LA SANTA INQUISIZIONE


 Dies irae, dies illae...
Giorni di ira, giorni di lacrime...


La lotta contro l'eresia  è antica quanto la Chiesa.
Nei primi secoli della cristianità le autorità ecclesiastiche, nei casi di eresia, si limitano, generalmente, ad applicare pene di carattere spirituale, la più grave delle quali è la scomunica.
La maggior parte dei Padri della Chiesa si dichiarano contrari alla condanna degli eretici a pene fisiche. Si rispetta il principio enunciato da Bernard de Clairvaux: "Fides suadenda non imponenda" (La fede deve essere oggetto di persuasione non di imposizione).
Verso il XII secolo, questo principio viene disatteso e completamente ignorato. Le pene spirituali, dimostratesi scarsamente efficaci, vengono gradualmente soppiantate, con buona pace dell'amore e della misericordia cristiani, dalle più persuasive ed efficaci pene temporali (eufemismo per roghi, impiccagioni, sevizie, torture e così via).
L'Inquisizione nasce quando, tra la fine del Dodicesimo e il principio del Tredicesimo secolo, la Chiesa, ritenendo insufficienti per la repressione dell'eresia, soprattutto catara e valdese, i mezzi ordinari e l'autorità dei vescovi, nomina propri delegati con l'incarico di ricercare e giudicare gli eretici.
I tribunali permanenti dell'Inquisizione durante il Trecento si diffondono in tutta Europa e sono affidati in un primo tempo ai domenicani e successivamente anche ai frati minori.
 
Lo storico francese Jean-Baptiste Guiraud (1866-1953) definisce l'inquisizione medioevale come "un sistema di misure repressive, le une di ordine spirituale, le altre di ordine temporale, emanate simultaneamente dall'autorità ecclesiastica e dal potere civile per la difesa dell'ortodossia religiosa e dell'ordine sociale, ugualmente minacciati dalle dottrine teologiche e sociali dell'eresia".
Di essa si può dire molto semplicemente che si tratta di una istituzione ecclesiastica destinata a cercare (dal latino "inquisitio", ricerca dei "delitti contro la fede") e a punire le varie forme ereticali che minacciano la stabilità della Chiesa (cattolica). Suo bersaglio furono il valdismo, il catarismo, il protestantesimo, il giudaismo, in breve tutto ciò che non si conformava alla dottrina cattolica.
Tra le due funzioni che caratterizzano l'Inquisizione, tuttavia, non è tanto quella investigativa che assume rilievo, quanto quella repressiva, che, come vedremo, fissata in maniera definitiva dal papa Gregorio IX, renderà tristemente famosa questa istituzione attraverso i secoli.

                                                                        Cronistoria

Nel 1179 il Concilio Laterano III elabora appieno misure inquisitoriali: il canone 27 legittima la scomunica e le crociate contro gli eretici.
Innocenzo III (1198-1216), benedice la crociata contro gli albigesi. Seguono roghi collettivi e dure misure repressive. Questo intervento per la difesa della fede ebbe si concluse con la sanguinosa "crociata" guidata da Simon de Monfort (1209-1218) con cui fu operata la confisca dei beni degli albigesi.
Nel 1215, il Concilio Laterano IV ribadisce la condanna di ogni forma di devianza religiosa ed elabora la "procedura d'ufficio", grazie alla quale si può instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazione.
Gregorio IX (1227-1241) con una bolla del 1233 rende ufficiale l'istituto della Sacra Inquisizione i cui compiti vengono affidati ai domenicani.
Nel 1252 viene emessa da Innocenzo IV La bolla Ad extirpanda, secondo la quale la tortura «serve a portare alla luce la verità».
La procedura inquisitoriale, fissata nelle Decretali di Gregorio IX (1230), venne in seguito riassunta in vari manuali, fra cui la celebre Practica Inquisitionis hereticae pravitatis  (ca. 1320). Essa si concludeva con la sentenza, la quale (previo consenso del vescovo, secondo disposizione di Innocenzo IV, confermata da Urbano IV e da Bonifacio VIII) veniva letta durante un pubblico "sermone generale" (detto in Spagna autodafé, atto di fede) e poteva comportare l'assoluzione, la detenzione parziale o perpetua, la morte sul rogo (pena applicabile anche post mortem, queste ultime due pene comportavano anche la confisca dei beni) o, nei casi più lievi un pellegrinaggio (riscattabile col versamento di elemosine).
Tomas de Torquemada (1420-1498), appartenente all'ordine domenicano, divenuto inquisitore generale per l'Aragona, Valencia e la Catalogna nel 1483, organizza il Tribunale ecclesiastico della Santa Inquisizione di cui compose il codice (Ordenanzas, 1484-85 e 1488).
Nel 1542, Paolo III, crea la Congregazione cardinalizia del Sant'Uffizio, presieduta dal cardinale Giampiero Carafa, poi Paolo IV.
Pio IV (1559-1565) dichiara che «La Santa Inquisizione è stata tanto utile alla Chiesa che la si potrebbe veramente chiamare quasi un baluardo della fede».
Nel 1908, con la bolla Sapienti Consilio di Pio X, il termine Inquisizione scompare, rimane la Congregazione del Sant'Uffizio e l'Indice dei libri proibiti, ma «non vengono tuttavia soppressi né il Tribunale, né la procedura del segreto».
Nel 1917, sotto Benedetto XV (1914-1922), la Congregazione del Sant'Uffizio viene affidata ad un cardinale, cessando così di dipendere, direttamente dal pontefice.
Durante il Concilio Vaticano II (1962-1965), la Congregazione del Sant'Uffizio assume l'attuale nome di Congregazione per la dottrina della fede e dei costumi (1965), retta ancora oggi dal cardinale tedesco Joseph Ratzinger.
Resta il ricordo di tutti coloro che nel corso dei secoli furono sottoposti ai rigori dell'inquisizione in nome della fede e della Chiesa di Cristo: i catari, i valdesi, i francescani dissidenti (gli spirituali), gli ebrei, i templari, Giovanna d'Arco (fatta in seguito santa), gli ussiti, Girolamo Savanarola, Giordano Bruno, Galilei, le "streghe"...
... ma anche le parole di tutti coloro che hanno voluto o non impedito che ciò accadesse.

I cattolici che, presa la croce, si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi che sono concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa.
(Concilio Lateranense IV, 1215)

Riconciliarsi mai: non mai pietà; sterminate chi si sottomette, e sterminate chi resiste; perseguitate a oltranza, uccidete, ardete, tutto vada a fuoco e a sangue purché sia vendicato il Signore; molto più che nemici suoi, sono nemici vostri.
(San Pio V, lettera a Filippo II di Spagna)

                                                         Espansione e zone di influenza

L'inquisizione, univoca nell'espressione dei suoi metodi processuali, trovò la sua realizzazione in tre aree geografiche diverse nelle quali assunse precipue finalità e configurazioni.
Nata in Francia (1198), paese in cui inizialmente si sviluppò la
- Inquisizione medioevale, si estese successivamente in Spagna, dove si affermò la
- Inquisizione spagnola, creata da Sisto IV nel 1478, su sollecitazione della regina Isabella di Castiglia e del re Ferdinando d'Aragona, e, infine, in Italia, dove fu stabilita la
- Inquisizione romana con la Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione, istituita dal papa Paolo III nel 1542.

                                                               1. L'Inquisizione medioevale

Il nuovo organismo inquisitoriale, che ebbe la Francia come suo primo teatro, trae origine dalla Costituzione Ad abolendam del 1184 di papa Lucio III, che ne stabilì le prime forme imponendo a tutti i vescovi di visitare due volte l'anno le loro diocesi alla ricerca ("inquisitio") degli eretici.
Con il pontefice Innocenzo III (1198- 1216) la nuova procedura si delinea nelle sue forme definitive, si passa da un processo fondato sull'accusa (della quale il punto di partenza è la delazione) ad un procedimento che consente all'autorità ecclesiastica di procedere d'ufficio incarcerando chiunque risulti anche vagamente sospettato. La qual cosa rende possibile una repressione dell'eterodossia veloce ed efficace.
Il concilio ecumenico del 1215 riprende ed ufficializza tutte le disposizioni concernenti la repressione delle eresie.
Il merito, però, di aver dato forma istituzionale ad un organo deputato alla lotta contro l'eresia, spetta al papa Gregorio IX, il quale vi provvide con la Costituzione Excommunicamus del febbraio del 1231.
A partire da questa data l'Inquisizione si può veramente considerare nata.
Gregorio IX, sperimenta per la prima volta la sua costituzione del 1231 nell'ambito del Sacro Romano Impero Germanico attribuendo poteri quasi illimitati ad un prete, Conrad di Marbourg, il quale si adopererà con particolare zelo a disimpegnare le funzioni affidategli, divenendo tristemente famoso per la violenza letteralmente ingiustificata con la quale diede dimostrazione con la moltiplicazione dei roghi, delle sevizie e delle torture.
Dopo la sua uccisione (è il primo caso di inquisitore assassinato), poiché il fenomeno ereticale continuava a diffondersi, Gregorio IX, nell'aprile del 1233, promulgò l'Inquisitio Hereticae Pravitatis, provvedimento con il quale la caccia agli eretici, precedentemente riservata ai vescovi, venne affidata a specifici funzionari scelti preferibilmente fra i domenicani e i francescani. I nuovi inquisitori rivestono l'ufficio di giudici straordinari, la cui specifica competenza in materia ereticale li contraddistingue da quella propria del giudice ordinario, il vescovo. L'inquisizione muta carattere, si passa da una inquisizione episcopale ad una istituzione essenzialmente pontificia.
Fra i vari inquisitori ricordiamo Robert le Petit, soprannominato le Bougre (il losco), famoso per la sua crudeltà. La sua carriera culminò con il famoso eccidio del monte Saint-Aimé, dove il 13 maggio 1239, furono bruciate sul rogo 183 persone.

