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Meditazioni Varie

N.1  Il Dolore

 

 

Non si cambia la natura delle cose e l’uomo sarà sempre l’appassionato schiavo del dolore. Ogni afflizione del corpo e dell’anima è un male d’esilio.

Il paradiso terrestre è la sofferenza e non ce ne sono altri.

Il dolore è una grazia che non abbiamo meritato.

Il cristianesimo consiste nel soffrire gli uni per mezzo degli altri.

Io dico che qualcuno mi ama, quando accetta di soffrire per me, altrimenti egli è un usuraio sentimentale che vuole installare nel mio cuore il suo vile commercio. Io sono soprattutto un uomo di guerra, ma il mio furore si rivolgerà soltanto contro i potenti, gli ipocriti, i seduttori di anime, gli avari; e sono straziato dalla pietà per gli oppressi e i sofferenti. Il dolore, ecco dunque la grande parola; ecco la soluzione di ogni vita umana sulla terra, il trampolino di tutte le superiorità, il vaglio di tutti i meriti, il criterio infallibile di tutte le bellezze morali. Non si vuole assolutamente capire che il dolore è necessario; coloro che affermano che il dolore è utile, non ne capiscono niente. L’utilità suppone sempre qual­che cosa di aggiunto e di contingente, mentre il dolore è necessario.

L’amore si riconosce al suo segno e quando questo gli manchi, l’amore non è che una prostituzione della forza o della bellezza.

Mi è impossibile chiedere qualsiasi cosa senza fare di me un bersaglio, senza offrire di pagare. Così si spiega il terribile bagno penale che è la mia vita, pensiero che mi consola e mi fa paura.

Nessuno sfugge a questa legge giusta e misericordiosa. Si deve sempre pagare. Tutto deve essere acquistato, tutto deve essere pagato.

Quando riceviamo una grazia divina, dobbiamo persuaderci che qualcuno l’ha pagata per noi. Noi agiamo sempre pro o contro qualcuno; ecco un figlio che addolora suo padre, colpevole in altro modo e troppo povero di fede per deplorare il suo peccato è costretto dalla giustizia a piangere sulla miseria morale di suo figlio e questo all’infinito. Quante volte non capita che un giudice condanni l’infelice incaricato di pagare per lui. Ho sofferto volontariamente e per voto formale da circa 30 anni, molto di più di quanto non sappiate, molto di più di quanto non abbia detto o scritto e non vorrei per dei miliardi, non avere avuto questa vita terribile che mi ha posto sulla soglia della gioia. Ho sete di essere considerato come un povero uomo tutto solo e pieno d’amore. Voi non conoscete la mia debolezza né la mia ignoranza né la mia tristezza di demonio e non sapete nulla della gioia che ho in fondo all’anima. La mia vita è stata eccezionalmente dolorosa. Ebbene, quando io soffrivo quasi al di sopra delle mie forze, mi è sembrato che pagassi per altri, per degli sconosciuti che non potevano pagare e che la mia sofferenza passasse sopra alle teste più o meno care che mi circondavano per andare infinitamente più lontano, per andare da prigionieri, da oppressi viventi o defunti che corrispondevano misteriosamente con me. E’ quello che la chiesa chiama la comunione dei santi ed è uno dei dodici articoli di fede.

Dalla mia infanzia non ricordo d’aver cessato di soffrire in tutti i modi e spesso con un eccesso incredibile; questo prova senz’altro che Dio mi ama molto.

Ho molto spesso meditato sulla sofferenza; mi sono persuaso che non c’è che que­sto di soprannaturale quaggiù.

Noi siamo tutti dei miserabili e dei devastati, perciò pochi uomini sono ca­paci di guardare nel fondo del loro abisso; ah sì, sono passato attraverso orribili dolori, ho conosciuto la vera disperazione e mi sono lasciato cadere nelle sue mani di modellatrice di bronzo, ma per carità non crediate che io sono tanto straordinario; il mio caso sembra eccezionale solo perché m’è stato dato di sentire meglio di qualche altro l’indicibile desolazione dell’amore.

Non è in potere di nessun uomo il non cercare il Paradiso, fosse anche nella disperazione; ma allora è il paradiso terrestre.

