Profilo aritmologico dei portatori di Pacemaker

Aritmie mediate da pacemaker ed ottimizzazione delle modalità di stimolazione con particolare riguardo alle tecniche di registrazione transesofagea

La valutazione elettrofìsiologica con approccio transesofageo, utile nella fase preimpianto per la valutazione della funzione del nodo del seno e della conduzione atrio ventricolare, mantiene un ruolo importante anche nella fase post impianto.
La valutazione elettrofìsiologica transesofagea si avvale soprattutto della registrazione transesofagea che opuò essere effettuata sia in condizioni basali con poligrafo convenzionale che con registrazione dinamica per prolungati periodi di tempo. Tre sono i principali campi di applicazione:
1) Ottimizzazione delle modalità di stimolazione e prevenzione della "Sindrome da Pacemaker"
La stimolazione cardiaca permanente è stata inizialmente introdotta per garantire una stimolazione elettrica ventricolare nei pazienti con blocco atrio ventricolare completo e ritmo di scappamento a bassa frequenza; i primi sistemi di stimolazione stimolavano pertanto solo il ventricolo (VVI). Con il passare degli anni e con l'ampiamento delle indicazioni cliniche all'impianto dei pacemakers, la stimolazione VVI è risultata penalizzata dalla non fìsiologicità del sistema di stimolazione monocamerale che ovviamente non è in grado di rispettare i naturali rapporti tra depolarizzazione atriale e ventricolare. In tale contesto è venuta definendosi una particolare entità cllnica denominata "Sindrome da Pacemaker" in cui una incorretta temporizzazion tra stimolazione atriale e ventricolare porta ad una compromissione della emodinamica cardiaca. La sintomatologia della sindrome da pace maker è quanto mai variabile potendo andare da alcuni quadri clinici molto conclamati ad altri in cui la sintomatologia è molto sfumata ,spesso a carattere parossistico ed in cui la diagnosi può a volte anche rimanere misconosciuta per lungo tempo. La valutazione elettrofisiologica transesofagea può essere utile nella identificazione e quindi nella terapia della sindrome da pace maker.
La forma classica di sindrome da pacemaker avviene con un sistema di stimolazione esclusivamente ventricolare in presenza di una preservata retroconduzione ventricolo atriale ; in tale situazione l'atrio viene attivato per via retrograda dalla stimolazione dei ventricoli, contraendosi conseguentemente durante la sistole ventricolare e quindi contro la valvola mitrale chiusa; a tale particolare sequenza di depolarizzazione fa seguito una brusca distensione dell'atrio sinistro che è responsabile della sintomatologia tipica della sindrome da pacemaker (sincope,vertigini e confusione mentale,astenia, dispnea, malessere ecc).
La registrazione transesofagea può facilmente dimostrare la depolarizzazione atriale retrograda posticipata rispetto alla depolarizzazione ventricolare

(Figura 131)

Nei casi in cui la sintomatologia si presenti in maniera parossistica la sequenza di retroconduzione atriale può essere dimostrata con la registrazione dinamica dell'atriogramma transesofageo.
Sebbene la sindrome da pacemaker si manifesti più frequentemente nei pazienti con pacemaker WI, essa può verificarsi anche in pazienti con sistema di stimolazione bicamerale quando per una programmazione non ottimale del Pacemaker non si riproduca perfettamente la fisiologica sequenza di attivazione del cuore.
Il meccanismo di sviluppo della sindrome da pacemaker in presenza di apparato di stimolazione di tipo doppia camera è più complesso e implica una attenta valutazione sia dei rapporti tra attività atriale e ventricolare, che la valutazione della interrelazione tra eventi delle sezioni destre e sinistre del cuore. Infatti il pacemaker eroga gli stimoli a livello delle sezioni destre del cuore mentre i principali eventi emodinamici avvengono a livello delle sezioni di sinistra; pertanto un trasferimento non simultaneo degli eventi elettrici dalle sezioni di destra alle corrispondenti sezioni di sinistra può portare ad un accoppiamento atrio ventricolare di sinistra diverso da quello che si è programmato a livello delle sezioni di destra.
Il ritardo di attivazione tra atrio destro ed atrio sinistro (tempo di conduzione interatriale) presentando delle variazioni molto più ampie rispetto al ritardo di attivazione tra ventricolo destro e ventricolo sinistro (tempo di conduzione interventricolare) finisce per essere l'elemento critico in grado di influenzare il buon accoppiamento degli eventi elettromeccanici del cuore in toto: se il tempo di conduzione interatriale è particolarmente lungo rispetto al tempo di conduzione tra i due ventricoli, l'atrio sinistro verrà attivato in ritardo finendo per depolarizzarsi contemporaneamente alla ventricolo sinistro e quindi contro una valvola mitrale chiusa. Gli eventi che ne conseguono (e la relativa sintomatologia) saranno pertanto gli stessi della sindrome da pacemaker classica da pace maker VVI.
La sequenza degli eventi meccanici può essere facilmente documentata mediante doppler transmitralico

