AUGURI AL PAPA
CHE IL MONDO AMA


 

Questo è l’augurio che faccio al papa di Roma:

- che il mondo non lo ami più, perché «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Lc 6,26) ;

- che non si faccia chiamare più padre, e - a maggior ragione - Santo Padre;
«perché uno solo è il Padre, quello che è nei cieli» (Mt 23,9) ;

- che non si faccia più chiamare maestro,
"perché uno solo è il maestro, il Cristo" (Mt 23,8);

- che non si ponga più a capo della "sacra gerarchia, perché essa è maledetta, essendo gli uomini tutti fratelli (Mt 23,8);

che non cerchi di salvare, la propria vita ricorrendo alle polizie di tutto il mondo quando fa i suoi viaggi, perché «chi avrà cercato di salvare la propria vita la perderà, ma chi invece la perde la salverà» (Lc17,33);

- che non imponga più precetti ai fedeli, perché non abbia a sentirsi più rimproverare con Isaia: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto insegnando dottrine che sono precetti di uomini» (Mt 15,8-9);

- che la smetta di scegliere il buon grano tra la zizzania prima della mietitura beatificando e santificando con cerimonie sontuose, con paludamenti imperiali, dinanzi a folle oceaniche, fondandosi su processi non autorizzati e su prove non valide, perché non abbia ad essere ancora incluso tra coloro che alla fine del mondo diranno a Gesù:
«Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome, e cacciato i demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?». Eviterà cosi di sentirsi rispondere da Gesù: «Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità» (Mt 7,22-24);

Infatti esistono "falsi apostoli, operai fraudolenti che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia perché anche satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia..." (2Cor 11,13-15).

Gli auguro altresì che possa essere considerato successore del Pietro a cui Cristo disse  «Su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18) e non di quello a cui ingiunse «Lungi da me satana! Tu mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini» (Mt 16,23).
Il
primo seguace del Pietro-satana, infatti, fu Silvestro che nel 313 accettò di usare la spada contro Massenzio, ad onta di quanto Cristo aveva detto a Pietro nel Getsemani.
Dio, voglia che Ella, Karol Wojtyla, adoratore di immagini,
accetti questo mio augurio e che tracci nuovamente il solco che divide Dio dal mondo, Dio da mammona, la vita dalla morte.

Luigi Melilli
come Lei ottantenne il prossimo 12/11/2000 (Rieti)


Questo papa è dotato di una personalità e d'una vitalità dirompente, cui si aggiunge una vocazione allo spettacolo quale raramente si era vista nei suoi predecessori.
Non si era, comunque, mai dato il caso che un papa preordinasse in vita il percorso della sua beatificazione e - miracoli permettendo - della propria santificazione.
La rivelazione del cosiddetto terzo segreto di Fatima, effettuata alla presenza del soggetto protagonista e l'identificazione di Giovanni Paolo II con il prediletto di Maria, prescelto come martire della fede e da lei sottratto alle potenze del male per preservarne l'azione evangelica, contiene tutti gli estremi per proclamarlo appena possibile beato e poi santo.
(Eugenio Scalfari, La Repubblica, 16 maggio 2000)


A Giovanni Paolo II, vescovo di Roma.
[...] Tu, Giovanni Paolo, hai riconosciuto pubblicamente e solennemente che in passato alcuni "figli" della Chiesa cattolica hanno «usato metodi di violenza per imporre la verità» e hai chiesto perdono per questo. Ebbene adesso Tu, la diplomazia vaticana e la Conferenza episcopale italiana tentate di imporre ad un Paese laico e democratico, qual'è l'Italia, l'etica cattolica utilizzando a tale scopo pressioni diplomatiche e politiche. Eppure Tu, in occasione del giubileo dei migranti, hai riaffermato solennemente che il razzismo e la discriminazione sono incompatibili con lo spirito cristiano.
[...]
Sarebbe giusto che la Chiesa cattolica chiedesse finalmente perdono non solo dei suoi peccati passati ma anche di quelli presenti, anche di quelli commessi durante il suo anno giubilare. In occasione della Tua elezione, Giovanni Paolo, suscitasti un'ondata di simpatia con quella battuta «se sbaglio mi corrigerete». Noi crediamo di dovere, in questa occasione, accogliere il Tuo invito assumendolo nel suo significato più ampio come esempio di correzione fraterna. [...]
(Comunità di San Paolo, Roma, 11 giugno 2000)


Carissimo Giovanni Paolo,
oggi si compiono dieci anni dalla mia ordinazione sacerdotale. In questi giorni, come ogni anno, mi vado interrogando nel profondo per cercare di capire che significato possa avere ancora questa ricorrenza per me prete «sposato» [...]
Gesù è venuto a semplificare, non a complicare, è venuto a liberare la fede del suo popolo dal pesante giogo del legalismo imposto dai «capi»: non siamo forse ricaduti negli stessi errori? Non siamo forse ancora oggi quanto mai schiavi di una «legge» che no è fatta «per l'uomo»? [...] Se è stato possibile reintegrare nella Comunità cattolica i presbiteri anglicani sposati, perché non dovrebbe esserlo anche per noi? [...] Mi è parso di capire che nel recente gesto del «mea culpa» tu abbia voluto far prevalere proprio la «dimensione del cuore» su quella della ragione, della teologia, delle scienze storiche, del diritto. Perciò sono convinto che non potrai restare indifferente dinanzi a questo ennesimo accorato appello. Grazie.
(Arnaldo Iossa, prete sposato, Roma)