LE DEVOZIONI POPOLARI E LA CHIESA DELL’INCORONATA

La preghiera è il momento più suggestivo e pregnante nella vita dei devoti; è colloquio palpitante e assai ricco

con il Padre, il Figlio, il Santo Spirito, la Vergine, i Santi. A volte si coglie un confidenziale rivolgersi a loro

con tratti amichevoli per confidare ansie, per implorare la grazia della salute, la protezione dai mali oscuri

provenienti dalla natura o dalle prepotenze degli uomini. In altre occasioni si prega per implorare la pioggia e

persino perché qualche litro di vino conservato in piccole botti non diventi aceto.

Si invoca dunque la protezione per tutto ciò che in vario modo ha un rapporto con la vita degli uomini. Non di

rado la preghiera di devozione si trasforma in contemplazione, mezzo sicuro per la via della perfezione, intrisa

di spiritualità soprattutto cristologica. La preghiera popolare ha avuto, anche nei canti, spunti stupendi, specie

in quelli eseguiti in vernacolo, o nelle dolci nenie natalizie, nelle rievocazioni dolorose della Passione, o in

quelle dei Santi Protettori. Queste di solito sono intercalate da invocazioni di grazie, atti di omaggio e

persistenti inviti al Santo ad intervenire presso Dio affinché le guerre lascino spazio alla pace, cessino le

vendette, le epidemie e tutto ciò che induce alla perdizione e alla violazione dei diritti sanciti dalle leggi.

Naturalmente in questo complesso mondo devozionale non sono mancate alcune rimarchevoli deviazioni:

superstizioni e pratiche magiche che hanno reso debole e compromesso la pietà popolare, despiritualizzando il

rapporto religioso. Comunque ha ancora una sua valenza quanto affermarono i Vescovi del Mezzogiorno

d’Italia nel 1948: "Nessuno ignora la religiosità popolare del nostro popolo. Essa ha saputo resistere,

lungo il corso dei secoli, alle più dure prove e alle forti seduzioni, dando vita a innumerevoli opere di

pietà e a svariate forme di culto".

Tutto ciò fu possibile perché la preghiera è stata la base ideale che motivava e sosteneva tutta una vasta gamma

di iniziative di culto che avevano, anche, finalità sociali, come è attestato da numerose istituzioni preposte

all’assistenza dei poveri, dei diseredati, degli orfani nonché di opere di formazione. Sono state le offerte dei

devoti che sostennero tali opere.

Si deve al Concilio Vaticano II e a Paolo VI una certa valorizzazione del devozionismo nella consapevolezza

che l’evangelizzazione non può prescindere dalla pietà popolare. Le devozioni sono importanti e suggestive

perché al Santo si chiede tutto; le preghiere sono semplici, facili, scaturiscono dal cuore. I diverbi di una

comunità sono vanificati grazie alla pietà popolare; il linguaggio dei devoti è normalmente assai semplice;

molto raramente viene chiesta la grazia di diventare ricchi o potenti. In tutto questo sta la positività delle

devozioni popolari.

Addolorata: è appellativo proprio di Maria Vergine in considerazione dei dolori sofferti in quanto

partecipe della passione di suo figlio Gesù.

La devozione alla Addolorata si affermò per opera specialmente di S. Anselmo, di S. Bernardo e dell’ignoto

autore del "Liber de Passione Christi et dolore et planctu matris eius". Specificatamente nel XIII secolo,

quando fiorirono le "Laudi" popolari e fu fondato, nel 1223, l’Ordine dei Servi di Maria, sorsero i primi

santuari dedicati all’Addolorata. Verso la fine di tale secolo apparvero anche le prime immagini della

Addolorata ai piedi del crocifisso, con il petto trafitto da una spada. Si moltiplicarono allora le composizioni

musicali sul "pianto della Vergine", tra cui lo "Stabat Mater". Ad opera dei servi di Maria si cominciarono a

determinare "i sette dolori", per cui le spade infilate nel petto della Vergine divennero sette; si fissò anche la

celebrazione liturgica il venerdì della settimana di Passione, ossia otto giorni prima del venerdì santo. I singoli

dolori sono non di rado rappresentati nelle immagini collocate attorno alla figura dell’Addolorata. Giovanni di

Coutenberg fondò in Fiandra la "Confraternita dei sette dolori" di Maria, approvata nel 1495. L’arte

rinascimentale e la scultura barocca spagnola svilupparono ampiamente queste immagini. Il papa Innocenzo XI

istituì una seconda festa, nel 1688, consacrata alla Madonna Addolorata, che cade il 14 di settembre. Ad opera

e per iniziativa dei Servi di Maria si ebbero numerose devozioni legate a questa iconografia: La corona dei

sette dolori; la via matris; il mese di settembre; i sette venerdì.

Nella città di Firenze, nel secolo XIII, esisteva una Compagnia eretta in onore della Vergine, che si chiamava

"Compagnia Maggiore di Santa Maria", a motivo del gran numero dei suoi iscritti, sia uomini che donne. Da

questa compagnia si staccarono sette uomini, noti mercanti di Firenze: era il giorno 8 settembre, festa della

natività di Maria. Si ritirarono sul Monte Senario, fuori città, alloggiando in cellette costruite da loro stessi.

Nel mezzo n’eressero una riservata a Santa Maria. Accettarono numerose altre persone che chiedevano di far

parte della loro comunità. Sorse in tal modo l’Ordine dei Servi di Maria, comunemente chiamati poi "Serviti".

