La condotta dell'imputato. L'imputato era munito di licenza di caccia, era iscritto all'Ambito Territoriale denominato 4A3 e si era regolarmente segnato sul tesserino regionale la giornata di caccia di quel giorno. E' risultato poi dalla testimonianza di Canella, che era stato con lui, che la mattina E. V. era andato a caccia nella sacca almeno fino alle 8,30; che era iscritto all'associazione di cacciatori denominata Federazione Italiana della Caccia.

I due poliziotti quindi denunciavano E.V. per il reato poi ascritto nell'imputazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricostruzione così dettagliata del fatto si è resa necessaria perché numerose sono le questioni giuridiche da risolvere strettamente collegate ai dati di fatto emersi dal dibattimento.

L'elemento oggettivo del reato

L'imputato è accusato di aver introdotto armi da caccia e munizionamento in terreno adibito a parco naturale, nel caso di specie il parco regionale del Delta del Po: occorre dunque accertare se il luogo era fra quelli vietati.

a)L'oggettiva appartenenza del luogo al Parco del Delta del Po e l'esistenza del divieto di caccia e del divieto di introdurre armi.

Il Parco naturale regionale del Delta del Po è stato istituito con la legge regionale 8 settembre 1997 n. 36, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 74/1997 del 12 settembre 1997. L'art. 1 della legge stabilisce che il territorio del Parco è "individuato da apposita grafia nell'allegata planimetria in scala 1:50.000". La planimetria allegata alla legge è a sua volta munita di una legenda nella quale, tra l'altro, è scritto che "per tutti i rami deltizi il confine del Parco coincide sempre con il profilo dell'unghia arginale a campagna".

Ora, il luogo in cui è avvenuto il fatto è agevolmente rinvenibile nella planimetria ed è stato indicato dal teste Roccato e confermato da Guidi nel corso del dibattimento; si tratta di una cavana sita nella parte interna dell'argine del Po: certamente quindi esso rientra nel territorio del Parco del Delta del Po.

Nel momento in cui il fatto è avvenuto la legge regionale era già in vigore da oltre un anno: rileva però la difesa che non era stata effettuata la "perimetrazione definitiva dell'area del parco" prevista all'art. 5 comma 1 lett. A) della legge regionale 36/97 come contenuto del Piano del Parco. La difesa fa riferimento per tale attività alle previsioni dell'art. 33 della L.R. n. 50 del 9.12.1993, che disciplina il prelievo nella regione, che così recita: "Le tabelle da apporsi al fine di delimitare aree soggette a particolare regime devono essere collocate lungo il perimetro dell'area interessata su pali o alberi a un'altezza da tre a quattro metri e a una distanza di circa cento metri l'una dall'altra...".

Non risulta dal dibattimento che una simile "tabellazione" fosse stata effettuata all'epoca (e in verità non risulta che ciò sia avvenuto neppure a tutt'oggi); sostiene perciò la difesa che non poteva ritenersi operante il divieto di caccia sancito dalla legge, mancando un elemento essenziale come la precisazione del territorio in cui opera il divieto. Similmente, non poteva perciò ritenersi operante neppure il correlato divieto di introdurre armi nel parco.

Questa tesi però non può essere accolta.

Va premesso un richiamo alla normativa operante. Il sistema di protezione della fauna selvatica presente nelle aree naturali protette è disciplinato chiaramente dalla legge quadro n. 394 del 6.12.1991. All'art. 2 della legge si comprendono fra le aree naturali protette i parchi nazionali (comma 1), i parchi naturali regionali (comma 2), le riserve naturali (comma 3); al comma 8 si prevede che spetta alle regioni la classificazione e l'istituzione dei parchi regionali.

Il successivo articolo 22, contenente le "Norme quadro" delle "Aree naturali protette regionali" (come è significativamente denominato il titolo III della legge), prevede al comma 6 che "Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici".

