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E’ dal 1998 che utilizzo i videogiochi in classe, inizialmente come modalità per avviare i bambini all’uso del computer, poi strada facendo l’attività ha assunto una connotazione più specifica e legata a differenti contesti di lavoro. Innanzi tutto ho notato che, spesso, la parola videogiochi ingenera fraintendimenti in quanto si pensa unicamente a videogiochi di tipo strettamente ludico che, a torto, sono considerati poco educativi. Da qualche anno, in campo pedagogico, si sta affermando la ludodidattica che tende a porre in rilievo l’importanza del gioco, compreso il gioco digitale, nel settore dell’apprendimento scolastico.  Soprattutto nella fascia d’età dai 4/5 anni agli 11 è difficile incontrare videogiochi che non rivestano comunque carattere educativo, esistono sì videogiochi legati a personaggi e a storie particolarmente pubblicizzate (vedi Pokemon, Barbie o altri similari) ritenute meno pregnanti dal punto di vista didattico. Ma, ancora una volta, non è lo strumento ad avere in sé valenze negative, ma l’uso che se ne fa dello stesso. Non voglio affrontare qui il problema ben più vasto dei videogiochi per gli adolescenti e per gli adulti che riveste una sua specificità (il tema è stato affrontato lo scorso anno all’interno di un seminario organizzato dalla nostra scuola vedi:   http://xoomer.virgilio.it/lolodolo/documenti/semimaggio2003.htm).

Nella vasta gamma del videogioco sono comunque compresi tanti e diversi tipi di giochi, e la parte educativa risiede proprio in questo, nell’abituare i bambini ad analizzare, comprendere, raffrontare, imparare ad utilizzare differenti tipologie di videogames adottando la modalità immersiva, cioè facendo provare sul campo e provando noi stessi, insegnanti o genitori. Solo così saremo portati a  capire le forti implicazioni emotive sottese all’utilizzo dei giochi digitali, e ci renderemo conto che imparare ad utilizzare un videogioco non è poi tanto un “gioco”,  perché si mettono in azione abilità cognitive talmente complesse che spesso gli adulti rinunciano a giocare perché non capiscono come si fa. Penso a giochi come Faraon, Sim City, Age of Empire, dove è necessario utilizzare strategie cognitive e di gioco per strutturare, organizzare, pianificare, costruire e mantenere in funzione città virtuali, eserciti e quant’altro venga richiesto all’utente.

Dall’utilizzo, analisi e classificazione siamo passati poi al momento creativo, alla realizzazione di videogiochi con i bambini: ne abbiamo prodotti due interattivi, ed altri che si possono definire ipertesti giocosi. Ecco che lo strumento tanto vituperato, ma che tanto piace ai bambini, si è trasformato in mezzo altamente educativo e creativo. Ci siamo avvalsi delle indicazioni date da Rodari nella sua Grammatica della Fantasia, utilizzando i racconti stessi di Rodari rielaborati in chiave multimediale (vedi convegno Da Rodari al Futuro  http://xoomer.virgilio.it/lolodolo/intersiti.it.htm).

 I videogiochi costano: soprattutto una scuola non sempre si può permettere l’acquisto di differenti tipologie di games. Non sempre risulta agevole ricercare giochi per bambini su Internet perché la navigazione non è protetta da intrusioni che spesso si camuffano proprio all’interno di questo settore. Il Veliero mi è sembrata la soluzione giusta per questi problemi che da tempo mi ponevo.

Questa sperimentazione si è inserita benissimo nel progetto che sto conducendo all’interno della scuola e mi ha risolto, in parte, il problema dell’acquisto dei giochi. In questo periodo i bambini della scuola hanno giocato esclusivamente sul Veliero, e lo ritengono un gioco, infatti quando li accompagno in laboratorio mi chiedono: “Oggi giochiamo col Veliero?” Si divertono e mi diverto anch’io con loro, “imparano ridendo” così come ci ha insegnato Rodari.

Sarebbe interessante, secondo me, poter estendere il settore giochi fino a comprenderne una gamma completa dove vi siano rappresentate tutte le  diverse tipologie, magari creando una sezione specifica dove vengono messe chiaramente in evidenza le potenzialità cognitive che rivestono i giochi digitali. I più gettonati dai bambini di Omegna sono: Chiccolandia (anche se ritenuto per bambini più piccoli), i giochi della Melevisione, Polly in inglese, Power Ranger, Harry Potter, Spirit, Bugs Bunny … tutti i bambini sono concordi nel ritenerli divertenti, facili, di immediata comprensione; alcuni sono corredati da chiare indicazioni, altri invece hanno indicazioni non chiaramente visibili o non le hanno affatto, ma i bambini insegnano che, attraverso prove e tentativi si può raggiungere ugualmente lo scopo che ci si è prefissati. Alcuni bambini si annoiano perché ritengono alcuni giochi troppo semplici o perché non capiscono come fare per proseguire. Al termine o durante il gioco si parla delle loro sensazioni, delle emozioni che stanno vivendo. Io osservo e intervengo quando entra in gioco una nuova emozione da rilevare o  si creano particolari interazioni all’interno della classe: automaticamente ciascuno diventava tutor dell’altro e si crea una simpatica atmosfera collaborativa, i bambini memorizzano gradualmente i passaggi necessari per arrivare in un determinato sito e li ripetono ai compagni.   

                                       M. Gabriella Strino referente multimedialità Circolo Didattico Omegna 1