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Diario Spirituale

 

 

Mese di Gennaio

 

Perfezione

 

 

Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Matteo 5,48

 

Primo giorno

 Fate conto che tutto il passato sia un nulla, e dite con Davide: Adesso comincio ad amare il mio Dio. S. Francesco di Sales.

 

Così appunto faceva l’apostolo S. Paolo. Quantunque dopo la sua conversione fosse egli divenuto un vaso d’elezione, ripieno dello spirito di Gesù Cristo; con tutto ciò, per mantenersi ed avanzarsi nella via del cielo, si valeva di questo messo; poiché, scrivendo ai Filippesi, Fratelli miei, disse loro, io non mi penso d’esser arrivato alla perfezione; ma ho tutto l’impegno per arrivarvi; ed a tal effetto mi scordo di quanto ho fatto per l’addietro, e mi metto davanti agli occhi quel che mi manca, facendomi animo, e procurando di conseguirlo.

     Così pure si andava di giorno in giorno stimolando alla virtù il glorioso sant’Antonio. Scrive di lui S. Attanasio, che si teneva sempre principiante, come se ogni giorno fosse il primo in cui cominciasse a servire Iddio, come se per l’addietro non avesse fatto niente di bene, ed allora ponesse il piede nella via del Signore, e facesse il primo passo verso il cielo. E questo appunto fu l’ultimo ricordo ch’egli diede ai suoi monaci mentre stava per morire: Figli miei, disse loro, se volete far profitto nella virtù e nella perfezione, abbiate sempre questa cosa innanzi agli occhi, di far ogni giorno conto, che allora cominciate, e di portarvi sempre come il primo giorno che cominciaste.

Così ancora si trovano aver fatto e consigliato ad altri di farlo, S. Gregorio, S.Bernardo, S.Carlo. Questi, per rendere a tutti più chiara la necessità e l’utilità di questo mezzo, si servivano di due belle similitudini, dicendo, che si deve fare in questo come fanno i viandanti, che non guardano quanto hanno camminato, ma quel che loro resta da camminare, e questo tengono sempre dinanzi agli occhi fintanto che abbiano finito la giornata; e come i negozianti di questo mondo, che, invogliati delle ricchezze, non fanno conto di quel che hanno acquistato sino a quell’ora, nè delle fatiche che vi hanno sofferto, ma mettono tutta la cura e sollecitudine loro nel fare nuovi acquisti, ed in moltiplicarli ogni giorno più; come se per l’addietro non avessero fatto nè guadagnato niente.

 

Secondo giorno

   Bisogna cominciare con una forte e costante risoluzione di darsi tutto a Dio, protestandogli con una maniera tenera ed amorosa, che venga dal fondo del cuore, che per l’avvenire vogliamo esser suoi senz’alcuna riserva, e poi andare spesso rinnovando questa stessa risoluzione. S. Francesco di Sales

 

     Questo appunto era uno dei mezzi molto inculcati da san Filippo Neri, per l’acquisto della perfezione, e molto da esso praticato, di rinnovare spesso i buoni propositi.

     S.       Francesco di Sales faceva di tanto in tanto la rinnovazione di spirito, ed in quella concepiva sempre nuovi desideri di servire meglio a Dio.

     S. Giovanni Berchmans, fin da principio che entrò in religione, si piantò in cuore un vero proposito di volersi far santo; e poi non solo si mantenne sempre costante in tutte le pratiche e risoluzioni che a questo fine intrapendeva, ma andava ogni giorno prendendo nuovo vigore per il suo profitto spirituale.

Dando gli esercizi spirituali in Torre de’ Specchi in Roma un santo religioso, una monaca detta suor Maria Bonaventura, che viveva molto rilassata, non ci voleva intervenire; pure con molte preghiere vi si indusse. Ed alla prima meditazione del fine dell’uomo restò talmente accesa, che appena il Padre ebbe finito, lo chiamò a sé e gli disse: “Padre, voglio farmi santa e subito” e ritiratasi nella stanza, si scrisse queste stesse parole in una cartuccia, che attaccò ai piedi del suo crocifisso. E da quel punto in poi si diede con tanto fervore all’esercizio della perfezione, che, morta undici mesi dopo, se ne scrisse la vita.

