IL LUNGO CONCLAVE

(Marco Politi, La Repubblica, 6 settembre 2000)


La lunga corsa al Conclave è già cominciata. Il pronunciamento del cardinale Ratzinger sul primato della Chiesa cattolica, nella quale soltanto esiste "pienamente" la Chiesa di Cristo e che sarebbe unica titolare della "pienezza della grazia e della verità", ha il suono di una chiamata a raccolta.
E così il suo proclama che la Chiesa è l'unica vera via per la salvezza.
Rappresentano il primo rullio di tamburi di una battaglia silenziosa e tenace che si svolge dietro le quinte.
Non c'è da credere che il documento di luglio sul rifiuto irrevocabile della comunione ai divorziati risposati e poi la Nota di Ratzinger sulle "Chiese sorelle" (che il Vaticano non ha avuto il coraggio di pubblicare) e la beatificazione di Pio IX e ancora l'ultimissimo documento ratzingeriano, che esalta la supremazia del cattolicesimo sulle altre comunità cristiane e le religioni del mondo, siano eventi casuali e slegati.
E' in atto, nei settori più tradizionalisti della Chiesa cattolica, una corsa all'arroccamento, una frenesia di sbarrare porte e finestre che non si può capire senza prestare attenzione ad uno stato d'animo largamente diffuso nell'istituzione ecclesiastica.
Al di là delle sbornie dei raduni di massa c'è paura. Paura della grande ondata di indifferentismo religioso che pervade le società occidentali, paura delle profonde modificazioni intervenute nel campo della morale, paura di un vero avvicinamento con le altre comunità cristiane che porti al superamento della struttura imperiale del cattolicesimo, paura di un confronto con le religioni del mondo che apra la strada all'idea che Dio parla molte lingue e si serve di molti strumenti e cammina per molte strade. Che cos'è stata in fondo l'infelice trovata di annacquare la beatificazione di Giovanni XXIII in un pacchetto di cinque nuovi beati, costringendola per di più nella camicia di forza del tandem innaturale con Pio IX? E' stato il terrore di esaltare la rivoluzione di papa Roncalli, il suo colpo di genio che ha trasformato la Chiesa da "società perfetta" in popolo di Dio che cammina dentro la storia rifiutando i paramenti dell'onnipotenza, la sua disponibilità a lasciare i vescovi decidere veramente sul "modo nuovo" di annunciare il Vangelo eterno.
Non era una paura retrospettiva, è il timore che quando giungerà a termine il lungo pontificato wojtyliano (e molti segni indicano che l'attuale pontefice avrà la stessa fragile energia di Leone XIII) il conclave possa scegliere una figura, che superi i limiti imposti da Giovanni Paolo II e porti la Chiesa ad una nuova riforma. Per questo uomini come Ratzinger sentono adesso la necessità urgente di piantare paletti, di ribadire i confini, di scandire i contenuti irrevocabili della dottrina.
A stretto rigore non c'è nulla nel documento del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede che non si possa trovare in altri documenti della Chiesa e d'altronde essa possiede un tesoro inesauribile di scritti a cui rifarsi. Per ogni occasione, si potrebbe dire.
Il cardinale Ratzinger, uomo di grande finezza teologica, non rinnega le principali acquisizioni conciliari e postconciliari. E dunque anche i seguaci di altre religioni possono salvarsi senza entrare nella Chiesa cattolica, perché Dio interviene in modo misterioso. E dunque, la presenza di Dio si può rintracciare anche in ciò che di buono e di vero si trova nei loro libri sacri. Ed egualmente va rispettata sempre la libertà delle coscienze e la dignità delle persone. Ma, come dicono nella patria di Ratzinger, è "il tono che fa la musica". E il tono di questa dichiarazione Dominus Jesus va al di là del comprensibile richiamo ai fedeli e ai teologi cattolici di tenere a mente i capisaldi della propria dottrina. E' un serrate i ranghi che vuole impedire il profilarsi di una nuova linea pastorale e teologica meno ossessionata dalle gerarchie istituzionali e dall'arido linguaggio delle proposizioni dottrinali.
C'è una parte di vescovi e di cardinali, infatti, che sono persuasi che il futuro apparterrà ad una Chiesa capace soprattutto di testimoniare concretamente e diffusamente lo spirito cristiano, una Chiesa più leggera come istituzione, che non si rivolge agli "altri" ricordando la propria perfezione dottrinale ma si affida principalmente al fascino dell'esempio concreto. Wojtyla da che parte sta? Forse qualcuno si meraviglierà, ma la battaglia misteriosamente attraversa anche il suo animo.