Se non della fine del mondo ci si aspettava almeno che parlasse di qualcosa di epocale

Io, deluso dal mistero svelato

di Gianni Vattimo
(La Stampa, 26 giugno 2000)

Confesso di essere tra i tanti delusi dal terzo segreto di Fatima, soprattutto perché il mistero in cui è stato così a lungo tenuto faceva pensare, se non alla fine del mondo, certo a qualche altra previsione di carattere epocale.
E’ vero che rimane molto strano che tre bambini portoghesi del secondo decennio di questo secolo abbiano pronunciato affermazioni che, se anche non erano profezie circostanziate, avevano comunque un rapporto abbastanza stupefacente con la storia di questo secolo.
Ma tutti i contenuti di cui si parla, dalla preoccupazione per la conversione della Russia, alla sua consacrazione al Cuore immacolato di Maria, fino alla visione del «vescovo bianco» (perché non chiamarlo il Papa?) che cade sotto colpi di arma da fuoco in mezzo a una folla di persone martirizzate per la fede - non sembrano sinceramente annunci che richiedano un intervento miracoloso, l’apparizione della Madonna in persona. Se non stessimo parlando del secolo ventesimo la Chiesa non avrebbe lo stesso inteso la visione come riferimento ai propri martiri di ogni tempo? E certo se non fosse accaduto l’attentato di Alì Agca, anche la visione del vescovo bianco che cade sotto i colpi di pistola sarebbe stata facilmente messa sul conto dei rischi a cui sempre il Vicario di Cristo è esposto da parte delle forze del male.
In mancanza di precisazioni cronologiche, tutti i Papi dal 1917 a oggi avrebbero dovuto sentirsi minacciati, e probabilmente molti di loro ci hanno pensato: l’ostinazione di Pio XII a non muoversi dal Vaticano non sarà stata ispirata dalle profezie dei pastorelli portoghesi?
E Giovanni Paolo II non ha esagerato in imprudenze, con tutti i suoi viaggi, conoscendo la minaccia incombente? Quanto alle deviazioni della pallottola per opera della Vergine, anche qui, con tutto il rispetto, sono lecite tante domande: perché un intervento così parziale?
Sempre solo in vista di una sofferenza che deve servire di prova - per chi la subisce, e anche come dimostrazione per la fede di tutti gli altri?
Il gran clamore mediatico che si sta facendo intorno a questa vicenda mostra sempre più chiaramente un paradosso caratteristico della nostra età dell’informazione: miracoli, profezie, statue piangenti, fanno rumore sulla stampa e alla Tv, ma toccano assai meno lo spirito dei credenti. Davvero questi ultimi si sentono incoraggiati a credere da «profezie» come quella del terzo, e del primo e secondo, segreto di Fatima?
Ciò che, anche nei commenti giornalistici, bisognerebbe cercare di capire è l’opinione dei tanti cristiani praticanti, e magari non teledipendenti, circa il significato di questa ondata di «miracoli» da cui siamo quasi sommersi. Non si tratta di negare la realtà di fatti strani e inspiegabili, anche la statua di Ganesha , il dio elefantino della mitologia indu, qualche tempo fa beveva quantità ingenti di latte, e non ci siamo convertiti per questo all’induismo.
Restiamo convinti che anche i miracoli possano essere credibili solo se si crede «senza vedere» nella parola della rivelazione. Crediamo che Cristo può essere risorto perché è scritto nel Vangelo in cui crediamo per se stesso, non crederemmo a un qualunque vangelo perché ci è presentato da qualcuno, magari un abile prestigiatore, che ci fa vedere fenomeni straordinari o, peggio, ci «profetizza» un futuro troppo generico per essere riconoscibile.