Il dolore non è il nostro fine ultimo, è la felicità il nostro fine ultimo; il dolore ci conduce per mano alla soglia della vita eterna.

Ci sono anime che Dio ama veder soffrire, la mia sofferenza è necessaria; Dio è il povero per essenza e mi chiede quest’elemosina. Si deve fare a Dio l’elemosina della sofferenza; di quella degli altri se uno è un demonio, della propria se uno è un santo. L’uomo che non soffre o che non vuol soffrire è un figlio diseredato dal Figlio di Dio che sposò il dolore; perché è solo colui che accetta di soffrire può intravedere la pace della sua anima.

L’uomo ha dei luoghi nel suo povero cuore che non esistono ancora e il dolore li penetra affinché ci siano. Come far capire che a una certa altezza gioia e dolore sono la stessa cosa e che un’anima eroica li colloca agevolmente sullo stesso piano?Ma dove sono oggi le anime eroiche? So bene che è possibile imbattersi nell’eroismo almeno allo stato rudimentale, ma l’eroismo integrale senza rappezzature e senza appoggi, l’eroismo improntato d’eterno, dov’è dunque?Un eroismo sì fatto è quello del cristiano integrale.

Noi siamo le membra dell’Uomo del dolore, dell’uomo che è gioia, amore, verità, bellezza e vita suprema, solo perché è l’amante eternamente appassionato della soffe­renza suprema. Gesù fa passare la sua Croce dalle sue spalle sulle nostre e dalle nostre sulle sue in modo da farci piangere sempre di dolore o di compassione. Dio ha creato l’uomo a sua somiglianza perché noi facessimo ciò che ha fatto Lui stesso. Egli ha preso la nostra natura allo scopo di morire per noi; noi dobbiamo prendere la sua allo scopo di dare la nostra vita per Lui; questo è il nostro dovere stretto e assoluto.

La felicità è il martirio, la somma felicità in questo mondo, il solo bene invidiabile e desiderabile, essere fatto a pezzi, essere bruciato vivo, ingoiare piombo fuso per amore di Gesù Cristo, essere un giorno il martire, il testimone sangui­nante di colui che riderà l’ultimo giorno.

Sogno d’un esiliato dal Paradiso, sogno di un povero che non vedrà il mondo se non attraverso una pioggia di lacrime.             

(LEON BLOY – un convertito)

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N.2 - *Per giungere a gustare il tutto,

non cercare il gusto in niente.

Per giungere al possesso del tutto,

non voler possedere niente.

Per giungere ad essere tutto,

non voler essere niente.

Per giungere alla conoscenza del tutto,

non cercare di sapere qualche cosa in niente.

Per venire a cio’ che ora non godi,

devi passare per dove non godi.

Per giungere a cio’ che non sai,

devi passare per dove non sai.

Per giungere al possesso di cio’ che non hai,

devi passare per dove non hai.

Per giungere a cio’ che non sei,

devi passare per dove ora non sei.

(San Giovanni della Croce)

 

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N.3 -  I novantanove titoli di Dio Allah

