvolgere in maniera sempre originale, poeti e scrittori del territorio. Anche il Sindaco, ha palesato la sua volontà che Ceccano diventi nel futuro prossimo, non remoto, una Città cardine della cultura storica della Provincia di Frosinone. La commisione del Premio, chiamata al sempre difficile compito della formulazione dei giudizi, era formata da: Prof. Alfonso Cardamone- Presidente, Prof.ssa Lucia Fabi, Prof.ssa Carmina Spada, Prof.ssa Gabriella Cavicchini, Dott. Luigi Di Tofano. Un ringraziamento vada a tutti loro, che con la consueta integerrima moralità ed onestà intellettuale hanno affrontato i lavori di questa XV edizione del premio con grande dedizione. Della commissione la Prof.ssa Spada ed il Prof. Cardamone si sono inoltre gravati dell’onere, ma sicuramente anche del piacere di dare lettura delle poesie e di brani delle opere premiate. E’ giusto, oltre che opportuno soffermarsi, sulla figura del Presidente di Giuria il Prof. Alfonso Cardamone, poeta di alto rango che con la sua parola sempre fresca e coinvolgente, mai disgiunta da vere e proprie “pennellate” poetiche nella sua esposizione, ha saputo come sempre catalizzare l’attenzione di tutti noi sulle parti salienti dei lavori premiati, trasmettendo quella forza interiore che nasce sì, da una profonda conoscenza, ma soprattutto da un vivere la poesia come costante dimensione esistenziale. E veniamo al tema del concorso. “Una rinuncia, una resa: a volte un atto coraggioso, a volte una sconfitta”. Tema sicuramente non semplice, ma considerando la tradizione, ormai consolidata del Premio è anche giusto che si debba, col tempo, “affinare il palato” con dei temi più impegnativi. Così è stato ma, nonostante tutto, la partecipazione è stata numerosa ed estremamente variegata sia per provenienza che per età e comunque non ha visto grandi differenze di qualità e di giudizio finale, a parte qualche “fuori tema”. L’analisi del contenuto, della forma , della sostanza e della morale è stata molto approfondita da parte della Commissione, che ha decretato vincitori: Sezione racconti Enza Sperduti ; Sezione poesia Matteo Mastrogiacomo I vincitori si sono aggiudicati, oltre che l’elogio della Commissione e degli astanti, un rimborso spese per le loro fatiche e a tutti è stata consegnata una pergamena di partecipazione. La serata è stata presentata con garbo ed elegante professionalità da Luigi Di Tofano. Dunque non resta che dare appuntamento a tutti voi, perché siate sempre più numerosi, alla XVI^ edizione, che avrà per tema…..beh! è ancora presto ci stiamo lavorando.

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Pubblichiamo di seguito i lavori dei vincitori:

Poesia

MATTEO MASTROGIACOMO
Euridice
Quanti petali stesi
a mascherare un abisso!
Del nostro viaggio non resta
che la tua sciocca pretesa
di dare un senso al silenzio
delle tue labbra vergini
sulle mie labbra….
“Perché affranta si tace la lira
che altrove mi diede la vita?”
“Perché ormai siamo ombre
Euridice, e del dolcissimo canto
Non ci rimane che il pianto”.

Matteo Mastrogiacomo
• E’ nato il 28/11/1981 •Vive tra Roma e Ceccano • E’ laureato in “Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea” con tesi sulla “poesia”, presso l’Università La Sapienza di Roma. • Lavora a Roma in un’agenzia di comunicazione. • Scrive poesie per diletto da diversi anni, alcune delle quali le ha raccolte in volume. • La poesia “Euridice” l’ha dedicata alla mamma Giuliana.