 

Terzo giorno

Il Signore desidera sommamente da noi, che siamo totalmente perfetti, per essere una medesima cosa con lui. Miriamo quel che ci manca per arrivare a questo. (S.Teresa d’Avila)

 

     Il Padre Pietro Fabro, compagno di S.Ignazio, tanto stimato da S.Francesco di Sales, pensando a questo, che Iddio brama molto il nostro profitto, si studiava di andare sempre crescendo, e di non lasciar passare giorno senza fare qualche progresso nelle virtù. Con che crebbe in gran perfezione, ed in grande opinione di santità.

     S.Pacomio e S.Antonio, con mirare le virtù degli altri, stimolavano se stessi a procurarne l’avanzamento in sé.

     La ven. suor Maria Villani, nel giorno della festa di san Francesco, di cui elle era molto devota, ebbe questa visione: le apparve il santo, e la condusse in un luogo eminente, il più bello che mai avesse veduto.  

     Per entrarvi dentro, bisognava salire per quattro mura altissime, che come il santo le dichiarò, significavano i quattro stati della perfezione. La fece salire sul primo muro, provandovi essa grande difficoltà, e le disse, essere quello il primo stato di perfezione, chiamato di purità di coscienza, la quale confina con la purità angelica, ove l’anima diventa come una fanciulla di tre o quattro anni, e gode una grande e pura serenità, e non giudica mai male dei fatti altrui, né si cura d’intendere cosa alcuna di quelle che non appartengono al proprio stato, parendole ogni altra cosa fuori di proposito.

     Quindi la fece salire il secondo muro, dicendole che chi è arrivato alla stato di purità di coscienza, si rende capace dell’orazione, e del vero amore, frutto indivisibile dell’orazione. E qui scoprì le proprietà del vero amore, che sono, essere puro, semplice, spropriato e fondato nella verità del solo Dio, il quale non si può comunicare se non alle anime che hanno la suddetta purità. Poi le fece salire il terzo muro, che è quello della croce e mortificazione, dicendole che, dalla purità ed amore passa l’anima a prendere coraggiosamente la croce sulle proprie spalle e ad essere crocifissa, e che per arrivare a questo stato, deve fare acquisto di quattro principali virtù, che sono una vera mortificazione di tutti i vizi di ogni affetto terreno; una perfetta povertà di spirito, con cui si pone sotto i piedi tutti i beni temporali; una morte vitale, con cui morendo a se stessa e a tutti gli affetti del senso, vive in una totale annichilazione, e trasformata nel Crocifisso, sicché possa dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.(            )

Giunta l’anima a questo stato, le sembra di signoreggiare il mondo, e sopporta i patimenti e le croci di tal maniera, che le pare di non essere più capace di patire. Il quarto muro poi le disse, era lo stato della reale e perfetta unione.

 

Quarto giorno

Io non sento parlare che di perfezione, ma da pochi la vedo praticata. Ognuno se la figura a modo suo. Altri la pongono nella semplicità del vestire, altri nell’austerità, altri nelle elemosine, altri nella frequenza dei sacramenti, chi nell’orazione, chi nella contemplazione passiva, e chi in quelle grazie gratis date, dette gratuite; ma con un continuo inganno, prendendo gli effetti per la causa, ed i mezzi per il fine.

