«Dominus Iesus»
I commenti e le razioni dei «figli» e dei «fratelli»
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NESSUNA CHIESA PARTICOLARE PUO' LIMITARE LA CHIESA DI GESÙ
[CONSIGLIO NAZIONALE DELLA CHIESA RIFORMATA DI FRANCIA]

Consiglio nazionale della Chiesa riformata di Francia, nella sua sessione del 23 e 24 settembre 2000, ha preso conoscenza della dichiarazione romana «Dominus Iesus» su «L'Unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa».
In un testo principalmente dedicato al dialogo interreligioso noi rileviamo una volta di più che le Chiese nate dalla Riforma non sono considerate come delle "Chiese", nel senso proprio del termine, ma semplicemente delle «comunità ecclesiali».
Fedele ad una certa tradizione, il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede riafferma dunque che la Chiesa cattolica romana e la sola e l'unica vera Chiesa di Gesù Cristo.
Non siamo realmente sorpresi da una simile dichiarazione ma il fatto che venga riaffermata oggi provoca una dolorosa smentita al lungo e paziente lavoro "ecumenico" che ha aperto le Chiese le une alle altre.
Non possiamo che protestare fermamente contro certe affermazioni della dichiarazione proprio in nome della nostra comprensione del Vangelo, il cui fulcro è, per noi, la giustificazione dell'uomo attraverso la fede, vale a dire la proclamazione del Dio di Gesù che riconosce e ama ogni uomo incondizionatamente, indipendentemente dai suoi atti e dalle sue qualità. Questo è quello che noi crediamo fermamente. Viviamo e vogliamo condividere questa buona notizia con le donne e gli uomini del nostro tempo. Questa convinzione ha delle conseguenze dirette sul modo in cui, alla luce delle Scritture, un cristiano e una comunità cristiana si comprendono a vicenda.
1) Il primo articolo della nostra Disciplina afferma che «la Chiesa riformata di Francia professa che nessuna Chiesa particolare può pretendere di limitare la Chiesa di Gesù Cristo poiché solo Dio conosce coloro che le appartengono. La sua ragione d'essere è quella di annunciare al mondo il Vangelo di Gesù Cristo. La Chiesa dunque è aperta a tutti gli uomini che invita a credere in lui». Qui troviamo la base dell'ecumenismo che suppone di non identificare mai le Chiese con Cristo, che è sempre più grande di quanto noi sappiamo e vediamo di lui.
2)  Dunque noi riconosciamo che la nostra convinzione di fede, ferma e decisa, non è identificabile con il sapere sulla verità ultima. La fede che noi confessiamo è nata dal nostro incontro con Cristo. Non costituisce affatto il criterio che permetterebbe di giudicare la verità delle altre Chiese e di operare una scelta tra i credenti. Convinzione e tolleranza sono chiamate a coniugarsi. Riconosciamo che esistono altri modi di seguire Cristo e che nessuno dispone della verità assoluta e ultima.
3)  Sappiamo che gli uomini sperimentano sempre la tentazione di voler detenere la verità unica e indiscutibile. Accade nella religione, nella scienza o nella politica, quando qualcuno si attribuisce il potere di separare con certezza il giusto dall'ingiusto e il bene dal male. Siamo sempre tentati di farci maestri della Parola di Dio e di metterla al servizio del nostro desiderio di potenza o di sapere assoluto.
Riaffermiamo il nostro desiderio di vivere un ecumenismo rispettoso che accoglie la diversità delle confessioni cristiane come un fatto positivo e una pluralità legittimi. Abbiamo bisogno di essere incoraggiati in tal senso. Per questo ci aspettiamo dai nostri fratelli e sorelle cattolici che dicano pubblicamente e con chiarezza come si collocano, alla luce delle Scritture, rispetto a questa dichiarazione e quali conseguenze ne traggono per il cammino ecumenico.
Nessuna Chiesa può catturare la Parola di Dio che è Cristo. Può solo essere la serva di Colui che sempre parla e agisce, talvolta là dove nessuno se lo aspetta, per raddrizzare, guarire e giustificare l'esistenza delle donne e degli uomini d'oggi come di domani.


