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14.02.2009 web stats Feed RSS
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I riformisti (quelli veri) oggi stanno con la Cgil

Se il governo di destra volesse prodursi in un attacco al sindacato simile a quello di Margaret Thatcher contro i minatori, si tratterebbe di una strategia criticabile ma lineare. Invece il governo Berlusconi ha altre modalità d'azione. Sta provando a isolare il sindacato più importante, la Cgil, indicandolo all'opinione pubblica come un ostacolo intollerabile alle riforme governative. Nel frattempo, come si è visto con le cenette e i "tete a tete", tenta di creare un rapporto preferenziale con le altre due confederazioni, Cisl e Uil.

E' un passaggio assai significativo di un articolo di Edmondo Berselli pubblicato su Repubblica qualche mese fa. Mai previsione, come sappiamo, è stata più veritiera.

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"Non è difficile vedere in questa strategia un tentativo di dividere le rappresentanze sindacali, il mondo del lavoro e qualunque settore civile - proseguiva Berselli - che possa rappresentare un'opposizione". Spesso viene rivangato il precedente del "decreto di San Valentino" voluto dal governo Craxi, sulla scala mobile". Si assiste ad una specie di revanscismo, espresso in particolare dai "nani e dalle ballerine" di quello stesso mondo craxiano, oggi riciclatosi nel pdl, che lascia trapelare uno storico rancore contro la sinistra e, in particolare, verso la Cgil.

La manovra di Craxi, tuttavia, puntava ad un progetto alto e razionale per stoppare la corsa dell'inflazione che all'epoca viaggiava vicino al 10%, mentre oggi di progetti notevoli o riforme efficaci non se ne vedono. Si scorgono, davanti a una recessione grave, solo tagli aleatori ed interventi confusi che si riducono a mance, regalie e talvolta vere e proprie elemosine.

L'idea di Confindustria è una totale ristrutturazione dell'industria italiana, gestita unilateralmente, sulla base di consulenze fornite, a caro prezzo, da ditte americane. Il lavoratore ideale, in queste consulenze, è il lavoratore "coinvolto", cioè quello che non solo vende alcune ore del proprio tempo, cervello compreso, ma insieme regala l'anima. Alcuni milioni di persone hanno l'idea esattamente opposta: il lavoratore critico è un bene per la società, e alla fin fine anche per la singola azienda, e il lavoratore correttamente informato offre spesso soluzioni migliori che i consulenti americani.

Lo scontro è questo, un compromesso è possibile, ma lo sarà quando Confindustria capirà che le conviene trattare con la sua controparte più importante, e non servirsi di un governo e di sindacati disponibili a diventare di tipo sovietico, per correggere artificialmente i rapporti di forza.

I riformisti, se sono davvero tali, devono fare una scelta di campo. Oggi si sta con la Cgil e non con questo governo! Perché non c'è niente di riformista nel sostenere quella logica - la vera architrave su cui poggia il berlusconismo - che vuole che senza quel "rompi coglioni" del sindacato tra i piedi, i padroni da soli siano capaci di organizzare aziende, di spendere risorse sul processo, d'innovare i loro prodotti e, più in generale, di portare sviluppo al Paese.


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