Uno strano triangolo

Lou Salomé irruppe nella vita di Nietzsche come una fatalità, un fecondo dono del destino, propiziato dalla comune amica Malvida von Maysenburg, un'idealista la cui vocazione più o meno segreta pare fosse quella di trovar moglie al filosofo, il quale notoriamente dichiarava di amare le brevi abitudini e di essere disposto a prendere in considerazione soltanto un matrimonio della durata massima di due anni.

Si riaccende ora l'interesse per questa liaison dangereuse con la pubblicazione di due preziosi volumi: l'epistolario che scandì le turbolente vicende di questo scandaloso ménage a trois che coinvolse anche Paul Rée e la monografia che Lou Salomé dedicò a Nietzsche. In occasione del loro primo incontro, svoltosi a Roma nella primavera del 1882, Nietzsche non sa rinunciare ad un certo tono retorico che all'interlocutrice dovette apparire troppo solenne: "Da quali stelle siamo caduti per incontrarci qui?" e nelle lettere non nasconde il proprio entusiasmo per una adamantina percezione di affinità spirituale, avvertita mentre si accinge a concludere la Gaia scienza, il suo capolavoro filosofico: "La cosa più utile di quest'estate sono state le mie conversazioni con Lou. Le nostre intelligenze e i nostri gusti sono profondamente affini - e d'altra parte vi sono tanti contrasti che noi siamo l'un per l'altro i più istruttivi oggetti e soggetti di osservazione. Finora non ho conosciuto nessun altro che sapesse trarre dalle sue esperienze una tale quantità di cognizioni oggettive.... Vorrei sapere se si è mai data un'apertura filosofica come quella che esiste tra noi".

Il sodalizio è allargato a Paul Rée, bizzarra figura di intellettuale con velleità filosofiche, innamorato geloso e melenso nel rivolgersi alla sua adorata chiocciolina: si forma la cosiddetta trinità, fonte inevitabile di ambiguità e contrasti (alimentati anche da Elisabeth, la perfida sorella di Nietzsche), perché pone la donna nell'invidiabile posizione di esclusivo oggetto di desiderio mentre i due uomini sono soggetti ad un regime concorrenziale di desiderio mimetico.
Con un po' di presunzione e una buona dose di ingenuità, Nietzsche cerca di indottrinarla, di convertirla al proprio credo filosofico mentre Lou rivendica la propria autonomia intellettuale, poi manifesta il desiderio di sposarla ma lei rifiuta ogni legame: la relazione che si annunciava così promettente va presto in frantumi e non sembra lasciare particolari segni di sofferenza nella nobildonna russa ("Siamo veramente vicini? No, nonostante tutto... Nell'arcana profondità del nostro essere mondi interi ci dividono"), mentre apre una ferita di problematico saturazione nel filosofo che sta completando il profetico Così parlò Zarathustra.
In questa protratta elaborazione del lutto per la perdita della donna amata, nel prender congedo Nietzsche non riesce a sottrarsi alla duplice tentazione del risentimento e dell'idealizzazione. "Individui come lei possono riuscire sopportabili se non in virtù di un'altissima meta... E invece come si rivela povera la sua umanità: povera di ammirazione, di gratitudine, di pietà, di cortesia, di pudore... per non dir cose più alte (... ). Ebbene, sappia che quell'egoismo felino, che non sa amare, quell'istinto vitale in bianco che Lei confessa... sono quanto più mi ripugna nella creatura umana, peggiori di qualunque male... Lei ha recato danno e fatto soffrire... Addio, cara Lou, io non la rivedrò più".

