~ MANICHEISMO
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~ MITRAISMO
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~ MAZDEISMO
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~ ORFISMO ~
(Luigi Rossi)
Il manicheismo è una religione
soteriologica, una religione del "libro", i cui elementi dottrinari
sono espressi sotto forma di un mito escatologico cosmogonico formulato da Mani,
comprensivo di tutta la realtà, base e giustificazione del comportamento
religioso manicheo. Mani, nato a Mardinu o Afrunya in Mesopotamia nel 216 o 217
d. C. e morto in prigione, per i maltrattamenti o ucciso, a Gundeshapur nel 276,
mise tale formulazione per scritto: "Questa sapienza l'ho descritta nei
sacri libri affinché non fosse cambiata in seguito", e a questo scopo
inventò una scrittura nuova, più pratica, derivata dalla scrittura iranica. La
"sapienza" di cui parla è sostanzialmente un mito cosmogonico, per il
quale alle origini il Bene (luce, spirito, ecc.) era separato e contrapposto al
Male (tenebra, materia, ecc.). La mescolanza, che caratterizza la realtà
attuale, è derivata dal divoramento dell'anima dell’uomo
"primordiale" da parte delle forze del male. Il Dio del Bene,
abitatore del Nord ("regno della Luce"), si manifesta attraverso
cinque attività "spirituali" distaccate dalla realtà materiale:
ragione, pensiero, discernimento, meditazione, riflessione. Il Dio del Male,
detto anche "Materia" (Hyle, con un termine greco), si manifesta
mediante cinque qualità: fumo, fuoco, vento, acqua, acqua, oscurità, tutti
elementi materiali della "natura", contrapposti alle qualità
spirituali ed è localizzato nel Sud. Fin dall’inizio dei tempi Il Dio del
Male ha ingaggiato una battaglia contro il mondo della Luce. Il Dio del Bene si
difende attraverso una serie di emanazioni, tra cui l’uomo
"primordiale" che, però, soccombe al Male e ne rimane prigioniero.
Per liberarlo il Dio del Bene invia una seconda serie di emanazioni, e una di
queste, detta "spirito vivente", crea il mondo servendosi degli
"elementi" stessi del Dio del Male, ma dopo averli compenetrati in
parte con la "luce" e averli asserviti, in contrapposizione
all'asservimento dell'"uomo primordiale" alle "tenebre". In
questa condizione di estrema mescolanza tra Bene e Male, un'ulteriore emanazione
del Dio del Bene s'installa nel Sole per recuperare e dissociare dalle Tenebre
le parti della Luce. Come contromisura, il Dio del Male crea gli uomini (Adamo
ed Eva) perché vivendo e mangiando incorporino più "luce" possibile,
agganciandola alla "materia" tenebrosa. Come contromisura il Dio del
Bene attraverso una serie di inviati rivela all'uomo la funzione negativa per
cui il Dio del Male l'ha creato. L'uomo, quindi, forte di questa conoscenza (gnosis),
può finalmente scegliere di agire per liberare la "luce". Con la sua
autoredenzione: egli salverà se stesso, salvando la "luce", per far
questo dovrà rifiutare di vivere, ossia di perpetuarsi prolungando la prigionia
nella materia dei suoi elementi luminosi (sia quelli ingeriti da Adamo ed Eva,
sia quelli incorporati alimentandosi da una "natura" compenetrata di
"luce"). Come si vede si tratta di un sincretismo che rende l'uomo
arbitro e artefice della sua salvezza e di tutto un processo cosmico; un
sincretismo che tutto accoglie di quanto è stato espresso dalla spiritualità
di culture diverse, di tutto si serve per esprimere il suo dualismo di base, e
tutto riduce infine (anche lo stesso dualismo) a una dimensione squisitamente
umana.
