Capitolo I

8 - I MORTI - INUTILE IL RIMPIANTO?

"Dulce et decorum est pro patria mori" cioè è dolce e bello morire per la patria: così scriveva Orazio nel terzo libro delle Odi affermando una cosa assurda. Lo stesso poeta romano poco prima di scrivere i suoi versi, con irreprensibile eleganza di forma, combattè a Filippi nelle schiere di Bruto e si salvo... con la fuga. Sostenne poi l'affermazione che nessuno è disposto a credere. Il morire è sempre una cosa dolorosa per tutti, e chi oserà affermare che è bello morire quando la vita è in fiore, quando la primavera è promessa di gioie e di lunga esistenza? Il morire a causa di una guerra non voluta, non desiderata, è triste, è disperazione. I cimiteri sorti un po' dovunque, sui monti e sul piano, hanno raccolto le vite spente, stroncate.
Non deve essere inutile il rimpianto; la sofferenza della guerra ha inciso i nostri padri; sono scolpiti sul marmo presso le chiese dei paesi i nomi degli eroi ed il loro sacrificio involontario non è stato inutile. La triste lezione della guerra ci deve insegnare a risolvere le questioni tra gli stati con la trattativa e l'invito va ai responsabili, a coloro che reggono le sorti dei popoli. Non inutile il sacrificio, ma spettro funereo a chi trama nuovi conflitti, non inutile il ricordare queste tristi vicende di trattative fallite, ma monito a che non siano ripetuti gli errori di un tempo. Il rispetto dei caduti porta motivo di pace e di serenità alla povera nostra gente pure se la luce di ogni giorno rischiara ancora i monti a noi tutti cari, testimoni delle vicende dolorose della prima guerra mondiale.
Su lapidi e monumenti davanti alle chiese i nomi sono incisi a caratteri quasi incancellabili; la gente al confine tra ex Austria e Italia, particolarmente quella trentina, onora gli eroi di due guerre mondiali perdute, senza distinzione di merito, ma solo perché sono loro cari e morirono nell'adempimento del dovere, al servizio del loro paese, sia sotto il simbolo imperiale dell'aquila bicipite, sia sotto quello sabaudo. In una lettera pubblicata su l'Adige del 5 Novembre 1979, Oscar Vallazza scrive: Per i caduti italiani della prima guerra mondiale e sepolti nel cimitero di Trento, il Comune provvide a deporre una corona, ma, di fronte a questo cimitero ce n'è un altro che raccoglie più di 4700 salme: i caduti dell'impero Austro-Ungarico. "Nessuno si è ricordato di loro" - neppure una delegazione austriaca che poco tempo fa salì sul Doss Trento a onorare Battisti.
Di una tristezza accentuata e di una amara verità è la conclusione dettata da Vallazza: "Secondo l'operato del Comune di Trento, i trentini morti combattendo per l'impero, e furono tanti, non fecero bene i calcoli, non ebbero la pronta presenza di spirito di abbandonare casa, campo e famiglia per gettarsi a braccia aperte, a rischio della forca, con l'armata italiana, e tutto questo per poter essere considerati in futuro come degni fautori del nuovo corso storico".
Con l'imminente fascismo molti eroi trentini che ritornarono a casa sconfitti nel 1918 e nel 1920, non ebbero il monumento, ma il loro onore è intatto, così l'onestà dei loro atti incisa negli affetti dei loro cari e la memoria perenne che onora la vera gloria.

 

9 - NAZIONALISMO FASCISTA E FALSI STORICI

Questo rispetto doveroso per tutti i morti di questa tragedia non si ebbe per nulla negli anni successivi, soprattutto a causa dell'arrivo del regime fascista. Diverso è stato il trattamento che gli storici, a partire degli anni venti, hanno riservato a quei trentini che parteciparono alla prima guerra mondiale con la divisa italiana. La Legione Trentina, dissero alcuni dopo la Grande Guerra, ebbe 87 morti. "Ma poi i caduti lievitarono, sino a giungere al numero di 137. Loro erano "i veri eroi" - afferma Aldo Miorelli - Io ne ho calcolati 42. Era necessario per la potenza vincitrice creare il mito. Se avesse vinto l'Austria sarebbe accaduto il contrario". Storie di normale nazionalismo. Ma che colpiscono ancora nel 2000, anche se pare assurdo. Aldo Miorelli, infatti, quale ex ufficiale degli alpini è stato in passato invitato a dimettersi dall'arma: le sue ricerche rischierebbero di disonorarla. "Io non affermo categoricamente - dice Miorelli - che i morti della Legione Trentina siano stati 42. Per calcolarli mi sono pero basato su fonti a stampa, pubblicate dalla stessa Legione. [...] In particolare sugli elenchi del ministero della guerra italiano. Ed ho calcolato solo i nati e residenti in Trentino"
Ma al contrario di questi 42 caduti dunque (tra cui 14 di Trento, contro i 547 caduti per l'Austria, e 3 di Rovereto) sulle stampe dell'epoca e sui bollettini emanati dalla stessa Legione Trentina, risultano invece 137 i volontari trentini morti per l'Italia. Ma come è possibile ottenere una falsificazione tale, circa del 68%, senza che nessuno sospettasse qualcosa?. è semplice: basta considerare, oltre agli effettivi che avrebbero dovuto combattere con l'Austria, anche quelli nati in trentino, o solamente originari del trentino, che avrebbero comunque prestato servizio militare con l'Italia; non c'è stato quindi nessun atto coraggioso di ribellione nei confronti di questi ultimi. Se cio venisse rapportato a tutte le legioni, il numero dei volontari (867) si ridurrebbe ad un numero ridicolo di 300-350, nemmeno la popolazione del più piccolo comune dell'ultima valle del Trentino.




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