(Figura 132)

che rimane il principale mezzo per la ottimizzazione dei pacemaker bicamerali.
Variazioni intraindividuali del tempo di conduzione interatriale si possono repentinamente avere nel passaggio dal normale ritmo sinusale al ritmo indotto in auricola destra; nella Figura 133

si evidenzia come il tempo di conduzione interatriale sia nettamente prolungato quando l'atrio venga stimolato (Figura 133B funzione DDD) rispetto a quando l'attività atriale venga sentita dal pacemaker (Figura 133A: funzione VDD). Appare pertanto chiaro come uno stesso ritardo atrio ventricolare non sarà ottimale per le due modalità di stimolazione ma dovrà essere più prolungato quando il pacemaker è in funzione DDD rispetto a quando è in funzione VDD dello stesso tempo di allungamento della conduzione interatriale tra i due modi di stimolazione. Tale tempo viene usualmente denominato "estensione" dell'intervallo atrio-ventricolare è deve essere programmato opportunamente in ogni paziente. Anche se solitamente l'ottimizzazione del pace maker nelle differenti modalità di stimolazione viene comunemente effettuata attraverso lo studio del flusso transmitralico, la registrazione transesofagea è utile in quanto permette di calcolare con esattezza i tempi di conduzione interatriale nelle due modalità di attivazione atriale .
In alcuni casi la sindrome da pace maker in portatori di Pacemaker DDD si manifesta durante attività fisica generalmente per una regolazione non ottimale dell'accorciamento automatico dell' intervallo Atrio
Ventricolare; molti pacemaker hanno infatti la fìsologica capacità di diminuire automaticamente l'intervallo atrio ventricolare man mano che aumenta la frequenza di stimolazione; se tale accorciamento viene programmato a valori troppo brevi, atri e ventricoli verranno a contrarsi simultaneamente proprio durante la tachicardizzazione conseguente a sforzo fisico. La possibilità di registrare l'attività atriale in maniera dinamica e quindi anche durante sforzo può essere utile per la regolazione del minimo intervallo Atrio Ventricolare del pacemaker evitando così lo sviluppo della sindrome da pacemaker da sforzo.
2) Valutazione delle aritmie mediate da pacemaker:
Rientrano tra le aritmie mediate da pace maker tutte quelle aritmie in cui il sistema di stimolazione partecipa all'innesco e/o al mantenimento della aritmia medesima; in tutte queste aritmie una corretta identificazione della attività atriale sia all'innesco che durante l'aritmia può contribuire ad un corretto inquadramento elettrogenetico.
Possiamo dividere il gruppo delle aritmie mediate da pacemaker in due sottogruppi a seconda del ruolo svolto dal sistema di stimolazione:
Tachiaritmie atriali condotte passivamente dal pace maker ai ventricoli. Una serie di aritmie atriali (Flutter atriale e Tachicardia atriale) possono essere sentite dal Pacemaker che depolarizzzerà conscguentemente i ventricoli alla massima frequenza di trascinamento programmata. In questo caso il pacemaker non è parte del meccanismo elettrogenetico dell'aritmia ma contribuisce solo allo sviluppo di elevate frequenze ventricolari. La registrazione atriale transesofagea può essere utile per definire la esatta sequenza di attivazione atriale. Nell'esempio riportato in

Figura 134 A

la registrazione transesofagea evidenzia un flutter atriale non chiaramente evidente all'elettrocardiogramma di superficie in cui il pacemaker garantisce la conduzione ai ventricoli con rapporto di 3:1 rispetto alla attività atriale. B) Aritmie da rientro che vedono il pace maker come parte integrante del circuito di rientro In tale evenienza il sistema di stimolazione costituisce un braccio essenziale del circuito elettrogenetico della aritmia ; tale gruppo di aritmie mediate da pacemaker (denominate anche "endless loop tachycardia") si sviluppa di solito per la presenza di un battito ectopico ventricolare che viene retrocondotto agli atri; tale depolarizzazione atriale viene sentita dal canale atriale del pace maker che conscguentemente prowederà a stimolare nuovamente il ventricolo innescando quindi un meccanismo di rientro autoperpetuantesi.
Nella

Figura 135

è riportato un esempio di ELT in cui si evidenzia un rapporto di conduzione atrio ventricolare di 1 :1 ed una attivazione atriale sia di tipo caudo-craniale (retrograda); i moderni pacemaker possiedono dei sistemi automatici per l'interruzione di tali aritmie aritmie dopo un numero prefissato di battiti. Per prevenire comunque l'innesco di tali aritmie è sufficiente "rendere sordo" il canale atriale nel momento in cui avviene la retroconduzione agli atri ; tale obbiettivo può essere raggiunto portando il periodo refrattario atriale post ventricolare del pacemaker (PVARP) ad un valore più lungo rispetto al tempo di retroconduzione agli atri dell'impulso ventricolare che può essere facilmente calcolato con l'ausilio di una registrazione endoesofagea.
3) Valutazione di malfunzionamenti dei pace makers
II malfunzionamento di un pace maker sia per quel che riguarda la funzione sensing che la funzione pacing è generalmente più frequente nell'immediato periodo post impianto ma può verificarsi anche a distanza; malfunzionamenti si possono avere sia per compromissione a livello del generatore (scarica della batteria) che per alterazioni del catetere stimolatore (fratture del catetere,fibrosi nella sede di insersione dell'elettrodo,aumento della soglia di stimolazione conseguenti alla assunzione di tarmaci antiaritmici).
Da un punto di vista elettrocardiografico, il malfunzionamento del pace maker ventricolare, risulta ben evidente all'ecg di superficie soprattutto se lo stimolo è in configurazione unipolare in quanto sia lo stimolo che la morfologia del ventricologramma indotto sono generalmente ben definibili; possiamo così diagnosticare con facilità sia perdite della funzione sensing o pacing che fusione o pseudofùsione ventricolare dall'analisi del semplice elettrocardiogramma di superfìcie.
Diversamente da quello che accade per l'attivazione ventricolare la depolarizzazione atriale indotta da pace maker spesso è difficilmente riconoscibile all'ecg di superficie o perché di bassa ampiezza o perché inglobata nella successiva depolarizzazione ventricolare se l'intervallo atrio ventricolare è molto corto. In questo contesto la registrazione di una chiara attività atriale mediante elettrodi transesofagei può essere fondamentale nel confermare la diagnosi di deficit di pacing atriale

 

 

  Giuseppe Bagliani
Elettrocardiologia alle "soglie" del 2000
 FINE