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meditazioni carmelitane

Dio è amore

Il dono di sé è l’essenza più intima dell’amore. Dio, che è l’amore, si dona alle creature che egli stesso ha creato per amore.

Quale dono di sé, in senso proprio, è possibile solo verso una persona (ed è precisamente) nel momento della donazione che una persona si apre all'altra: nel possesso, l'amore giunge al suo completo sviluppo. E ciò che c'è di più libero, ma deve sempre essere un dono di sé per essere amore autentico. Un desiderio che cerca la propria soddisfazione, e perciò non si dona, non merita il dono dell'amore. Si può sicuramente affermare che nell'amore lo spirito finito cerca la sua più alta realizzazione [ ... che trova però] solo in Dio.

Chi si dona a Dio raggiunge, nell'unione d'amore con lui, la massima pienezza del proprio essere, che è al tempo stesso conoscenza, donazione del cuore e atto libero. Ma, da solo, l'uomo non è capace di un tale grado di amore. Se già stenta a conoscere e ad amare in modo completo coloro dai quali è ricambiato, come può giungere ad amare Dio che non vede, senza essere prima amato da lui? La conoscenza naturale di Dio, che parte dalle creature, non svela il suo essere misterioso. Al massimo può arrivare a definirlo come colui che è assolutamente Altro, nonostante ogni analogia che può mettere in relazione la creatura col Creatore. Questo potrebbe già bastare a riconoscere, anche se nella nostra natura corrotta, che al Creatore è dovuto un amore più grande che a qualsiasi creatura. Per poterci donare a lui con amore, dobbiamo riconoscerlo come colui che ama. Ma, solo lui può svelarsi a noi. E questa conoscenza si compie quando Dio si dona all'anima nella vita di grazia e di gloria, rendendola così partecipe della sua vita divina.

La vita divina che si sviluppa nell'anima che ama Dio, non può essere altro che vita trinitaria. L'anima si dona all'essere trinitario e si abbandona alla volontà paterna di Dio che, per così dire, genera in lei nuovamente il Figlio. L’anima si fa uno col Figlio e vorrebbe perdersi in lui, perchè non veda altro che il Figlio. La sua vita si fa uno con Spirito Santo e diventa effusione d'amore divino.

S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, Essere finito ed essere eterno, pp, 469-471.

(da <<  la fertile montagna  >> meditazioni quotidiane con i santi del Carmelo - edizione ODC . 20 aprile

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il mistero dei misteri

Reverendo, grazie per le sue buone preghiere, grazie per la sua lettera. Quel che mi dice riguardo al mio nome, mi riempie di gioia. L'amo tanto questo nome che mi dice tutta la mia vocazione! Quando ci penso, la mia anima si sente rapita dalla grande visione del mistero dei misteri, da quella Trinità che fin d'ora è il nostro chiostro, la nostra dimora, l'infinito nel quale possiamo muoverci attraverso tutte le cose. Sto leggendo in questo momento delle bellissime pagine del nostro beato Padre san Giovanni della Croce, sulla trasformazione dell'anima nelle Tre Persone Divine. Reverendo, a quale abisso di gloria siamo chiamati! Come com­prendo il raccoglimento e il silenzio dei santi che non riuscivano più ad uscire dalla loro contemplazione! E così Dio poteva trasportarli su quelle vette divine dove si consuma << l’uno >> fra lui e l'anima divenuta sposa nel senso mistico della parola. Il nostro beato Padre dice che allora lo Spirito

Santo la solleva a così mirabili altezze da renderla capace di produrre in Dio la stessa effusione d'amore che il Padre produce col Figlio e il Figlio col Padre, effusione che non  è altro che lo Spirito Santo stesso! Poter dire che il buon  Dio ci chiama, per la nostra stessa vocazione, a vivere in questi splendori santi, che mistero adorabile di carità! Vorrei corrispondere a questa vocazione passando sulla terra come la santa Vergine custodendo tutte queste cose nel mio cuore, seppellendomi per così dire, nel fondo della mia anima per perdermi nella Trinità che lì dimora, e trasformarmi in essa. Allora il mio nome, «il mio luminoso ideale », come lei lo chiama, sarebbe una realtà ed io sarei davvero Elisabetta della Trinità! ...

