Il Sogno di Pico

L'Hypnerotomachia Poliphili e le corti padane del Rinascimento

di Giovanni Pasetti e Gianna Pinotti

Premessa

... editos esse et non editos...

Giovanni Pico della Mirandola usò queste parole per ricordare, nell'Orazione sulla dignità dell'uomo (1487), che Aristotele considerava i libri della sua Metafisica "pubblicati senza essere pubblicati''. Sarebbe questa un'ulteriore conferma della necessità di velare in misura appropriata le conclusioni fondamentali a cui un filosofo può e deve giungere. Secondo Pico, infatti, i misteri dell'essere si possono esporre soltanto tramite un linguaggio adatto, non permeabile a coloro che disdegnano il vero significato delle cose, e al contrario trasparente per chi si muove verso la luce, riverberata dalle vicissitudini mutevoli del mondo. Da tale pensiero ne consegue un altro, di sorprendente modernità: le cose riescono ad esprimersi correttamente, nella loro dipendenza dall'assoluto, combinando i propri nomi in modi inconsueti e diversi, diventando lingua non volgare ma alta, fiorendo insomma nelle peripezie del Verbo.

Ora, esiste una realtà incontestabile: negli ultimi anni del quindicesimo secolo, molto prima delle sperimentazioni linguistiche dell'Ulisse o della Finnegans Wake di James Joyce, nasce un testo a cui il concetto di edizione senza edizione appartiene a pieno titolo. Si tratta di un romanzo italiano, nell'accezione più bizzarra del termine, uno dei primi volumi pubblicati dal maggior stampatore del Rinascimento, Aldo Manuzio. Ci riferiamo naturalmente all'Hypnerotomachia Poliphili, ovvero la ``Battaglia d'amore sognata da Polifilo'', apparsa a Venezia verso la fine del 1499, ornata dai magnifici caratteri aldini e da una serie imponente di xilografie, che resero immediatamente l'incunabolo una costosa e pregiatissima rarità.

Cade in quest'anno - ultimo del millennio - il cinquecentesimo anniversario della suddetta, paradossale edizione. Mentre si celebra l'evento, l'opera tanto studiata è ancora avvolta dal mistero a cui da sempre è unita. Letta da pochissimi perché quasi illeggibile, essa ha tuttavia goduto di una fama universale e di un'aura quasi magica, giustificata da un'affinità sottile con gli scritti segreti dell'alchimia. Rabelais ne subì il fascino, Teofilo Folengo divise con lei un simmetrico artificio verbale. Nel 1530 l'Università di Salamanca venne decorata da bassorilievi in cui si ripetevano gli astrusi rebus racchiusi in alcune delle sue incisioni. Nel 1510, Luisa di Savoia riceveva da François Demoulins, precettore del figlio, il futuro re di Francia, un codice ricco di profondi insegnamenti morali in cui erano ricombinate molte enigmatiche figure polifiliane. Nel 1547 venne stampata a Parigi una prima traduzione dell'Hypnerotomachia, cui ne seguirono altre in Europa. Nel diciassettesimo secolo l'artista francese Eustache Le Sueur perfezionò un ciclo pittorico che racconta in stile elegante le gesta di Polifilo.

Tutto questo avveniva senza che l'autore del romanzo fosse davvero noto. Un ambiguo acrostico formato dalle iniziali dei capitoletti in cui sono ripartite le due sezioni del libro - POLIAM FRATER FRANCISCUS COLUMNA PERAMAVIT - non basta certo a dissipare i dubbi originati dalla sproporzione fra un'opera di immane erudizione e la debolezza di ogni ipotesi relativa al fragile domenicano che avrebbe segretamente composto le fantasiose righe di un'avventura labirintica, preferendo poi un completo oblio, iniziato già in vita.

L'analisi esposta nelle nostre pagine percorre un cammino trasversale, innovativo rispetto all'approccio convenzionale finora seguito. Nel primo articolo, intitolato Il libro come Labirinto infinito: questioni fondamentali dell'Hypnerotomachia, Giovanni Pasetti espone il riassunto del romanzo e offre al lettore i dati di fatto essenziali alla comprensione del momento storico e dei personaggi che contribuirono alla costruzione di questo unicum letterario.

Da parte sua, Gianna Pinotti esamina i legami non ancora chiariti tra il rinascimento fiorentino e le corti settentrionali, analizzando contenuti e motivi iconografici. Tale è infatti il tema di Fiammelle d'Amore a Corte: rapporti inesplorati tra Botticelli e Mantegna.

Quindi, in Indizi e prove: Giovanni Pico della Mirandola e Alberto Pio da Carpi nella genesi dell'Hypnerotomachia Poliphili la celebre 'Fenice degli ingegni' viene posta al centro di una rete di relazioni intellettuali che consentono di decifrare il tessuto di citazioni di cui l'Hypnerotomachia è composta.

Gianna Pinotti traccia in Il Sogno Cortese da La Manta a Treviso: figure dell'immaginario nell'arte padana una mappa di quel fiume segreto che, nascendo dall'immaginario tardo-gotico, sbocca negli esiti rivoluzionari di un Umanesimo sospeso tra fantasia e ricognizione della realtà, tra exemplum antico e provocazioni attualissime.

Abbiamo poi ritenuto di presentare una breve scelta delle composizioni poetiche latine e volgari di Giovanni Pico, commentandole brevemente. È Pico, l'amante, una sezione che offre al lettore alcuni frutti dell'indole passionale - ingiustamente trascurata - del grande mirandolese.

Giovanni Pasetti è ricercatore e romanziere. Autore di un Sito dedicato alla storia di Mantova, si è interessato al ciclo cavalleresco di Palazzo Ducale (1994, Il Sangue e la Coppa; 1998, Il ciclo del Pisanello e la Letteratura Epica Cavalleresca). Nel CD Progetto Mantegna (1996) ha studiato la vita e le opere del Maestro.

Per leggere un suo racconto, si può scegliere ad esempio Il Bacio.

Gianna Pinotti, laureata in Storia dell'Arte, è autrice di diversi studi di iconografia rinascimentale, tra cui Un Principe del Rinascimento, la dinastia di Luigi Gonzaga da Falconetto a Sabbioneta (1996), analisi dei molti enigmi legati agli affreschi astrologici di Palazzo d'Arco in Mantova. Ha pubblicato saggi su due importanti pittori del Novecento lombardo, Vindizio Nodari Pesenti (1992) e Ugo Celada da Virgilio (1997). E' pittrice e poetessa.

Entrambi gli autori hanno condotto una ricerca approfondita sulla Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, nel Palazzo Ducale di Mantova, svolgendo una nuova ipotesi interpretativa. Il titolo del saggio è La Camera in Luce, oggi consultabile in rete.