                                                               2. L'Inquisizione spagnola

Venne istituita da Sisto IV nel 1478, su sollecitazione della regina Isabella di Castiglia e del re Ferdinando d'Aragona. Essi ottennero che l'Inquisizione non dipendesse più dal papa ma da un organismo spagnolo, presieduto dal Grande Inquisitore di Spagna, dei quali il più tragicamente famoso sarà Tomas de Torquemada (1483-1497), il domenicano passato alla storia soprattutto per la spietatezza verso gli ebrei, dei quali ottenne l'espulsione dalla Spagna.
La loro attività è diretta contro gli ebrei e i musulmani e a reprimere i "conversos" e i "moriscos", rispettivamente, ebrei e musulmani solo apparentemente convertiti. 
Nel 1252, Innocenzo IV autorizzò l'uso della tortura, a condizione che non mettesse in pericolo la vita e l'integrità fisica degli accusati e che già esistesse un principio di prova. Affidata inizialmente ai tribunali laici, nel 1262, passò nelle mani degli inquisitori.
Soppressa da Napoleone nel 1808, l'Inquisizione venne ristabilita in Spagna nel 1814 per essere soppressa di nuovo nel 1820. Nuovamente ripristinata, fu definitivamente abolita nel 1834.
Fra i più noti inquisitori si ricordano,
Nicolau Eymerich, Bernardo Gui e, naturalmente, il tristemente famoso Tomas de Torquemada.
Formula per l’investitura degli inquisitori spagnoli, in uso dal 1480 al 1820.
"Noi, (nome), per misericordia divina inquisitore generale, fidando nelle vostre cognizioni e nella vostra retta coscienza... vi nominiamo, costituiamo, creiamo e deputiamo inquisitori apostolici contro la depravazione eretica e l’apostasia nell’Inquisizione di N... e vi diamo potere e facoltà di indagare su ogni persona, uomo o donna, viva o morta, assente o presente, di qualsiasi stato e condizione... che risultasse colpevole, sospetta o accusata del crimine di apostasia e di eresia, e su tutti i fautori, difensori e favoreggiatori delle medesime".

                                                                    3. L'Inquisizione romana

L'inquisizione venne fondata in Italia da Paolo III con la bolla Licet ab initio del 21 luglio 1542. Viene riorganizzato il sistema inquisitoriale medioevale e istituisce la Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione o Sant'Uffizio. In Italia, supremo Inquisitore è il Papa. E' lui che presiede le riunioni della Congregazione del Sant'Uffizio.
"
«Sant'Uffizio». Soave denominazione per un organismo orribile. Questo termine, infatti, fu stravolto. I cristiani del Medioevo vedevano nel Sant'Uffizio un organismo pastorale, adibito - diciamo - a «pascere le pecorelle del Signore». Contro questo inganno Erasmo da Rotterdam protestò in un colloquio dal titolo Inquisitio de fide, nel quale mimava il dialogo fra l'Inquisitore e il reo. E' l'equivalente di un moderno lavaggio del cervello. L'Inquisitore è capzioso. Si fa più dolce via via che il reprobo dà segni di crollo. Quante più informazioni l'imputato fornisce ai giudici, tanto più sincera appare la sua confessione. E tanto più umano è il trattamento". (Prof. Adriano Prosperi, docente di storia moderna e contemporanea all'Università di Pisa, La Repubblica del 6 settembre 1998)
Riorganizzata da Pio X con la costituzione Sapienti consilio del 29 giugno 1908, la vecchia Inquisizione è stata riformata da Paolo VI con il motu proprio Integrae servandae del 7 dicembre 1965, che ne ha mutato il nome in Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
La riforma ha modificato le procedure del Sant'Uffizio, ma ne ha confermato il compito primario:" tutelare la dottrina riguardante la fede e i costumi di tutto il mondo cattolico", soprattutto mediante la promozione della sana dottrina.
Tra i processi celebri del Sant'Uffizio figurano quello contro
Galileo Galilei, colpevole di aver sostenuto nel "Dialogo dei massimi sistemi" le tesi copernicane condannate dalla Chiesa e quello contro Giordano Bruno, domenicano e filosofo, tra i massimi rappresentanti del pensiero del Rinascimento, accusato di eresia e bruciato sul rogo a Roma nel 1600.
Nel 1498 intanto era finito davanti a magistrati pontifici, accusato di impostura ed eresia, il predicatore
Girolamo Savanarola, poi impiccato e bruciato sul rogo.

  Organizzazione e procedura

Il centro dell'organizzazione giudiziale era costituita dai Tribunali dell'inquisizione. 

Ognuno di essi era presieduto da due giudici investiti di pari potere, ma che agivano disgiuntamente. 
Si trattava di solito di domenicani o francescani designati dai superiori dei loro rispettivi ordini. 
Per svolgere le loro funzioni, questi inquisitori-giudici avevano a disposizione numerosi testi pontifici, manuali e trattati, come ad esempio la "Pratica Inquisitionis" dell'inquisitore Bernardo Gui (1324).
Tale sistema processuale, nel quale le funzioni istruttorie e decisionali erano affidate ad un giudice monocratico, perdurerà per tutto il Medioevo, e mai, contrariamente a quanto spesso si ritiene, verranno svolte da un tribunale, inteso come organo collegiale
L'Inquisitor, era un giudice straordinario che giudicava in materia di "depravazione eretica" per espresso incarico conferitogli dal Pontefice.
Alla fine del 1233, nella parte meridionale della Francia (Avignone, Toulouse, Carcassone...), dove esistevano forti contingenti di Valdesi e di Catari, vennero istituiti i primi tribunali.
Tra i più famosi inquisitori che li impersonarono, emergono per ferocia ed efferatezza Guglielmo di Valenza, Pietro di Marseillan, Ferrier, soprannominato "Martello degli eretici", il domenicano Guglielmo Arnaud, il francescano Raimond Escriban, Bernardo di Caux, Giovanni di Saint Pierre, Roberto il Bougre e Bernardo Gui, del quale ci resta il già citato "Manuale dell'inquisitore"
. L'inquisizione conosce il suo apogeo nel XIII secolo.

La procedura inquisitoriale iniziava al momento dell'arrivo degli Inquisitori in una località. Venivano emanati due editti, uno di "fede", che invitava tutti i fedeli a denunciare gli eretici, ed uno di "grazia", che concedeva un arco di tempo (un mese) affinché essi si presentassero spontaneamente. Scaduto questo termine, si accettavano denunce da parte di chiunque, compresi i criminali comuni. 
Di solito veniva considerata sufficiente l'accusa formulata da due informatori. La citazione dei sospetti si faceva attraverso il parroco del loro luogo di residenza. Il rifiuto a comparire comportava la scomunica temporanea che diveniva definitiva dopo un anno. 
A questo punto l'inquisitore sottoponeva l'imputato, previo giuramento di dire la verità, ad interrogatorio.  
Per indurlo a confessare, gli inquisitori usavano diversi mezzi: ripetuti interrogatori, il carcere "duro", la privazione del mangiare e del bere, il ricorso alla delazione di terzi e, naturalmente, alla tortura, che chiamata in modo eufemistico "domanda", venne ufficialmente riconosciuta e applicata, per disposizione di Innocenzo IV, a partire dal 1252.
A chi confessava ed era disposto a fare atto di abiura sottomettendosi, invece del perdono, così ampiamente predicato dalla Chiesa, venivano inflitte pene quali multe, flagellazioni, imprigionamenti e obbligo di indossare un "segno di infamia" che condannasse all'ostracismo sociale. Chi invece difendeva la propria libertà di credo, rifiutando di ammettere una colpa inesistente, veniva condannato alla pena capitale, naturalmente accompagnata dalla confisca totale dei beni.
Terminato il processo, nel corso di un'assemblea solenne pubblica e ufficiale, chiamata «Sermo generalis» o, in Spagna «Auto da Fé», previa consultazione di una giuria composta da religiosi secolari e regolari e da giureconsulti laici, veniva emessa la sentenza.