 

Racconto

ENZA SPERDUTI
Anna contro Anna

Anna era scontenta. Nonostante la casa affollata i suoi giorni nascevano e morivano in solitudine, e se ne andavano senza lasciarle nulla, come il sole caldo e luminoso brilla e sorride dappertutto ma non a una triste finestra affacciata a nord. Come capita a una certa età si rifugiava spesso nel passato, ricordando con nostalgia quanto era stata energica e felice e piena di vita. Ora tutto era cambiato e lei affrontava stancamente tanto il lavoro quanto il tempo libero, che l’opprimeva più della fatica. Anche quella mattina, a letto, pensava e s’interrogava. Era molto presto e tutto taceva ancora. Poi sulla sua testa gli uccelli si svegliarono e dal condominio delle tegole uscirono a salutare il giorno in un chiassoso controcanto con gli uccelli dei pioppi, nascosti tra le foglie del loro verde quartiere residenziale. Nell’aria si rincorsero cinguettii, trilli e fischi in un crescendo festoso che presto avrebbe contagiato la terra Anna attese a lungo, immobile, lo squillo della sveglia. Era solita usare così tanti accorgimenti, e temere così tanti ostacoli a un sonno sano e tranquillo, da applicare la sua cautela anche al marito, il quale chiudeva gli occhi la sera e li riapriva al mattino. Così fece anche quel giorno e subito guardò la moglie, indovinando dalla sua faccia l’andamento della notte. -Dormirai oggi, disse filosoficamente cominciando ad alzarsi, tanto sei pensionata –e le porse la sbarra di ferro e i pesi per gli esercizi. Anna iniziò la sua giornata. Gli esercizi servivano a rafforzare le braccia e la schiena e lei non li trascurava mai, come non trascurava nulla che rientrasse nei suoi doveri. Saltava invece le pause previste tra una serie e l’altra per essere pronta quando, tra poco, sarebbe arrivata la nuora a lasciare la bambina. Sospirò, mentre alzava la sbarra prima al mento poi alla fronte. Era una brava ragazza, Daniela, ma i suoi rapporti col marito non erano dei più tranquilli. Nemmeno la sua vita lo era. Lavorava a quaranta chilometri di distanza e non era previsto nessun avvicinamento. Arriverà – si augurò Anna alzando ripetutamente i pesi. E sospirò di nuovo, questa volta pensando alla figlia, anche lei fuori casa tutto il giorno. Più tardi Anna e Gianni fecero colazione in cucina, uno di fronte all’altra. Poi lui uscì con la lista della spesa che non avrebbe rispettato; lei si occupò della piccola Chiara che era appena arrivata. Adorava quella bimba così tenera e somigliante al figlio, e spiava in lei i benefici che sicuramente riceveva dalle sue cure. -Vuoi mettere la nonna col nido- si diceva più tardi mentre con un braccio la reggeva e con l’altro preparava la minestrina, e con la mente ripassava le burrasche tra la nuora e il figlio. Era arrivato il momento di pensare al pranzo, che Anna celebrava come un rito. Sarebbe stato all’antica per la cura e il tempo che richiedevano, moderno per la leggerezza, e così buono da regalarle tanti elogi. Gli elogi erano il punto debole di Anna. Essi addormentavano le sue insicurezze, e lei per meritarli era disposta a qualunque sacrificio. Sin da bambina si era adoperata per accontentare chi le stava intorno e crescendo, e con lei crescendo il campo d’azione, aveva cominciato a prelevare le forze anche quando stavano in rosso. Il guaio era che se si tirava indietro, anzi se non si proponeva, forti sensi di colpa la costringevano a dare il doppio. Così la buona volontà era diventata la sua corona di spine. Il marito, di tutt’altra sostanza, scuoteva la testa, e rispondeva delle sue azioni solo a se stesso. All’ora del pranzo tutto era pronto. Il primo ad arrivare fu il figlio, un bel giovane sempre agitato ed eternamente precario che passava di continuo da un lavoro all’altro, non si sa se precario perché agitato, o agitato perché precario. Poi venne la figlia, una libera professionista che libera non era mai, seguita dal marito che come al solito questionava coi gemelli appena usciti da scuola. Per rendere le loro vite meno complicate venivano tutti a mangiare da lei. Ben presto forchette e coltelli presero a demolire l’impegno di ore e i discorsi, immancabilmente di lavoro e di politica, coprirono la voce delle cicale che entrava dalla finestra spalancata. Era l’ora in cui i pioppi cominciavano ad agitarsi sonoramente e le foglie luccicavano più