    1.      Clemente

    2.      Misericordioso

    3.      Re

    4.      Santo

    5.      Pace

    6.      Fedele

    7.      Vigilante

    8.      Potente

    9.      Fortissimo

    10.  Supremo

    11.  Creatore

    12.  Tutto producente

    13.  Tutto plasmante

    14.  L’Indulgente

    15.  L’Irresistibile

    16.  Il Donatore

    17.  Dispensatore

    18.  Il Vittorioso

    19.  L’Onnisciente

    20.  Il Dominatore

    21.  L’Incoraggiante

    22.  L’Umiliatore

    23.  L’Innalzante

    24.  L’Onorante

    25.  L’Avvilente

    26.  L’Ascoltatore

    27.  Il Veggente

    28.  Giudice

    29.  Giusto

    30.  Benevolo

    31.  Sapiente

    32.  Mansueto

    33.  L’Inaccessibile

    34.  Perdonatore

    35.  Ricompensatore

    36.  L’Eccelso

    37.  Il Grande

    38.  Il Custode

    39.  Il Nutriente

    40.  L’Esaminate

    41.  Maestoso

    42.  Generoso

    43.  Tutto controllante

    44.  L’Esauditore

    45.  L’Immenso

    46.  Il Prudente

    47.  L’Amabilissimo

    48.  Il Glorioso

    49.  Risuscitante

    50.  Il Testimone

    51.  La Verità

    52.  Il Fiduciario

    53.  L’Invincibile

    54.  L’Incrollabile

    55.  L’Amico

    56.  Il Degno di lode

    57.  Il Tutto comprendente

    58.  Il Tutto rinnovante

    59.  Il Creatore

    60.  Vivificatore

    61.  Sterminatore

    62.  Il Vivente

    63.  Il Sussistente

    64.  Il Perfetto

    65.  Il Nobile

    66.  L’Uno

    67.  L’Immutabile

    68.  Il Possente

    69.  L’Onnipotente

    70.  L’Avvicinante

    71.  L’Allontanante

    72.  Il Primo

    73.  L’Ultimo

    74.  Il Rivelatore

    75.  Il Nascosto

    76.  Il Governatore

    77.  Il Trascendente

    78.  Il Benefico

    79.  Non Ostinato

    80.  Il Vendicatore

    81.  Il Condonatore

    82.  Il Compassionevole

    83.  Sovrano del mondo

    84.  Equanime

    85.  Tutti raccogliente

    86.  L’Indipendente

    87.  L’Abbellitore

    88.  Il Difensore

    89.  Il Colpente

    90.  L’Aiutante

    91.  La Luce

    92.  Guida sulla retta via

    93.  Creatore di novità

    94.  Eterno

    95.  Meta finale

    96.  Indirizzante al bene

    97.  Pazientissimo

    98.  Ricompensatore

    99.  Illuminatore

    Il 100 è conosciuto solo da te

 

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N.4 Desidero essere una Santa..."

(Da "Storia di un'anima" manoscritto autobiografico B 253,254 di Santa Teresa di Gesù Bambino)

 Aprendo il santo Vangelo il mio sguardo è caduto su queste parole: "Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui". Ecco il mistero della mia vocazione, di tutta intera la mia vita e soprattutto il mistero dei privilegi di Gesù per la mia anima... Egli non chiama quelli che ne sono degni, ma quelli che vuole. Mio Dio! Desidero amarti e farti amare; desidero compiere perfettamente la tua volontà; desidero, in una parola, essere una Santa. Ho sempre desiderato d'essere una santa. Sento tuttavia la mia impotenza e ti chiedo, o mio Dio, di essere tu la mia Santità. Sono certa che esaudirai i miei desideri; lo so, mio Dio! Quanto più vuoi dare, tanto più fai desiderare. Non potresti ispirare desideri irrealizzabili, quindi nonostante la mia piccolezza, posso aspirare alla santità. Sento nel mio cuore desideri immensi ed è fiduciosamente che ti chiedo di venire a prendere possesso della mia anima. Se, per debolezza, dovessi qualche volta cadere, che subito il tuo sguardo divino purifichi la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in se stesso. Non voglio accumulare meriti, voglio operare per il tuo solo Amore, nell'unico intento di farti piacere. Alla sera di questa vita, apparirò a mani vuote davanti a te; non ti chiedo, infatti, Signore, di tenere conto delle mie opere. Voglio ricevere dal tuo Amore l'eterno possesso di Te stesso. Non voglio altro Trono e altra Corona che Te, o mio Diletto!  Come realizzare i desideri della mia povera anima? Senza scoraggiarmi continuai la lettura e questa frase mi rincuorò: "Cercate con ardore i doni più perfetti; ma io vi mostrerò una via ancora più eccellente". E l'apostolo spiega come tutti i doni più perfetti non sono niente senza l'Amore... Che la carità è la via eccellente che conduce sicuramente a Dio. Finalmente avevo trovato il riposo! Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuno dei membri descritti da S.Paolo: o meglio, volevo riconoscermi in tutti! La Carità mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che se la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava: capii che la Chiesa aveva un Cuore e che questo Cuore era acceso d'Amore.

Capii che l'Amore racchiudeva tutte le vocazioni, che l'Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi. Allora, nell'eccesso della mia gioia delirante, ho esclamato: O Gesù, mio Amore, la mia vocazione l'ho trovata finalmente! La mia vocazione è l'Amore!