Che il gran fiume di vita la sommerga e invada tutto, che dal più profondo dell'anima si senta scaturire sorgenti d'acqua viva, infine che Dio sia il suo tutto! Quest'augurio che lei ha formulato per la mia anima, l'ho deposto nelle mani  di colei che fu così pienamente << la casa >> di Dio. Sarà lei che glielo dirà nel silenzio della sua anima. Resto con lei tutta in adorazione del mistero.

(B.Elisabetta della Trinità – lettera al chierico Chevignard – Scritti – pp. 278-279)

  (da <<  la fertile montagna  >> meditazioni quotidiane con i santi del Carmelo  - edizione ODC - 21 aprile

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Io sono la via, la verità e la vita

Senza un amico sincero, al quale comunicare le tue gioie e le tue pene, non puoi vivere bene. E se Gesù non è il tuo più grande amico, vivrai molto triste e sconsolato. Il tuo cuore, fatto espressamente per amare, non può vivere senza essere amato. Ma, se non è Gesù colui che la tua anima ama sopra tutte le cose, non avrai nè sollievo, nè pace. Questo Amato è così esigente che vuole essere il Re del tuo cuore, o niente. Senza un Signore al quale essere soggetto e che tu servi, non puoi vivere tu, creatura debole e miserabile. E se Gesù non è il tuo Signore e padrone sovrano, non godrai vera libertà. Considera quanto tu devi a Gesù, vero Dio, e riconoscerai che non puoi toglierli neanche la parte più piccola del tuo amore. Discese dal cielo per te; visse povero e pieno di mortificazioni per te; patì e morì in croce per te; è in cielo e di continuo intercede per te; è rimasto nel Santissimo Sacramento per te; e sarà la tua gloria e la tua ricompensa eterna in cielo. Cosa avrebbe potuto fare di più Gesù, per te, per provarti il suo amore? E tu, che cosa hai fatto per provargli la tua riconoscenza? <<Io sono la via....>> dice Gesù. E' la via per i suoi meriti e per i suoi esempi: cammino di giustizia, aperto a tutto il mondo. Cammino di fede, piano, rapido, che guida infallibilmente al cielo ed alla felicità eterna. Unico cammino di salvezza, all'infuori del quale non ci sono che precipizi, rovina, dannazione eterna. Solo per Gesù possiamo arrivare al Padre, essergli graditi e meritare la sua benedizione eterna: non è tempo di credere a tutti, ma solo a coloro che tu vedi camminare seguendo gli insegnamenti di cristo, sicuro cammino e verità. Gesù è la verità, perchè in lui si sono adempiute le profezie e si sono realizzate le promesse della legge antica: è la verità nei suoi dogmi, nei suoi misteri, nelle sue promesse, nelle sue minacce, nel suo Vangelo, nella Chiesa; è quella verità per la quale dobbiamo dare anche la vita, se è necessario, per difenderla; è la verità unica, infallibile, immutabile, eterna, all'infuori della quale non c'è altro che falsità, errori, menzogna. Il mondo, le passioni, tutto infine, quello che non è Gesù e che non conduce a Lui, è pura malvagità o cosa inutile. Gesù Cristo è la vita. L'uomo cerca, senza tregua e riposo, la vita, la vita vera, la vera felicità. E solo Gesù Cristo è questa vita. Vita in Dio, eterna ed unica vita, in noi, per la sua grazia, per il suo spirito, per il suo amore vita con la quale viviamo in Dio ed il nostro cuore vive nella pace, il nostro spirito nella luce, il nostro corpo nella gloria immortale per la risurrezione....vita unica, vita dell'anima, vita d'amore, vita di Dio....vita senza la quale c'è solo morte eterna. Vivifica, Gesù, la mia anima ed il mio corpo nel tuo amore divino. Che tutto il mio essere esclami sempre: <<Viva Gesù!>> La mia lingua, il mio cuore, i miei pensieri, i miei ricordi, tutte le mie opere siano suggellate da questa divina espressione: <<Tutto per Gesù, viva Gesù!>>.