Nel 1894, ormai distante affettivamente da quella tormentata relazione, Lou Salomé restituisce quanto ha intellettualmente ricevuto sotto forma di una monografia dal titolo: Friedrich Nietzsche in seinen Werken che, per qualche insondabile motivo editoriale, ci viene ora presentata con il titolo assai fuorviante di: Vita di Nietzsche. A scanso di equivoci, va subito detto che il libro della Salomé presenta ben pochi elementi biografici (se non quelli filosoficamente rilevanti) e tanto meno chiarisce il senso della loro relazione o i motivi della rottura, mentre la dedica suona un po' sibillinamente allusiva: "A uno sconosciuto, in fedele ricordo". E' la prima grande analisi critica dedicata all'opera del filosofo tedesco e il pregio maggiore del libro consiste nelle sue illuminanti intuizioni di ordine psicologico ed esistenziale che permettono di delineare compiutamente la personalità spirituale dell'autore, ancorché prive talvolta di un adeguato approfondimento teoretico.
Nel prologo del libro, Lou trascrive una lettera di Nietzsche in cui viene legittimata l'idea di una riduzione dei sistemi filosofici ai documenti biografici dell'autore, l'immagine cioè della filosofia come autoconfessione, una silloge di "inavvertite mémoíres", un autoritratto continuamente variato, un'esperienza scandita dall'alternanza di salute e di malattia, paragonabile ad una grande autobiografia del dolore che pone discrimine tra una fase speculativa e la successiva, fra uno stile aforistico e un pathos sistematico.
Ciò che la Salomé intuisce, anche se non riesce a teorizzare compiutamente, è il fatto che non siamo più di fronte ad un io strutturato quanto problematico, ma al cospetto di un soggetto diviso, destrutturato nelle innumerevoli tonalìtà emotive che lo pervadono, nelle intensità pulsionali che agiscono dietro le quinte della coscienza, nella lacerazione di uno spazio frammentato d'esperienza in cui ogni centro viene polverizzato per effetto di istanze incoercibili.
L'evoluzione intellettuale di Nietzsche è siglata da maschere intellettuali, costrutti superficiali che nascondono una profondità di sofferenze fisiche e psichiche e inducono il filosofo ad una solitudine in parte avvertita come crudele fatalità, in parte come necessità intimamente desiderata. Quella di Nietzsche è una doppia vita, una vissuta e patita nella profondità della malattia, l'altra elaborata concettualmente nel temporaneo ritorno alla salute: il suo è "un ammalarsi e un guarire del pensiero", una palingenesi incessante ma non intenzionale, una condizione mentale costantemente perturbata che svela la duplice natura delle cose, il carattere tragico di una verità intimamente contraddittoria. La filosofia è convalescenza, un'arte della trasfigurazione del dolore.
Se la sofferenza è la sostanza della vita, la storia dell'individuo è la storia del suo dolore, la filosofia un autoritratto dolente, un canto dei sepolcri. Il soggetto biopatico che non crede più alla chimera dell'autosufficienza, mira piuttosto all'autosopportazione, alla possibilità di ritrovare se stessi attraverso la sofferenza delle singole parti, di affermare la propria personalità anche dopo il tramonto del soggetto, dell'individuo umanisticamente inteso: "La personalità stessa - scrive la Salomé - si dissolve in un aggregato di personalità istintuali dispotiche, in una molteplicità di soggetti". La ricchezza di tale polifonia esistenziale è tollerabile solo se si impone una volontà superiore in grado di dominarla e di renderla feconda attraverso la subordinazione gerarchica degli istinti: quando non si riesce a trasformare il labirinto dell'anima in una "struttura sociale degli istinti e degli affetti", l'anarchia genera l'abisso del delirio e confina il soggetto nelle terre desolate della follia.
Il "problema Nietzsche" si risolve agli occhi della Salomé nella peculiare scissione determinata dall'alternanza di salute e malattia all'interno della biografia spirituale del filosofo, dal loro reciproco condizionamento che è un gioco di sguardi incrociati in cui l'elemento sano giudica quello patologico e viceversa. Lou apre così la strada alle grandi interpretazioni novecentesche di Jaspers e Klossowski, mentre filosofi come Heidegger e Löwith - nell'intento di condurre Nietzsche sullo stesso piano metafisico di Aristotele e Spinoza - perderanno dì vista la sua peculiare cognizione del dolore.
L'esigenza del dolore è dunque la chiave di lettura per intendere le trasformazioni del pensiero nietzscheano, che la Salomé ricostruisce sottolineando lo smisurato additivo eropatico che accompagna ogni affermazione teorica, sempre originata dall'estenuazione nei confronti di quanto già acquisito e dal desiderio di transitare verso nuove emozioni: di qui "la raffinatezza della sua scepsi" che lo induce ad individuare "la filigrana delle cose" nel loro aspetto recondito e insondabile, nel loro tratto segreto e inconscio. L'interpretazione di Nietzsche si configura allora necessariamente come patogenesi del pensiero, senza peraltro diventare la causa di una sistematica alterazione dell'attività teoretica, bensì l'esito coerente, per quanto estremo e disperato, di quella valorizzazione degli affetti che costituisce il tema conduttore dell'intera filosofia nietzscheana.