     Io per me non conosco altra perfezione, che quella di amare Dio di tutto cuore, ed il prossimo come se stesso. Chi si figura altra specie di perfezione, s’inganna, poiché tutto il cumulo delle altre virtù senza questo amore, non sono più che una massa di pietra. E se godiamo subito e perfettamente questo tesoro del santo amore, il difetto viene da noi; perché siamo troppo scarsi e lenti con Dio, e non finiamo di darci interamente a Lui, come fecero i santi. (S.Francesco di Sales)

 

 

Chi non vede da questo, che la perfezione del medesimo santo non potè non essere vera, e molto sublime, mentre fu sì grande e sì puro il suo amore verso Dio e verso il prossimo? Lo stesso pure si può dire di S.Vincenzo de’ Paoli e di molti altri. Ammirabile veramente fu in queste due cose S.Maria Maddalena de’ Pazzi. Essa, come si vedrà in appresso, tanto crebbe nell’amor di Dio, che non potendo resistere agli eccessivi ardori di quel fuoco divino, era talvolta costretta a refrigerarsi il petto con pannolini inzuppati nell’acqua fredda, e tanto si inoltrò nell’amore del suo prossimo, che bramava e procurava più il bene loro che il proprio.

 

Quinto giorno

Tutta la perfezione sta fondata in due soli principi, con l’uso dei quali, se si attende alle azioni quotidiane della sua vocazione, sicuramente si arriva al colmo e compimento di essa. Il primo è una stima bassissima di tutto il creato, ma soprattutto di se stesso. Dalla quale stima ha da derivare il pratica uno spogliarsi e rinunziare a noi medesimi a a tutte le cose create, e nell’affetto con risoluta volontà, e nell’opera, quando il Signore ci spoglia di lui e di qualsiasi altra cosa. Il secondo principio è una stima altissima di Dio, che facilmente si acquista con il lume della fede, come egli è onnipotente, sommo bene, nostro fine, e quegli che tanto ci ha amato, e si è sempre presente, e ci governa in tutto, e quanto alla natura, e quanto alla grazia, ed in particolare ci chiama, e c’incammina con singolare vocazione ad un’alta perfezione. Da questa stima poi ne ha da nascere una prontezza, e gran sottomissione della volontà e di tutto ciò che egli vuole da noi a maggior gloria sua, senz’alcun nostro interesse, quanto si voglia anche santo; ed insieme una piena conformità col divino volere, la quale sia la misura pratica di tutti i nostri disegni, affetti ed operazioni. In questa maniera arriva l’anima all’unione, non già mistica, per via di rapimenti, di elevazioni, e comune per via di volontà sommamente conforme al divino volere per amore perfetto, che fa operare senza lumi tutto in Dio e per Dio. E di questa tutti ne sono capaci, e tutti con chiarezza ma non senza croci vi possono infallibilmente arrivare. (Padre Achille Gagliardi)

 

      Questo fu sempre lo studio principale di S. Vincenzo de’ Paoli, di ben fondarsi o perfezionarsi in questi due principi. Poichè, credendosi egli per la sua profonda umiltà affatto incapace di cose grandi, non pensò ad altro che a voler compiere fedelmente le obbligazioni che ha con Dio un vero e perfetto cristiano. E perchè, illuminato da luce superna, co­nobbe che tutta la cristiana perfezione dipende dal buon uso di questi due principi, questi prese egli unicamente di mira, e questi cercò sopra ogni altra cosa di ben penetrare e stabi­lire nell’anima sua, sicché gli servissero di retta regola e di guida sicura per ogni sua azione. E ben gli riuscì l’intento. Perchè Iddio, ch’esalta gli umili, non si contentò di condurlo per questo mezzo a quella perfezione cristiana, ch’egli si era prefissa; ma volle di più innalzarlo ad una santità quanto soda, altrettanto eminente, e si può dire singolare, poichè pochi certamente si trovano tra quelli, che, senza l’aiuto di lumi straordinari e mistici, con la sola scorta dei lumi ordinari della grazia, giungano ad una si eccelsa santità, qual fu quella di questo umile servo di Dio.

Sesto giorno

La perfezione consiste in una sola cosa, che è di fare la volontà di Dio. Poichè se al dire di nostro Signore, per esser perfetto, basta negare se stesso, portare la sua croce, e seguire lui: chi nega meglio se stesso, e porta meglio la propria croce, e segue più Cristo di colui, che si studia di non fare mai la propria volontà, ma sempre quella di Dio? Ora vedete quanto poco ci vuole a farsi santo! Non altro, che abituarsi a volere in ogni occasione ciò che vuole Iddio. S. Vincenzo de Paoli.