Nel caso delle condanne a morte, il Clero pronunciava la sentenza ma, sulla falsariga di Ponzio Pilato, ne delegava l'esecuzione alle autorità civili, onde evitare di sporcarsi le mani di sangue.
Nel 1256, il pontefice Alessandro IV accordò infine agli inquisitori il diritto di scomunicarsi a vicenda.... è il parossismo della loro potenza.
Dalla fine del XIII secolo, l'inquisizione, vuoi per aver raggiunto i suoi scopi con la distruzione dell'eresia, vuoi per essere divenuta troppo potente e spietata, si incamminò verso un rapido declino.
Nel 1312, il papa Clemente V, per arginare lo strapotere degli inquisitori e del loro enorme prestigio divenuto troppo pericoloso per la stessa Chiesa, dispose che da tale momento i vescovi avrebbero dovuto collaborare con loro nel compimento di tutti gli atti processuali più importanti e nei casi di ricorso alla tortura. Ciò segnò la fine del loro potere.

La tortura



Nel 1252, la tortura, procedimento già in uso nei tribunali laici quale per indurre alla "confessione" gli imputati, viene autorizzata da Innocenzo IV nei processi inquisitoriali contro le persone accusate di eterodossia e di stregoneria.


Secondo i testi essa veniva impiegata quando l'accusato negava il fondamento del fatto principale contestatogli o nel caso di fuga, essendo questa considerata alla stregua di una mezza confessione.


L'«esame» dell'imputato iniziava con la sua presentazione davanti agli inquisitori, in una sala dotata degli «strumenti istruttori» necessari per l'accertamento della «verità», nel caso di reticenza da parte dell'indagato...


 

Diversi erano i mezzi cui si ricorreva per provocare la confessione degli imputati, come diversi erano gli strumenti usati per la tortura, fra cui: fruste, pinze per l'estrazione delle unghie, aculei metallici e martelli di varie fogge, la vergine di metallo, la maschera di ferro, il cavalletto, il palo, la "pera" attrezzo immondo che, introdotto nella bocca della vittima, provocava il divaricamento delle mascelle a un punto tale che la stessa possibilità di gridare ne risultava impedita.

 

 

 

Fra i «mezzi istruttori» usati dagli zelanti ricercatori della «verità» vi era quello dell'acqua...


 

 

 

 

                                                   ...quello più convincente dello squartamento...

....quello ispanico della «garrota»

 ... quello meno ricercato, ma non meno efficace della «carrucola»

              

            

           ...la quale di regola induceva in brevissimo tempo la «confesion» del «suspendido» 

 

 

 

..anche le unghie dell'imputato non sfuggivano alle attente cure degli inquirenti...

 

 

 

 


Nel caso dei processi contro le streghe, il comportamento dell'accusata sottoposta a tortura era determinante ai fini della condanna al rogo: se non resisteva al dolore e confessava, o se resisteva, facendo presumere con ciò che avesse fatto un patto con il diavolo, veniva sottoposta alla pena "purificatrice" del rogo.

                
                          
           

Veniva, infine, usata anche ''l'altalena", una gabbia, attaccata ad un braccio mobile, sospesa sopra un lago o un fiume, che si faceva discendere, con il suo occupante, nell'acqua a più riprese fino a quando non sopraggiungeva la morte. 
Lunga sarebbe la lista degli altri odiosi strumenti manipolati e utilizzati da persone il cui compito sarebbe dovuto essere quello di diffondere l'amore nel mondo.  




Ad eloquente testimonianza delle concezioni 'religiose' ispiratrici della zelante opera 'purificatrice' degli inquisitori, resta il Malleus maleficarum, dei domenicani Heinrich Institor e Jakob Sprenger.
Questa famosa 'bibbia' inquisitoriale fu redatta nel 1486 a Strasburgo da questi emeriti 'figli' con tanto di beneplacito e bolla da parte del papa Innocenzo VIII di Santa Romana Madre Chiesa.


 


                                                                             
Le vittime

                                             Gli assassini di capre trovano sempre una capra da uccidere.

                                                                                 (proverbio corso)

I catari
Costituivano un movimento religioso, diffuso nel mezzogiorno della Francia (da cui anche il nome di albigesi, dalla città Albi), che propugnava una dottrina fondata sulla contrapposizione di due poteri: il Bene (luce e spirito) e il Male (materia e tenebre) che domina il mondo. Per sfuggire al male (attraverso successive reincarnazioni), bisogna distaccarsi dal mondo per mezzo di una rigorosa vita ascetica, con il digiuno, la continenza sessuale, l'astensione dal mangiare la carne degli animali (che, d'altra parte, essi non uccidevano a ragione della loro fede nella reincarnazione). Respingevano la concezione di un Dio buono e creatore, l'incarnazione salvatrice di Cristo e la validità del giuramento. Si riteneva che, pertanto, tutto ciò rappresentasse una seria minaccia per il cristianesimo. I catari erano organizzati in una sorta di contro-Chiesa che aveva diaconi, vescovi, concili e missionari.
A Verona, nel febbraio del 1278, 200 di essi finirono sul rogo.
I Valdesi
Pietro Valdes o Valdo, fondatore del movimento, si era auto proclamato predicatore itinerante, contravvenendo alla regola della Chiesa che riserva tale autorizzazione al vescovo. Poiché quest'ultimo gli aveva denegato tale possibilità, egli si rivolse al papa che confermò il divieto. Valdo e i suoi seguaci si rifiutarono di conformarsi a tale decisione papale. Il concilio di Verona del 1184 li scomunicò insieme ai catari. Essi continuarono a predicare nella clandestinità richiamandosi alla sola autorità della Scrittura e denunciando il malcostume del clero. Dopo aver in parte aderito ai principi della riforma protestante, i valdesi costituirono in Piemonte una nuova chiesa che ancora esiste.
In origine i valdesi si riconobbero nella dottrina cristiana cattolica senza preoccuparsi di elaborare una dottrina propria; tutto ciò che credeva la Chiesa cattolica faceva parte della loro dottrina.
Per loro il problema non era costituito dalla dottrina ma dalla chiesa, che aveva abbandonato la vita evangelica dell'umiltà e della povertà lasciandosi corrompere dalle tendenze del mondo. Elemento caratteristico del valdismo medievale era il netto rifiuto del costantinianesimo: i cristiani, sotto l'impero di Costantino, hanno disatteso la loro missione, abbandonando la povertà e accettando il potere politico.
I critici e i dissidenti

come Girolamo Savanarolafrate domenicano, nato a Ferrara nel 1452, muore impiccato e bruciato il 23 maggio 1498... E' messo a morte come eretico e scismatico (n.d.r. per essersi scagliato contro i vizi dei tempi e soprattutto contro la mondanizzazione scandalosa del clero e del papato), lui che negli anni immediatamente successivi sarà riconosciuto campione di ortodossia dalla stessa Roma.
Ma tant'è: un potere impaurito dal soffio dello Spirito ha sempre dalla sua la violenza dei codicilli...
Il Savanarola resta un inquieto che inquieta... A cinquecento anni dalla morte, occorre riconoscergli nella Chiesa la verità di una vita ammirabile. (da Evangelizzare - EDB edizioni)
Dopo essere stato torturato e impiccato, il suo cadavere sconsacrato fu bruciato sul rogo dell'inquisizione.
Oggi, il domenicano Savanarola si trova ora ...in odore di santità.
L'ordine domenicano che prepara il dossier in vista di un processo di beatificazione presenta di lui l'immagine di un santo martire, con il contrario avviso dei gesuiti i quali, nella loro pubblicazione "Civiltà Cattolica", definiscono il frate un "cattivo esempio di ribellione contro l'autorità ecclesiale".
(Actualitè des religions, 1999).

Come Arnaldo da Brescia, canonico e riformatore religioso, impiccato e arso come eretico a Roma nel 1155;
Giordano Bruno, domenicano e filosofo, tra i massimi rappresentanti del pensiero del Rinascimento, accusato di eresia e bruciato sul rogo a Roma nel 1600.;
Gioacchino da Fiore, teologo e filosofo, fondatore dell'ordine florense,  ispiratore della corrente degli "spirituali", le sue posizioni teologiche furono condannate dal Concilio Lateranense del 1215 e
Jan Hus, riformatore boemo di grande rigore e moralità, attirato al concilio di Costanza con la promessa solenne di un salvacondotto, fu proditoriamente bruciato vivo per eresia nel 1415, sulla piazza di Costanza, per volontà di Santa Romana Chiesa.