S.Enrico de Ossò - il quarto d'ora di orazione, pp. 119-120; 157-158

(da <<  la fertile montagna  >> meditazioni quotidiane con i santi del Carmelo - edizione ODC . 25 aprile

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La luce inaccessibile della Trinità

O mio Gesù, ti amo! Amo la Chiesa mia Madre, ricordo che «il più piccolo moto di puro amore le è più utile che non tutte le altre opere messe insieme». Ma c’è davvero il puro amore nel mio cuore? I miei immensi desideri non sono forse un sogno, una follia? Ah, se è così, Gesù, illuminami: tu lo sai, io cerco la verità! Se i miei desideri sono temerari, falli sparire perché questi desideri sono per me il più grande martirio! Eppure, lo sento, o Gesù, dopo aver aspirato alle regioni più alte dell’Amore, se anche non dovessi raggiungerla un giorno, avrò gustato più dolcezza nel mio martirio, nella mia follia, di quanta ne gusterei in seno alle gioie della patria, a meno che tu, con un miracolo, non mi tolga il ricordo delle mie speranze terrene. Allora lasciami godere durante il mio esilio le delizie dell’amore. Lasciami assaporare le dolci amarezze del mio martirio! Gesù, Gesù, se è così delizioso il desiderio di Amarti, cosa è dunque possedere, godere l’Amore?

Come può un’anima così imperfetta come la mia aspirare a possedere la pienezza dell’Amore? O Gesù, mio primo, mio solo Amico, tu che io amo UNICAMENTE, dimmi che mistero è questo? Perché non riservi queste immense aspirazioni alle grandi anime, alle Aquile che si librano nelle altezze? Io mi considero invece un debole uccellino coperto solo da una leggera lanugine. Non sono un’aquila: dell’aquila ho semplicemente gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole Divino, il Sole dell’Amore, e il mio cuore sente dentro di sé tutte le aspirazioni dell’Aquila. L’uccellino vorrebbe volare verso quel Sole brillante che affascina i suoi occhi, vorrebbe imitare le Aquile sue sorelle che vede elevarsi fino al focolare Divino della Trinità Santissima. Ahimè, tutto ciò che riesce a fare è sollevare le sue piccole ali! Ma alzarsi in volo, questo non è nelle sue piccole possibilità! Che ne sarà di lui? Morirà dal dispiacere nel vedersi così impotente? Oh, no! L’uccellino non si affliggerà nemmeno. Con un abbandono audace, vuole restare a fissare il suo Sole Divino. Niente potrebbe spaventarlo: né il vento, né la pioggia. E se nubi oscure vengono a nascondere l’Astro dell’Amore, l’uccellino non cambia posto, sa che al di là delle nubi il suo Sole brilla sempre, che il suo splendore non potrebbe eclissarsi neanche un momento.

Talvolta, è vero, il cuore dell’uccellino è assalito dalla tempesta: gli sembra di non credere che esista altro se non le nubi che lo avvolgono. È quello il momento della gioia perfetta per il povero debole esserino. Che felicità per lui restare là ugualmente, fissare la luce invisibile che si nasconde alla sua fede!!! Gesù, fin qui, capisco il tuo amore per l’uccellino, poiché egli non si allontana da te. Ma io lo so e anche tu lo sai: spesso l’imperfetta creaturina, pur restando al suo posto (cioè sotto i raggi del Sole), si lascia un po’ distrarre dalla sua unica occupazione. Prende un granellino a destra e a sinistra, corre dietro a un vermiciattolo; poi, quando incontra una piccola pozzanghera, si bagna le penne appena spuntate; vede un fiore che gli piace e il suo piccolo spirito si occupa di quel fiore. Insomma, non potendo librarsi come le aquile, il povero uccellino si occupa ancora delle piccolezze della terra. Eppure, dopo tutte queste birichinate, invece di andare a nascondersi in un angolo a piangere la sua miseria e morire di pentimento, l’uccellino si gira verso il suo Amato Sole, presenta ai suoi raggi benefici le alucce bagnate, geme come la rondine e nel suo dolce canto egli confida, egli racconta una per una le sue infedeltà, pensando nel suo abbandono temerario di acquistare più potere, di attirare più pienamente l’amore di Colui che non è venuto a chiamare i giusti ma i peccatori.