 

In questo più che in ogni altra cosa mostrò il medesimo santo la purità e sodezza della sua virtù, in studiarsi di sempre seguitare e adempire la volontà del Signore. Era  questa il grande principio su cui fondava tutta le sue risoluzioni, e con cui fedelmente e costantemente eseguiva quanto aveva risoluto: mettendosi sotto i piedi ogni proprio interesse, preferendo sempre la divina volontà, e la gloria e il servizio di Dio a qualunque altra cosa senza eccettuarne alcuna.

Di Davide disse il Signore ch’era un uomo secondo il cuore suo: ed ecco dove si fondava tutta questa grande santità; perchè, disse, farà in tutto la mia volontà.

S. Maria Maddalena de’ Pazzi era a questo tanto attaccata, che disse più volte, che mai non si sarebbe posta a far cosa alcuna, quantunque minima, come sarebbe l’andare da una stanza all’altra, se avesse pensato non esser conforme ai divino volere; nè avrebbe mai lasciato dl fare cosa alcuna, che avesse creduto esser a quello conforme; e che, se avendo cominciato a fare qualche azione, nell’atto di farla le fosse venuto in pensiero, essere quella contro la volontà del Si­gnore, in quel medesimo istante l’avrebbe subito lasciata, ancorchè il non proseguirla le dovesse costare la vita.

Racconta il Taulero di un certo uomo santo e dotto, che mentre stava in punto di morte, pregato dagli amici di la­sciar loro qualche buon documento, disse così: Il sommario e il breviario d’ogni dottrina è di prendere dalla mano di Dio tutte le cose che avvengono, e non voler altro, che fare in ogni cosa la sua divina volontà.

La ven. Serafina di Dio era tanto affezionata alla volontà di Dio, che pregava spesso il suo direttore a manifestargliela, dicendo: Avvisatemi, Padre, che debbo fare, e non mi lasciate far niente da me, affinché sia contenta sua divina Maestà, perchè nel vederla un tantino disgustata, sarebbe annicchilire mille mondi. Ed essendole un dì venuto gran desiderio di non far niente di proprio volere, ma il solo volere di Dio, col consenso del direttore ne fece il voto.

 

 

Settimo giorno

Servo di Dio vuoi dire: aver una gran carità verso il prossimo, ed una inviolabile risoluzione di seguire in tutto la divina volontà: confidare in Dio con semplicità ed umiltà: sopportare se stesso nei propri difetti, e tollerare pacificamente le altrui imperfezioni.  San Francesco di Sales.

 

     Tutta la vita dl questo santo, come pur quella di S. Vincenzo de Paoli, altro non fu che un fedele e continuo esercizio di questi atti di virtù nelle occasioni che alla giornata  gli si presentavano: con che ambedue divennero grandi servi dl Dio.

Nelle vite de’ Padri occidentali si narra dl S. Fintano che ogni giorno era visitato da un angelo, e che avendo questi mancato di ciò fare per alcuni giorni, quando il santo ebbe la grazia di rivederlo, gli chiese perchè lo avesse privato per tanto tempo della sua dolcissima presenza: Perchè, rispose l’angelo, mi è convenuto di assistere alla morte di Motua, ch’era gran servo dl Dio e meglio di te, perchè ha fatto cose che non hai fatto tu. Questo non ha offeso mai con parole alcuno presente, nè ha mai mormorato d’alcuno assente, né mai si è lagnato del tempo, dolce o rigido che fosse, nè di nessun’altra cosa, qualunque si fosse, e comunque avvenisse, ma sempre si è interamente confermato al volere di Dio, nelle cui mani stanno tutte le cose.

