home page

 chi siamo il progetto contatti

       bibliografia

 link utili
1.Mi racconto e...te la conto   
 
le regole    
 
un gioco per conoscerci

2. Giocologo
le regole

tante proposte per un logo

3. C'è un pirata nella...rete!
tutto su navigatori, pirati,  corsari e briganti 
 

4. Per terre
indagine sul territorio   sulle tracce dei pirati 

5. Per mari
storia e geografia del     Mediterraneo

6. e sulle...navi della fantasia
miti, leggende, racconti,   poesie

L'isola di Bergeggi e la barca misteriosa

Verso l'anno 485 nell'Africa settentrionale dominavano i Vandali, popolo barbaro, che nel 455 avevano saccheggiato Roma in tal modo che la parola vandalismo restò a significare distruzione brutale.
I due prelati non pensarono che ad obbedire alla parola di Dio. L'angelo ruppe le loro catene, li guidò attraverso le guardie delle porte e nelle vie buie della città, fino alla riva del mare, dove trovarono una leggera barchetta.
In quel momento la luce cessò, ma gli abitanti della costa, spettatori di tanto prodigio, corsero ad ammirare i due naviganti straordinari, e non potevano credere ai propri occhi.
Il popolo che li attendeva si prostrò in atto di adorazione profonda, ma essi lo fecero rialzare dicendo: "O popolo prediletto, adora Dio solo e ascolta la sua parola!"
Quella parola predicarono poi ogni giorno nel territorio di Vado, com'era stato ordinato.
Eugenio rimase solo sullo scoglio deserto, sconsolato finchè tornò l'agile barchetta, sicuro annunciò che l'amico era giunto ad un buon porto.
Ma il culto verso questo non cessò, anzi crebbe tanto che il vescovo di Savona, Bernardo, nell'intento di perpetuarlo, fece costruire nell'isola il monastero o badia di sant'Eugenio, che, che con atto del primo marzo 992, donò ai monaci benedettini di Lerino.Quando nel 1252 i monaci se ne andarono e l'isola passò alla diocesi di Noli, il corpo di sant'Eugenio fu portato in quella città, le costruzioni dell'isola cominciarono a decadere, si ricopersero d'erbe selvatiche, e lo scoglio prese l'aspetto che conserva anche oggi.
Nella luce scintillante del mattino, raggiunta ormai la rupe prodigiosa, il grande Eugenio, come ai tempi andati, benediceva la gente ancora sulla riva.


Le torri di Bergeggi


Verso il '900 sorgeva sul capo di Bergeggi una robusta "guaita" o torre di vedetta che un nobile aveva fatto costruire per avere rifugio contro le scorribande barbaresche; vivevano con lui i figli,Roberto e Ines, difesi da un gruppo di fedeli uomini.
Un giorno il nobile signore dovette allontanarsi chiamato da Genova. Il comando della torre venne allora assunto dal giovane Roberto al quale il padre affidò l'onore e la vita della sorella. Le giornate trascorrevano tranquille finchè un giorno tutte le guaite innalzarono dense colonne di fumo perchè sul mare avanzavano immense vele candide: erano i pirati. Scesero dalle navi e si avviarono a grandi passi verso le alture, anche la guaita di Bergeggi fu circondata.
A capo dei difensori si era posto il giovane Roberto, ma anche la sorella si era coperta di ferro e armata di spada. I Saraceni, che erano guidati da un giovane guerriero, strinsero in breve i Cristiani nell'ultimo piano della torre; anche Ines si batteva, coperta dall’armatura al fianco del fratello ma un terribile fendente di sciabola lo abbattè al suolo; con un urlo d'angoscia la sorella si levò l'elmo e si precipitò sul caduto chiamandolo con i più dolci nomi.
Di fronte al terribile dolore della ragazza i saraceni si fermarono, il loro comandante guardò affascinato e sgomento la scena: il fatto è che la fanciulla era bellissima, il capo saraceno si innamorò di lei all’istante e volle tenerla con sé: la vecchia torre divenne il suo carcere, ma un carcere in cui le poteva dirsi regina.
Achmet, il saraceno, rimase a Bergeggi dove aveva iniziato la costruzione di una poderosa opera in muratura; i liguri seguivano con ansia l'opera del nemico, ma che potevano fare i poverini contro un nemico strapotente?
Intanto tra la bellissima prigioniera e il principe saraceno andava fiorendo un dolce romanzo d'amore, il castello dei conquistatori era ormai finito e arredato all'interno con superba magnificenza, il principe vi condusse Ines e ve la lasciò signora.
Un giorno un grido d'allarme scese dall'alto delle torri: stava avanzando una superba galea che recava sulla sommità dell'albero maestro la Croce di San Giorgio, era Genova, piegata ma non completamente sconfitta che tornava a rivendicare il suo mare mentre i marinai lanciavano il loro grido appassionato:" Viva San Giorgio".
Achmet prese la ragazza per mano e le disse "Devo lasciarti ma sappi che per tutta la vita sarai tu la padrona del mio cuore, in pegno del mio amore ti lascio questo anello; la pietra che vi si trova incastonata ha capacità miracolose, quanto la vedrai limpida vuol dire che io sto bene, quando si appannerà io sarò in pericolo, e ora addio!"
Poco dopo sul mare s'accendeva una terribile battaglia.
A tratti, urlando come ossessi, i Saraceni tentava-
no di andare all'arrem
baggio fin che riuscirono a porre piede sul ponte della galea; cristiani e barbareschi si trovarono mescolati in una mischia orrenda, fin che i due capi si trovarono uno di fronte all'altro.
Il cavaliere disse che non si sarebbe mai arreso, perché voleva morire dove erano morti i suoi figli, a questo punto il principe Achmet diede un ordine.Tutti i suoi guerrieri si fermarono, egli solo avanzò verso il nemico e gli parlò sottovoce. L'ira scomparve dal volto del nobile comandante genovese, per lasciare posto ad un sorriso, Achmet gli mostrò il castello dove la figlia attendeva ansiosamente il padre, e poi, seguito dai suoi uomini, abbandonò la galea.
Passarono gli anni e Genova riuscì a debellare il secolare nemico.
Ma il maniero di Achmet rimase presto deserto. Morto il vecchio signore, logorato dagli anni, la figlia lo seguì da li a poco, da tempo una lenta febbre la stava consumando, dal giorno in cui l'anello fatato, poco dopo la partenza di Achmet, si era appannato.
Dalla sua morte nessuno più volle abitare il castello, sorse intanto sull'isola di Bergeggi un monastero, qui un giorno capitò un pellegrino vecchio e cadente che si trascinava a stento, ma cha aveva un volto nobile e occhi che brillavano di una strana luce.
I monaci lo accolsero, il vecchio trascorreva i suoi giorni contemplando i ruderi del castello e a tratti le sue labbra mormoravano un dolce nome di donna "Ines".
Poi anche il vecchio pellegrino morì, mentre i suoi occhi guardavano ancora verso le malinconiche torri del vecchio castello.



Martina B. Federico D. II F Andora
Gaia G. Sara C. II D Arenzano


                                                                               indietro