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27.02.2009 web stats Feed RSS
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Sciopero virtuale. Quando i risultati sono reali

Nell'era di Internet e dell'innovazione tecnologica le forme classiche di protesta da sole non bastano. Lo sciopero tradizionale, pur restando lo strumento di lotta per eccellenza, spesso non risolve la vertenza né conquista titoli sui giornali. Ed economicamente è proprio ai lavoratori che procura il danno maggiore, mentre l'azienda risparmia. Quello solidale - in cui si continua a lavorare e i soldi vanno in beneficenza - stenta invece ad avere visibilità. Come pure la protesta virtuale, in cui l'azienda destina il guadagno della giornata a un fondo per pubblicizzare i motivi del conflitto.

All'IBM Italia, secondo Repubblica, scioperi, raccolte di firme e petizioni non avevano avuto successo. La trattativa per la firma del contratto integrativo durava dal 2004. Nel 2007 l'azienda aveva tagliato il premio di risultato: circa mille euro in meno nella busta paga dei cinquemila lavoratori nazionali. Che a quel punto hanno provato a giocare ad armi pari: invece di scendere in piazza di persona hanno mandato avanti il loro alter ego cibernetico. O meglio l'avatar, per dirla con il linguaggio del Web 2.0, per la prima protesta sindacale virtuale, nel senso di tecnologica: duemila persone collegate per 12 ore a un computer da più di 30 Paesi per rivendicare diritti reali con cartelli, slogan e striscioni in quella che è la vita parallela di Second Life di oltre 10 milioni di utenti registrati. E in cui anche il colosso informatico americano ha investito milioni di euro per aprire reparti, centri d'affari e servizi d'assistenza. Delle 30 isole che Big Blue (come viene chiamata l'IBM) ha creato nel mondo virtuale, sette sono state occupate dai manifestanti, che hanno poi bloccato il business center per qualche ora e interrotto una riunione "online" tra manager.

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Nell'era del tele-lavoro che guarda ad un futuro senza uffici, il tele-sciopero, oltre a clamore e solidarietà internazionali, ha portato esiti concreti. Farsi sentire nel meta-universo, dove la controparte ha impiegato soldi ed energie, ha favorito, infatti, la riapertura delle trattative, che nella vita reale si erano interrotte da mesi. I dipendenti hanno riavuto il premio di risultato, oltre ad agevolazioni sanitarie più vantaggiose. Sciopero virtuale sì, ma dagli effetti reali, quindi. Non ultimo l'aver contribuito - venti giorni dopo - alle dimissioni dell'amministratore delegato.

Virtual strike dell'IBM

Che il ricorso alla tecnologia produca il massimo danno all'azienda e la minima perdita per i lavoratori lo ha sostenuto, tempo fa, persino Giorgio Cremaschi (non certo sospettabile di simpatie riformiste), segretario nazionale della Fiom. Che, però, si è mostrato scettico sul futuro di queste forme di lotta. "Non si deve scambiare l'avanzamento tecnologico del mondo del lavoro con il rinnovamento sindacale. Non credo che queste forme possano sostituire quelle tradizionali", spiega il leader della Rete 28 aprile nella Cgil, "ma le completano, certo, perché accendono i riflettori in un momento in cui lo sciopero classico fatica ad avere visibilità. Non sono, però, risolutive: giocano sull'effetto sorpresa, ma la seconda volta non avrebbero la stessa efficacia".

La tecnologia cambierà la conflittualità sociale? Sì, insomma andiamo verso una Cgil versus Confindustria e/o Governo 2.0? Chi lo sa!

Che la riforma del governo sia, più che altro, una limitazione del "diritto di sciopero" e non una riforma, appare fin troppo evidente. La vignetta di Ellekappa su Repubblica di ieri era eloquente. Anche lo sciopero, in fondo, non fa altro che adeguarsi allo stato della democrazia nel nostro paese: Tutto sempre più virtuale.

Sta di fatto però, che certe minoranze, sempre più spesso, hanno trasformato quel diritto in una sorta di ricatto, ledendo così in modo irresponsabile, i diritti altrettanto fondamentali di tutti gli altri cittadini di questo paese. Far finta di niente - da parte del sindacato e dell'opposizione - o peggio ancora difendere, sia pure involontariamente, certe prepotenze sarebbe un errore persino peggiore.


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