L'AMORE DI DIO E' PIU' GRANDE DELLA CHIESA CATTOLICA
[CATTOLICHE PER IL DIRITTO A DECIDERE»,  MESSICO]

Card. Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
in relazione alla dichiarazione «Dominus Iesus» (sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa), desideriamo manifestarle alcune opinioni.
La Dichiarazione del Concilio Vaticano Il «Nostra Aetate» (sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane) apriva un cammino al dialogo interreligioso. Oggi che le diverse globalizzazioni permeano tutte le culture e avanza una solidarietà interreligiosa, la Dichiarazione «Dominus Iesus» sembra voler chiudere questo dialogo e dà segni contrari ai documenti conciliari. E proprio quando vediamo che i differenti organismi internazionali e religiosi compiono uno sforzo serio per promuovere la pace, la tolleranza, il rispetto per la diversità, e per edificare la solidarietà, la citata dichiarazione ci sembra una provocazione infelice e il rimpianto di una neocristianità egemonica.
La dichiarazione utilizza in ripetute occasioni i termini: dialogo, tolleranza, libertà di coscienza. Ma, in altri paragrafi, questi stessi termini sono contraddetti.
La maggioranza dei teologi e dei movimenti cattolici non nega l'ispirazione dei libri dell'Antico e Nuovo Testamento, però ha anche presente che lo Spirito Santo non ha smesso di illuminare popoli e culture diverse e
tutt'oggi continua ad ispirare persone e collettività.
Il tono di eccessivo zelo dottrinale e la svalutazione della diversità non contribuiscono a stabilire nessun dialogo.
Ci duole non trovare, nella Congregazione da Lei presieduta, sensibilità e misericordia che, nel mandato evangelico, sono al di sopra di qualsiasi pretesa di ortodossia.
Ci spiace questa ennesima aggressione, gratuita, a sorelle e fratelli di altre Chiese.
D'altra parte, manca una maggiore chiarezza nella distinzione tra il Regno di Dio e la Chiesa; sebbene la dichiarazione ne parli al n. 4, mette molto più l'accento sulla loro inseparabilità.
Crediamo fermamente che l'amore di Dio e ancora più grande della Chiesa cattolica, perché il Regno è più grande, e uno dei suoi valori è la misericordia. Una Chiesa che vuole servire il Regno deve essere infinitamente misericordiosa.
Distintamente
Cattoliche per il Diritto a decidere, A. C.
Maria Consuelo Mejia, Marù Del Pilar Sànchez, Susana Cruzalta, Guadalupe Cruz, Sandra Luz Rodriguez.


CALPESTATI 35 ANNI DI DIALOGO ECUMENICO 
[FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE]

La Federazione Luterana Mondiale (FLM) ritiene che il documento «Dominus Iesus» si riferisca principalmente alle «relazioni interconfessionali della Chiesa cattolica romana nell'ampio quadro delle religioni mondiali» e che «desidera studiarlo attentamente e discuterlo pienamente con la Chiesa cattolica romana (ICR)».
La Federazione luterana ha visto anche la lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, inviata il 30 giugno 2000 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali della Chiesa cattolica romana, e il documento aggiunto, la nota riportata con l'espressione «Chiese sorelle», nel quale effettivamente si dice che la parola «Chiesa» non deve essere usata dalla ICR quando si riferisce ai protestanti.
«Il fatto che la ICR sia disposta a parlare delle Chiese ortodosse solamente come di "Chiese sorelle" non è nuovo per noi», sostiene la FML. «in accordo con questa concezione della ICR» le Chiese luterane e le altre Chiese della Riforma non sono chiamate Chiese, ma «comunità ecclesiali», «concordemente con i principi che ora si
stanno rafforzando».
Il comunicato della FLM afferma che «le Chiese luterane, insieme alle altre Chiese della Riforma, non sono disposte ad accettare le categorie nuovamente ribadite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e neppure le definizioni e i criteri che vi sottostanno». Sono perciò «deluse» che «35 anni di dialogo ecumenico tra ICR e luterani, sembra che non siano stati tenuti in considerazione nella formulazione della lettera e dei documenti emessi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
L'impatto di queste affermazioni è ancora più doloroso perché riflettono uno spirito differente da quello che troviamo in molte altre relazioni tra cattolici romani e luterani».
Si ricorda che il 31 ottobre 1999 la «FLM e la ICR hanno intrapreso un passo significativo firmando una Dichiarazione Congiunta che annulla secoli di conflitti tra le nostre Chiese riguardo alla Dottrina della giustificazione»: si e trattato di un importante passo avanti nella storia dell'unità cristiana. Tanto più che in questa Dichiarazione congiunta una nota chiarificatrice
stabilisce che la parola «Chiesa» è usata «per riflettere l'autodefinizione delle Chiese particolari, senza pretendere di risolvere tutte le istanze ecclesiologiche relative». Un'utile messa a fuoco, senza la quale «sorgono problemi» a livello mondiale tra la Chiese e le comunioni, e a livello locale visto che «pastori e credenti per servire fedelmente Dio nelle loro comunità stanno sviluppando relazioni come autentici compagni ecumenici».
La FLM dichiara di «voler proseguire l'impegno nel dialogo ecumenico», che «non e un optional ma parte essenziale della Chiesa» per cui «regressi temporali non dovrebbero annebbiare od oscurare la visione dell'unità cristiana desiderata e chiesta in preghiera dallo stesso Gesù Cristo».


