Renato Rozzi - Corso di Urbanistica

 

 
 
 
 

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 La valutazione dei piani urbanistici

 Decidere di applicare un piano urbanistico significa valutare che la sua applicazione farebbe evolvere il sistema insediativo in modo preferibile a quanto avverrebbe se non lo si applicasse. Così pure, in presenza di piani alternativi, occorre valutare quale sia quello migliore.
La valutazione dei piani urbanistici è difficile, perché i loro obiettivi sono numerosi, di differente natura, e interessano in misura diseguale le varie componenti della collettività. Tuttavia, una analisi e valutazione sistematica delle soluzioni e delle possibili alternative, alla luce di criteri che consentano di ponderare le decisioni, è uno strumento indispensabile per migliorare la qualità della scelta.

Un metodo di valutazione applicabile ai piani urbanistici è quello dell’analisi COSTI/BENEFICI. Si tratta di un metodo sviluppato in un campo del tutto diverso dall’urbanistica, ovvero quello dell’impresa, dove l'obiettivo è semplice (il profitto) e i costi sono piuttosto semplici e facili da calcolare, mentre invece è molto più difficile ovviamente valutare se e quanto si “guadagni” (e chi guadagni) da una scelta specifica di pianificazione, o da un’altra.
In particolare, gli obiettivi di un piano urbanistico, espressi come prestazioni del sistema insediativo, possono richiedere l'impiego di scale di misurazione differenti.

Queste differenti modalità, sono la Scala Proporzionale, ovvero quella più comune, che consente di calcolare rapporti, in cui qindi hanno senso "doppio", "un terzo", ecc. (come per superfici, volumi, velocità, denaro, ecc.); la Scala Graduata, come quella termica o di misurazione dell’intensità di rumore, dove un valore superiore non è certo la somma di due o più valori inferiori (una temperatura di 20° non si compone di 10° + 10°), e che consente solo la misurazione delle differenze; la Scala Ordinale, non misurabile, come ad esempio la gerarchia dei gradi all’interno delle forze armate, o simili.

È forse inutile ricordare come scale ordinali siano ricorrenti in campo urbanistico: la bellezza di una architettura, e di un paesaggio, come possono essere “calcolate”, o messe in rapporto quantitativo tra loro? La chiesa è più bella del corso d’acqua?

 Quindi per valutare un piano urbanistico in termini di costi/benefici occorre che i suoi obiettivi siano (scomposti quelli generali e complessi in una serie di obiettivi più semplici e misurabili) espressi in modo “calcolabile”.

 Un esempio di questo tipo, è il caso in cui gli obiettivi siano:

(1) Aumentare la densità urbana, facendola crescere da 20 abitanti/ettaro per l’insieme della città, fino a 30 ab/ha, per contrastare le diseconomie e i costi sociali dell’insediamento disperso.

(2) Minimizzare gli spostamenti pendolari, per contenere al minimo gli investimenti necessari a questo tipo di mobilità, in termini di infrastrutture e mezzi di trasporto (e diminuire, come conseguenza diretta, anche le spese di spostamento dei cittadini pendolari, o l’inquinamento generato dai mezzi di trasporto).

(3) Massimizzare le opportunità di scelta degli itinerari di spostamento da un punto all’altro della città, aumentando le possibili linee di connessione fra un luogo e l’altro (e per esempio favorendo la redistribuzione di alcuni servizi da pochi luoghi lungo tutti i nuovi itinerari della mobilità).

 L’obiettivo (1), di aumentare la densità, può essere ottenuto con vari strumenti e scelte: si possono progettare nuovi insediamenti residenziali, che comunque con i nuovi abitanti innalzano la densità; si può aumentare il numero degli abitanti degli insediamenti esistenti aumentando le quantità edilizie (aumentando il volume degli edifici, o rendendo abitabili spazi che prima non lo erano, come con la recente legge che consente di utilizzare i sottotetti); si possono destinare all’uso residenziale aree industriali dismesse; si possono infine fare moltissime scelte, anche piuttosto complesse, come il “degrado pilotato” di alcune zone, che gradualmente con la discesa della qualità e dei prezzi attirano una popolazione a basso reddito, più numerosa di quella precedente.

Se noi  ci poniamo l'alternativa fra un piano urbanistico A, un piano B, e un piano C, l'obiettivo 1 di aumentare la densità urbana ci appare così articolato: 

alternative di piano
A
B
C
corrispondenti costi dell'obiettivo 1 in milioni di €
60 70 65

Il piano più conveniente, dal punto di vista dei costi per l'obiettivo 1 è il piano A.