      Affliggendosi un di S. Geltrude per un piccolo difetto, nel quale era solita cadere di tanto in tanto, pregò lautamente il Signore di liberarla: il quale le disse con molta piacevolezza: Vorresti dunque che io restassi privo di un grande onore, e tu di un gran premio? Sappi che quante volte uno riconosce una sua mancanza e si propone di schivarla per l’avvenire, si guadagna un gran premio per sè; e quante volte si astiene per  amor mio dal ricadervi, fa a me tanto onore, quanto ne fa ad un re un bravo soldato, allorchè combatte virilmente coi suoi nemici e li vince.

Ottavo giorno

L’esser perfetto nella sua vocazione altro non è che fare i doveri e gli uffici che uno per la sua condizione è obbligato di fare; ma farli beni ed unicamente per l’onore ed amore di Dio, con riferire tutto alla gloria di lui. Chi così opera, si dice perfetto nel  suo stato, e uomo secondo il cuore e secondo la volontà di Dio. S. Francesco di Sales

 

Nella vita dei santi Padri si narra dell’abate Pafnuzio, tanto celebre in santità, che un giorno mostrò desiderio di saper dal Signore, se egli avesse alcun merito presso di lui; gli fa risposto ch’era giunto ad uguagliare il merito di un tal gentiluomo barone di una terra che egli nominò. Si portò subito il santo a trovar colui, dal quale fu ricevuto benignamente e ben trattato; e terminata la cena lo pregò e manifestargli il tenore della sua vita. Si scusò il barone con dire di non avere egli in sè virtù alcuna; ma poi, importunato dell’altro, gli disse che era attentissimo In albergare i pellegrini e in provvederli di quanto era loro necessario per il viaggio; che mai non disprezzava i poveri, e li soccorreva nei loro bisogni: che faceva amministrare la giustizia rettamente, e dava sempre le sentenze giuste, non partendosi mai dalla ragione, nè per raccomandazioni, nè per affetto; che non faceva alcuna angaria ai suoi sudditi; che lasciava seminare nei suoi campi a chiunque voleva, e non pretendeva più del dovere; che nessuno si poteva lamentare d’aver mai ricevuto danno o molestia della sua famiglia, o dai suoi bestiami; che non avea mai contristato alcuno, nè mai detto male d’altrui, ma onorava tutti, aiutava tutti in quel che poteva, e si studiava di mantenere tutti in pace e concordia. Nell’udire ciò, restò il santo abate grandemente consolato, ed intese che la vera perfezione non era in tante cose, ma in adempiere i suoi doveri.

In San Cesario, terra della provincia di Lecce, vi era una monaca di casa, tenuta in concetto di santità nel tempo che viveva il beato Giuseppe da Copertino; il quale trovandosi un giorno in casa del marchese di quel luogo, e richiesto dal medesimo del suo parere circa la fama di santità, che correva dl quella monaca, rispose: Una ne avete qui vera santa, che non è conosciuta; e gli nominò una povera vedova, di cui non gli era stata mai fatta parola. S’informò il marchese della qualità dl questa, e trovò, che se ne stava sempre chiusa nella sua piccola casuccia insieme con alcune sue figliuole, faticando continuamente per potersi mantenere, e non si lasciavano mai vedere fuorchè una volta il giorno, che era la mattina di buon’ora, che andavano alla chiesa per sentire la messa.

 

Nono giorno

Benchè a chi è entrato in religione, e si guarda d’offender Dio, pare di aver fatto tutto: ah che rimangono certi vermi che non si lasciano conoscere, finchè non ci abbiano rose le virtù. E questi sono un amor proprio, una propria stima, un giudicare gli altri, benchè per lo più in cose piccole, ed una mancanza di carità verso il prossimo; poiché se pure trascinando, soddisfacciamo all’obbligo, non lo facciano con quella perfezione, che Dio vorrebbe da noi. (S.Teresa d’Avila)

 

Ad uno di questi vermi, che è quello della propria stima, attribuiva monsignor di Palafox la causa della sua rilassatezza dopo la sua conversione, e dell'essere stato vicino a perdersi per sempre. Poichè, dice, sebbene io ero umile, dovevo però credere di essere veramente umile? ed ancorché procurassi e bramassi d'esser buono, dovevo presumere d'esser veramente buono? E quella occulta superbia obbligò la divina bontà ad  ammaestrarmi, affinché vedessi che non ero buono, ma cattivo, fiacco, miserabile, e pieno di superbia, di sensualità., d' infedeltà., ed un prodigo dispregiatore dei beni della grazia.

