ORDINI IN ACQUA
Passiamo ora alla fase più interessante, quella specifica del
lavoro in acqua. Vi sembrerà sciocco, ma non è detto che
un Terranova alla vista dell’acqua ci si butti di sua iniziativa immediatamente.
Bisogna anche in questo caso fare le cose con calma, gradatamente. Non
gettate il cane nell’acqua. Rischiereste di farlo spaventare inutilmente.
Entrate voi in-vece, invitandolo a seguirvi. Rimanete se possibile dove
voi toccate, sarà per voi più facile aiutarlo a nuotare e
lo seguirete più agilmente. Facendo ciò lo aiuterete a non
aver paura. E gli farete capire che il nuoto è bello al vostro fianco.
Altri cani, invece, alla vista del padrone in acqua iniziano ad abbaiare
furiosamente, vogliono entrare a tutti i costi in acqua per andarlo a prendere
e portare in salvo a riva. Questo è l’atavico istinto al salvataggio
insito nel Terranova, ma non in tutti. Sarà un’obiettivo del corso
di addestramento capirlo. Insegnare a nuotare a quelli che hanno timore
ad avventurarsi in quell’elemento liquido tanto strano. Dominare e malleare
quelli che invece sono fin troppo irruenti. Anche un Terranova può
annegare. Detto questo inizieranno due fasi dell’addestramento. La prima
prevederà l’affiatamento tra il padrone e il cane nell’elemento
liquido. Si inizierà a far capire al cane che si può nuotare
insieme, fianco a fianco, senza problemi.
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Unità Pasquale-Alyssha durante il recupero di un naufrago. Il conduttore deve solo pensare all’infortunato mentre il cane si dirige al punto che reputa più vicino della riva |
sistemi di liberazione e presa. Vista l’impossibilità di insegnare
ciò al cane, riteniamo che questo in prossimità di una persona
in preda al panico ed in procinto di annegare, debba girargli davanti,
vicinissimo, offrendo il dorso alla presa. Riteniamo inutili e controproducenti
gli anelli galleggianti fissati all’imbragatura francese. Questi, oltre
ad essere di dubbia efficacia, rendono praticamente impossibile utilizzare
normalmente l’imbrago come se fosse
un guinzaglio. Con detti attrezzi fissati, l’imbrago finirebbe per essere usato solamente durante gli esercizi. Non verrebbe mai utilizzato tutti i giorni al posto del guinzaglio e del collare, durante le passeggiate in prossimità di specchi d’acqua. Verrebbe in tal modo resa inefficace la prontezza e la sicurezza del sistema operativo di salvataggio, che prevede il cane con l’imbrago sempre indossato. Inoltre ben difficilmente una persona in procinto di annegare, come ben ci hanno consigliato vari istruttori di salvamento, Jean-Marc Durand e gli americani del lavoro in acqua, si attaccherebbe a simili attrezzi. Il pericolante, in preda al panico, afferra la prima cosa che gli capita a tiro, la più grossa e la più facile da raggiungere. Cioè il cane, non gli anelli. Quindi nell’addestramento dovremo insegnare al cane a discernere la persona svenuta immobile da quella agitata in preda al panico. Al lato pratico gli stessi cani istintivamente tendono a comportarsi così come i nostri esercizi prevedono. Vi garantiamo che ciò è più facile a farsi che a dirsi. Bisogna però avere la costanza di insistere decine e decine di volte nella sua realizzazione. Necessiterà variare i parametri di realizzazione dello stesso, cambiando i luoghi degli addestramenti, cambiando i figuranti, partendo a volte dalla riva, a volte dal battello di salvataggio. Bisognerà addestrarsi nelle giornate di pioggia, con vento forte, col sole basso all’orizzonte che infastidisce con i riverberi i soccorritori. Solo così facendo si potrà avere la sicurezza dell’efficacia degli interventi dell’unità cinofila. Un altro aspetto che bisognerà tenere presente negli addestramenti, è il soccorso portato dal cane ad una imbarcazione in difficoltà. Il cane portando con sé una cima favorirà il rimorchio dell’imbarcazione o il suo atterraggio. L’equipaggio di detta imbarcazione potrà issare facilmente il cane a bordo grazie alla maniglia di sollevamento presente nell’imbragatura marina di salvataggio da lui indossata. Si eviterà in tal modo che i movimenti dell’imbarcazione possano ferire il cane. Questi, soprattutto con mare mosso, possono essere veramente pericolosi. Bisognerà quindi addestrare il cane a non andare troppo sotto il bordo dell’imbarcazione, fermandosi a breve distanza, possibilmente sottovento. Sarà anche compito del conduttore del cane favorire ciò con ordini adeguati e manovre opportune. Spero che a questo punto sia chiaro che la difficoltà del salvataggio non è nell’apprendimento dell’esercizio. È invece insita nella costanza con cui devono proseguire gli allenamenti. Sono le condizioni dell’acqua, della corrente, delle onde, delle spiagge, degli scogli, della risacca, del giorno e della notte a cambiare. È su queste che dobbiamo lavorare. Con altri tipi di brevetti, a nostro avviso, si rischia di passare tutto il tempo a disposizione ad insegnare al cane esercizi che poco hanno a che vedere con il salvataggio vero e proprio. Alla fine si avrà un cane capace di eseguire tanti esercizi, ma solamente in determinate condizioni acqua-tempo. Dobbiamo invece avere la certezza di poter operare con condizioni “ognitempo”. |
in molti tipi di salvataggio (Mas 91) |
Unità Cinofila Zambelli-Skipper |
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