LA «DOMINUS IESUS» MASCHERA PROBLEMI DI POTERE 
[MOVIMENTI ECUMENICI DEL CILE]

La Congregazione per la Dottrina della Fede, prosecutrice del Sant'Uffizio e del Tribunale dell'inquisizione, presieduta dal cardinal Joseph Ratzinger, ha pubblicato un documento sconcertante dal titolo «Dominus lesus», che ha già provocato una grande controversia in particolare con le Chiese protestanti e con gli ebrei che lo ritengono inaccettabile. Il documento parrebbe avere come oggetto la messa a fuoco della superiorità della Chiesa cattolica sulle altre Chiese cristiane e sulle altre religioni o comunità religiose del mondo oltre a limitare la libertà di espressione dei teologi.
Questa superiorità viene proclamata ripetutamente nel corso del documento, attraverso diverse considerazioni, con un tono che con la sua ripetitività finisce con il farsi odioso e persino prepotente. E il ritorno del vecchio spirito. La Chiesa cattolica appare come unica Chiesa di Cristo o, in altri termini, la Chiesa di Cristo continua ad esistere pienamente solo nella Chiesa cattolica (paragrafi 4, 16, 17) che proclama per sé, più volte, il suo carattere di verità assoluta lasciando le altre confessioni solo come esperienza di ricerca di tale verità assoluta, ossia assegnando loro solo una condizione di appendici o fratelli minori (7).
Anche quando non si escludono elementi positivi di diverso ordine e mediazioni parziali nelle altre religioni, si fa attenzione a stabilire che non possono essere intese come parallele o complementari ma che hanno valore e significato solo grazie alla mediazione di Cristo, cioè della Chiesa cattolica (14).
Allo stesso modo gli elementi di bontà e grazia che si trovano nei libri sacri delle altre religioni vengono considerati non come qualcosa di originale ma come qualcosa che è stato ricevuto dal mistero di Cristo, vale a dire, qualcosa che corrisponde alla Chiesa cattolica (8).
Si sottolinea continuamente la supremazia della Chiesa cattolica sulle altre Chiese e religioni monopolizzando in essa la pienezza di Cristo e notando che le altre sono carenti di questo attributo. Esiste, secondo quanto afferma ripetutamente il documento, un'unica Chiesa di Cristo (quella cattolica) «governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui» (17).
E' il relativismo, sostiene la Dichiarazione, a giustificare il pluralismo religioso «non solo de facto ma anche de iure» (4).
In definitiva si squalifica come posizione relativista il fatto che il pluralismo religioso abbia un riconoscimento di diritto e non solo di fatto, cioè come qualcosa la cui esistenza si tollera soltanto ma che non può raggiungere un'esistenza o categoria di diritto. Inoltre bisogna dire che per la democrazia il pluralismo, compreso quello religioso, è un principio essenziale e non un atto che viene semplicemente tollerato.
Vi è come un disegno di razza superiore in campo religioso.
Vediamo il paragrafo che segue: «se è ben certo - leggiamo nella Dichiarazione firmata da Ratzinger - che i non cristiani possono ricevere la grazia divina, e altrettanto certo che obiettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se la si paragona con quelli che nella Chiesa hanno la pienezza dei mezzi salvifici» (22).
Che magnifico concetto!
Quando si parla di chiesa si intende, come già detto, della Chiesa cattolica e se fosse certa tanta meraviglia almeno potremmo non avere tanti figli di questa Chiesa impegnati a fondo nel miscuglio cattolico-militare che ha sostenuto le peggiori dittature latinoamericane, piagata di orrendi crimini contro l'essere umano, per non parlare di altre epoche storiche.
Però essi ricevono in pienezza la grazia divina e i mezzi salvifici.
Che meravigliosa immodestia!
Quanta eccellenza di doni e quanta povertà di risultati in questa nuova aristocrazia religiosa che si innalza sul mondo.
Il Vangelo dice anche «dai suoi frutti lo riconoscerete» e che non si tratta di dire «Signore, Signore», ma di fare la volontà di Dio.
In realtà non troviamo niente che ci faccia credere che il cattolico sia migliore degli altri. E tanto buono quanto cattivo, come gli altri. In alcuni casi un po' migliore, in altri un po' peggiore. Così è se prendiamo in considerazione un pari livello di cultura e di situazione sociale.
La disputa ossessiva per far primeggiare verità o lignaggi assoluti suole mascherare problemi o immagini di potere.
Non ricordiamo di aver letto da molti anni un documento della Chiesa tanto pervaso di arroganza.
Questo autoritarismo ecclesiale che domina lo spirito e il linguaggio della Dominus Iesus ci riporta all'epoca di Pio IX (recentemente beatificato), il papa-re dello Stato pontificio e dell'infallibilità papale che derivava dalla verità assoluta il potere assoluto e condannava con parole d'ira le libertà proprie del progresso democratico della società umana. Sia detto senza porre in questione le sue virtù personali che lo hanno messo sulla strada della santificazione.
E' il vecchio tema della verità e dell'errore. La verità (cattolica) non può essere equiparata sul piano dei diritti con l'errore (gli altri credo e tutto quello che contraddice o si allontana dalla verità ecclesiasticamente tesaurizzata). E' come tornare al prebendo don Luis Arturo Pérez che condannò a suo tempo Maritain.Il Concilio Vaticano II fu chiaramente un passo decisivo verso l'ecumenismo, verso il dialogo con i fratelli separati e i non credenti. Ci è sempre sembrato che Giovanni Paolo II abbia fatto sua e sviluppato questa linea. Ma niente di ciò avviene con la mentalità che questo documento presentato dal cardinale Ratzinger riflette, che guarda dall'alto in basso i non cattolici, compresi i cristiani non cattolici, e che attraverso sottili disquisizioni vuole porre un confine rigido all'elaborazione teologica indicando ai teologi quello che devono o non devono credere, quello che possono o non possono dire. Li si priva della libertà e, come sempre quando ciò succede, il pensiero si ritrova prigioniero di chi ha il potere.
Inoltre, tutto quello che il documento vaticano contiene gode di infallibilità papale.
E come ascoltare Dio.
Leggiamo Dio con le parole di Ratzinger. Un'ora di gloria per l'integrismo nella sua forma più estrema che per ciò stesso non avrà altro destino che svanire rapidamente in un mondo che gli è estraneo.
Malgrado questo passo indietro, è ora di sentirci ispirati e rafforzati dal profetico insegnamento che ci ha lasciato il più prestigioso teologo cattolico del Concilio Vaticano II, il gesuita Karl Rahner: «La Congregazione per la Dottrina della Fede non potrà sequestrare la teologia della Chiesa universale, imponendole frontiere che il Concilio ha abbattuto una volta per tutte».