Si narra nelle vite dei Padri, che due di loro avevano ricevuto il dono di vedersi scambievolmente la  grazia, uno nel cuore dell'altro. Or essendo un di loro uscito di cella un venerdi di buon'ora, trovando un monaco, che stava mangiando in quell'ora contro il consueto dei monaci, lo giudicò di mancare alla regola, e ne lo riprese. Ritornato poi a casa, il compagno non vide in lui il solito segno della grazia, e gli domandò che avesse fatto, e non ricordandosi l'altro di nulla: Vedi, soggiunse, che non abbia detta alcuna parola oziosa. Allora si ricordò quegli del suo cattivo giudizio, e gli narrò il fatto per il quale  ambedue digiunarono due intere settimane, al termine delle quali, apparve nel colpevole il solito segno.

 

Decimo giorno 

Avvertite che la perfezione non si acquista con tenere le braccia in croce ma conviene lavorare davvero, per domare se stesso, e ridursi a vivere non secondo le inclinazioni e le passioni, ma secondo la ragione, e secondo la regola e l'ubbidienza. La cosa è dura, non può negarsi, ma necessaria: con l'uso però diviene facile e gustosa. S. Francesco di Sales. .

 

Racconta Plutarco di Licurgo, che avendo presi due piccoli cagnolini, figli d'uno stesso padre, ne allevò uno nella cucina. e l'altro alla caccia. E fatti che furono grandi, un giorno che doveva fare un'esortazione al popolo, li condusse nel foro  ove gettò per terra delle spine di pesci, nel tempo stesso fece uscirne una lepre; alla qual vista il primo si mise immediatamente a stritolar con i denti le spine, e l'altro a seguire la lepre. Allora Licurgo, intimato silenzio: Vedete? disse rivolto al popolo, questi due cani sono ambedue della medesima stirpe, e pure non sono portati a fare la medesima cosa, ma ciascuno quella, alla quale si è assuefatto. Tant' è vero, che con l' assuefazione si arriva a superare perfino le inclinazioni più violentare della stessa natura.

Si scrive di S. Ignazio di Lojola,ohe con la continua forza che aveva fatto a se stesso in mortificarsi ed in soffrir le avversità., era giunto a tal segno, che pareva non avesse più alcuna inclinazione. Ed il medesimo pure si è veduto in molti altri.

 

Undicesimo giorno

Tutta la scienza dei santi si restringe a due cose: Fare, e soffrire. E chi meglio ha fatto queste due cose, questo si è fatto più santo. S.Francesco di Sales

 

Chi leggerà. la vita dei santi Ambrogio, Basilio, Girolamo, Crisostomo, Domenico, Vincenzo de’ Paoli, e di tanti altri grandi santi, non si meraviglierà. che riuscissero tanto eccellenti in santità, in vedere le innumerabili opere che fecero ed i grandi patimenti che soffrirono.

Questa, come si narra nelle vite dei Padri, fu l'arte tanto praticata da S. Doroteo per santificare il suo discepolo Dositeo, di tenerlo in esercizio continuo, e specialmente in cose contrarie ai suoi propri voleri; di modo chè, se gli vedeva in mano alcuna cosa ben fatta, ancorchè necessaria al suo ufficio, come coltelli, libri e simili, glieli toglieva; se gli chiedeva notizia di cose anche buone, lo licenziava. senza rispondergli: e così in tutte le brame che aveva, cercava di mortificarlo, ed egli in tutto prontamente ubbidiva, e tutto. soffriva senza replica. Ed in questa maniera, nello spazio di soli cinque anni, arrivò ad una molto alta perfezione e santità.