 O Gesù, lo so, l'amore si paga soltanto con l'amore: perciò ho cercato e ho trovato il modo per calmare il mio cuore rendendoti Amore per Amore. Ho capito che i miei desideri di essere tutto, di abbracciare tutte le vocazioni, erano ricchezze che avrebbero potuto rendermi ingiusta: allora me ne sono servita per farmi degli amici... Sì, mio Amato, ecco come si consumerà la mia vita! Non ho altro mezzo per provarti amore che gettare fiori, cioè non lasciar sfuggire nessun piccolo sacrificio, nessuno sguardo, nessuna parola, approfittare di tutte le cose più piccole e farle per amore!". 

 

 

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N.5 - Conoscenza di Dio e dell’uomo

 Tu, Signore, mi giudichi. Nessuno fra gli uomini conosce le cose dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui . Vi è tuttavia nell’uomo qualcosa, che neppure lo spirito stesso dell’uomo che è in lui conosce; tu invece, Signore, sai tutto di lui per averlo creato. Anch’io, per quanto mi avvilisca al tuo cospetto, stimandomi terra e cenere, so qualcosa di te, che di me ignoro. Noi ora vediamo certamente attraverso uno specchio in un enigma, non ancora faccia a faccia; quindi, finché pellegrino lontano da te, sono più vicino a me, che a te. Eppure ti so assolutamente inviolabile, mentre non so a quali tentazioni possa io resistere, a quali no. C’è speranza, perché tu sei fedele e non permetti che siamo tentati al di là delle nostre forze, offrendo con la tentazione anche lo scampo, affinché possiamo sostenerla.

Confesserò dunque quanto so di me, e anche quanto ignoro di me, perché quanto so di me, lo so per tua illuminazione, e quanto ignoro di me, lo ignoro finché le mie tenebre si mutino quale il mezzodì nel tuo volto.

(S.Agostino - Confessioni  10,5-7)

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N.6 - Desiderare Dio

 

Tutti quelli che possiedono Dio nel proprio essere,

lo hanno in un modo divino ed egli risplende

verso di loro in tutte le cose;

per loro tutte le cose hanno il gusto di Dio

e in tutte le cose è l’immagine di Dio che essi vedono.

Dio è sempre raggiante dentro di loro:

essi sono interiormente distaccati dal mondo

e sono permeati dalla presenza colma di amore del loro Dio.

E come quando qualcuno è molto assetato e,

anche se sta facendo qualcosa di diverso dal bere

e la sua mente è rivolta ad altre faccende,

il pensiero di qualcosa da bere non lo abbandona,

perché, finché è assetato, qualunque azione compia,

con chiunque sia, qualunque cosa cerchi di ottenere,

 in qualunque opera o pensiero sia impegnato,

quanto più è assetato, tanto più grande, intenso,

immediato e persistente diventa il pensiero di qualcosa da bere.

O se qualcuno ama qualcosa appassionatamente

con tutta la sua forza,

cosicché nient’altro lo soddisfa o tocca il suo cuore,

e desidera soltanto quello e null’altro,

allora certamente, chiunque egli sia o con chiunque sia,

qualsiasi cosa stia facendo o stia per fare,

l’oggetto del suo amore non sarà mai cancellato in lui,

ma anzi, egli troverà la sua immagine in tutte le cose

e quanto più grande diventa il suo amore,

tanto più presente sarà per lui.

Una tale persona non cerca la pace,

perché la pace è già sua.

 Meister Eckhart

 

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N.7 Se tu vuoi sapere qual è il valore della tua vita, vedi quale peso ha in essa l'adorazione

 

Nella preghiera tu sei soprattutto attirato dal moto d’amore di Dio che viene a salvarti in Gesù Cristo. In questo modo tu rischi di metterti al centro e di rinchiuderti in una specie di utilitarismo spirituale. Spezza questo cerchio per osare, in un gesto gratuito di adorazione, il movimento ascendente contrario. Tu sei fatto per adorare Dio e la tua vita troverà il suo vero centro di gravità quando ti prosternerai nella polvere davanti al Dio tre volte santo della visione d’Isaia (c. 6).

