In
tutta la produzione dell’ architetto in questione, la profondità
è fondamentalmente un mezzo di comunicazione, e, allo stesso tempo,
un obiettivo verso il quale egli tende costantemente.
Il Telaio, è lo strumento, il mezzo, con cui ottenere quel senso della
profondità, già cara tanto alla cultura classica, quanto a quella
rinascimentale.
Convergono infatti nel telaio tutti quei principi compositivi quali la prospettiva,
l’ effetto chiaroscurale, la simmetria intesa come negazione di essa,
luce ed ombra.
Andando
più nello specifico,
il telaio, anche se non ancora nella sua conformazione più matura,
compare già nelle sue prime opere con l’ officina per la produzione
del gas ed il Novocomum, progetti in cui Terragni comincia quell’ opera
di stravolgimento consapevole delle norme classiche.
Basti osservare come l’ architetto personalizzi il concetto di simmetria
nell’ officina del gas, o come egli ragioni al contrario rispetto alla
cultura rinascimentale nell’ affrontare il tema dell’ angolo nel
Novocomum.
Tuttavia, è nella Casa del Fascio che il telaio si impone inequivocabilmente
all’ attenzione dell’ osservatore.
Terragni fa suo il linguaggio moderno lanciato da Le Corbusier, ma lo fa suo,
anche qui, per stravolgerlo.
L’ astrattezza del semicubo è resa possibile attraverso la creazione
della facciata come “luogo architettonico, quindi profondo, stratificato,
pieno di slittamenti, di gerarchie, di spessori”.
E proprio questo senso della profondità emerge nel fronte principale,
in cui, se nelle prime due campate del fabbricato lo spessore viene del tutto
annullato, nelle seguenti, assistiamo al massimo svuotamento possibile; le
pareti slittano rispetto al filo stradale ed il telaio arriva ad includere
la terrazza ad una profondità di undici metri.
E così anche negli altri fronti.
La dinamicità della Casa del fascio dunque non è altro che il
risultato di questi continui slittamenti delle pareti.
In Casa Rustici Terragni prosegue con l’ utilizzo del telaio, ma caricandolo
questa volta di altri significati.
Il telaio diventa un diaframma, ma anche il nesso d’unione tra il vuoto
e le due ali edificate.
Dunque ancora profondità, ancora slittamento delle pareti, questa volta
graduale; quella massima sull’invaso centrale, quella intermedia determinata
dall’ arretramento di un solo vano della facciata, l’ ultimo,
in cui lo spessore si azzera completamente.
La Villa per il Floricoltore rappresenta un ulteriore scatto in avanti nella
sua ricerca progettuale che troverà la sua consacrazione nella Villa
Bianca.
Il telaio diventa gigante,( i riferimenti a Michelangelo sono evidenti ),
comincia a diventare “contenitore di piani”.
Le pareti, arretrate rispetto all’ incorniciatura, diventano lastre
che si muovono con libertà, ma tale soluzione viene abbandonata su
due dei quattro fronti, riducendo questo progetto ad uno scarto, sì,
ma solo parziale.
E’ invece nella Villa sul Lago che Terragni compie un passo importante;
partendo proprio dal progetto per la Villa per il Floricoltore, egli fa sì
che anche la struttura partecipi a questa tensione estetica cui l’ architetto
aspira.
I pilotis non sono più trattati come punti di una griglia misuratrice
ma sono anch’ essi inclusi in qul gioco di scarti e slittamenti proprio
delle pareti.
E qui la trasparenza diviene elemento fondamentale del progetto.
Infatti, se già nella Casa del Fascio la stratificazione dei livelli
dava luogo ad una certa trasparenza, nella Villa sul Lago, le pareti, grazie
al contrasto chiaroscurale e geometrico vivono di questo.
E il telaio regola il tutto, è il contenitore delle variazioni.
...il telaio come elemento d' unione,diaframma.
Tutti
gli aspetti fin qui analizzati, confluiscono in una delle ultime opere di
Terragni: la Villa Bianca.
Questo progetto rappresenta l’ estremizzazione di quel rapporto dialettico
sempre presente nelle opere di Terragni, tra volume ed “altro da se”
inteso come l’insieme degli elementi architettonici.
Ma qui, alla dialettica subentra lo scontro, la compenetrazione tra i due
elementi.
Gli elementi lessicali cambiano dettaglio (vedi finestra a nastro) e sono
proiettati oltre il filo della facciata.
Si respira dunque aria di libertà, libertà delle pareti, dei
piani, delle superfici che si proiettano secondo tutte le direzioni.
Come nella Villa Bianca, anche nell’ Asilo Sant’ Elia si scontrano dinamicamente telaio e volume; ma se nella prima, il telaio andava ad intaccare l’ unitarietà del volume, qui, il telaio è il risultato della pressione che il giardino esercita dall’ esterno.
BIBLIOGRAFIA
-Antonino Saggio, Giuseppe Terragni. Vita e opere, Laterza edizioni, 1995-2004
-Lezioni monografiche su "Terragni futuro" del corso di progettazione assistita A.A. 2003/04 a cura del prof. Arch. Antonino Saggio.