Se l’Astro Adorato resta sordo ai cinguettii lamentosi della sua creaturina, se resta velato… ebbene, la creaturina resta bagnata, accetta di essere intirizzita di freddo e si rallegra anche di questa sofferenza che comunque ha meritata! O Gesù! come è felice il tuo uccellino di essere debole e piccolo! Che ne sarebbe di lui se fosse grande? Mai avrebbe l’audacia di comparire alla tua presenza, di sonnecchiare davanti a te! Sì, anche questa è una debolezza dell’uccellino quando vuole fissare il Sole Divino e le nubi gli impediscono di vedere anche un solo raggio: suo malgrado gli si chiudono gli occhietti, la sua testolina si nasconde sotto l’aluccia e il povero esserino si addormenta, credendo di fissare sempre il suo Astro Amato. Al suo risveglio, non si affligge, il suo cuoricino resta in pace, ricomincia il suo compito d’amore, invoca gli Angeli e i Santi che si innalzano come Aquile verso la Fornace divorante, oggetto del suo desiderio; e le Aquile si muovono a pietà del loro fratellino, lo proteggono, lo difendono, mettendo in fuga gli avvoltoi che vorrebbero divorarlo.

Gli avvoltoi, immagini dei demoni, l’uccellino non li teme: non è affatto destinato a diventare loro preda, bensì preda dell’Aquila che egli contempla al centro del Sole dell’Amore. O Verbo Divino, sei tu l’Aquila adorata che amo e che mi attira; sei tu che, lanciandoti verso la terra d’esilio, hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno dell’Eterna Fornace della Beata Trinità; sei tu che, risalendo verso la Luce inaccessibile che sarà ormai tua dimora, sei tu che resti ancora nella valle di lacrime, nascosto sotto l’apparenza di un’ostia bianca! Aquila Eterna, tu vuoi nutrire della tua sostanza divina proprio me, povero piccolo essere, che tornerei nel nulla se il tuo sguardo divino non mi donasse la vita in ogni istante! O Gesù, lasciami nell’eccesso della mia riconoscenza, lasciami dire che il tuo amore arriva fino alla follia! Come vuoi che, davanti a questa Follia, il mio cuore non si slanci verso di te? Come potrebbe avere limiti la mia fiducia? Ah, per te, lo so, anche i Santi hanno fatto follie, hanno fatto grandi cose perché erano aquile!

Gesù, io sono troppo piccola per fare grandi cose! E la mia follia, è di sperare che il tuo Amore mi accetti come vittima! La mia follia consiste nel supplicare le Aquile mi e sorelle di concedermi la grazia di volare verso il Sole dell’Amore con le stesse ali dell’Aquila Divina! Per tutto il tempo che vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino resterà senza forze e senza ali, egli sempre terrà gli occhi fissi su di te: vuole essere affascinato dal tuo sguardo divino, vuole diventare la preda del tuo Amore! Un giorno, ne ho la speranza, Aquila Adorata, tu verrai a prendere il tuo uccellino e, risalendo con lui alla Fornace dell’Amore, lo immergerai per l’eternità nell’Abisso ardente di quell’Amore al quale si è offerto come vittima!

S.Teresa di Gesù Bambino – manoscritto autobiografico B – 259-265

  (da <<  la fertile montagna  >> meditazioni quotidiane con i santi del Carmelo ) - 16 aprile

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Il matrimonio spirituale - 1 maggio

Veniamo ora a parlare del divino e spirituale matrimonio, che credo quaggiù non si debba effettuare in tutta la sua perfezione, perché basta che ci allontaniamo da Dio per subito perderne la grazia.

La prima volta che l’accorda, il Signore si compiace di mostrarsi all’anima nella sua Umanità sacratissima mediante una visione immaginaria affinché ella lo conosca e comprenda il gran dono che sta per farle. Forse ad altre persone si mostrerà in altra forma; ma a quella di cui parliamo si presentò appena fatta la comunione, circonfuso di grande splendore, e le disse esser tempo che ella si curasse delle cose di Lui come fossero sue proprie, mentre Egli s’interesserebbe delle sue. Ed aggiunse altre parole che sono più da sentire che da dire.