Comitato Monsignor Romero «Noi siamo Chiesa»
Sezione del Cile Confraternita Cristiana di Chiese
Rivista ecumenica «Riflessione e Liberazione»


Le proteste di ebrei e musulmani
(Il Giorno, settembre 2000)

Sul versante strettamente religioso le posizioni sono differenti: per gli ebrei "non è vero che può esserci salvezza solo in Cristo" mentre per i musulmani "Cristo è un profeta e chi crede ai profeti si salverà".

Unanime, invece, la condanna della "gerarchizzazione delle religioni" attuata, secondo ebrei e musulmani, dal Vaticano: la Chiesa cattolica non può arrogarsi il diritto di stabilire quale è l' unica religione che detiene la salvezza.

Il presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche, Amos Luzzatto, e il segretario dell'Unione delle Comunità islamiche in Italia, Hamza Piccardo, hanno reagito con un' alzata di spalle alla lettura di stralci della dichiarazione "Dominus Jesus" presentata in Vaticano secondo la quale "solo nella Chiesa cattolica c'è salvezza". "Il cardinal Ratzinger potrà fare anche tutte le acrobazie verbali e i ragionamenti che vuole - dice Luzzatto -, ma la realtà dei fatti è che per gli ebrei il Nuovo testamento non esiste proprio. E poi dire che l'unica mediazione possibile per la salvezza è in Gesù Cristo - si chiede - non ci taglia fuori da ogni dialogo?".

Per Hamza Piccardo "il dibattito sulla salvezza è tutto interno alla Chiesa cristiana". "Per noi - dice il rappresentante dei musulmani in Italia - vale il versetto del Corano che dice che si salverà chi crederà ad Allah e ai profeti, uno dei quali è Gesù. L'intero progetto finisce con Mohammed".

