FERMATE IL BOIA
(Francesco Valle della Chiesa
domestica «Dimora felice» (Castelcies - TV)
"Fermate
il boia!", grida Giovanni Paolo Il al governatore della Virginia per
bloccare l'esecuzione del condannato a morte Rocco Barnabei («la Repubblica», 1419/2000).
Ma non è un peccato che nell'anno di grazia 1868 non ci fosse stato un
Karol Wojtyla a gridare "Fermate il boia!" a quel Pio IX che ordinò
che i due rivoluzionari italiani Monti e Tognetti (avevano compiuto un attentato
contro una caserma pontificia) fossero ghigliottinati pubblicamente nei pressi
della Bocca della Verità a Roma? E che il 15 settembre 1870, due giorni prima
della breccia di Porta Pia, fece giustiziare per impiccagione il suo suddito
Paolo Muzzi? Sì, quello stesso Pio IX che calcò il piede - come usavano i
vincitori pagani per umiliare i vinti - sul collo del patriarca greco-melchita
Gregorio Il Jussef, il quale in Concilio aveva osato difendere i diritti delle
Chiese orientali.
Ebbene, ci si aspettava che papa Wojtyla, una volta imboccata la strada del
perdonismo, chiedesse perdono e proponesse una riparazione per queste e per le
tante altre malefatte -antievangeliche, o piuttosto semplicemente inumane - di
questo suo predecessore violento e forcaiolo. E invece, che fa? Lo beatifica e
lo propone urbi et orbi come modello esemplare di virtù eroiche.
Alcuni pensano che queste siano solo le defaillances di un uomo vecchio e
malato, magari usate da marpioni affaccendati a preparare il prossimo conclave.
Invece secondo altri sarebbe lo stesso Wojtyla il lucido stratega dei
pronunciamenti finalizzati alla successione.
Questa seconda è forse l'ipotesi più probabile, se si tiene conto che
contraddizioni al limite della "schizofrenia teologica" hanno spesso
segnato il pontificato di Papa Wojtyla. È
infatti lui stesso che nel 1992 ha promulgato il nuovo Catechismo
della Chiesa cattolica, garantendo che esso reca "una norma sicura
per l'insegnamento della fede" (Costituzione apostolica Fideidepositum,
n. 4).
Ora questo Catechismo afferma:
"L'insegnamento tradizionale della Chiesa ha riconosciuto fondato il
diritto e il dovere della legittima autorità pubblica di infliggere pene
proporzionate alla gravità del delitto, senza escludere, in casi di estrema
gravità, la pena di morte".
Ad onor del vero, va detto che questa in effetti era la millenaria dottrina
ufficiale del magistero pontificio: lo prova il fatto che già nel 1210 venne
inserita nella professione di fede imposta ai Valdesi da papa Innocenzo III;
cosicché fino a Pio IX il papa poteva tranquillamente consegnare al boia i
sudditi da lui stesso condannati a morte, senza mettere a rischio la propria
candidatura alla canonizzazione.
Ad onta di questa antichissima tradizione, nella successiva edizione latina
"tipica" del Catechismo, promulgata nel 1997, il canone 2266 è
stato completamente riformulato, le parole sopra riportate sono state soppresse
ed ogni riferimento alla pena di morte è stato eliminato. E tuttavia, con uno
di quei candidi falsi a cui, all'occorrenza, il magistero infallibile non esita
a ricorrere per togliersi d'imbarazzo, nella lettera apostolica Laetamur
magnopere di promulgazione dell'edizione tipica il Papa afferma: "Indubbiamente
questa edizione, nelle sue dottrine, riporta fedelmente lo scritto che Noi
(Giovanni Paolo Il) d'autorità abbiamo dato alla Chiesa e all'intera umanità
nel 1992"!
Ora, poco male quando tutto questo parlare attorno alla pena di morte
È Giovanni
Paolo lì a stabilire nel 1983 col can. 752 del nuovo Codice di Diritto
Canonico, che si è obbligati ad abbracciare e ad eseguire "con un
religioso ossequio dell'intelletto e della volontà" ogni e qualsiasi
opinione dottrinale del papa, anche se non enunciata in ferma solenne e
definitiva. Per capire la portata di questa
Come se questo non bastasse, il can. 1371 del nuovo Codice dispone che chi si
permette di dissentire da cotali esternazioni del papa, deve essere punito con
condanna penale (il canone dice proprio "deve", non "può": lusta
poena puniatur)! Evidentemente tutto ciò comporta che, fino al 1997, il
Gigi Semotto che disobbedisce al Papa denunciando l'illiceità morale della pena
di morte deve essere punito; ma, al contempo, lo stesso Gigi Semotto che dopo il
1997, pentito della sua disobbedienza, si ravvede e ritratta, deve essere ancora
punito, per il solo fatto che nel 1997 il papa ha cambiato idea, ma lo ha fatto
nella direzione opposta, abrogando quella norma morale permissiva della pena di
morte che anteriormente per secoli e secoli la Chiesa aveva mantenuto in vigore
e confermato ancor nel 1992!
Naturalmente qui si scherza, perché di un Gigi Semotto che pontifica in
osteria, Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger non hanno di che preoccuparsi, è un
nessuno che non rappresenta alcun pericolo: si trattasse invece di un Küng, di
un Drewermann, di un Gaillot, di un Balasuriya...
E' lecito esprimere qui - senza incappare in condanne penali - l'opinione che
siffatte capriole magisteriali di un essere umano che afferma di essere
infallibile, autonominandosi unico ed esclusivo rappresentante plenipotenziario
di Dio in terra, offendono tutti coloro che nonostante lo spettacolo indecente
che offre di sé la Chiesa romana mantengono una fede sincera in Gesù Cristo? E
- siamo onesti - queste capriole non offendono, più di tutti, lo stesso Gesù
Cristo?