Si direbbe che per quella persona non fosse una novità, perché il Signore le si era mostrato così varie altre volte. Ma allora lo fece in tal modo da lasciarla fuor di sé e tutta piena di spavento: primo, per la grande violenza con cui la visione le avvenne; secondo, per le parole che le furono dette; e infine perché non aveva mai avuto altre visioni, tranne quella di cui ho parlato.

Dovete sapere che la differenza fra le visioni precedenti e quelle di queste mansioni è molto grande: quella che passa tra il fidanzamento e il matrimonio spirituale è come quella tra due fidanzati e coloro che più non possono separarsi.

Ho già detto che si ricorre a questi paragoni perché non ve ne sono altri di più adatti. Però si tenga presente che qui al corpo non si pensa, non altrimenti che se l’anima ne fosse separata, e nient’altro che puro spirito.

Meno ancora poi nel matrimonio spirituale, perché questa misteriosa unione si fa nel centro più intimo dell’anima, ove deve abitare lo stesso Dio che per entrarvi non ha bisogno di alcuna porta.

Se ho detto che non ha bisogno di alcuna porta, è perché nelle grazie fin qui descritte i sensi e le potenze gli erano come di mezzo, ai quali doveva pur ricorrere quando appariva nella sua sacratissima Umanità. Ma ben diversa è la cosa nell’unione del matrimonio spirituale.

Il Signore appare nel centro dell’anima – non per visione immaginaria ma intellettuale – in un modo più delicato che non in quello già detto, come apparve agli apostoli senza passare per la porta quando disse loro: Pax vobis.

Ed è un segreto così grande, un così intenso diletto, un così sublime e subitaneo favore che non so a qual paragone ricorrere. Sembra che Dio voglia mostrare all’anima la gloria del cielo, ma in un modo più elevato che non con ogni altra visione o gusto spirituale.

Soltanto questo si può dire: che l’anima, o meglio il suo spirito, diviene una cosa sola con Dio. Così a quanto si può capire.

Dio, spirito pur Lui, volendo mostrarci l’amore che ci porta, fa conoscere ad alcune persone fin dove il suo amore sa giungere, affinché lodiamo la sua grandezza, la quale si compiace di così unirsi a una creatura da non volersi mai più da essa dividere, come coloro che per il matrimonio non si possono più separare.

Non è così nel fidanzamento spirituale nel quale spesso i due soggetti si separano, come nemmeno nell’unione, nella quale, pure avendosi congiunzione di due cose in una, tuttavia queste si possono dividere, e sussistere ognuna da sé. Ordinariamente infatti si tratta di una grazia che passa rapidamente, lasciando l’anima priva della compagnia che aveva: priva nel senso che non la sente più.

Non così invece nel matrimonio spirituale, perché l’anima rimane sempre in quel centro con il suo Dio.

Possiamo paragonare l’unione a due candele di cera unita insieme così perfettamente da formare una sola fiamma, oppure come se il lucignolo, la fiamma e la cera non siano che una cosa sola. Nondimeno le candele si possono separare, ricavandone due candele distinte: così pure il lucignolo dalla cera.

Ma nel caso nostro è come l’acqua del cielo che cade in un fiume o in una fonte, dove si confonde in tal modo da non saper più distinguere quella del fiume da quella del cielo; oppure come un piccolo ruscello che va a finire nel mare, da cui non è più possibile separarlo; o come una gran luce che entra in una stanza per due finestre: vi entra divisa, e dentro si fa un tutt’uno.

Ciò forse intendeva S. Paolo quando disse: Chi si accosta e si unisce a Dio si fa un solo spirito con Lui, accennando a questo sublime matrimonio nel quale si presuppone che Dio si sia già avvicinato all’anima mediante l’unione. Dice ancora l’Apostolo: “Il mio vivere è Cristo e il morire un guadagno” Così mi pare che possa dire pur l’anima, perché qui la farfalletta muore con suo grandissimo gaudio, essendo Cristo la sua vita.