La predicazione di Mani trovò subito una grande rispondenza nella regione
mesopotamica del III secolo, dove il popolo era particolarmente disposto verso
ogni tipo di messaggio religioso: mazdeo, cristiano, ebraico, induista e
buddhista. In tale ambiente, multiforme sia dal punto di vista etnico che
religioso, si doveva avvertire l'esigenza di una sintesi unificatrice, e forse
il manicheismo, con il suo sincretismo, rispose a questa esigenza. Il
sincretismo manicheo è orientato in senso gnostico o della conflittualità tra
Bene e Male, idea centrale di evidente derivazione mazdea. Nell’organizzazione
ecclesiastica manichea si distinguevano gli "eletti", cioè coloro che
rinunciano alla "vita" attraverso l’ascetismo, dagli
"uditori", incapaci di opporsi alla perpetuazione della specie, ma
destinati a tramandare la conoscenza (gnosis) alle future generazioni, dalle
quali usciranno nuovi "eletti". Quando tutti saranno
"eletti" il mondo finirà: la "luce" sarà definitivamente
liberata dalle "tenebre" e il mondo del Male sarà imprigionato per
sempre nei suoi confini. Fino a quel momento solo gli "eletti" possono
entrare a far parte della gerarchia ecclesiastica che costituita da un capo
della Chiesa (Archegos o Princeps), 12 "maestri", 72 vescovi e 360
"anziani" (presbyteroi, preti). Il manicheismo ebbe una grandissima
diffusione e raggiunse la Siria, l'Arabia settentrionale, l'Egitto, l'Africa
settentrionale, l'Asia Minore, l'Armenia e varie regioni dell'Impero romano (si
hanno testimonianze per il IV secolo in Roma, in Dalmazia, in Gallia e in
Spagna). Nel VI secolo si disperse in vari movimenti settari, perseguitati dalle
autorità (Pauliciani, Bogomili, Catari). Durò più a lungo in Oriente dove,
nella Cina del 694, preti manichei erano presenti alla corte dell'imperatore. Il
Turkestan fu la sede più importante del manicheismo e qui divenne nel 763 la
religione di Stato del regno degli Uiguri o Kashgari (pastori di origine turca
in origine nomadi e successivamente sedentarizzati. Stanziati inizialmente nella
regione dell'Altaj gli Uiguri si spinsero fino in Mongolia (sec. IX) da dove
furono scacciati dai Mongoli. Emigrati, per tale motivo, nel Turkestan cinese vi
fondarono un regno che durò fino al XIII secolo. Il manicheismo sopravvisse
alla caduta di questo regno, finché in seguito alla conquista mongola (XIII
secolo) scomparve completamente. A testimonianza della vastità geografica su
cui si estese il pensiero manicheo vanno citate le scoperte di testi manichei a
partire dal primo Novecento: nell'oasi di Turfan, nel 1904, furono trovati testi
nelle lingue e scritture più varie; a Medinet Madi (Egitto) nel 1930 fu portata
alla luce un'intera biblioteca, tutta di testi manichei; nell'Asia centrale. i
ritrovamenti sorpassarono ogni aspettativa: un gran numero di manoscritti, nelle
lingue partica, sogdiana, tocarica, pahlavi, turca, cinese, che contengono i
primi testi manichei giunti a noi, inni liturgici, preghiere, aneddoti
biografici su Mani. In lingua iraniana è importante il Saahburagan, attribuito
a Mani stesso; in lingua uigura il Xustanift, catalogo di peccati, oggetto
dell'eterna lotta tra il Bene e il Male; fra i testi di Medinet Madi i Capitoli
e i Salmi manichei in lingua copta. Il manicheismo fu avversato fortemente dal
cristianesimo (celebri gli scritti polemici antimanichei di S. Agostino), e
successivamente dall’islam.
Il mitraismo è particolarmente importante per noi Liberi Muratori sia perché è stato una religione misterica ed iniziatica che ha avuto una larghissima diffusione nel mondo greco-romano dei primi secoli dopo Cristo, sia perché ha, in parte, influenzato il cristianesimo stesso che ha fatto propri alcuni suoi elementi non secondari. Il culto di Mithra nacque in Anatolia e si diffuse fuori dell'Iran sotto forma di un sincretismo religioso nella forma ellenistica dei "misteri". Alla sua radice ha un mito escatologico soteriologico basato sulla lotta contro le forze del male "mortificanti", condotta da Mithra "vivificante". secondo la concezione indoiranica dualistica e vitalistica; forse l'idea della vita-fecondità anatolica si è innestata sull'idea iranica della vita-solarità, per la quale Mithra era un dio-sole (identificato, infatti, con Shamash, il dio-sole mesopotamico, e successivamente con Elio, il dio-sole greco). Pare che il mitraismo contenesse anche elementi di tipo uranico ed astrologico (sfere celesti, ipostasi cosmiche, ecc.) probabilmente di origine "caldea" o babilonese. Mithra veniva raffigurato come un giovane con berretto frigio e aureola solare raggiata; per lo più in atteggiamento di uccidere un toro (Mithra tauroctono): sacrificio che era inteso come un atto cosmogonico. Poco e nulla sappiamo di altri elementi simbolici (scorpione, serpente) costantemente presenti. Anche dei contenuti filosofico-religiosi del mitraismo si sa molto poco perché non ci sono pervenuti testi scritti e tutte le nostre conoscenze derivano, quasi esclusivamente, dallo studio del materiale iconografico presente nei numerosi mitrei sparsi un po’ dovunque nell’impero romano. E’ noto che si trattava di un culto iniziatico, iniziatico che si articolava in sette gradi: corax (corvo), criphius (celato), miles (soldato), leo (leone), perses (persiano), heliodromus (messaggero solare) e pater (padre). Sia la nomenclatura sia il numero dei gradi presentano varianti nella scarna documentazione giunta fino a noi. Il luogo delle riunioni, mitreo, era o una grotta naturale o un tempio solitamente sotterraneo. Il mitraismo si diffuse in tutto l'Impero romano, in particolare tra i soldati, il che forse testimonia l'originaria funzione "guerriera" del dio. Il carattere di "milizia" dei misteri di Mithra fu ripreso dal cristianesimo insieme con il disprezzo per i "borghesi" o pagani. Anche altri elementi, non secondari, passarono dal culto di Mithra al cristianesimo: il più noto dei quali è la festa del solstizio d'inverno, fissata al 25 dicembre, che era considerata la nascita di Mithra-Sole e che divenne, per i cristiani, il Natale di Cristo.