 

Dodicesimo giorno

 lo vorrei persuadere le persone spirituali, che il cammino della perfezione non consiste in tanti modi, nè in molto pensare, ma in negare in tutto se stesso, ed in darsi a patire  in ogni cosa per amor di Cristo. E se si  manca in questo esercizio, tutte le altre maniere di camminare nella via spirituale sono che un andare di palo in frasca, e per la via di bagattelle senza profitto alcuno, anche se la persona avesse un’altissima contemplazione e comunicazione con Dio. S.Giovanni della Croce

 

Scrive Cassiano dell'abate Pafnuzio, che la strada, per la quale questi giunse a tanta santità, fu per avere egli atteso a mortificare continuamente le proprie voglie; e che in questo modo estinse in sè tutti i vizi, e si perfezionò in tutte le virtù.

Il P. Baldassare Alvarez stava continuamente affliggendosi e negando a se stesso in tutto quello che la natura appetiva, non solo nelle cose grandi, ma ancora nelle piccole: con che giunse ad un'alta perfezione.

La beata Angela di Foligno, stando in estasi. "vide il Signore che faceva carezze ad alcuni suoi servi, ma a chi più, a chi meno: e bramosa d'intendere la ragione di tale diversità, s'avanzò a domandarne al Signore, il quale cosi le rispose: Io chiamo tutti a me, ma non tutti vogliono venire, perchè la strada è intralciata di spine. Quelli poi che vengono, io tutti li invito a mangiare al piatto mio ed a bere alla mia coppa. Ma perchè le mie vivande sono ingrate al senso, ed il mio calice è ripieno di amarezze, non a tutti piace satollarsi con di quei travagli, dei quali io nel mondo mi pascevo. Quelli però che sono più costanti nel tenermi compagnia, quelli sono certamente i miei più cari ed i miei favoriti. Udito ciò la beata, si riempì di tanta brama di patire e di negare in tutto se stessa, che venendole dopo mosse molte contrarietà dai suoi religiosi e dai suoi parenti, vi provò tanta consolazione, quanta ne avrebbe ricevuto un mondano in una ricreazione di tutto suo genio e vantaggio.  

 

Tredicesimo giorno

Il peggiore dei mali in quelli che hanno buona volontà è che vogliono essere quello che non possono essere, e non vogliono essere quello che necessariamente devono essere. Concepiscono desideri di fare cose grandi, che forse non verranno mai a taglio: e frattanto trascurano le piccole, che il Signore mette nelle loro mani. Mille piccoli atti di virtù, come sarebbe sopportare le importunità e le imperfezioni del prossimo, soffrire una parolina, o un piccolo torto, reprimere uno sdegno, mortificare un’affezione, una curiosità da dire, o di sentire, scusare una indiscrezione, condiscendere altrui in cose piccole e simili: queste sono cose che fanno per tutti: perché non praticarle? Le occasioni di guadagnare grosse somme vengono di raro, ma dei piccoli guadagni se ne possono fare molti ogni giorno; e col maneggiare con giudizio questi piccoli guadagni, vi sono quelli che si arricchiscono. Oh quanto ci faremmo santi e ricchi di meriti, se sapessimo approfittare delle occasioni che la nostra vocazione ci somministra! Sì, applichiamoci a percorrere bene la strada che è più vicina a noi e a far bene la prima giornata, senza trattenerci nel pensiero dell’ultima che faremo di buon cammino. (S.Francesco di Sales)

 

S.Filippo Neri, acceso di desiderio del martirio, si era risoluto di andare a predicare la fede nelle Indie; ma avendogli Dio fatto intendere per via di una rivelazione, che le sue Indie dovevano essere in Roma, ivi si trattenne; e con condurre una vita piena di atti virtuosi, riuscì un gran santo.

S.Giovanni Berchmans in cinque soli anni di religione giunse certamente ad un’alta perfezione. Che cosa fece mai? Nient’altro che studiarsi di essere fedele nel fare esattamente tutte quelle cose che nella via della virtù conobbe di dovere e di poter fare, non trascurando parte alcuna di perfezione, che con l’aiuto della grazia potesse acquistare.