Tale divieto, come ha confermato la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3132/1996) è immediatamente operante trascorso il periodo transitorio di un anno previsto dall'art. 28 della legge e trova le conseguenti sanzioni nell'art. 30 della L. 394/91 e (con specifica espressa indicazione dei parchi naturali regionali) negli artt. 21 e 30 della L. 157/1992.

Tutto ciò premesso, ci si chiede se tale divieto sia paralizzato o sospeso dalla mancata tabellazione evidenziata dalla difesa. La risposta non può che essere negativa. Non si possono infatti confondere le normative relative alla istituzione del parco (previste dal comma 8 dell'art. 2 L. 394/1991) con le normative relative alla successiva ordinaria gestione del parco.

Le norme istitutive del parco, che nel caso di specie trovano la loro realizzazione con l'approvazione della L.R. 36/97, devono rispettare i principi previsti dalla legge quadro e con la loro emanazione rendono effettive tutte le disposizioni già contenute nella legge stessa: il parco quindi già nasce perfettamente dotato di tutti gli strumenti operativi e di tutto l'apparato (compreso quello sanzionatorio) previsto dalla legge quadro n. 394/91. Tanto è vero che l'art. 23 della legge quadro (la cui epigrafe è Parchi naturali regionali) così afferma:

"1. La legge regionale istitutiva del parco naturale regionale, tenuto conto del documento di indirizzo di cui all'articolo 22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia...".

A tale obbligo adempie quindi l'art. 1 della legge regionale, quando stabilisce che il territorio del Parco è "individuato da apposita grafia nell'allegata planimetria in scala 1:50.000". Tale perimetrazione provvisoria è necessaria e sufficiente per consentire la nascita stessa del Parco; mentre la successiva "perimetrazione definitiva" di cui all'art. 5 della legge regionale altro non è che un perfezionamento dell'identificazione e degli strumenti di riconoscimento dell'area già individuata. In altri ambiti, lo stesso meccanismo è previsto dalla legge quadro per l'attività di vigilanza sui parchi regionali, per la gestione delle aree, per l'individuazione delle attività compatibili, etc.: la possibilità per la Regione di integrare come ritiene più opportuno la disciplina di tali settori non ostacola l'immediata operatività delle relative disposizioni della legge quadro, che consentono l'immediato avvio dell'attività del Parco.

Deve in sostanza essere chiarito che, secondo quanto prescrive la legge quadro (e quindi a pena di vizio della legge regionale, che diversamente si porrebbe in contrasto con la stessa) la legge istitutiva non può non contenere la perimetrazione, sia pur provvisoria, del parco (così come non può non contenere le disposizioni minime in ordine alla vigilanza, alla gestione, etc.). Sostenere, come fa la difesa dell'imputato, che in mancanza della perimetrazione definitiva di fatto il parco non esiste in quanto non individuabile, significa non solo andare contro la lettera della legge, ma sostenere addirittura che la legge non opera: cosa questa evidentemente insostenibile alla luce del contenuto di tutte, ma proprio tutte, le norme richiamate che, finalizzate alla difesa dell'ambiente, sono anzi con tutta evidenza ispirate ad una il più possibile rapida tutela del bene protetto.

In conclusione: la legge regionale istitutiva dei parchi naturali deve avere un contenuto minimo (individuato dalla legge quadro) che ne consente l'immediata operatività; quando ciò avviene, la difesa dell'area protetta è già operativa anch'essa discendendo direttamente dalla legge quadro e dalla legge attuativa della stessa, senza necessità di ulteriori attività amministrative esecutive. Nel caso in esame, il divieto di introdurre armi nell'area costituente il Parco del Delta del Po è previsto, all'interno dell'area individuata con la perimetrazione provvisoria, dall'art. 11, comma 3, lettera f) della L. 394/1991, sanzionato dall'art. 30 comma 1 della legge stessa, indipendentemente dalla "perimetrazione definitiva"! che è facoltà della regione determinare.

Quanto detto è conforme ai principi della Suprema Corte, che per costante giurisprudenza ritiene che l'istituzione con legge regionale di un'area naturale protetta è sufficiente per far scattare il divieto di caccia nelle zone interessate.