     I cristiani parlano ancora molto di Dio: fanno anche molte cose per lui, ma vanno perdendo il senso dell’adorazione; e per questo rischiano l’ateismo. Un Dio che non si adora non è il vero Dio. Tu devi riconoscere che Dio solo è Dio e che l’adorazione è il tuo primo dovere. Questo atto non è che un anticipo, un pregustare quello che farai eternamente nel cuore della santissima Trinità.

     Adorare non è per te solo un dovere che deriva dalla tua condizione di creatura: esso è la forma più elevata della tua vita di uomo. Adorando Dio, tu proclami la sua santità, ma al tempo stesso affermi la tua grandezza di uomo libero davanti a lui: «Il valore di una vita, dice padre Monchanin, è dato dal posto che vi ha l’adorazione». Quando vuoi Dio per Dio, adorandolo, allora trovi la tua libertà di uomo.

E’ vero che la Chiesa deve continuamente ricordare che Cristo è venuto a salvare l’uomo e che i cristiani devono mettersi al servizio dei fratelli, ma essa tradirebbe la sua missione se riducesse il cristianesimo ad una pura diaconia fraterna: la fede si degraderebbe in un umanesimo monco. Oggi gli uomini soffocano in una società di consumi; essi hanno lo stretto diritto di vedere la Chiesa quale deve essere nella sua vera missione: rivolta verso gli uomini da salvare, ma prima di tutto verso Dio da adorare e da amare.

Chiedi lungamente e con fervore allo Spirito Santo il senso dell’adorazione, e poi prosternati davanti a Dio nell’atteggiamento di colui che è colpito insieme dall’esperienza della santità di Dio e dal senso del proprio peccato: «Adorare Dio, dice il padre Geffré, è abbassare gli occhi davanti alla sua gloria». «Quando Mosè sentì la voce di Dio nel roveto ardente, si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio» (Es 3,6). Solo Cristo rende una lode perfetta di adorazione al Padre: chiedigli di riprodurre in te quel movimento che lo faceva tendere ad Patrem.

Per adorare, tu devi intravedere la gloria di Dio, ossia la sua grandezza inaccessibile e la sua santità incomparabile. Ma Dio non si rivela mai come totalmente Altro senza rivelarsi insieme come vicinissimo, poiché è Amore, il Dio santo è anche inscindibilmente il Dio Amore che ti fa partecipare alla sua vita trinitaria. Dio è adorabile perché è Amore.

Il tuo stesso corpo è chiamato a esprimere l’adorazione del tuo cuore. In certi momenti tu non potrai fare altro che prosternarti con la faccia a terra (Ez 1,28). poiché la santità di Dio è un mistero che sfugge sempre alla presa dell’uomo. Tu ti nasconderai il volto tra le mani, ma sentirai Dio chiamarti per nome. Prenderai così coscienza del tuo peccato di fronte alla santità di Dio. Ma il Dio santo non annienta il peccatore, Io purifica. L’angelo tocca la bocca d’Isaia con della brace presa dall’altare, per purificarla.

In fondo, è contemplando Gesù Cristo che scoprirai la santità e la vicinanza di Dio. In lui tu hai l’intimità del Dio totalmente Altro con l’uomo. Egli è l’unico adoratore del Padre: «E giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori» (6v 4,23). Nell’orazione sei ghermito dallo Spirito che ti configura a Cristo. A sua volta, il Figlio ti conduce nelle profondità del Padre e ti fa partecipare alla sua stretta d’amore. E dalle labbra e dal cuore del Cristo che sale la perfetta adorazione del Padre. lmmergiti sempre di più nel Cristo. 

(Jean Lafrance – Prega il Padre tuo nel segreto edizioni O.R.)

 

 

