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Il gruppo de “L’Uva Grisa”

in

Fura chi chéld!

Dròinta chi giazé!

Ovvero…

Foli, fulét e sturnél tra al lozli de camòin

 

Presentazione

Con questo lavoro, che riprende ed amplia le tematiche del precedente spettacolo (“Ballate, baruffe e marinér”), realizzato a Bellaria Igea Marina nel 1982, prosegue il nostro itinerario di ricerca sulle tracce degli spazi di socialità e le forme di comunicazione presenti nella cultura tradizionale.

La nostra attenzione si è rivolta verso quel linguaggio poetico, immerso nel costume quotidiano, che accompagnava da vicino, fino a trasfigurare con la sua carica simbolica, tutte le situazioni dell’esistenza e costituiva una forma del rituale sociale. Si tratta del ricco e variegato mondo della retorica popolare (nel patrimonio dei detti, degli indovinelli, delle filastrocche, dai canti, dei racconti fantastici, ecc.) che ha fino ad oggi trovato espressione nella tradizione orale. Questo universo fantastico, col proprio gioco di immagini, in cui il grottesco, il comico, l’epico e il banale si legano in una combinazione casuale, rivela una trama dell’esistenza sociale basata sull’apparire, sulla duplicità in cui i ruoli si scambiano, si succedono, si rinnovano…

Ci siamo quindi soffermati su quelle figure che più esplicitamente rappresentano l’affermazione del teatrale come qualità diffusa del sociale: il mondo delle burle e degli scherzi, dei comici di paese, che con le loro immagini di derisione ed ironia richiamano il ludico, relativizzano la superiorità dei ruoli e dei valori, ristabiliscono la reversibilità sociale.

Abbiamo, infine, identificato nella situazione della veglia il referente privilegiato per la costruzione dello spettacolo. Il momento della veglia fungeva da polo di ricomposizione magica collettivo, univa chi abitava gli stessi luoghi ed era la chiusura rituale della giornata. La sua cornice scenica evidenzia meglio di ogni altra come ogni parola, ogni piccolo avvenimento divengano sontuosi e teatrali, iscrivendosi in un rituale di scambio comunicativo.

G.G.

L’allestimento che presentiamo è costruito interamente sulla base del materiale raccolto durante una ricerca sul campo che si è svolta nell’area di Bellaria Igea Marina, nel 1984.

Intendiamo qui di seguito ringraziare tutti coloro che coi loro ricordi, le loro storie e le loro canzoni, ci hanno reso partecipi di questa realtà; a loro dedichiamo la nostra rappresentazione.

Nicola Vasini (Gagliòn); Guerrino Baldassarri (Garséi); Mario Vasini (Ghiròn); Nino Gori (Maruga); Gustavo Gori (Balena); Antonia Amaducci (Liòn); Dino Gori (Travasìn); Ernesto Gasperoni (Ristìn);Mmario Gori; Alfonso Magnani; Albo Gori (Gambarìn); Nicola Lazzarini (Colino); Renato gasperoni (René); Vittorio Lazzarini; Mario De Luigi; Vittorio Quadrelli (Giachét); Domenica Lazzarini (Manghina); Ivana Belletti; Lella Vasini; Delio Lazzarini; Umberto Zanzini; Maria Bianchi; Seconda della Chiesa (Gonda); Nerina Magnani; Giulia Quadrelli; Adolfo Gattei; mario Bartoli; Alba Mussoni; Matilde Montebelli; Bruno Zavatti Bilécia); Giuseppe Rossi; Rosa Casadei; Marino Rossi; Quarto Zaghini.

Cantastorie fisarmonicista – Babbo Giovanni Fattini / Cantastorie chitarrista Mirco Malferrari / Cantastorie mandolinista Gualtiero Gori / Pagliaccio,  Pescivendola, Folletto, Cilèsta Stefania Vasini / Marinaio, Lilòt Loris Casadei / Marinaio, Sgregna Pierluigi Ottaviani / Marinaio, Balaròin declamatore Vittorio Della Torre / Mitelda, Mamma Caròla Alba Baldassarri / Bertina, Venosta Donata Mauro / Pescivendola Teresina Ketty Barberini / Pescivendola, Nonna Rosa Maria Cesari / Pescivendola, Arnesta Patrizia Bernardi / Ladruncola, Nita Anita Bernardi / Tamburino, Astatore, Contadino Giovanni Brunetti / Olindo Mario Arlotti.

Coordinamento ai lavori di ricerca e regia: Gualtiero Gori, Mario Arlotti
Assistente di scena: Monica Morelli
Tecnici luci: Gianni Gori, Saverio Gori
Costumi: Patrizia e Anita Bernardi

 

1a rappresentazione: Bellaria, 25 aprile 1985

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