Gli scienziati
come Copernico, che vide la sua opera messa all'indice nel 1616 per aver sostenuto che la terra gira intorno al sole;
Galileo Galilei, deferito nel 1633 davanti al Tribunale dell'Inquisizione, colpevole di aver sostenuto nel "Dialogo dei massimi sistemi" le tesi copernicane condannate dalla Chiesa. "La teologia non deve abbassarsi fino alle umili speculazioni delle scienze inferiori. Perciò i suoi ministri e professori non devono attribuirsi il diritto di decidere su discipline che non hanno studiato né esercitato." (Galileo Galilei);
Keplero che scoprì, nello stesso periodo, le leggi dei movimenti dei pianeti;
Isaac Newton che alla fine del 1600 fece sensazione con la legge sull'attrazione universale; 
Gli Spirituali
ossia, i francescani seguaci intransigenti dello spirito del fondatore. Influenzati dagli scritti di Gioacchino da Fiore, furono condannati dal Concilio di Vienne del 1311 per essersi rifiutati di fare atto di sottomissione alla Chiesa, anche dopo che quattro di loro erano stati bruciati come eretici nel 1318. Scomunicati, furono perseguitati e sterminati dall'Inquisizione nel corso del XV secolo.

I santi
Giovanna D'Arco nacque nel 1412 nel piccolo paese francese di Domrémy.
G.D'arco.jpg (14873 bytes)Per la prima volta, a 13 anni riferì di aver sentito delle "voci" e di aver assistito all'apparizione di S. Michele, di S. Margherita d'Antiochia e di S. Caterina d'Alessandria.
Nell'assedio di Compiègne, cadde prigioniera del Duca di Borgogna, alleato degli inglesi e dopo una serie di negoziati, venne venduta agli inglesi per diecimila scudi d'oro.
Fu giudicata da un tribunale inquisitoriale riunitosi
 a Rouen, presieduto dal vescovo Pierre Cauchon. Fra le numerose colpe contestatele, la più grave era il suo rifiuto di sottomettersi alla Chiesa.
Negli interrogatori dimostrò una forza di carattere che confuse la malafede e l'astuzia dei giudici.
In un primo tempo rinnegò le "voci" (24.5.1431), poi si riprese e affermò nuovamente il carattere ispirato della propria missione.
Dopo un anno di prigionia, il 30 maggio 1431,  venne messa al rogo con l'accusa di essere eretica recidiva, apostata e idolatra. La sua richiesta di appello all'inquisizione romana era stata, infatti, disattesa dal tribunale criminale.

Considerata "martire della fede",
venne beatificata nel 1909 e canonizzata nel 1920 dalla stessa istituzione che l'aveva condannata. Dal 1918,  la Repubblica francese festeggia la "Pulzella di Orleans" come eroina nazionale.  
Le "streghe"
Dopo il peccato di Lucifero, l’operato delle streghe supera tutti gli altri peccati [...] le streghe meritano pene gravissime, peggiori di quelle inflitte a tutti gli infami del mondo.
[...] Perché nel sesso tanto fragile delle donne si trova un numero di streghe tanto maggiore che fra gli uomini? [...] La ragione naturale è che essa è più carnale dell’uomo, come risulta in molte sporcizie carnali. [...] Considerato che le donne non possiedono né le forze dell’anima né quelle del corpo, non c’è da meravigliarsi se operano tante stregonerie contro gli uomini, che esse vogliono emulare [...] Quali donne sono più contaminate dalla superstizione e dalla stregoneria? [...] Quelle dominate da tre vizi: l’infedeltà, l’ambizione e la lussuria. [...] Tutta la stregoneria deriva dalla lussuria della carne che nella donna è insaziabile.
[...] Si stabilisce la pena dell’esilio unitamente alla perdita di tutti i beni per tutti coloro che le consultano e le ricevono. Si proibisce inoltre che le si frequenti, pena il supplizio.
[...] I peccati di incontinenza sono vari anche tra gli sposati, come si legge nel testo di Girolamo: «E’ adultero verso la propria donna chi la ama troppo ardentemente».
(dal
Malleus maleficarum, dei domenicani Heinrich Institor e Jakob Sprenger, Strasburgo 1486)
Le streghe sono le puttane del diavolo [...] esse inducono la gente all’amore carnale e all’immoralità.
(Martin Lutero, 1522)
Dietro e dentro la violenza del potere, da secoli e secoli c’è sempre tanto sesso "andato a male". Sesso che non si è potuto semplicemente e gioiosamente vivere.
(G. Orwell)

E, inoltre,
... gli Ebrei
... i moriscos musulmani
... i conversos ebrei
... i marranos ebrei e mussulmani convertiti
... i protestanti
... i templari

 Gli altri "PROTAGONISTI"
Extra Ecclesiam, nulla salus!


torqu.jpg (8853 bytes)"Cinquecento anni fa, il 16 settembre 1498, moriva un uomo che fu ed è rimasto un simbolo.
Era
Tomas de Torquemada, primo Inquisitore di Spagna, organizzatore di un tipo di tribunale che - con alcune varianti - avrebbe operato per secoli anche in Italia. Ma chi era veramente questo "Grande Inquisitore" che le ombre della storia ci restituiscono con una parvenza al limite con il demoniaco? Era alto, magro e austero. Dormiva su una semplice panca e non mangiava mai carne. Fu il confessore di Isabella di Castiglia, ma anche il persecutore di migliaia di condannati che urlano ancora vendetta dal limbo della storia.
Secondo il massimo studioso italiano dell'Inquisizione, Adriano Prosperi, docente di Storia moderna e contemporanea all'università di Pisa, "Fu lui il primo a formare e gestire un tribunale centrale, di natura religiosa ma al servizio del potere politico. Nel senso che i giudici dell'Inquisizione spagnola, di cui egli era a capo, venivano sì nominati dal Papa, ma su indicazione della monarchia spagnola. Torquemada fu lo strumento straordinariamente duttile ed efficace al servizio di questa operazione voluta da Ferdinando d'Aragona, il Cattolico, e da sua moglie Isabella di Castiglia. A quest'opera Torquemada dedicò la vita. Anche correndo forti rischi".
(...) L'Inquisitore era un uomo ieratico. Severo erga omnes. Nei documenti d'epoca lo si descrive disposto a sacrificare la vita per la sua missione. (...) Torquemada operava in base a regole precise da lui stesso dettate. Era suo compito scegliere i commissari dell'Inquisizione da impiegare nelle varie province. Si adoperò a tessere questa rete fino al 1495, tre anni prima di morire. (...) Inquisizione equivale a ricerca della verità. Dovunque la si trovi. Ecco la consegna cui Torquemada obbediva.
(...) Uno studioso francese, Francois Dedieu, ha calcolato che durante il dominio di Torquemada, per il solo tribunale di Toledo, gli inquisiti erano varie centinaia. Trattandosi di una comunità abbastanza ristretta, si arriva a circa metà della popolazione".(...)
L'Inquisizione spagnola è caratterizzata dalla persecuzione giudiziaria degli ebrei. "Fu un'azione sistematica, di grande portata anche economica. I condannati appartengono a comunità ricche e potenti. Perseguitarli può impoverire intere città. Requisendo i loro beni, la struttura capeggiata da Torquemada non solo arricchisce la monarchia, ma si autofinanzia. L'azione antiebraica assume aspetti atroci. Inflessibile è il meccanismo attraverso il quale si ricostruiscono le genealogie dei cristiani spagnoli, divisi in 'vecchi' e 'nuovi'. Basta avere un antenato ebreo per vedersi sistemare nella seconda categoria".
(Prof. Adriano Prosperi, docente di storia moderna e contemporanea all'Università di Pisa, La Repubblica del 6 settembre 1998)

Nicolau Eymerich

teologo e filosofo spagnolo (1320-1399). Appartenente all'ordine domenicano, rivestì le funzioni di grande inquisitore, distinguendosi per la sua efferatezza. Scrisse il Directorium inquisitorum (Manuale dell'inquisitore).
La lettura di questo trattato, era riservato, in origine, ai soli vescovi e inquisitori.  Fu pubblicato per la prima volta nel 1503 e poi altre cinque volte su mandato del Senato dell'Inquisizione romana nel corso del XVI e XVII secolo. Il manuale dell'inquisitore, con il sigillo dell'ufficialità, segna il diritto, stabilisce la procedura (delazione, processo, tortura, confessione, supplizio) e fornisce, sulla base dei testi delle Scritture o dei Padri della Chiesa, una risposta chiara a tutti i problemi che i servitori più devoti dell'ordine cattolico romano dovevano risolvere.

Bernard Gui
teologo esperto in materia inquisitoriale, scrisse la celebre Practica Inquisitionis pravitatis (ca. 1320)

I
Domenicani
(frati predicatori), comunità fondata, nel 1215, a Tolouse da Domenico di Guzman (1170-1221), riconosciuta dal papa Innocenzo III. Gli appartenenti a questo Ordine, sono dediti ad una vita rude, fatta di preghiere notturne e di lunghe prediche secondo la regola di S. Agostino, particolarmente orientata alla predicazione itinerante e all'insegnamento. La vita religiosa non si svolge più nell'isolamento di in un monastero, ma a stretto contatto della gente. I conventi non sono concepiti come luoghi di residenza, ma di studio. Sei anni dopo la morte di Domenico, essi sono presenti in tutta l'Europa. Ne farà parte, tra gli altri, Tomaso D'Aquino. L'Ordine svolse un ruolo di primaria importanza nell'ambito dell'Inquisizione. Domenicani furono i più grandi inquisitori, tra i quali, Torquemada, Eimerich e Gui.