Rimane il fatto, tuttavia, rimarca l'esponente musulmano, che "la salvezza è una prerogativa divina. E chi può mettersi al posto di Dio e dire 'con noi sì, con loro no'?". "Come si può parlare di 'sincero rispettò delle altre religioni - gli fa eco Luzzatto - e poi dire che gli altri riti o gli altri Libri sacri hanno la sola funzione di preparare al Vangelo? E no, mi dispiace, proprio non ci sto - dice il presidente degli ebrei italiani - a essere considerato dalla Chiesa sempre e soltanto come un essere umano da convertire al cattolicesimo".

Il nodo della questione, dice Hamza Piccardo, è "che la Chiesa non può proclamare di essere l'unica istituzione religiosa a detenere la verità". "Se si fa questo - dice - facciamo un passo indietro davvero anacronistico rispetto al Concilio Vaticano II".

Per Amos Luzzatto "non è ammissibile che il principio del pluralismo religioso vada bene in via di fatto ma non di principio. Che vuol dire? Che accettiamo la diversità come male minore, perchè non si può fare diversamente, ma l'obiettivo è sempre la conversione? E poi il dialogo avviene con l' ascolto dell' altro o con l'imposizione delle verità di fede? Se questo è 'sincero rispettò - ironizza il presidente degli ebrei - mi sento 'gravemente deficitario' sul rispetto che mi si dice dovuto".

Non c'è soltanto il Vaticano
(Riforma, 15 settembre 2000)

«L'ultima dichiarazione vaticana Dominus Jesus ha destato sorpresa e scalpore per la sua chiusura dogmatica e la sua arroganza culturale e teologica. Ma chi si stupisce è ingenuo».
Con queste parole la Comunità di base di Pinerolo-Associazione Viottoli ha preso posizione rispetto all'ultimo documento ufficiale vaticano in merito al rapporto fra la Chiesa cattolica e le altre fedi. «L'ortodossia cattolica - prosegue il gruppo di Pinerolo - non è sostanzialmente cambiata e pensa di avere il monopolio della salvezza.
Negare che esistano altre vie di salvezza aventi pari dignità del cristianesimo sembra oggi un'affermazione incredibile per una persona sana di mente e di media cultura. Ma il papato è una struttura accecata dalla spirale del potere e non riesce a vedere oltre gli interessi di una casta che è prigioniera delle proprie ideologie, di una rozza arroganza e, in questo caso, di una ridicola ignoranza biblica. Certo, non può un burocrate e capo di stato come il papa essere esperto in teologia (sarebbe troppo esigere tale competenza in un papa che è occupato soprattutto nella gestione del potere e nella cura dell'immagine), ma almeno potrebbe consultare qualche altra voce oltre i teologi di corte e i cardinali di curia. Però attenzione: sarebbe grave se noi dessimo eccessiva importanza a questo sproloquio di un potere in delirio e in disperata difesa di sé. La teologia vaticana va presa per quel che è: una difesa di posizioni di potere priva da sempre di solide basi bibliche e culturali.
Occorre acquisire e diffondere una nuova coscienza cristiana che sappia, in obbedienza alla parola di Dio, rimanere libera dai ceppi ideologici che le gerarchie cattoliche vogliono imporre al popolo di Dio.
É importante lavorare, studiare, pregare e fare comunità e fare teologia in una dimensione nuova, nutrita di confronto, di apertura, di humour, di libertà. Ma c'è dell'altro: il conclave si avvicina e si sta scrivendo l'identikit del nuovo papa.
La curia vuole garantire una totale continuità sui temi della morale, del magistero, della disciplina ecclesiastica».


Wojtyla scarica le «Chiese sorelle»
La svolta del Vaticano:
il documento «Dominus Jesus» rivendica la supremazia dei cattolici sulle altre confessioni
(Giuseppe Di Leo, Il Giorno, settembre 2000)