Il mazdeismo è una religione
monoteistica dell'antico Iran che prende nome dal suo dio unico, Ahura Mazda
creatore e signore dell'universo. E' detta anche zoroastrismo, da Zoroastro,
forma grecizzata di Zarathustra, che ne sarebbe stato il fondatore. Come il
cristianesimo, l'islam, l'ebraismo, è una "religione del libro", in
quanto si fonda su un testo sacro: l'Avesta . Questo monoteismo non lascia dubbi
nella testimonianza delle Gatha (i primi e più antichi capitoli, probabilmente
scritti da Zarathustra, dell'Avesta), anche se accanto ad Ahura Mazda compaiono
altri esseri sovrumani, comunque sue creature, detti Amesa Spenta. Meno chiare a
questo proposito sono la restante documentazione avestica che presenta altri
esseri, detti yazata (venerabili), tra cui si ritrovano nomi di divinità
vediche e le iscrizioni degli Achemenidi, tra cui quella di Dario I dove si
parla di "Ahura Mazda e gli altri dei". Nonostante queste discordanze
il mazdeismo è sicuramente una religione monoteista che ha come caratteristica
fondamentale la contrapposizione tra un principio positivo "del bene"
e un principio negativo "del male". Le radici del dualismo mazdeo sono
già nella religione etnica indoiranica che in India ha prodotto la distinzione
degli dei in asura e deva mentre in Persia ha prodotto la distinzione di un solo
ahura (asura), Ahura Mazda, contrapposto a tutti i daeva (deva), considerati
alla stregua di "demoni". Ora, mentre in India il dualismo si esprime
come lotta mitica e quindi già conclusa tra asura e deva per cui i due termini
servono soltanto a qualificare, nel mazdeismo la lotta tra Ahura Mazda e i daeva
è attuale. Si tratta quindi di un mito escatologico (riguarda ciò che avverrà
e non ciò che è avvenuto), che, analogamente a quelli di altre religioni
salvifiche, imposta una soteriologia: l'uomo sarà salvo se combatterà dalla
parte di Ahura Mazda contro i daeva. Questa impostazione soteriologica è
rintracciabile sin dalle Gatha, dove le schiere di Ahura Mazda appaiono guidate
da uno degli Amesa Spenta, Asa (verità, ma anche ordine; analogo al vedico rta),
contro le schiere ostili guidate da Druj (menzogna, caos).
L'etica mazdea è tutta tesa a determinare un corretto comportamento in senso
ritualistico. Il rito, il sacrificio come rito per eccellenza, è al centro
della religione mazdea: esso dà inizio al mondo (l'atto creativo di Ahura Mazda
si esplica mediante il sacrificio del Bue Primordiale) e ne suggellerà la fine
con il sacrificio con cui il "Salvatore" (Saoshyant) determinerà la
vittoria finale di Ahura Mazda. Mediante il rito l'uomo combatte durante tutta
la sua vita le forze del "male". Per tale motivo i sacerdoti, distinti
in varie categorie, fra le quali quella dei Magi è la più maggiore, oltre che
presente anche nella tradizione ristiana, hanno grande importanza. Ed anche il
fuoco (oggetto esso stesso di culto: i mazdei sono stati anche chiamati
"adoratori del fuoco") che è lo strumento essenziale del sacrificio
ha grande importanza.
