Papa Pio IX,
un «beato» controverso

Sono state molte le reazioni critiche dei laici, ebrei, evangelici e anche di parte del mondo cattolico.
È stato il papa dei dogmi, dell'Immacolata concezione e dell'infallibilità papale, del «Sillabo», della repressione violenta della Repubblica Romana e, dopo averlo abolito, della ricostituzione del ghetto ebraico romano.
 
(Giorgio Bouchard, Riforma,  8 settembre 2000)


Il mondo cattolico è stato messo a rumore dalla decisione vaticana di beatificare, tra gli altri, anche Pio IX: storici di grande valore si erano pronunciati contro, e perfino la cultura laica italiana, di solito così ossequiosa nei confronti dei Sacri Palazzi, ha osato elevare qualche cortese protesta.
Cerchiamo di capire i motivi di questa discussione: da una parte, Pio IX è stato sicuramente un uomo di profonda e sincera religiosità, animato da un senso elevatissimo della propria missione; d'altra parte, egli era condizionato dall'atmosfera prevalente nel cattolicesimo del suo tempo: la paura della rivoluzione, l'ostilità nei confronti del liberalismo e del socialismo.
Giovanni Maria Mastai Ferretti nasce infatti nelle Marche nel 1792, quando in Francia è in corso la grande Rivoluzione, e fa ancora in tempo a sperimentare in pieno il regime napoleonico proprio nei territori dello Stato della Chiesa, dove è nato.
Gli resterà sempre nel cuore la paura degli eccessi rivoluzionari, la diffidenza verso gli stati modernizzatori che vogliono ridimensionare la presenza della Chiesa nella società, laicizzare le scuole, il matrimonio e quant'altro. In questo egli non è certamente solo, e neanche il più estremo: quando egli viene ordinato sacerdote (1819), Napoleone è ormai a Sant'Elena, e il mondo cattolico è percorso da un'ondata di romanticismo conservatore: a Roma prevalgono gli «Intransigenti»; in Francia, Germania e altrove crescono gli «Ultramontani», cioè coloro i quali pensano che il papato costituisca l'unica diga valida contro le efferatezze delle rivoluzioni, e che a tale scopo convenga limitare le autonomie delle chiese nazionali.
A queste correnti reazionarie si opporranno invano, per tutto il secolo, i «cattolici liberali», un nobile movimento di intellettuali che puntano a un dialogo costruttivo con il nuovo mondo che è nato dalla Rivoluzione francese (e americana). All'inizio del suo lungo pontificato (1846-78) Pio IX non è automaticamente ostile a questa nuova tendenza. Certo, la sua prima enciclica è piuttosto dura: egli vi condanna, tutti insieme, il protestantesimo, il liberalismo, il socialismo e le «società segrete» (carboneria, massoneria, ecc.); ma d'altra parte Pio IX è un sincero patriota italiano, e vuole aiutare in qualche modo quella rinascita nazionale che va fermentando un po' dappertutto: il Risorgimento. Gli piace il programma di Vincenzo Gioberti, un sacerdote piemontese che vuol creare una Confederazione italiana di cui proprio lui, il papa, sarebbe il presidente.
Così, nel 1848 Pio IX concede uno Statuto (invero assai moderato), permette che il ghetto di Roma venga abolito, lascia partire soldati e volontari per la prima Guerra di indipendenza: ma un papa non può far guerra all'Austria cattolica, e ben presto Pio IX ritira i suoi soldati ed esorta «i popoli dell'Italia» a obbedire fermamente ai loro sovrani.
A questo punto, a Roma la situazione gli sfugge di mano: Pio IX deve ritirarsi a Gaeta, nasce la Repubblica Romana del '49. Le «potenze cattoliche», chiamate dal papa, schiacciano in poche settimane la sfortunata Repubblica, e Pio IX torna nella sua capitale, dove si affretta a rinchiudere di nuovo gli ebrei nel ghetto: ci resteranno fino all'arrivo dei «piemontesi» (1870), dovranno accettare che qualcuno dei loro figli, battezzato di nascosto, venga educato cattolicamente per espressa volontà del papa.
Ormai è guerra tra Pio IX e il Risorgimento italiano: alla fine, prevarranno i liberali moderati, che abbatteranno lo Stato Pontificio, scioglieranno molti ordini religiosi incamerandone i beni, imporranno il matrimonio civile e l'istruzione obbligatoria.
Mentre l'Italia dà tanti dispiaceri al papa, nel resto del mondo il cattolicesimo è in piena espansione: la Chiesa cresce nelle terre di missione vecchie e nuove (America Latina, Africa, Asia), si impianta fermamente negli Uniti, ricupera spazi in Inghilterra e in Olanda. A questa espansione missionaria Pio IX dedicò il meglio delle sue energie, il profondo della sua passione di pastore: glie ne fu riconoscente don Bosco, ma non solo lui.
Certo, a livello politico e culturale prevalevano ben altre tendenze: il liberalismo di marca inglese, la cultura laica, i primi conati di socialismo e di comunismo. Per difendere il «popolo della Chiesa»  da queste nuove tendenze, Pio IX elevò una triplice antemurale: il dogma della immacolata concezione (1854) che garantiva e promuoveva la religiosità mariana; il «Sillabo» (1864) che condannava tutte le nuove correnti di pensiero, ivi compreso quello che oggi chiameremmo l’ecumenismo; infine e soprattutto: l’Infallibilità del papa, un dogma imposto a un Concilio ben poco libero (il Vaticano I,1870), ma un dogma che dà all'intero mondo cattolico un forte senso di identità e di coesione.
Il significato di questa triplice costruzione è abbastanza chiaro: Pio IX vede i grossi difetti della società borghese (individualismo selvaggio, idolatria del denaro, edonismo strisciante) ma ritiene che l'unico rimedio sia un ritorno puro e semplice alla società organicista dei tempi andati: una società in cui una forte Chiesa cattolica sia riconosciuta come supremo garante dell’ordine morale.
Nell’Italia di oggi, qualcuno vorrebbe farci tornare ai tempi e alla mentalità di Pio IX.
Ci sia permesso non condividere questa visione, e augurarci che le correnti riformatrici, ben presenti nel cattolicesimo di oggi, finiscano alla lunga per prevalere.

Ikthys