Si intitola Dominus Jesus il documento della Congregazione per la dottrina della fede, consegnato alla stampa ieri in Vaticano. Nel presentarlo insieme con i monsignori Tarcisio Bertone, Fernando Ocariz e Angelo Amato, il cardinale Joseph Ratzinger non ha nascosto che si tratta di un documento complesso. In esso si affronta uno dei temi più delicati nella vita della Chiesa postconciliare: la lotta al relativismo teologico. Che, spiega Ratzinger, è «l'atteggiamento relativistico nei confronti della verità, per cui ciò che è vero per alcuni non lo sarebbe per gli altri».
Per la Chiesa cattolica la verità è che la salvezza delle anime si raggiunge attraverso la fede in Gesù Cristo. Nel documento si critica l'idea di dialogo fra le religioni in cui tutte le fedi vengono messe sullo stesso piano.
L'accusa riguarda anche alcuni teologi cattolici, i quali, pur credendo in Gesù vero Dio e vero uomo, «ritengono che in lui la rivelazione di Dio non può essere ritenuta completa e definitiva».
Il pericolo per Ratzinger è che così «si introduce l'idea errata che le religioni del mondo siano complementari alla rivelazione cristiana». E, quindi, si trovino tutte sullo stesso piano e abbiano lo stesso valore.
La critica è rivolta al pensiero «postmetafisico» dell'Occidente e ad una parte della teologia asiatica. Per la Santa Sede il dialogo con le altre religioni non cancella un fatto incontrovertibile per ogni cristiano: «l'originalità e l'unicità della rivelazione di Gesù Cristo». Questo significa che, sebbene la Chiesa cattolica abbia un atteggiamento di rispetto nei confronti delle altre religioni, tuttavia «non si possono chiudere gli occhi sugli errori e gli inganni che pure sono presenti in esse».
Il Vaticano critica in questo modo l'atteggiamento di quei cristiani che, in nome del dialogo e della tolleranza, smarriscono il carattere di assolutezza che presenta il messaggio di Gesù Cristo.
Se Dominus Jesus critica alcuni aspetti del dialogo interreligioso e non enumera nessun principio nuovo nel campo del dialogo ecumenico fra le Chiese cristiane, tuttavia non è casuale che esso sia stato presentato quasi in coincidenza con la lettera riservata di Ratzinger sul significato di «Chiese sorelle». Il cardinale tedesco, durante la conferenza stampa, ha affermato che oggi «lo stesso concetto di dialogo assume significato diverso da quello inteso nel Concilio», confermando la necessità di esplicitare le distinzioni e le differenze, anche profonde, che esistono fra le confessioni cristiane. Per questo Ratzinger invita i vescovi cattolici a usare con molta prudenza l'espressione «Chiese sorelle» nei confronti delle altre Chiese cristiane.
Le preoccupazioni di Ratzinger sono condivise in pieno da Giovanni Paolo II. Che da sempre considera come «Chiese sorelle» solo le Chiese ortodosse. Difatti, se la pretesa di salvazione delle anime proviene dal messaggio di Cristo, la Chiesa cattolica è la fedele continuatrice della missione di evangelizzatrice di Cristo. Per questo essa è impegnata a evangelizzare i popoli. E questo impegno, si afferma nel documento, coincide con il dovere missionario di convertire gli uomini, che non può essere annullato dalla ricerca a tutti i costi del dialogo con le altre religioni. E nemmeno con le altre Chiese cristiane diverse dalla cattolica.
Eppure su questo punto il pontificato di Wojtyla registra un progressivo sviluppo della categoria «Chiese sorelle». Mentre il Concilio ha limitato l'espressione alle relazioni fra le Chiese d'Oriente, con Giovanni Paolo II essa viene estesa alle relazioni fra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica.
Non sarà stato facile redigere il documento Dominus Jesus. Che potrebbe ricevere critiche anche dall'interno del mondo cattolico. In particolare, da qualche università pontificia.


"I mea culpa del Papa erano solo spettacolo"
La delusione di Küng ~ Le altre chiese: un passo indietro
(La Repubblica, 6 settembre 2000)