Come ben si legge nella parte motiva della sentenza n. 3132 del 27.3.1996, si "ritiene immediatamente applicabile, in tutto il territorio nazionale (e quindi anche nella regione siciliana), il divieto di caccia sancito dagli artt. 11 e 22 della legge n. 394/1991, (e sanzionato, rispettivamente, dall'art. 30, stessa legge e dagli artt. 21 e 30, 1. n. 157/92 cit.). tale divieto riposa, in ordine alle "aree naturali protette regionali" (secondo l'estensione testuale del titolo III, L. n. 394) sulle "norme quadro" del menzionato art. 22 (come viene rubricato) che fissa "principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali" (senza distinzione alcuna fra regioni ordinarie e speciali). Il divieto, esplicitato nel comma 6 ("nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata") è immediatamente applicabile..."

Principi conformi a quelli appena esposti si rinvengono costantemente nelle pronunce della Suprema Corte relative a questioni attinenti la caccia (si vedano fra le ultime Cass. n. 5457/1999 e n. 8454/12999) e sono stati fatti propri recentemente anche da una pronuncia della Corte Costituzionale, che ha ritenuto incostituzionale una legge della regione Liguria proprio argomentando sulla immediata operatività del divieto di caccia nelle aree protette (Corte Cost. n. 20 del 27.1.2000).

Ora, quanto detto è assorbente di ogni argomentazione difensiva in materia; si deve però aggiungere che in nessuna norma, né in quelle immediatamente operative della legge quadro e neppure in quelle programmatiche della legge regionale, è previsto che la che perimetrazione definitiva del parco avvenga con una tabellazione della zona protetta (cosa anzi che si può presumere che non sia neppure effettuabile, attesi i costi elevatissimi); ancora meno è previsto e prevedibile che la perimetrazione definitiva del parco avvenga con una tabellazione come quella prevista dall'art. 33 L.R. n. 50 del 9.12.1993, sopra ricordata. E' di tutta evidenza infatti che una simile tabellazione è pensata ed e attuabile solo per aree ristrette come quelle che la legge individua come "aree soggette a particolare regime" (come si evince anche dai modelli approvati con Decreto del Presidente della Giunta regionale 6.6.1996 n.1493).

La semplice lettura delle due leggi regionali rende chiara l'assoluta diversità delle due discipline e, conseguentemente, delle finalità perseguite dalle perimetrazioni. La L.R. nr. 50/1993 disciplina infatti l'attività di caccia nel territorio regionale ove questa sia esercitabile secondo le regole ordinarie, con esclusione quindi delle aree dove comunque la caccia è vietata (centri urbani, strade, etc.: quindi anche nei parchi naturali nazionali e regionali dove una legge pone il divieto): tanto è vero che laddove la caccia è astrattamente esercitabile ma la Regione stessa pone o riconosce un regime particolare si richiede che l'area sia tabellata per rendere manifesta la limitazione. La L.R. n. 36/97 invece istituisce un'area in cui ordinariamente la caccia è vietata, tanto è vero che si preoccupa di disciplinare i casi (che hanno quindi carattere straordinario) in cui l'attività venatoria è permessa, e cioè ai sensi dell'art. 29 "al solo scopo di ricomporre squilibri ecologici" e in conformità al regolamento del parco.

Tali principi sono stati fatti propri sia da pronunce di legittimità che di merito; si veda, sia pure in materia di parchi nazionali, Cass. n. 4756/1998, secondo la quale "i parchi nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati sulla G.U. non necessitano della tabellazione al fine di individuarli come aree ove sia vietata l'attività venatoria"; e per la giurisprudenza di merito Pretura Patti, 8 gennaio 1996; Pretura Teramo, 24 giugno 1998...

Può pertanto concludersi che nei parchi naturali regionali sono vietati l'esercizio della caccia e l'introduzione di armi sin dall'istituzione dei medesimi nel territorio individuabile sulla base della perimetrazione provvisoria contenuta nella legge regionale istitutiva.