 N.7 - meditazione di Meister Eckhart

C'è una potenza nell'anima, l'intelletto, che fin dall'inizio, appena prende coscienza di Dio o lo gusta, ha in sé cinque proprietà. La prima è quella di essere libera dal qui e dall'ora. La seconda è quella di non avere somiglianza con niente. La terza è quella di essere pura e senza commistione. La quarta è quella di essere operante o ricercante in sé stessa. La quinta è quella di essere un'immagine. In primo luogo: è libera dal qui e dall'ora. Qui ed ora significano il tempo e il luogo. «Ora» è la piú piccola parte del tempo, non è frammento o parte del tempo, ma piuttosto un sapore del tempo, una punta ed una estremità del tempo. E tuttavia, per quanto piccolo possa essere, deve andarsene; tutto deve andarsene quel che tocca il tempo, o il sapore del tempo. Dall'altro lato: è libera dal qui. «Qui» significa il luogo. Il luogo in cui io sono è davvero piccolo. Tuttavia, per quanto piccolo possa essere, deve sparire, se si deve vedere Dio. In secondo luogo: non è simile a niente. Un maestro dice: Dio è un'essenza simile a niente, e che non può assomigliare a niente. San Giovanni dice: «Noi saremo chiamati figli di Dio». Ma se dobbiamo essere figli di Dio, dobbiamo essere simili a lui. Come dunque può dire il maestro: Dio è un'essenza simile a niente? Lo dovete comprendere cosí: in quanto questa potenza è simile a niente, in tanto proprio è simile a Dio. Essa è simile a niente, proprio come Dio è simile a niente. Sapete, tutte le creature per natura stanno in caccia ed operano al fine di diventare simili a Dio. Il cielo mai ruoterebbe, se non andasse in cerca di Dio o di una somiglianza a lui. Se Dio non fosse in tutte le cose, la natura non opererebbe né desidererebbe niente in nessuna cosa, giacché, che tu ne abbia gioia o dolore, che tu lo sappia o no, la natura cerca e tende a Dio nel segreto, nella parte piú intima. Per quanto assetato possa essere un uomo, egli rifiuterebbe la bevanda che gli venisse offerta, se non vi fosse in essa qualcosa di Dio. La natura non desidererebbe né cibo né bevanda, né vesti né alloggio, né alcuna altra cosa, se non vi fosse niente di Dio; essa sempre cerca nel segreto e sta in caccia per trovare Dio in tutte le cose. In terzo luogo: è pura e senza commistione. La natura di Dio è tale che non può soffrire molteplicità o commistione di alcun genere. Cosí anche questa potenza non ha molteplicità o commistione di sorta; niente di estraneo è in essa, e non può introdurvisi. Se io dicessi di un bell'uomo che è pallido e nero gli farei torto. L'anima dev'essere completamente senza molteplicità. Se qualcuno attaccasse qualcosa al mio cappuccio o vi ponesse qualcosa, chi lo tirasse, tirerebbe insieme quel che vi è attaccato. Quando io me ne vado di qui, tutto quel che è su di me se ne va con me. Se si trascina via ciò su cui un uomo ha costruito, si porta via anche lui. Ma se un uomo fosse fondato sul nulla e non aderisse a nulla, rimarrebbe completamente immobile anche se il cielo e la terra fossero capovolti, perché non sarebbe attaccato a niente e niente a lui. In quarto luogo: è sempre interiormente in ricerca e operante. Dio è una tale essenza che sempre abita nel piú profondo. Perciò l'intelletto ricerca sempre nell'interno. Al contrario, la volontà va verso l'esterno, verso quel che ama. Se, ad esempio, venisse da me un amico, il mio volere con il suo amore si effonderebbe verso di lui, e troverebbe in ciò la sua soddisfazione. Dice san Paolo: «conosceremo Dio come siamo conosciuti da lui». San Giovanni dice: «Conosceremo Dio come egli è». Se devo essere colorato, devo avere in me quel che appartiene al colore. Non sarò mai colorato, se non ho in me l'essenza del colore. Mai posso vedere Dio, se non là dove egli stesso si vede. Perciò un santo dice: «Dio abita in una luce inaccessibile». Nessuno si scoraggi per questo: ci si trova sulla strada o nell'entrata, e questo è bene; ma la verità è lontana, perché questo non è Dio. In quinto luogo: è un'immagine. Ebbene, fate attenzione e ricordate bene, perché tutta la predica sta in questo. L'immagine e l'immagine originaria sono cosí completamente uno ed unite l'un l'altra, che non vi si può riconoscere alcuna distinzione. Si può ben pensare il fuoco senza calore e il calore senza fuoco; si può anche pensare il sole senza la luce e la luce senza il sole, ma non si può riconoscere alcuna distinzione tra immagine ed immagine originaria. Dico ancora di piú: Dio, con la sua onnipotenza, non può riconoscere in ciò alcuna distinzione, perché insieme vengono generate e insieme muoiono. Se mio padre muore, non muoio perciò io. Quando muore, non si può dire «è suo figlio», ma piuttosto si dice «era suo figlio». Se si fa bianco il muro, in quanto è bianco è uguale ad ogni bianchezza. Se si fa nero, allora è morto ad ogni bianchezza. Vedete, lo stesso è qui. Se sparisse l'immagine formata secondo Dio, se ne andrebbe anche l'immagine di Dio. …