Hans Küng, patriarca dei teologi critici, è durissimo: "E adesso tiri le conseguenze chi nei mesi scorsi non si stancava di lodare i mea culpa del Papa e i suoi gesti nei confronti degli ebrei. Era solo uno spettacolo. Le audaci intuizioni del concilio Vaticano II vengono oggi spinte all' indietro. E' chiaro, anche dalla beatificazione di Pio IX, che si vogliono cancellare gli impulsi che vennero dati da Giovanni XXIII e dal concilio".
Non c'è solo la verve polemica di Kung, da tutte le parti è una levata di scudi contro la proclamata supremazia della Chiesa cattolica. Il leader della Chiesa anglicana, l'arcivescovo di Canterbury George Carey, ha reagito con tristezza: "L'idea che quella anglicana e altre Chiese non siano Chiese in senso proprio - ha detto - sembra mettere in questione i considerevoli passi ecumenici compiuti". Il documento di Ratzinger, ha soggiunto, non riflette la "profonda intesa che è stata raggiunta tramite il dialogo ecumenico e la cooperazione negli ultimi trent'anni". L'arcivescovo Carey ha reagito con durezza all'idea di guidare una Chiesa di seconda categoria: "La Comunità anglicana nel mondo non accetta nemmeno per un solo istante che il suo ministero e la sua eucaristia soffrano di una qualsiasi insufficienza".
Reazione costernata anche al Consiglio mondiale delle Chiese, che ha sede a Ginevra.
Tom Best, suo esponente, ha dichiarato che sarebbe una tragedia se la testimonianza comune delle Chiese cristiane nel mondo "fosse oscurata" da una disputa delle Chiese sulla loro rispettiva autorità e sul loro status.
A nome dei Luterani tedeschi Manfred Koch, presidente del Consiglio delle Chiese evangeliche, ha affermato che il documento Dominus Jesus rappresenta "un passo indietro per le relazioni ecumeniche".
La dottrina cattolica sulle Chiese, ha spiegato Koch, "è il principale ostacolo" sulla via di una più profonda comunione fra la Chiesa cattolica e le Chiese della Riforma.
Più asciutta la reazione del Patriarcato di Mosca, che si è riservato di studiare il documento, ma le relazioni fra gli Ortodossi russi e il Vaticano sono già pessime. Al richiamo di Ratzinger al primato del romano pontefice, un portavoce del patriarcato si è limitato a dire che "cattolici e ortodossi hanno una diversa concezione dell'universalità della Chiesa e questo resta il nocciolo della questione".
Per l'Islam il problema si pone in maniera identica e opposta. Al primato di Cristo si contrappone il primato di Allah. "Per noi - sostiene Hamza Piccardo, esponente dei musulmani italiani - vale il versetto del Corano, secondo cui si salverà chi crederà ad Allah e ai profeti, uno dei quali è Gesù. L'intero progetto finisce con Mohammed".
Amos Luzzatto, presidente delle Comunità ebraiche d'Italia, è conciso: "Il cardinal Ratzinger può fare tutte le acrobazie verbali che vuole, ma la realtà dei fatti è che per gli ebrei il Nuovo Testamento non esiste proprio. E, poi, dire che l'unica mediazione possibile per la salvezza è Gesù Cristo non ci taglia fuori da ogni dialogo?".


Ratzinger: "Salvezza solo nella Chiesa cattolica"
l cardinale all'attacco nelle altre religioni errori e inganni.
(MARCO POLITI, La Repubblica, 6 settembre 2000)

Ratzinger fa squillare le trombe. Ribadisce l'unicità e la supremazia del cattolicesimo, respinge l'idea che le Chiese cristiane possano essere considerate su un piede di parità, proclama fermamente che le religioni non costituiscono vie uguali per raggiungere Dio, perché l'unica via vera resta la Chiesa cattolica.
L'ultimo documento della Congregazione per la dottrina della fede, dedicato all'unicità e all'universalità del mistero di Cristo, sta scatenando una tempesta di polemiche. Protestano le altre Chiese cristiane, che si sentono declassate a fronte della perentorietà con cui la Dichiarazione Dominus Jesus di Ratzinger proclama il ruolo primario e superiore del cattolicesimo in quanto unico titolare della "pienezza" della Chiesa di Cristo: "Esiste un'unica Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui".
Quanti non si professano cattolici sono in difetto: se Ortodossi, perchè non riconoscono il primato del papa, se Protestanti, perchè "non hanno conservato l'episcopato valido e la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico". Per i Protestanti la sorte è peggiore. Per Ratzinger, infatti, "non sono Chiese in senso proprio".
Nei fatti non rimane agli altri cristiani che il "ritorno all'ovile", anche se non è detto così.
Con lo stesso atteggiamento si guarda alle altre religioni. I loro seguaci, benchè possano ricevere la grazia divina, "si trovano oggettivamente in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici".
Navarro, portavoce papale, getta acqua sul fuoco: "La Santa Sede non cambia linea nelle relazioni con le altre Chiese cristiane". Gli strali della Congregazione per la dottrina della fede sembrano indirizzarsi soprattutto contro i teologi europei ed asiatici, che da qualche anno si sforzano di capire in che modo la "potenza salvifica" di Dio agisce anche nelle altre tradizioni religiose. Sono problemi teologici complessi e a rigore la Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede non introduce novità. Ma sono gli accenti del documento a suscitare forti preoccupazioni dentro e fuori la Chiesa. Sparando a zero contro i tentativi di aprire vie nuove, la Dichiarazione pone sbarramenti alle aperture del concilio Vaticano II e dello stesso papa Wojtyla.
Certo, resta l' acquisizione che anche i fedeli di altre religioni possono salvarsi per l'intervento divino e un ebreo che nega Gesù come figlio di Dio può ricevere il dono della salvezza e, comunque, Israele alla fine dei tempi "riconoscerà Cristo", ma i paletti sono tanti.
La Dichiarazione se la prende con il relativismo, l'eclettismo, le tesi che oltre al cristianesimo ci siano anche altre "vie di salvezza" oppure che il Logos, il Verbo, cioè Cristo nella sua divinità possa manifestarsi al di fuori dell'evento rappresentato da Cristo nella sua incarnazione storica. Guai a pensare che tutte le religioni siano uguali.
"Deve essere fermamente creduto - afferma il cardinale Ratzinger - che la Chiesa è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza". E' ora, sostiene Ratzinger, di "riaffermare le verità smarrite" da un certo tipo di dialogo che avrebbe introdotto "l'idea errata che le religioni del mondo siano complementari alla rivelazione cristiana", dimenticando che in esse vi sono anche errori e inganni. Soprattutto il cardinale si scaglia contro quella che definisce "l'ideologia del dialogo che si sostituisce alla missione e all'urgenza dell'appello alla conversione".
Fissando i suoi sbarramenti, la Dichiarazione finisce per correggere e svuotare anche i ripetuti gesti fraterni di papa Wojtyla nei confronti delle Chiese cristiane e le sue aperture nei confronti delle altre religioni. Quando il Papa dice che Dio non manca di rendersi presente anche nel patrimonio spirituale delle altre religioni il tono è proiettato su nuovi scenari. Quando Ratzinger sottolinea che le altre credenze sono sostanzialmente un'esperienza religiosa umana alla ricerca della verità assoluta, è un richiamo all'ordine.
Comunque, la Dichiarazione è stata approvata in forma solenne da Giovanni Paolo II e il segretario della Congregazione per la dottrina della fede, monsignor Bertone, ha spiegato che i contenuti del documento sono sempre stati "infallibilmente proposti dal magistero" della Chiesa e quindi richiedono da ogni fedele un "assenso definitivo e irrevocabile".