I Francescani
(frati minori), Ordine fondato da Francesco d'Assisi (1182-1226), basato sulla povertà e la predicazione popolare, nato in contrapposizione al lusso e al potere del clero. Nel 1210, viene riconosciuto da Innocenzo III, mentre la sua regola viene ammessa da Onorio III nel 1223.  Furono associati ai domenicani nello svolgimento delle funzioni inquisitoriali.

                                                            I frutti: pene e penitenze

Per quanto riguarda all’Inquisizione spagnola, "tra il 1540 e il 1700, su un totale di 44.674 casi, il numero degli accusati effettivamente mandati sul rogo corrisponde all’1,8%, al quale va aggiunto l’1,7% di condannati a morte in contumacia... Dei primi mille imputati che comparvero dinanzi all’Inquisizione di Aquileia-Concordia (Veneto) dal 1551 al 1647, non più di 5 furono condannati al rogo. Su 13.255 processi celebrati dall’Inquisizione portoghese tra il 1540 e il 1629, le condanne a morte rappresentano il 5,7%" (Borromeo). In base a tali dati sarebbe una leggenda nera attribuire molti milioni di vittime all'Inquisizione.
A questo proposito, partendo dalla giusta considerazione di Lutero che "È contro la volontà dello Spirito che gli eretici siano bruciati" (tesi condannata da Leone X nel 1520), si osserva che «
se in passato taluni hanno esagerato il numero delle vittime dell’Inquisizione, e seppure si ammetta che essa fu "meno crudele" dei poteri laici, una cosa è certa: il Tribunale, in nome di Dio e per volontà papale, ha processato, torturato e mandato al rogo migliaia di "eretici". Dov’era, allora, la "difesa della vita"? E dove il carisma – rivendicato dai successori di Pietro, e da nessun altro al mondo – di essere "infallibili", quando parlano ex cathedra, anche in materia di costumi? Ma far appiccare il rogo (fosse puro uno solo), e benedire questa eretica ortoprassi contro l’uomo, non significa bruciare le fondamenta dell’etica e nel contempo, in realtà, anche il rivendicato carisma?» (David Gabrielli in "Santa Inquisizione alla sbarra")
«...
Dobbiamo pensare alla natura del credere, che è atto sostanzialmente libero. La proposta di Cristo fatta alla coscienza diventa con l’Inquisizione intimazione ecclesiastica. E non si può sostenere che il concetto di libertà di coscienza non fosse ancora formulato, nel Cinquecento, come lo sarebbe stato nei secoli successivi. Non ne esisteva forse la formulazione intellettuale, ma la libertà di coscienza ha animato da sempre il cristianesimo. Altrimenti, non sarebbero comprensibili i martiri dei primi secoli, che morivano in forza di una fede vissuta nell’intimo della coscienza in opposizione alla legge dello Stato». (Prof. De Maio, docente di Storia del Rinascimento e di Storia moderna presso l'Università di Napoli).
Ciò detto, i dati che vengono di seguito proposti, pur non avendo la pretesa dell'esaustività e della precisione, appaiono per la loro "moderatezza" degni di attenzione.
In particolare per la Spagna si ricordano i 38 roghi del 1501 a Toledo, i 13 di Valladolid, le 30 streghe del 1507 a Calahorra... Si potrebbe continuare, ma ciò richiederebbe troppo spazio. Valga,  per questo paese, il seguente prospetto sintetico.

Esecuzioni e penitenze imposte dall'Inquisizione in Spagna, dal 1481 al 1820

Data 


Bruciati vivi 


Bruciati in effigie

Sottoposti a penitenza 

Dal 1481 al 1517 (*) 16376  9901  178382 
Dal 1517 al 1551 6254  4722  50736 
Dal 1556 al 1597 3990  1845  18450 
Dal 1597 al 1621 1840  692  10716 
Dal 1621 al 1665 2852  1428  14080 
Dal 1665 al 1700 1632  540  6512 
Dal 1700 al 1746 1600  760  9120 
Dal 1746 al 1759 10  170 
Dal 1759 al 1788 56 
Dal 1788 al 1808 42 

(*) L'inquisizione è particolarmente terribile sotto Torquemada; alla sua morte, 8800 persone erano state bruciate sul rogo, 6500 in effigie, 90.000 condannate a penitenze diverse e un milione cacciate dal paese.

I dati che precedono non comprendono le esecuzioni operate dall'Inquisizione in Francia, in Germania e in Italia nella lotta contro i catari (letteralmente sterminati), i valdesi, i protestanti e le persone accusate di stregoneria.
Si ricordano per la Francia gli eretici di Carcassonne del 1209 con 400 condanne, i 183 roghi del 1239 a Montpellier, i 200 catari bruciati nel 1244 a Montségur, i 200 catari bruciati in quello stesso anno a Mont Aime.
In Inghilterra furono uccise circa 20.000 streghe, totale delle streghe uccise, da parte cattolica e protestante, è stato valutato fra le 200.000 e le 500.000.
Per la Germania si ricordano a Norimberga i 15 bruciati nel 1378-79, gli 80 del 1397 a Garten, le 6 donne al rogo del 1399.
A Roma il sacro tribunale condanna a morte 97 rei tra il 1542 e il 1761 (Il Mattino di Padova, le Persecuzioni, 20.7.1999)
2000 sono i processati in Sicilia tra il 1537 e il 1618, di cui 29 condannati a morte.[ibidem]
12.000 sono i  processati dall'Inquisizione a Venezia, Aquileia e Napoli in 250 anni. [ibidem]
Nelle altre nazioni il sanguinoso catalogo non è molto differente.
Alcuni dati (per dire poco, raccapriccianti) potranno ricavarsi dal prospetto proposto da Pierino Marazzani.
Lasciamo allo studioso il compito di svolgere una obiettiva e seria indagine storica, al fine di verificarne il fondamento e l'attendibilità.
Per dovere di obiettività è opportuno sottolineare che la crudeltà non risiedeva tutta sul versante cattolico. Anche i protestanti, qualcuno ha detto, non hanno le carte in regola per scagliare la prima pietra.
Mons. Piercarlo Landucci in un articolo intitolato Il vero Giordano Bruno (Palestra del clero, 1° aprile 1974, 435ss) ricorda che il Sirleto fu bruciato sul rogo a Ginevra per aver scritto il trattato Restitutio Christianismi, Jacques Gruet ebbe la stessa sorte per aver offeso Calvino, e Raoul Monnet per aver pubblicato disegni ingiuriosi contro la Bibbia. Calvino poi esortava il governo inglese a «sterminare con la spada i nemici del protestantesimo».
Tutta la cristianità cadde vittima di una orribile distorsione del senso della giustizia e della carità. L’istanza della revisione si verificò, per motivi polemici e anticlericali, nella cultura laica e poi in quella cattolica. Il rigetto dei metodi inquisitoriali e della tortura si affermò presso i filosofi e i teoreti della tolleranza e della umanizzazione dei metodi della giustizia nei secoli XVII e XVIII. Le loro opere (Locke, Filangieri, Beccaria, Montesquieu, ben 6 Enciclopedie, ecc.) furono messe all’Indice. La Chiesa assediata, scomunicava e veniva laicamente scomunicata" (Rosario Esposito, in "Inquisizione non più una palla al piede").