(Sermoni tedeschi, Modicum et iam non videbitis me, ed. Adelphi, Milano)

 

 N.8 dalle lettere di San Pio da Pietrelcina sacerdote

(Edizione 1994: II, 87-90, n. 8)

 

Pietre dell'eterno edificio

     Con ripetuti colpi di salutare scalpello e con diligente ripulitura l'Artista divino vuole preparare le pietre con le quali costruire l'edificio eterno. Così canta la nostra tenerissima madre, la santa Chiesa Cattolica, nell'inno dell'ufficio della dedicazione della chiesa. E così è veramente.

Molto giustamente si può affermare che ogni anima destinata alla gloria eterna è costituita per innalzare l'edificio eterno. Un muratore che vuole edificare una casa innanzi tutto deve ben ripulire le pietre che vuole usare per la costruzione. Cosa che ottiene a colpi di martello e scalpello. Allo stesso modo si comporta il Padre celeste con le anime elette, che la somma sapienza e provvidenza fin dall'eternità ha destinate ad innalzare l'edificio eterno.

Dunque, l'anima destinata a regnare con Gesù Cristo nella gloria eterna deve essere ripulita a colpi di martello e di scalpello, di cui l'Artista divino si serve per preparare le pietre, cioè le anime elette. Ma quali sono questi colpi di martello e di scalpello? Sorella mia, sono le ombre, i timori, le tentazioni, le afflizioni di spirito e i tremori spirituali con qualche aroma di desolazione e anche il malessere fisico. Ringraziate, quindi, l'infinita pietà dell'eterno Padre che tratta così la vostra anima perché destinata alla salvezza. Perché non gloriarsi di questo trattamento amoroso del più buono di tutti i padri? Aprite il cuore a questo celeste medico delle anime e abbandonatevi con piena fiducia tra le sue santissime braccia. Egli vi tratta come gli eletti, affinché seguiate Gesù da vicino sull'erta del Calvario. Io vedo con gioia e con vivissima commozione dell'animo come la grazia ha operato in voi. Siate certi che tutto quello che ha sperimentato la vostra anima è stato disposto dal Signore. Non abbiate perciò timore di incorrere nel male e nell'offesa di Dio. Vi basti sapere che in tutto questo mai avete offeso il Signore, anzi che lui ne è rimasto ancor più glorificato. Se questo tenerissimo Sposo si nasconde alla vostra anima non è perché, come pensate, voglia vendicarsi della vostra infedeltà, ma perché mette sempre più alla prova la vostra fedeltà e costanza e inoltre vi purifica da alcuni difetti, che non appaiono tali agli occhi carnali, cioè quei difetti e quelle colpe, dai quali neppure il giusto è esente. Nelle sacre pagine è infatti scritto: «Il giusto cade sette volte» (Pr 24, 16).

E credetemi che se non vi sapessi così afflitti, sarei meno contento, perché vedrei che il Signore vi dona meno gemme preziose... Scacciate come tentazioni i dubbi contrari... Scacciate anche i dubbi che riguardano il modo di essere della vostra vita, cioè che non ascoltate le ispirazioni divine e che resistete ai dolci inviti dello Sposo. Tutto questo non proviene da spirito buono, ma da spirito cattivo. Si tratta di arti diaboliche, che cercano di allontanarvi dalla perfezione o almeno di ritardare il vostro cammino verso di essa. Non vi perdete di coraggio!

Se Gesù si manifesta, ringraziatelo; se si nasconde, ringraziatelo ancora: sono scherzi di amore. Mi auguro che arriviate a spirare con Gesù sulla croce ed esclama­re con Gesù: «Consummatum est» 

(Gv 19, 30). 

