L'intervista
(parliamo di...)
Ghetto, un rione nel rione , il racconto di Mario Pieri – di Massimo Brutti
da Salicotto News (dicembre 2003), pagg.6-7.
<<Mario Pieri classe 1929,
settantantaquattro anni portati benissimo.
Falegname, ora in pensione.
Di quella schiera di bravi artigiani torraioli
(lavorazione del ferro battuto, gesso e
legno) che hanno in qualche modo caratterizzato
attività presenti nel nostro territorio
negli ultimi decenni del secolo scorso.
Un esempio della sua maestria la possiamo
ammirare nei suoi recenti lavori
eseguiti per il nostro museo.
Ma il Pieri, grazie alla sua fervida memoria,
è anche un prezioso narratore che ci
permette di ricostruire e riportare alla
luce un pezzo della nostra storia in una
parte di rione forse spesso non valutato
o considerato come invece meriterebbe:
il Ghetto.
Ci troviamo nel sottofontanina davanti al
plastico una sera dopo il cenino del martedì.
È indubbiamente più agevole ricostruire
e ricordare eventi, fatti e persone
visualizzando quella vecchia parte di territorio
che forse più di altre ha subito una
radicale trasformazione dopo il risanamento.
Ma andiamo in presa diretta.
“Sono nato nel Rialto al numero 22, ma
dopo poco sono tornato di casa nel Ghetto
e precisamente nel vicolo della Fortuna.
I lavori in questa zona, nei vicoli cioè
delle Scotte, Luparello e Fortuna, iniziarono
molto tardi rispetto a Salicotto.
La mia famiglia fu l’ultima ad andare via
nel 1939.
Ci mandarono a Ravacciano.
Abbatterono le case ma, per il sopraggiungere
della guerra, questa parte e
quella sottostante parallela di Salicotto fu
ricostruita solo dopo il 1945.
In alcune foto delle feste della vittoria del
1939 ed anche del 1947 si vede in questa
zona solo una lunga palizzata che
delimitava questa montagna di detriti.
L’unica casa in cui lavorarono, anche
durante gli eventi bellici, fu quella dinanzi
all’attuale stalla dove un privato, un certo
Martelli, ci costruì un burrificio.
Chi abitava nel Ghetto era più portato ad
andare nel Rialto che in Salicotto.
Ma in generale tutti stavano nel proprio
ambiente. [...]”>>
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