                             
                                                                              Opinioni e giudizi

I giudizi morali espressi nei confronti dell'Inquisizione sono i più vari.
Secondo alcuni, nel registro dei genocidi, delle uccisioni, delle torture, delle violenze fisiche e delle menzogne, la Chiesa cattolica merita la medaglia d'oro dell'orrore. Si sostiene che in ogni tempo la Chiesa ha voluto imporre la sua legge senza preoccuparsi delle conseguenze ricadenti sugli esseri umani, permettendosi degli eccessi dei quali nessun potere, a parte quello nazista, si è mai macchiato. Il proposito, di regola, non consiste nel fare di ogni erba un fascio, cioè di condannare tout court l'intera Chiesa cattolica, il che non sarebbe né giusto né obiettivo, ma piuttosto coloro i quali, ancora oggi nel suo seno, ritengono come gli inquisitori, che sia doveroso e cristiano bandire chiunque non condivide le loro idee. 
"Gli scrittori cattolici condivisero e giunsero anche a plaudire alle ragioni dell’Inquisizione, fino ai tempi a noi vicinissimi.
Nella Summa Theologiae S. Tommaso scrive: "Sebbene uccidere un uomo che rispetta la propria dignità sia cosa essenzialmente peccaminosa, uccidere un uomo che pecca può essere un bene, come uccidere una bestia: infatti un uomo cattivo, come insiste a dire il Filosofo, è peggiore e più nocivo dì una bestia" (II-II, q. 64, a.. 2 [trad. it., La somma teologica, vol. 17, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1984, 170]).
"I chierici sono incaricati del ministero della nuova legge, in cui non vengono prescritte pene di morte o di mutilazioni corporali" (II-II, q. 64, a. 4 [trad. it. cit., 174]).
Julien Green nel noto pamphlet Contre les catholiques de France ha, invece, scritto: «La Santa Inquisizione di Spagna! Noi dobbiamo ringraziarla d’avere ancora, mercé sua, un dogma puro, una verità non adulterata. Se fossi caduto tra le sue potenti mani, forse mi avrebbe stroncato le membra sui suoi cavalletti o gettato nelle sue prigioni, ma infine mi avrebbe salvato. E non esiste più. Più la considero e più rimpiango questa istituzione salutare...» (n. 197-198). Oggi con tranquilla coscienza diciamo: è una bestemmia, ma gli altri erano condizionati da limitazioni culturali e teologiche obiettive, che non sarebbe giusto sottovalutare." (R. Esposito, in "Vita Pastorale", del 12.12.1998).
Altri, pur non negando che l'attività degli inquisitori fosse esente da errori e da colpe, si sforzano, per non offuscare l'immagine della Chiesa, di giustificarne l'opera, che pretenderebbero suggerita dalle diverse realtà storiche e culturali del momento e compiuta in nome della ragion di stato e della fede. Applicano, pertanto, incondivisibili attenuanti alla crudeltà degli inquisitori ritenendoli convinti in "buona fede" della necessità di proteggere e difendere la cristianità dai nemici della fede, nella sicurezza che la morte del reo, riconciliato in extremis, sarebbe stata fonte di salvezza per la sua anima.
Seguendo queste perverse argomentazioni, si ignora o si cerca di ignorare, che l'unica ragione e religione da difendere, con la propria vita e non con quella degli dei propri simili, è quella dell'amore.
Se ci si allontana da questa verità, che non accetta eccezioni nel tempo e nello spazio, non si ha né Cristianesimo, né Chiesa, né religione, né fede, ma soltanto gretta ipocrisia e gratuita crudeltà che grida giustizia agli occhi di Dio.
Scrive Francesco Pappalardo in "Inquisizione medioevale": "E' falsa l'immagine dell'inquisitore feroce e ignorante: gli inquisitori erano, in genere, persone dotte, oneste e di costumi irreprensibili, poco inclini a decidere in fretta e arbitrariamente la sorte dell'imputato, volti invece ad accordare il perdono al reo e a farlo rientrare in dentro alla Chiesa.
L'Inquisizione del secolo XIV inventa la giuria, consilium che consente all'imputato di essere giudicato da un collegio numeroso, ed altri istituti in favore del condannato, come la semilibertà, la licenza per buona condotta e gli sconti di pena.
Falsa è anche l'affermazione secondo cui si faceva un uso generalizzato e indiscriminato della tortura, cui gli inquisitori del secolo XIV, a differenza dei giudici civili, ricorrevano raramente e nel rispetto di regole molto severe.
L'immaginario secondo cui i tribunali inquisitoriali erano teatro di raffinatissime scene di crudeltà, di modi ingegnosi di infliggere l'agonia e di un'insistenza criminale nell'estorcere le confessioni, è l'esito della propaganda degli scrittori a sensazione, che hanno sfruttato la credulità di molti.
"

"Per noi l'obiettivo è uno solo - dice monsignor Fisichella, teologo, vescovo ausiliare di Roma, vicepresidente della Commissione storico-teologica del Giubileo - celebrare il Giubileo nel modo più coerente possibile. E questo, per i cristiani, deve significare una provocazione a esaminare la propria vita e saper chiedere perdono. Noi, uomini di Chiesa, vogliamo essere capaci di chiedere perdono non per la Chiesa, ma per quello che gli uomini di Chiesa hanno fatto quando non sono stati capaci di testimoniare il Vangelo fino in fondo".
E per questo il Papa pronuncerà un altro "mea culpa"?
"Nella Tertio millennio adveniente il Papa non ha parlato di 'mea culpa': questa è stata un'interpretazione successiva. Il Papa parla di un 'serio esame di coscienza' su quella che è stata la nostra storia, per prepararci al terzo millennio dell'era cristiana purificati nella memoria del nostro passato. Noi della Commissione siamo partiti da lì: dalla necessità di fare un esame di coscienza. Esame che è valido se ricomincia a ricostruire storicamente la verità che è accertabile. Noi non partiamo dall'assunto che abbiamo sbagliato, perché non sta a noi chiedere perdono. Il nostro compito è di leggere ciò che è stato, perché il Papa,
se c'è stata una colpa da parte dei cristiani, possa dire 'Abbiamo sbagliato, e di questo vogliamo chiedere perdono'".
> E quali sono state le colpe della Chiesa nell'Inquisizione?
"Nel momento in cui è stata istituita,
l'Inquisizione ecclesiastica era nata per difendere la Verità. Sugli strumenti si discute, ma l'obiettivo resta valido. La Chiesa è sempre chiamata a difendere la verità che Gesù Cristo le ha consegnato. Certo, si tratta di una Verità 'in cammino', 'tesa verso un compimento escatologico'. Ma proprio perché non è una Verità costruita da noi, ma che ci è stata affidata, la Chiesa non può non intervenire, perché se si tirasse indietro verrebbe meno alla sua natura, alla sua stessa ragion d'essere. Solo all'interno di questo contesto si può capire perché la Chiesa, anche oggi, con la Congregazione per la dottrina della Fede, avvii un'indagine nel momento in cui viene negata l'ortodossia della fede".
> Il principio era quello di difendere la Verità, dunque. Ma le obiezioni si soffermano quasi sempre sull'aspetto più noto, e più dolente, delle torture, dei roghi.
"Gli strumenti usati all'epoca erano quelli comuni, quelli che la società utilizzava. La Chiesa non è una realtà ipotetica.
La Chiesa è nella sua componente spirituale, sì, il Corpo mistico di Cristo, ma vive nella Storia ed è composta dagli uomini del suo tempo. Non possiamo chiedere che si usassero gli strumenti che abbiamo oggi, perché nel Medioevo nessuno, e ripeto nessuno, poteva pensare con la coscienza che abbiamo oggi. Parliamoci chiaro: in Italia, e non in un Paese tribale, il voto elettorale è stato esteso alle donne solo nel 1948. Allora il nostro fino al 1948 cosa è stato? Un Paese anti-femminista?
La Storia è fatta così, ha i suoi tempi. E bisogna rendersi conto delle realtà storiche in cui si vive. Oggi nessuno potrebbe pensare che la difesa della verità possa avvenire con strumenti coercitivi. Ma questo possiamo dirlo oggi, con una coscienza nuova, modificata nel tempo, proprio perché
la coscienza è una realtà dinamica. Chi nega che quei metodi fossero dettati dai tempi, e pensa che qualcuno avrebbe potuto impedirne l'uso, compie un falso storico e culturale. L'evento storico deve essere ricostruito nel modo più fedele possibile, al di là di pregiudizi e luoghi comuni. E nella consapevolezza che non c'è nessun fatto storico neutrale: la Storia e la ricostruzione della Storia è sempre soggetta alle interpretazioni che ne danno gli uomini, nella fedeltà a una deontologia che si basa sull'analisi dei documenti, e anche sull'onestà intellettuale con cui vengono letti". (Ansa, 31 ottobre 1998)