Il dualismo mazdeo appare in tutta la sua ampiezza nella letteratura in lingua
pahlavi, posteriore di almeno mille anni alla redazione delle Gatha. In tale
letteratura la teologia si fa mitologia o, forse, vengono redatti per iscritto e
sistemati in funzione dell'escatologia-soteriologia mazdea i miti prodotti dalla
precedente tradizione. I due principi contrapposti si esplicitano nel dio
Ohrmazd (corruzione di Ahura Mazda) e nell'anti-dio Ahriman (corruzione di Angra
Mainyu, spirito ostile, che nelle Gatha appare come avversario del gemello
Spenta Mainyu, spirito santo). La cosmogonia deriva dalla lotta tra Ohrmazd e
Ahriman. Ohrmazd crea il mondo spirituale (menok), atemporale. Di esso fa parte
anche Ahriman che si pone in opposizione al creatore, ma la sua ostilità,
essendo "atemporale" come il menok in cui si manifesta, non può
essere debellata, allora Ohrmazd paralizza Ahriman per tremila anni, e nel
frattempo crea il mondo materiale o temporale, il gete, nel quale Ahriman si
risveglia. In questo mondo, che si svolge nel tempo, potrà realizzarsi la
vicenda che distruggerà definitivamente Ahriman. A questa vicenda partecipa
l'uomo, creato da Ohrmazd nel gete, ma destinato al menok quando il gete finirà
(dopo la sconfitta di Ahriman) e le Fravashi, enti spirituali facenti parte del
menok, ma che possono scegliere di scendere, incarnandosi come
"anime", nel gete, per combattere Ahriman. Quando il gete ha tremila
anni, nasce Zarathustra che inaugura il terzo e ultimo trimillennio rivelando
agli uomini la vera religione (den). Da questo momento l'uomo può scegliere, in
quanto è a "conoscenza" dei termini della lotta, se lottare per il
bene o per il male. Se avrà lottato o agito per il male, alla fine del mondo
gete, sarà ammesso al mondo menok soltanto dopo una purificazione consistente
in una pena di 3 giorni, ma qualitativamente uguale a 9000 anni di sofferenze.
Dopo la conquista della Persia da parte di Alessandro Magno si ebbe uno scambio
culturale tra mondo iranico e greco-romano. Alcuni studiosi sostengono che la
concezione del menok e del gete sia dovuta a un influsso platonico (mondo delle
idee e mondo materiale). E' comunque certo che l'idea mazdea di una
"conoscenza" salvifica e del dualismo bene-male è stata alla base
delle diverse manifestazioni gnostiche e pare che abbia avuto un ruolo non
secondario nello sviluppo del manicheismo. Sotto la dinastia dei Sassanidi (sec.
III-VII) il mazdeismo divenne religione di stato e tale rimase fino alla
conquista della Persia da parte degli arabi. A causa delle persecuzioni cui
furono sottoposti, molti mazdei si convertirono all'islam, mentre alcuni piccoli
gruppi fuggirono in India, dove vennero chiamati Parsi per indicarne il luogo
d'origine, e dove comunità Parsi sono tuttora esistenti.
Orfeo, cantore mitico ed eroe
della mitologia greca. Secondo la tradizione più comune era figlio di Eagro, un
dio-fiume. Il mito più celebre che lo riguarda è quello relativo alla sua
discesa agli Inferi per riportare alla vita la sua sposa Euridice. Gli dei
inferi, ammaliati dal suo canto, gli permettono di condur via Euridice, a patto
che egli non la guardi prima di essere tornato sulla terra. Orfeo, però,
contravviene all'ordine e perde, così, per sempre Euridice. Diverse versioni
narrano della sua morte; secondo una delle più comuni, sarebbe stato ucciso e
fatto a pezzi dalle donne tracie; secondo un'altra variante, sarebbe stato
fulminato da Zeus per aver svelato i segreti degli dei.
Nei dipinti di Polignoto a Delfi e in tutta l'iconografia arcaica e del sec. V
a. C., dalla metopa del tesoro delfico dei Sicioni alla ceramica attica, Orfeo
appare con la veste lunga del citaredo o con chitone alle ginocchia, mentre
suona alla presenza degli Argonauti, di animali o dei Traci estatici. In alcuni
vasi a figure rosse è ritratto seminudo e sanguinante mentre sta per essere
ucciso dalle baccanti. La discesa all'Ade e il distacco da Euridice sono
raffigurati nei rilievi postfidiaci di Villa Albani e del Museo Archeologico
Nazionale di Napoli. Dal sec. IV a. C. si diffuse la tipologia di Orfeo in abito
orientale ricamato e berretto frigio nella ceramica italiota, nella pittura
pompeiana, nei rilievi e in una serie di mosaici policromi di età romana, fra
cui bellissimi quelli del Museo di Palermo e della Villa di Piazza Armerina.