che mai nell’aria calda e pacifica. Anna non badava né alla bellezza dell’estate né alla conversazione, attenta solo ai momenti di pausa per chiedere: è buono? ti piace? ricevendo a malapena un assenso distratto. Ogni tanto evitando di guardare il marito s’informava se i “ragazzi” si erano decisi a chiamare il falegname, o l’elettricista, e con aria innocente dispensava consigli che dovevano servire a migliorare i modi d’essere dei figli e, soprattutto, del genero. Non appena restavano soli Gianni si arrabbiava per le sue ingerenze e ne seguiva un litigio che finiva solo quando Anna decideva di sparire, incauto parafulmine di scontentezze familiari. Anche quel giorno, tornati i ragazzi al lavoro, Gianni portò la piccola a dormire, i nipoti più grandi si piazzarono davanti ai cartoni animati, Anna riordinò la cucina ponendo contemporaneamente le basi per la cena. Seguì un’astuta contrattazione tra nonna e nipoti. Era ora di fare i compiti, ma se volevano giocare un po’ all’aperto potevano iniziare più tardi. I bambini contenti della proroga schizzarono fuori, lei contenta di averli allontanati dalla televisione corse alla sua poltrona, dove si buttò a occhi chiusi. -Ah, sono proprio stanca, non ce la faccio più- si lamentava dentro si sé mentre il cuore e la testa sembravano andare in pezzi. Ma già si preparava ai compiti di scuola, ai quali riservava una cura particolare. Aveva insegnato tanti anni e ora voleva offrire ai nipoti un po’ della sua passione e della sua esperienza. A tutto poteva rinunciare, non alla domestica riedizione dell’antico lavoro. Nulla, mai, le aveva dato tanto piacere quanto il fare lezione. I due bambini lo sentivano e soggiogati smettevano i panni del monello per darle tutta la fiducia e l’attenzione possibili. Ma quando i libri furono chiusi, dopo due ore di intenso scambio affettivo e intellettivo, Anna si affrettò di nuovo alla sua poltrona. Voleva riprendere fiato. Ma come davanti a un soldato disarmato o a un nuotatore esausto lontano dalla riva, ecco sfilare le sue paure. Faceva? era troppo! Non faceva? troppo poco! I figli, distratti e insofferenti, erano desiderosi solo di arrivare a sera senza tanti fastidi. Lei era necessaria, ma ingombrante. E questo era nulla in confronto alle ferite che si procurava da sola. Anna, infatti, era diventata un vero poliziotto, un detective, un fine psicologo, che in ogni piega e ombra del loro viso scopriva una serie di problemi e dispiaceri presenti e futuri di cui sapeva soffrire in anticipo. Uno scoppio di voci la riscosse. Era Gianni che intratteneva i nipoti. Quando i loro occhi s’incontrarono lui, senza smettere di giocare, con lo sguardo la invitò ad andare a riposare. Anna fu sul punto di scoppiare in pianto, come un bambino angustiato che scopre la mamma dalla sua parte. Ma aveva ancora tante cose da fare e voleva farle bene, come sempre. La cena fu una replica del pranzo con in più il peso di una giornata che era stata pesante per tutti. Così, quando fu a conoscenza che il falegname, o l’elettricista, non era stato ancora chiamato, che i nipoti a casa loro mangiavano buste di patatine e scatole di merendine a volontà, che un nuovo scontro era in atto tra il figlio e la nuora, non pensò più alla propria immagine e la demolì a più non posso. Quando il silenzio avvolse la casa, Anna evitò il marito e seguì tardivamente il suo invito. Andò a riposare. Salì in camera e si distese a letto, ancora vestita. Dalla finestra aperta su uno spicchio di luna entrava il dolce canto dei grilli e lei ne fu cullata come da una ninnananna. Come diversamente avevano strepitato gli uccelli al mattino, e si erano sgolate le cicale nell’afa del giorno! E con che gaiezza i pioppi, un momento prima immobili e muti, d’improvviso avevano vibrato d’irrequieta giovinezza al soffio della brezza! E se cambiano così tanto le voci della natura nell’arco di un giorno, quanto più cambierà l’uomo nell’arco di una vita intera. Anna pensò a lungo. Ricordò la sua giovinezza, le cose che aveva fatto, come liberamente aveva deciso, lottato, sbagliato. Ora toccava ai figli vivere in libertà la loro vita. Anche se era difficile, era giunto il momento di farsi da parte. -Lo farò- promise dolorosamente allo spicchio di luna fermo sui pioppi mentre i grilli cantavano nella notte.

 

Auguri di Buona Pasqua

a tutti i lettori