A partire dal secolo XVI questi frati privilegiarono il culto della Vergine Addolorata. Ed è la devozione

principale sviluppata in questa chiesa. Ne sono stati portatori i Serviti che per secoli hanno qui officiato le

loro liturgie.

Anche questo Ordine religioso risente oggigiorno della crisi di vocazioni; di conseguenza ogni annodiverse

chiese da loro rette vengono chiuse e abbandonate. Ciò vuol dire anche abbandono lento, ma continuo, della

devozione alla Addolorata. I devoti di questa immagine pregano davanti ad una statua in cui Maria appare trafitta

dalle sette spade. Sappiamo dalla Sacra Scrittura che il numero sette non è tassativo o matematico, bensì

simbolico per indicare addirittura l’infinito, il "senza numero". La sofferenza, parte costitutiva del nostro vivere

qui sulla terra, non è quantificabile o racchiudibile in singoli avvenimenti. La croce la si porta ogni giorno e

ogni ora per tutta la nostra vita. Ad ogni buon conto bisognava pur dare un riferimento concreto alle sette

spade. I santi frati Serviti puntualizzarono così le sette sofferenze di Maria, che sono:

1. La profezia di Simeone: "una spada ti trafiggerà l’anima".

2. Maria fugge in Egitto per mettere in salvo Gesù perseguitato da Erode.

3. Maria smarrisce Gesù e poi lo ritrova nel tempio di Gerusalemme.

4. Maria incontra Gesù che porta la croce verso la sommità del Golgota.

5. Maria assiste alla crocifissione del suo figlio Gesù.

6. Maria riceve tra le sue braccia Gesù morto deposto dalla croce.

7. Maria accompagna Gesù nel sepolcro.

I sette misteri della sofferenza di Maria hanno ispirato una corona suddivisa in sette Ave Maria per ognuno dei

sette misteri. Al termine è di regola la recita delle Litanie della Addolorata: 38 "quadretti" grandemente

carichi di sentimento umano, quali "difesa degli oppressi", "madre degli orfani", "madre privata del figlio".

I misteri della Addolorata ispirarono agli artisti le scene di una nuova Via Crucis, diversa da quella tradizionale

di Gesù che invece è composta da 14 misteri o stazioni. Al momento di erigere la Via Matris, il rituale

Romano prescrive una cerimonia molto suggestiva. Il sacerdote officiante passa a benedire e ad incensare ogni

singola stazione delle sette in programma. Quindi la bacia e la colloca nel posto prestabilito. Legge poi la

riflessione e la preghiera corrispondente ad ogni quadro. Terminata la collocazione, con i due chierici

portaceri si mette davanti alla immagine della Addolorata e intona con voce possente l’inno "Stabat Mater",

secondo la melodia gregoriana, che si conclude con una preghiera. La cerimonia termina con il canto del "Te

Deum"; quindi un’ultima orazione e l’invocazione "Nos cum prole pia benedicat dolorosa Virgo Maria" (noi,

con tutti i figli devoti, ci benedica la dolorosa Vergine Maria). Questa via crucis della Madonna venne

denominata dai Serviti "Via Matris", formata da sette stazioni più una.

Questa "ottava stazione" è un particolare un po’ singolare che non viene considerato nei libri delle preghiere

specifiche. I Servi di Maria hanno pensato che la Madonna soffrì anche dopo la sepoltura di Gesù; soffrì la

solitudine del "grande silenzio" prima della Risurrezione. In questa ottava scena Maria viene venerata come "La

Desolata", consolata per circa 40 ore dalla presenza di alcuni angeli. La chiesa dell’Incoronata di Sabbioneta

espone queste otto stazioni, che sono olio su tela del secolo XVIII, da considerarsi proprio una rarità. Infatti la

Via Matris di 7 stazioni non è presente in tutte le chiese dei Serviti; quella con 8 stazioni la si trova ancor più

raramente.

Quando nel 1988 si è voluto ricordare il IV centenario della erezione di questa chiesa, fu programmata e

attuata una serie di meditazioni tenute da un padre dei Servi di Maria.

Fu in tale occasione che la devozione alla Addolorata riprese vigore e si arricchì con la nascita di "Cenacoli

della Addolorata", formato ognuno da 7 persone. È stata una forma moderna di aggregazione che riscosse

subito largo consenso. Gli iscritti assunsero l’impegno di recitare insieme il Rosario della Addolorata in quei

giorni dell’anno in cui ricorrono alcune festività della Vergine e anche di Santi appartenenti all’Ordine Servita.

I devoti della Addolorata dei tempi passati chiedevano di preferenza di ricevere lo scapolare, di color nero, dei

sette dolori. Veniva concesso dai Serviti, mentre invocavano l’intercessione dei sette Padri Fondatori, affinché

chi lo indossava immaginasse di vestire "i panni di Cristo", salvatore e protettore nostro. Al termine della

cerimonia veniva consegnata la corona dei sette dolori perché, recitandola, il devoto coltivasse nel suo cuore

la compassione verso l’Addolorata. Esisteva pure una formula apposita per benedire tale corona, prima che

venisse consegnata.

Ennio Asinari

(Le pagine qui riportate sono state tratte dal periodico "A Passo d’Uomo" del novembre 2001.

È un periodico trimestrale e si riceve su abbonamento).

 

 

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