S.Geltrude una volta trovandosi molto debole, si volle sforzare di dire il mattutino; ed avendo finito il primo notturno, venne un’altra inferma a pregarla di dirlo con lei, ed ella ritornò a pregare. La mattina ebbe questa visione, in cui vide l’anima sua guarnita di gioie di gran prezzo; ed il Signore le disse, che quell’atto di carità fatto per amore suo, si era meritato quell’ornamento, nel quale tante erano le gioie, quante le parole ridette.

Di un giovane studente gesuita si legge che una mattina in giorno di vacanza, mentre egli stava per uscire a prendere aria assieme con gli altri suoi compagni, fu pregato da uno dei Padri a trattenersi per una mezz’ora al fine di servire la S. Messa, ed egli lo fece. Cresciuto poi in dottrina ed in età, andò a predicare la fede tra gli infedeli, e là fu fatto degno di conseguire la gloria del martirio. Ed allora gli fu rivelato, una grazia così grande donatagli da Dio in premio di quella piccola mortificazione, che abbracciò nel servire quella Messa.

 

Quattordicesimo giorno

Il nostro maggior male è che vogliamo servire Dio a modo nostro, e non a modo suo, e secondo la volontà nostra, e non secondo la sua. Quando egli vuole che siamo ammalati, noi vogliamo essere sani, quando egli desidera che lo serviamo con i patimenti, noi desideriamo servirlo con le opere; quando vuole che esercitiamo la carità, noi vogliamo esercitare l’umiltà; quando vuole da noi la rassegnazione, vogliamo la devozione, l’orazione e altre virtù: e questo non perché le cose che noi vogliamo siano più gradite a lui, ma perché sono di più gusto nostro. Questo è certamente l’impedimento maggiore che noi possiamo porre alla nostra perfezione, senza dubbio, che se vorremo essere santi secondo la nostra propria volontà, non lo saremo mai. Per essere veramente santo, conviene esserlo secondo la volontà di Dio. (S.Francesco di Sales)

 

Conobbe bene questa importate verità S.Maria Maddalena de’ Pazzi; e con la guida di una luce così chiara di tal maniera seppe sottomettere la volontà sua a quella di Dio, che sempre contenta di quanto le accadeva alla giornata, nulla mai bramava di nuovo, e soleva dire che avrebbe tenuto per difetto il chiedere al Signore grazie per se o per gli altri con maggior domanda, che con semplici preghiere, e che godeva e si gloriava di fare la volontà di lui, e che egli non facesse la sua. Perfino la santità e perfezione dell’anima sua desiderava che fosse non secondo il desiderio suo, ma secondo il volere di Dio. Ond’è che aveva scritto questa risoluzione: Offrire me stessa a Dio, e volere tutta, e quella sola perfezione che egli si compiace che io abbia, e nel modo e tempo che egli vorrà, e non altrimenti. Una volta parlando con una sua confidente, disse così: Il bene che non mi viene per questa via della divina volontà non mi pare bene, ed eleggerei anzi di non aver dono alcuno, fuorché quello di lasciare ogni mio volere, ed ogni mio desiderio in Dio, che avere qualunque dono per desiderio e volere. Sì, in me sia, Dio, la tua volontà e non la mia. E questa era la grazia che ella più frequentemente chiedeva al Signore, che la facesse stare sempre fino alla morte ed interamente sottomessa al suo divino volere e beneplacito; non fa meraviglia se ella divenne così santa.

Fra gli stessi gentili, si sono trovati di quelli, che col solo lume della ragione chiaramente compresero questa verità. Plutarco disapprovava quella comune preghiera del volgo: Dio ti dia tutto quel bene che vuoi. No diceva, si deve dire piuttosto: Dio faccia che tu voglia quel che vuole Lui. E quel che c’è di più, Epitetto lo praticava, poiché diceva: Io sono sempre contento di quanto  mi accade alla giornata, perché so, che quanto mi avviene, tutto avviene per disposizione di Dio, e sono certo che è meglio quel che vuole Dio, di quello che io possa mai volere.

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