(Ufficio delle letture 23 settembre)

 

 

N.9 Servi o reverendi? Ovvero: la metafora della diaconia sacerdotale

 

Prendete un Palazzi, uno Zingarelli, ed ecco cosa c’è sotto il termine servi, ecco quali sinonimi, quale nomenclatura viene snocciolata: domestico, dipenden­te, cameriere, schiavo, sguattero, facchino, lavapiatti, uomo di fatica…

Siamo troppo reverendi, troppo dotti, troppo rag­guardevoli, troppo notabili, per sentircela di condividere fino in fondo uno di questi sinonimi. Siamo troppo assuefatti al ruolo di progettisti per sopportare di essere relegati al compito di esecutori. Siamo troppo abituati al ruolo di maestri.

Nonostante lo scialo di vocabolario che facciamo -  ministri sacri, ministri ordinati, ministeri  -  si fa molta fatica ad essere ministri: minus-stare è fare come Gesu’ che si inginocchia davanti agli alluci male odoranti dei discepoli.

Abbiamo troppo vivo il senso della nostra partecipazione alla dignità di Cristo capo, per sentirci fino in fondo «incaricati della diaconia di Gesù Cristo», come diceva sant'Ignazio di Antiochia parlando dei vescovi. Chi vuol essere il primo sarà il servo di tutti: sono parole che diciamo da tanto tempo e che, negli anni del seminario, abbiamo sentito dire tantissime volte, all'interno delle conferenze spirituali, dei ritiri, degli esercizi.

Chiediamo incessantemente al Signore la grazia della schiavitù, che nessuno di noi si senta proprietario del popolo che è di Dio, nessuno si senta il gestore delle sue sorti spirituali.

Nessuno di noi si senta manipolatore della coscienza degli altri, agente segreto delle scelte libere della nostra gente, condizionatore delle sue opzioni.

Ognuno di noi si senta semplicemente servo. Servo insonne dalla mattina alla sera e non con semplici prestazioni part-time. Servo amante degli ultimi posti e non innamorato delle luci della ribalta.

Qualche volta si sprigionano anche nel nostro cuore sentimenti di amarezza, piccole invidie per un posto non raggiunto, per un titolo che non ci è stato accordato, per una carriera che ci pare stroncata... Come se noi dovessimo fare discorsi di carriera...

     La nostra vera carriera è un' altra cosa: è la sequela di Gesu’ Cristo, felicissimi di essere rimasti servi, preti del Signore nella nostra piccola parrocchia, che magari non conosce nessuno.

Diceva Luther King: «Se c'è una persona soltanto alla quale tu puoi dire buon giorno, hai già un motivo per sopravvivere».

(Antonio Bello – Parabole e metafore – Intensità evocative – ed Insieme)

 

 

 N.10 - La stola e il grembiule  

Forse a qualcuno puo’ sembrare un espressione irriverente e l’accostamento della stola con il grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio.

    Sì perché di solito, la stola richiama l’armadio della sacrestia dove con tutti gli altri paramenti sacri profumata di incenso fa bella mostra di sé con la sua seta e i suoi colori, con i suoi simboli e con i suoi  richiami.

    Il Grembiule invece ben che vada se non proprio agli accessori di un lavatoio, richiama la credenza della cucina dove intriso di intingoli e chiazzato di macchie è sempre a portata di mano della buona massaia.

    Eppure è l’unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo, il quale Vangelo per la Messa solenne celebrata da Gesù nella notte del Giovedi santo non parla né di casule, né di ammitti, né di stole né di piviali.

    Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse i fianchi con un gesto squisitamente sacerdotale.

    Chi sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre sacrestie con l’aggiunta di un grembiule fra le dalmatiche di raso e le pianete ricamate d’oro, fra i veli omerali di broccato e la stola a lamine d’argento. (Don Tonino Bello)

 

 

11 - Le cose che ho imparato nella vita
(Paulo Coelho)

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:
Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà.
E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
Che la pazienza richiede molta pratica.
Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire un parola, e quando vai via senti come se è stata la miglior conversazione mai avuta.
E' vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole un vita per dimenticarlo.
Non cercare le apparenze, possono ingannare.
Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante un giornataccia.
Trova quello che fa sorridere il tuo cuore. Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.
Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male, quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza delle persone che hanno toccato le loro vite.
L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un thé.
Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.
Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te piange.

 

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