 

Santa Teresa di Gesù - Castello interiore – mansioni 7 capitolo 2. 1-5

  (da <<  la fertile montagna  >> meditazioni quotidiane con i santi del Carmelo ) 

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Il Verbo riposa nel seno del Padre – 3 maggio

 

l’anima innamorata del Verbo Figlio di Dio, suo Sposo, desiderando unirsi a lui con una visione chiara ed essenziale, espone le sue ansie d’amore, lamentandosi per la sua assenza. Si lamenta soprattutto perché, avendola ferita con il suo amore, a motivo del quale ella ha lasciato tutte le cose create e se stessa, deve poi patire l’assenza del suo Amato, che ancora non la libera dalla carne mortale onde permetterle di goderlo nella gloria eterna. Per questo dice: Dove ti sei nascosto?

È come se dicesse: Verbo, Sposo mio, mostrami dove sei nascosto. Con queste parole gli chiede di manifestarle la sua essenza divina, perché il luogo dove è nascosto il Figlio di Dio è, come dice san Giovanni, il seno del Padre (Gv 1,18), cioè l’essenza divina, inaccessibile a ogni occhio mortale e nascosta a ogni umana comprensione. Per questo Isaia, parlando con Dio, si è espresso in questi termini: Veramente tu sei un Dio nascosto (Is 45,15). Occorre dunque notare che, per quanto grandi siano le comunicazioni e le presenze di Dio nei confronti dell’anima e per quanto alte e sublimi siano le conoscenze che un’anima può avere di Dio in questa vita, tutto questo non è l’essenza di Dio, né ha a che vedere con lui. in verità, egli rimane ancora nascosto all’anima. Nonostante tutte le perfezioni che scopre di lui, l’anima deve considerarlo un Dio nascosto e mettersi alla sua ricerca, dicendo: Dove ti sei nascosto? Né l’alta comunicazione né la presenza sensibile di Dio sono, infatti, una prova certa della sua presenza di grazia, come nono sono testimonianza della sua assenza nell’anima l’aridità e la mancanza di tali interventi. Per questo il profeta Giobbe afferma: Mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m’accorgo (Gb 9,11).

Da ciò si può dedurre che se l’anima sperimentasse grandi comunicazioni, sensazioni o conoscenze spirituali, non per questo deve presumere che quanto sente è possedere o vedere chiaramente ed essenzialmente Dio, oppure è un possedere di più Dio o essere più dentro di lui, per quanto grande sia tutto questo. D’altra parte, se tutte queste comunicazioni sensibili e spirituali venissero a mancare e l’anima cadesse nell’aridità, nelle tenebre e nell’abbandono, non per questo deve pensare che le manchi Dio. In realtà, nel primo caso non può avere la certezza di essere nella sua grazia e nel secondo di esserne fuori, come dice il Saggio: L’uomo non conosce se sia degno di amore o di odio davanti a Dio (Qo 9,1). L’intento principale dell’anima, quindi, in questo verso non è solo chiedere la devozione affettiva e sensibile, che non dà la certezza evidente che si possiede lo Sposo in questa vita. Domanda soprattutto la presenza e la chiara visione della sua essenza, di cui desidera avere la certezza e possedere la gioia nella gloria.

Questo appunto voleva dire la sposa nel Cantico dei Cantici allorché, desiderando unirsi alla divinità del Verbo, suo Sposo, si rivolse al Padre in questi termini: Dimmi dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare al meriggio (Ct 1,7). Chiedergli di mostrare dove va a pascolare, significa chiedergli di mostrare l’essenza del Verbo divino, suo Figlio, perché il Padre si nutre solo nel suo unico Figlio, che è la gloria del Padre. Chiedergli, poi, di mostrare dove va a riposare, significa chiedere la stessa cosa, perché solo il Figlio è il diletto del Padre, che non riposa in nessun altro luogo né trova gioia in nessun’altra cosa che nel Figlio amato. In lui ripone le sue compiacenze, a lui comunica tutta la sua essenza, a mezzogiorno, cioè nell’eternità, dove da sempre lo genera e l’ha generato. Questo nutrimento del Verbo Sposo, di cui il Padre si pasce nella gloria infinita, e questo petto fiorito, dove con infinito godimento d’amore si adagia, profondamente nascosto a ogni occhio mortale e ad ogni creatura, è ciò che l’anima sposa chiede in questi termini: Dove ti sei nascosto?

S. Giovanni della Croce  - Cantico spirituale B 1,2-5

 

  (da <<  la fertile montagna  >> meditazioni quotidiane con i santi del Carmelo ) 

 

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