Se quella che precede fosse la verità - ma noi stentiamo a crederlo (anche perché le argomentazioni addotte, sia detto per inciso, rassomigliano curiosamente a quelle che spesso ci vengono spesso propinate dall'apologia nazista con riferimento ai campi di sterminio) - non sarebbe il caso di proporre la beatificazione del domenicano Tomas de Torquemada, di Eymerich, di Gui e di tanti altri dotti e onesti inquisitori che con il loro zelo religioso hanno, dando esempio di tanto amore e misericordia cristiani, salvato la Chiesa dalla peste ereticale?
Assaliti dalla perplessità e dal dubbio, molti potrebbero essere indotti a chiedersi se sia da respingersi "l'abusiva legenda nera che circonda l'Inquisizione", ovvero se, per caso, essa non coincida con una realtà che di nero ha solo l'orrore, l'abito degli inquisitori e l'oscurità derivante dalla mancanza della luce della verità.
Inoltre, l'assunto, dato per scontato - secondo cui le autorità civili avrebbero gradualmente sottratto nel tempo agli inquisitori la competenza in materia di eresia - esimerebbe, almeno per certi periodi, le autorità ecclesiastiche da molte delle responsabilità che vengono loro ascritte.
I tribunali che in Francia processano i templari nel 1307 e Giovanna d'Arco (1412-1431) non rappresenterebbero più la vera Inquisizione, ma semplice espressione del potere "laico", anche se, per la verità, tale assunto risulta in aperta contraddizione con le stesse parole di papa Bonifacio VIII contenute nella bolla «Unam Sactam» del 1302:«Sia la spada spirituale che quella materiale, appartengono al potere della Chiesa. La prima viene usata dalla Chiesa, la seconda per la Chiesa; la prima dal sacerdote, la seconda dai re e dai capitani, sempre però secondo la volontà e con il permesso del sacerdote. Di conseguenza, poiché una spada è sottomessa all'altra, l'autorità temporale è soggetta a quella spirituale. Pertanto, se il potere terreno sbaglia dovrà essere giudicato dal potere spirituale. Se, invece, è il potere spirituale a sbagliare, esso potrà essere giudicato soltanto da Dio, non dall'uomo... poiché questa autorità, pur essendo concepita ed esercitata da un uomo, non è umana, ma divina... Perciò dichiariamo, affermiamo, definiamo e pronunciamo che è assolutamente necessario per la salvezza che ogni creatura umana sia soggetta al Pontefice romano».
Le stesse argomentazioni valgono per la Spagna, in quanto anche con riferimento a questo paese, si sostiene che già nel XIV secolo, l'inquisizione non dipendeva più dal papa (per sua stessa concessione) ma da una istituzione spagnola presieduta dal Grande inquisitore di Spagna.
E' la solita tattica, molto infantile e irresponsabile, della ricerca delle circostanze attenuanti o esimenti, in poche parole dello "scarica barili", che cede, però, ad un obiettivo esame dei fatti storici, i quali impediscono, con riferimento al periodo considerato, l'accoglimento della tesi di un intervenuto "cedimento" o  di una tacita "rinunzia" da parte della Chiesa alle sue prerogative di influenza e di potere.
Se è vero, come osserva il padre Georges Cottier (domenicano, presidente della Commissione teologica-storica del Comitato del Grande Giubileo) che "non si può giudicare la storia con il senno di poi ", anche se "la considerazione delle circostanze
attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto... (Tertio millennio adveniente, 1994), è, altresì, innegabile che anche i poteri inquisitoriali riconosciuti alla Corona spagnola e portoghese lo furono "in forma espressa o tacita, dal papato stesso, e perché ecclesiastica fu la giurisdizione esercitata dagli inquisitori nei processi in materia di fede" (card. Etchegaray, presidente del Simposio internazionale su L'inquisizione, organizzato in Vaticano il 21-31 ottobre 1999).
Ammesso e non concesso che nel caso in esame ricorrano gli estremi della semplice "acquiescenza", delle "circostanze attenuanti" e la "debolezza" dei soli "figli" e non della Chiesa (sotto il profilo istituzionale), "I cristiani (rectius:  i cattolici) dovranno pentirsi soprattutto per la
acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e perfino di violenza nel servizio della verità" (Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, 1994).
Come osserva Paola Acquotti
«non si può nemmeno dire che l'Inquisizione fu il frutto della mente malata di un singolo Pontefice o di pochi esaltati, dal momento che fu in piena attività per cinque secoli consecutivi e fu consolidata, in epoche diverse, da Papi che ampliarono la sua competenza in materia di fede allargandola a tutto il mondo cristiano».

(...) Dopo averci lavorato per parecchi mesi, il pontefice ha pubblicato nel 1994 l'enciclica Tertio Millennio Adveniente, dedicata alla preparazione del giubileo e di quello che l'opinione pubblica ha chiamato efficacemente il "mea culpa" della Chiesa. (...)
Il Papa esorta i fedeli a "purificarsi nel pentimento di errori, infedeltà, incoerenze e ritardi". Parla di "peccati" commessi dai "
figli della Chiesa". Denuncia lo scandalo provocato da coloro, che si sono allontanati dai valori cristiani. Ammette apertamente che certe azioni hanno "sfigurato il volto della Chiesa". In parecchi ambienti ecclesiastici la linea del Papa ha provocato uno shock. Ed è cominciata un'azione sotterranea di svuotamento.
L'Inquisizione? Ma non era poi così terribile... C'è che dice che le crudeltà maggiori furono commesse sotto l'influsso del potere civile dei re di Spagna e Portogallo. C'è che dice che alla fin fine i morti e i torturati furono solo una minoranza. C'è che si affanna a spiegare che la tecnica degli interrogatori e le garanzie concesse ai sospettati erano di gran lunga migliori di quelle vigenti negli stati dell'epoca.
C'è del vero in ognuna di queste affermazioni, ma ognuna di esse - estrapolata dal clima in cui tutto avvenne - rischia di oscurare il nocciolo della questione. Che è molto semplice.
La macchina dell'Inquisizione fu uno strumento di terrore (psicologico prima ancora che fisico) per controllare le coscienze e reprimere la dissidenza religiosa. Fu uno strumento di violenza fisica e psicologica, usato da parte dell'istituzione ecclesiastica in radicale contrasto con il messaggio di mitezza, di amore e di persuasione proclamato da Gesù Cristo. (E se nei Vangeli si incontrano anche invettive violente, lanciate da Cristo, "Guai a voi...", queste minacce hanno sempre avuto un valore profetico spirituale ed erano affidate all'azione punitiva di Dio e in nessun caso alla repressione di un'organizzazione terrena).
"L'Inquisizione? Voluta dalla Chiesa": ha titolato così un suo articolo il giornale dei vescovi Avvenire (...). Un segnale rivolto alla tendenza revisionista, che vuole ridimensionare le responsabilità dell'Inquisizione. Il "mea culpa" che Giovanni Paolo II pronuncerà solennemente a Roma nel Duemila avrà, infatti, tanto più impatto quanto più spassionato sarà l'esame storico del fenomeno. 
I documenti sono impressionanti. Pensare che la tortura del panno bagnato (inserito nella bocca o nelle narici del sospettato e alimentato da un intermittente flusso d'acqua per provocare sensazioni di soffocamento) facesse parte del bagaglio di un buon aguzzino al servizio dell'inquisitore, non può essere liquidato dall'affermazione che "
quelli erano i tempi".
Rileggere ancora oggi il "Manuale dell'Inquisitore" di frate Nicolau Eymerich (anno 1376) fa venire i brividi per la sua prosa fredda e burocratica, di sapore quasi staliniano. Dal capitolo dedicato alla tortura (pagina 198 del libro pubblicato dall'editore Piemme): "
Mentre si tortura l'accusato, lo si interroga dapprima sui punti meno gravi, poi su quelli più gravi, perché egli confesserà più facilmente le colpe leggere che non le gravi. Il notaio nel frattempo registra le torture, le domande e le risposte. Se dopo essere stato moderatamente torturato non confessa, gli verranno mostrati gli strumenti di un altro tipo di tortura, dicendogli che dovrà subirli tutti se non confesserà. Se non si ottiene nulla, si continuerà con la tortura l'indomani e il giorno appresso se occorre...".
Per la gioia dei revisionisti il manuale di frate Eymerich dichiara a questo punto che "
se l'accusato, sottoposto a tutte le torture previste, non confessa, non viene ulteriormente molestato e se ne va libero". Nei secoli seguenti questa norma, citata come esempio di garantismo, fu peraltro spesso disapplicata.
(...) Ancora oggi c'è molto da fare per cambiare le mentalità di quegli ecclesiastici, che hanno sempre concepito la Chiesa come
istituzione perfetta e trionfante.
Si legga il brano dell'Enciclopedia Cattolica del 1951, dedicato all'Inquisizione di Spagna: "
Gli ebrei, numerosissimi in Spagna, vi avevano raggiunto una posizione preponderante grazie alla loro abilità commerciale. La loro arroganza, il loro lusso e le loro ricchezze, oltre alla pratica dell'usura, eccitarono contro di essi l'esasperazione pubblica, che prorompeva di quando in quando in feroci rappresaglie e massacri...".
(«"Santa" l'Inquisizione? La Chiesa chiede scusa», di Marco Politi, La Repubblica, 31 ottobre 1998)

Per salvare se stessi e gli altri - in particolare gli eretici, gli ebrei, le streghe, i miscredenti di ogni tipo - dall'inferno, ogni mezzo sembrava lecito. 
Contro le persone ritenute degne di dannazione, destinate al fuoco dell'inferno, si procedeva con la spada, la tortura e soprattutto il fuoco, affinché con la morte del corpo nell'aldiquà potesse, forse, ancora salvarsi l'anima nell'aldilà. 
(n.d.r. come dire: «Fratello eretico, sorella strega, poiché vi amo, brucio il vostro corpo onde evitare che bruci in eterno la vostra anima»).
Conversioni coatte, roghi degli eretici, progrom degli ebrei, crociate, caccia alle streghe in nome di una religione dell'amore, che sono costati milioni di vite umane (nella sola Siviglia in quarant'anni sono state bruciate dall'Inquisizione quattromila persone). 
In verità, il giudizio finale, evocato dalla sequenza «dies irae, Dies illae» [«giorno d'ira, giorno di lacrime»], che il papa Pio V, l'ex grande Inquisitore romano, introdusse nel 1570 nella messa dei defunti, questo giudizio lo ha compiuto spietatamente innumerevoli volte la Chiesa stessa, con un'autorità usurpata, ancora prima dell'apparizione del giudice universale.
E purtroppo neppure i Riformatori - essi stessi plasmati e tormentati dalla credenza del diavolo e dell'inferno - hanno risparmiato la persecuzione violenta agli increduli, agli ebrei, agli eretici e, in particolare, ai «fanatici».
(Hans Küng, teologo cattolico)
L'umanità di coloro che vogliono risparmiare gli eretici è crudele, perché per risparmiare il lupo gli abbandonano in preda le pecore.
Giovanni Calvino)
Bruciare gli eretici è contro la volontà dello Spirito. [...] Le streghe sono le puttane del diavolo. [...] 
Gli ebrei possono essere picchiati a buon diritto da chiunque.
(Martin Lutero) 
Gli eretici si debbono convincere con la Scrittura e non col fuoco... se gli eretici s'avessero da convincere col fuoco, i carnefici sarebbero i dottori più eruditi della terra.
(M.Lutero)