Chiesa e salvezza

(Piero Bensi, «Culto evangelico»
trasmissione di Radiouno curata dalla Federazione delle chiese evangeliche,
andata in onda domenica 10 settembre 2000)

In perfetta sintonia con l'inconcepibile beatificazione di Pio IX (il papa avverso agli ebrei e ai protestanti, alle società bibliche e al libero pensiero) il cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha presentato martedì 5 settembre il suo documento «Dominus Jesus».
Partendo dal concetto che la salvezza umana è data solo attraverso Gesù Cristo, il cardinale Ratzinger riafferma che è indispensabile la mediazione salvifica della chiesa. L'unica chiesa di Cristo sussiste soltanto nella Chiesa cattolica romana, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui. La Chiesa cattolica non è una tra le tante, ma è la sola vera chiesa. La chiesa è necessaria alla salvezza e la salvezza è solo nella Chiesa cattolica.

Le chiese protestanti non sono chiese in senso proprio. La Sacra Scrittura non può essere letta fuori dal magistero della Chiesa cattolica.
Di fronte a queste espressioni cosi drastiche e intolleranti, e d'altra parte tante altre simili, non ho parole di commento. Solamente, con tutta umiltà ma altrettanto fermamente, ringrazio Dio di avermi fatto nascere in una famiglia protestante. Non perché io creda che i protestanti siano migliori dei cattolici. Non l'ho mai pensato. Ma ringrazio Dio perché la mia famiglia mi ha messo in mano la Bibbia fin da ragazzino, come luce sul mio sentiero, senza impormi particolari interpretazioni.
Ringrazio il Signore perché è nella comunità protestante che ho imparato a stare in piedi in mezzo alla genuflessione generale e a non aver paura di camminare contro corrente; lo ringrazio perché è lì che ho imparato che la salvezza è un dono assoluto di Dio in Cristo senza condizioni; è lì che ho imparato che la mia fede è un rapporto personale con Dio attraverso Gesù Cristo e non una realtà sacramentale regolata dalle encicliche papali; è nella comunità protestante che ho capito che nessuna chiesa ha il monopolio della verità e perciò ho imparato ad accostarmi agli altri con tolleranza e comprensione, senza dogmatismi preconcetti e senza pregiudizi. Mantenendo intatto l'affetto e la stima per i tanti amici cattolici credenti, che in questo momento stanno soffrendo, benedico il Signore per essere nato e cresciuto protestante.