L'obiettivo (2), di riduzione degli spostamenti pendolari, può essere quantificato in km persone106 al giorno, in costi capitale per le infrastrutture  e in costi di spostamento. Schematicamente, abbiamo:

alternative di piano
A
B
C
spostamenti in km * persone/giorno (milioni)
2
2,2
1,8
costi per le infrastrutture, milioni di €
50
61
65

Il piano più conveniente in questo caso è il piano C (minore numero di spostamenti).

L’obiettivo (3) di aumento delle alternative di spostamento da una zona all’altra, si quantifica in costi di realizzazione ed esercizio della rete stradale, e in “Coefficiente di connettività”, ovvero rapporto fra il numero dei segmenti (le connessioni) e quello dei nodi (le zone da connettere). Schematicamente:

alternative di piano
A
B
C
costo capitale e esercizio della rete stradale, milioni di €
40
45
50
coefficiente di connettività
1,3
1,5
1,2

Il piano più conveniente in questo caso è il piano  B (maggior coefficiente di connettività).

Il problema a questo punto è: quale è il "migliore", fra i piani A, B, e C? Come è possibile paragonare rapporti costi/obiettivi tanto differenti? Un metodo è di ordinare i piani rispetto a ciascun obiettivo sommare i loro numeri d'ordine.

alternative di piano A B C
rispetto all'obiettivo (1)
1
3
2
rispetto all'obiettivo (2) 2
3
1
rispetto all'obiettivo (3) 2
1
3
5
7
6

Con questa procedura, il piano A risulta quello preferibile.

Un’altra domanda è: quanto “pesano” i vari obiettvi? Questo può modificare ancora la “graduatoria” fra i vari piani. Ad esempio, se si assegnano i pesi 2, 3 e 1 agli obiettivi (1), (2) e (3), riulterà: 


A
B
C
peso (1) = 2
1x2 = 2
3x2 = 6 2x2 = 4
peso (2) = 3 2x3 = 6
3x3 = 9
1x3 = 3
peso (3) = 1 2x1 = 2
1x1 = 1
3x1 = 3
10
16
1

Con questa procedura i piani A e C sono equivalenti, e preferibili al piano B.

Il metodo precedente considera soltanto ii costi e i benefici complessivi, e non tiene conto del fatto che i costi e i benefici di un piano si distribuiscono in misura ineguale  fra i vari soggetti sociali così come fra le varie zone della città. È infatti evidente come per raggiungere un medesimo obiettivo generale sia possibile penalizzare o premiare qualche soggetto o qualche luogo: una politica di trasporti pubblici e relative infrastrutture può diminuire la qualità di una zona (un parco diviso in due da una grande strada) per rendere più accessibile un’altra; favorire una categoria di persone come gli automobilisti, può penalizzarne un’altra, come i pedoni, ecc. Esiste un modo per valutare i piani anche da questo punto di vista, denominato MATRICE DEL RAGGIUNGIMENTO DEI FINI.
Esso prevede per ogni piano una matrice, come quella sottostante, in cui siano individuati gli obiettivi, la scala su cui può essere misurato il loro raggiungimento (come in tabella, se α = incremento velocità di circolazione, β = riduzione inquinamento sonoro, γ = conservazione di qualità dell'ambiente urbano), i gruppi in cui può essere suddivisa una collettività rispetto agli obiettivi del piano, il peso che ogni gruppo attribuisce a ciascun obiettivo.

Fini
α β γ
Scala
nominale
graduata
ordinale










Gruppi
Peso relativo
Costi
Benefici
Peso relativo Costi
Benefici
Peso relativo Costi
Benefici
a
3


1





b
1


4





c
2


3





d
4


2





La Matrice è pensata per piani settoriali (p. es. la riconversione di un’area industriale dismessa), certo più semplici da valutare che non un complesso piano urbanistico, ma serva a comprendere meglio sia – appunto – la complessità dei fattori in gioco, sia il fatto che comunque è centrale la decisione politica, che sola può valutare cosa “sia meglio”. Infatti il piano urbanistico è stato definito “una decisione politica tecnicamente assistita”, a significare che i due aspetti, quello scientifico-tecnico legato alla professionalità del planner, e quello di valutazione e scelta finale degli organismi decisionali elettivi, devono essere il più equilibrati possibile.