"Parla scandendo piano le parole. Il teologo don Carlo Molari, 70 anni, spiega con tono sereno quanto sia utile per la Chiesa prendere coscienza dei propri errori e mettere in atto comportamenti e gesti nuovi, che a quegli errori pongano rimedio.
Molari non indugia a raccontare la sua storia. Sorvola sul fatto che per anni è stato, in certo qual modo, inquisitore anche lui, come membro della Congregazione del Sant’Uffizio. Non dice della sua partecipazione al Concilio, come membro della Commissione dottrinale, degli anni di insegnamento di dogmatica alla Lateranense, alla Gregoriana, all’Urbaniana. Tace sulla sua crisi di coscienza e sulla decisione di abbandonare l’incarico alla Congregazione vaticana; tace anche sulle accuse successive e sui processi canonici che per un certo periodo l’hanno costretto al silenzio, così come sugli anni che seguirono, anni di ricerca teologica da "cane sciolto", ma sempre con il pungolo della fedeltà al Concilio.
Lui, che della censura vaticana ha fatto esperienza, dice però con chiarezza e tranquillità che "l’
atteggiamento inquisitorio non è ancora stato del tutto abbandonato dalla Chiesa. Per questo l’incontro in Vaticano di fine ottobre è particolarmente significativo".
> Cosa si aspetta dal simposio sull’Inquisizione?
"Non un’accusa verso i nostri antenati, perché può darsi che molti di loro abbiano fatto le scelte che reputavano migliori. Mi aspetto però un’analisi attenta delle dinamiche negative che essi hanno introdotto nella storia e quindi degli errori oggettivi che sono stati compiuti. Soggettivamente, comunque, molti di loro sono innocenti e pensavano di compiere il loro dovere. Mi aspetto che la richiesta di perdono significhi impegno a immettere nella storia
dinamiche opposte a quelle negative che sono state introdotte in precedenza. Questo è un impegno reale, che modifica la situazione attuale della Chiesa, la coinvolge in atteggiamenti nuovi e significativi. In questo senso, allora, non mi aspetto semplicemente una memoria storica, una rievocazione di ciò che è stato, un’ammissione di colpa, ma un impegno concreto che annulli le spinte negative che negli anni dell’Inquisizione sono state introdotte nella storia". > Come è stato possibile che quelle dinamiche si protraessero così a lungo?
"Storicamente si può dire che c’è stata tutta una concatenazione di riflessioni e di decisioni.
Una volta presa una strada sbagliata le conclusioni sono arrivate fino in fondo. Si può capire come ciò sia potuto avvenire, ma non si può giustificare perché questo significherebbe dire che non ci sono state colpe, e le colpe, invece, ci sono state. Non solo. Sicuramente in quegli anni c’erano profeti, gruppi, che dichiaravano la non evangelicità dei processi inquisitori e, quindi, per coloro che erano sensibili ci sarebbe stata anche l’occasione per ravvedersi. Hanno preso, invece, il sopravvento altre scelte. In un momento in cui era difficile distinguere atteggiamento di fede, dottrina e teologia, si è ridotto tutto a un unico modello cui bisognava assolutamente uniformarsi. Credo che ci fosse una sollecitazione apostolica autentica, almeno per certi aspetti, ma le modalità pastorali di esecuzione erano errate. L’impegno di annunciare il Vangelo, per esempio, era diventato impegno a salvaguardare la comunità ecclesiale da tutte le possibili deviazioni derivanti da altri modelli culturali; la salvezza veniva identificata con l’appartenenza alla Chiesa e non con l’assunzione dei valori del Vangelo, degli orientamenti che il Vangelo introduceva nella storia. Negli anni dell’Inquisizione o si era cristiani o si era destinati alla dannazione".
> In cosa vede ancora le tracce di quest’impostazione del passato?
"
Nelle reazioni negative verso il pluralismo religioso. La teologia che afferma in che modo anche le altre religioni sono via di salvezza suscita ancora paure e reazioni. È comprensibile che ci siano ritorni di fiamma verso un atteggiamento rigorista nell’interpretazione della dottrina e dell’imposizione di determinati modelli. Ma credo che siano gli ultimi residui di una stagione che è durata a lungo e che ha ancora delle risonanze".
> Che fare per il futuro?
"Credo che man mano che la prospettiva pluralista si diffonde, e questo è un dato inarrestabile,
scompariranno sia l’atteggiamento inquisitorio che quello fondamentalista, che riducono all’uniformità le espressioni della fede e le modalità di vivere. Bisogna rendersi conto della grandezza della verità rispetto alle nostre piccole idee. La verità è Dio e non lo possiamo mai ridurre a poche formule o a pochi modelli culturali. Quando si comincerà a considerare il pluralismo, la diversità delle espressioni della fede come una ricchezza e non come un pericolo, l’atteggiamento cambierà. Vedo che si sta andando in questa direzione. È una via aperta e non credo che si possa tornare indietro".
("Una lezione da non dimenticare", di Annachiara Valle, in Jesus, 10 ottobre 1998 - "Il tribunale condannato - Processo all'Inquisizione)

Criticando i metodi della Santa Inquisizione, il gesuita Juan Plaza, padre visitatore del suo Ordine in Perù dichiarava nel 1577: 
"Il Sant'Uffizio porta avanti i suoi affari con tale rigore che se Gesù Cristo Nostro Signore tornasse sulla terra lo si condannerebbe al rogo". Affermazioni sulla quale dovrebbero forse riflettere gli apologeti cattolici dei nostri giorni che, per difendere certi comportamenti della gerarchia romana nei secoli passati, affermano che "a quei tempi" tutti ritenevano ovvio e legittimo l'operato dell'Inquisizione. (in 'Adista', 8 ottobre 2001)



Si tratta di considerazioni che il Concilio ha accolto e solennizzato, osserva R. Esposito. "Due documenti sono maggiormente eloquenti sull’argomento. Il primo è la costituzione pastorale Gaudium et spes che al n. 36, con esplicito riferimento al processo di Galileo, e con quello implicito, ma macroscopico di Giovanna d’Arco, Jan Hus, Arnaldo da Brescia, Margherita Porèthe (il suo delitto: aver tradotto la Bibbia in lingua viva), Giordano Bruno ecc., scrive: «Ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali che talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro»" (R. Esposito, in Vita Pastorale, 12.12.1998).

                                                                         Conclusione

"Studiando l'Inquisizione abbiamo capito quanto sia importante e perenne il tema dell'alterità e della tolleranza".
(Prof. Adriano Prosperi, docente di storia moderna e contemporanea all'Università di Pisa, La Repubblica del 6 settembre 1998)

Fides suadenda, non imponenda.


Per chi volesse approfondire la storia dell’Inquisizione, segnaliamo alcuni testi: B. Gui, Manuale dell’inquisitore, Gallone; M. Firpo, Inquisizione romana e controriforma, Il Mulino; A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi; G. Fragnito, La Bibbia al rogo, Il Mulino; J. Tedeschi, Il giudice e l’eretico. Studi sull’Inquisizione romana, Vita e Pensiero; B. Bennassar, Storia dell’Inquisizione spagnola. Dal XV al XIX secolo, Rizzoli. MOLÈNES, Torquemada et l'Inquisition (Paris, 1877); BARTHÉLEMY, Erreurs historiques (Paris, 1875), 170-204 FITA, La Inquisición de Torquemada in Boletin Acad. Hist., XXIII (Madrid, 1893), 369-434; TOURON. Histoire des hommes illustres de l'ordre de Saint Dominique, III (Paris, 1746). 543-68; TARRIDA DEL MARMOL, Les Inquisiteurs d'Espagne (Paris, 1807); RODRIGO, Historia verdadera de la Inquisición, II, III (Madrid, 1877); LEA, History of the Inquisition in Spain (London and New York, 1906-08).


Un appassionato zelo per la fede  (Michael Baigent e Richard Leigh)


                                                                                                                  

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