Il mito di Orfeo ha ispirato anche numerosi artisti dell'età moderna fra cui:
Mantegna, Signorelli, Poussin, Tiepolo, Canova. Fra le opere teatrali spiccano
la Favola di Orfeo del Poliziano, primo esempio di opera drammatica del tutto
distaccata dalla religiosità medievale; la commedia El marido más firme di
Lope de Vega, El divino Orfeo di Calderón de la Barca e la tragedia Orphée di
J. Cocteau. Molte anche le elaborazioni musicali dello stesso mito: l'Orfeo di
C. Monteverdi; l'intermezzo Orfeo dolente di D. Belli; le opere La morte di
Orfeo (1619) di S. Landi; Orfeo di S. Rossi; Orfeo ed Euridice di C. W. Gluck;
l'Orfeo di J. G. Naumann e di F. J. Haydn (1791); il poema sinfonico Orfeo di F.
Listz; l'operetta Orphée aux Enfers di J. Offenbac; La mort d'Orphée di L.
Delibes; Orphée di Roger-Ducasse; Orfeo ed Euridice di Krenek; la trilogia
dell'Orfeide di G. Malipiero; l'opera Les malheurs d'Orphée di D. Milhaud;
l'opera da camera in un atto La favola di Orfeo di A. Casella; il balletto
Orpheus di Stravinskij. Nel cinema, è da ricordare il film Orfeo negro di
Marcel Camus (1957), trasposizione del dramma in chiave moderna Orfeu da Conceiçao
(1955), del poeta brasiliano Vinícius de Morais la cui colonna sonora, centrata
sul ritmo del samba, ha conquistato il mondo.
L’orfismo si diffuse ampiamente in Grecia a partire da IV secolo a. Cristo.
Esso prospettava una condizione umana opposta) rispetto a quella della
tradizione religiosa e cultuale greca. Più precisamente mentre nella religione
tradizionale l'uomo non appariva neppure valutabile come realtà, e la sua
natura mortale lo distingueva nettamente dagli dei, nell’orfismo l'umanità è
portatrice di profondi valori religiosi ed ha una natura indistinguibile da
quella divina. Per tale motivo gli orfici rifiutavano il sacrificio cruento
prescritto dalla tradizione greca ma offrivano agli dei solo vegetali. Secondo
loro, infatti, il sacrificio cruento ribadiva la subordinazione della condizione
umana a quella divina: sacrificando agli dei, e quindi mangiando la carne dei
sacrifici, gli uomini riconoscevano la loro mortalità, mentre agli dei, a cui
saliva solo il fumo sacrificale, non mangiavano e quindi erano immortali. Il
vegetarianesimo orfico significava perciò il rifiuto del sacrificio cruento e
della situazione da esso sottintesa: come gli dei, gli orfici non mangiavano
carne per rivendicare a sé una natura simile alla divina; rifiutando la carne,
rifiutavano il "mondano" in vista di una salvezza sovramondana. A
tutto ciò consegue il rovesciamento dei valori tradizionali che per certi
aspetti rende l’orfismo molto simile al cristianesimo: la vera vita è la
morte, il corpo è la tomba dell'anima. Fa parte di questo rovesciamento un
altro aspetto della pratica orfica: l’entusiasmo", ossia lo stato di
possessione (da parte di un dio). In questa pratica indotta l'orfismo si servì
dei mezzi rituali forniti dal culto di Dioniso, che nei loro riti divenne il dio
per eccellenza in quanto permetteva la "trasformazione", la "transumanazione";
da lui non da Zeus si attendeva un regno a venire. Tutto ciò acquista una certa
sistematicità nella tarda speculazione, parzialmente fondata su idee già
espresse da Platone, ma, a parte le dottrine vere e proprie, contribuiscono a
testimoniare l'orfismo una pratica di purificazioni, eseguite da iniziati del
massimo livello (orfeotelesti), un'escatologia intesa a definire l'aldilà in
vista della sua nuova funzione per lo scadimento dell'aldiqua, e infine un certo
esoterismo che tendeva a fare degli orfici una società religiosa distaccata
dalla società politica.
L'iter iniziatico è assai interessante. Esso comprendeva una purificazione
preliminare col fuoco, lo zolfo, l'acqua e l'aria, a cui seguivano i sette
momenti della trasformazione: vestizione, catechesi, agape, comunione,
annunciazione, passione, resurrezione. L’orfismo influenzò notevolmente il
pitagorismo ed il platonismo ed assunse precisi significati speculativi in virtù
del carattere esoterico, simbolico, spirituale, magico e mistico che possedeva.