Scienza e fede

 

Galileo e l'autonomia della scienza dalla fede

….. l'intenzione delle Spirito Santo essere d'insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo

Tra il dicembre del 1613 e il secondo semestre del 1615, Galilei scrive le quattro lettere copernicane.

In queste lettere Galileo porta avanti la sua battaglia culturale che non si limita all'adesione alla teoria copernicana, ma pone le basi per l'affermazione della scienza moderna.

Nell'ultima delle quattro lettere, quella alla granduchessa di Toscana Cristina di Lorena, egli asserisce che scienza e fede non sono in contraddizione, poiché gli oggetti di cui si occupano sono differenti: gli scienziati studiano la natura mentre i teologi hanno il compito di trovare un accordo tra le verità scientifiche e quelle affermazioni delle Sacre Scritture che sembrano in conflitto con tali verità:

venuti in certezza di alcune conclusioni naturali, doviamo servircene per mezi accomodatissimi alla vera esposizione di esse Scritture ed all'investigazione di quei sensi che in loro necessariamente si contengono, come verissime e concordi con le verità dimostrate.

Galileo afferma che nella ricerca e nella dimostrazione scientifica sono prioritarie le esperienze sensoriali rispetto alle autorità delle Scritture:

nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima essecutrice de gli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all'intendimento dell'universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al nudo significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all'incontro, essendo la natura inesorabile ed immutabile, e mai non trascendente i termini delle leggi impostegli, come quella che nulla cura che le sue recondite ragioni e modi d'operare sieno o non sieno esposti alla capacità degli uomini; pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone dinanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio, non che condennato, per luoghi della Scrittura che avessero nelle parole diverso sembiante; poi che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com'ogni effetto di natura, né meno eccelentemente ci si scuopre Iddio negli effetti di natura che ne' sacri detti delle Scritture: il che volse per avventura intender Tertulliano in quelle parole: «Nos definimus, Deum primo natura cognoscendum, deinde doctrina recognoscendum: natura, ex operibus; doctrina, ex prædicationibus.»

ed è proprio su quest'ultima affermazione di metodo che si fonda il pensiero di Galileo e la rivendicazione dell'autonomia della scienza dalla fede, un'autonomia che vorrebbe essere rispettosa della Chiesa e dei suoi dogmi e proprio per questo motivo Galileo continua ad argomentare:

Ma che quell'istesso Dio che ci ha dotati di sensi, di discorso e d'intelletto, abbia voluto, posponendo l'uso di questi, darci con altro mezo le notizie che per quelli possiamo conseguire, sì che anco in quelle conclusioni naturali, che o dalle sensate esperienze o dalle necessarie dimostrazioni ci vengono esposte innanzi a gli occhi e all'intelletto, doviamo negare il senso e la ragione, non credo che sia necessario il crederlo.

Ma nonostante questo argomentare che ai nostri occhi appare così stringente, le lettere copernicane non convincono gli avversari di Galileo che incominciano un battaglia durissima contro lo scienziato, battaglia che si concluderà con la condanna e la conseguente abiura da parte dello scienziato.

 

 

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