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L'isola di Bergeggi
e
la barca misteriosa
Verso l'anno 485 nell'Africa settentrionale dominavano i Vandali, popolo
barbaro, che nel 455 avevano saccheggiato Roma in tal modo che la parola
vandalismo restò a significare distruzione brutale.
I due prelati non pensarono che ad obbedire alla parola di Dio. L'angelo
ruppe le loro catene, li guidò attraverso le guardie delle porte e nelle
vie buie della città, fino alla riva del mare, dove trovarono una
leggera barchetta.
In quel momento la luce cessò, ma gli abitanti della costa, spettatori
di tanto prodigio, corsero ad ammirare i due naviganti straordinari, e
non potevano credere ai propri occhi.
Il popolo che li attendeva si prostrò in atto di adorazione profonda, ma
essi lo fecero rialzare dicendo: "O popolo prediletto, adora Dio solo e
ascolta la sua parola!"
Quella parola predicarono poi ogni giorno nel territorio di Vado,
com'era stato ordinato.
Eugenio rimase solo sullo scoglio deserto, sconsolato finchè tornò
l'agile barchetta, sicuro annunciò che l'amico era giunto ad un buon
porto.
Ma il culto verso questo non cessò, anzi crebbe tanto che il vescovo di
Savona, Bernardo, nell'intento di perpetuarlo, fece costruire nell'isola
il monastero o badia di sant'Eugenio, che, che con atto del primo marzo
992, donò ai monaci benedettini di Lerino.Quando nel 1252 i monaci se ne
andarono e l'isola passò alla diocesi di Noli, il corpo di sant'Eugenio
fu portato in quella città, le costruzioni dell'isola cominciarono a
decadere, si ricopersero d'erbe selvatiche, e lo scoglio prese l'aspetto
che conserva anche oggi.
Nella luce scintillante del mattino, raggiunta ormai la rupe prodigiosa,
il grande Eugenio, come ai tempi andati, benediceva la gente ancora
sulla riva.
Le torri di Bergeggi
Verso il '900 sorgeva sul capo di
Bergeggi una robusta "guaita" o torre
di vedetta che un nobile aveva fatto costruire per avere rifugio contro
le scorribande barbaresche; vivevano con lui i figli,Roberto e Ines,
difesi da un gruppo di fedeli uomini.
Un giorno il nobile signore dovette allontanarsi chiamato da Genova. Il
comando della torre venne allora assunto dal giovane Roberto al quale il
padre affidò l'onore e la vita della sorella. Le giornate trascorrevano
tranquille finchè un giorno tutte le guaite innalzarono dense colonne di
fumo perchè sul mare avanzavano immense vele candide: erano i pirati.
Scesero dalle navi e si avviarono a grandi passi verso le alture,
anche
la guaita di Bergeggi fu circondata.
A capo dei difensori si era posto il giovane Roberto, ma anche la
sorella si era coperta di ferro e armata di spada. I Saraceni, che erano
guidati da un giovane guerriero, strinsero in breve i Cristiani
nell'ultimo piano della torre; anche Ines si batteva, coperta
dall’armatura al fianco del fratello ma un terribile fendente di
sciabola lo abbattè al suolo; con un urlo d'angoscia la sorella si levò
l'elmo e si precipitò sul caduto chiamandolo con i più dolci nomi.
Di fronte al terribile dolore della ragazza i saraceni si fermarono, il
loro comandante guardò affascinato e sgomento la scena: il fatto è che
la
fanciulla era bellissima, il capo saraceno si innamorò di lei
all’istante e volle tenerla con sé: la vecchia torre divenne il suo
carcere, ma un carcere in cui le poteva dirsi regina.
Achmet, il saraceno, rimase a Bergeggi dove aveva iniziato la
costruzione di una poderosa opera in muratura; i liguri seguivano con
ansia l'opera del nemico, ma che potevano fare i poverini contro un
nemico strapotente?
Intanto tra la bellissima prigioniera e il principe saraceno andava
fiorendo un dolce romanzo d'amore, il castello dei conquistatori era
ormai finito e arredato all'interno con superba magnificenza, il
principe vi condusse Ines e ve la
lasciò signora.
Un giorno un grido d'allarme scese dall'alto delle torri: stava
avanzando una superba galea che recava sulla sommità dell'albero maestro
la Croce di San Giorgio, era Genova, piegata ma non completamente
sconfitta che tornava a rivendicare il suo mare mentre i marinai
lanciavano il loro grido appassionato:" Viva San Giorgio".
Achmet prese la ragazza per mano e le disse "Devo lasciarti ma sappi che
per tutta la vita sarai tu la padrona del mio cuore, in pegno del mio
amore ti lascio questo anello; la pietra che vi si trova incastonata ha
capacità miracolose, quanto la vedrai limpida vuol dire che io sto bene,
quando si appannerà io sarò in pericolo, e ora addio!"
Poco dopo sul mare s'accendeva una terribile battaglia.
A tratti, urlando come ossessi, i Saraceni tentava-
no di andare
all'arrem
baggio fin che riuscirono a porre piede sul ponte della galea;
cristiani e barbareschi si trovarono mescolati in una mischia orrenda,
fin che i due capi si trovarono uno di fronte all'altro.
Il cavaliere disse che non si sarebbe mai arreso, perché voleva morire
dove erano morti i suoi figli, a questo punto il principe Achmet diede
un ordine.Tutti i suoi guerrieri si fermarono, egli solo avanzò verso il
nemico e gli parlò sottovoce. L'ira scomparve dal volto del nobile
comandante genovese, per lasciare posto ad un sorriso, Achmet gli mostrò
il castello dove la figlia attendeva ansiosamente il padre, e poi,
seguito dai suoi uomini, abbandonò la galea.
Passarono gli anni e Genova riuscì a debellare il secolare nemico.
Ma il maniero di Achmet rimase presto deserto. Morto il vecchio signore,
logorato dagli anni, la figlia lo seguì da li a poco, da tempo una lenta
febbre la stava consumando, dal giorno in cui l'anello fatato, poco dopo
la partenza di Achmet, si era appannato.
Dalla sua morte nessuno più volle abitare il castello, sorse intanto
sull'isola di Bergeggi un monastero, qui un giorno capitò un pellegrino
vecchio e cadente che si trascinava a stento, ma cha aveva un volto
nobile e occhi che brillavano di una strana luce.
I monaci lo accolsero, il vecchio trascorreva i suoi giorni contemplando
i ruderi del castello e a tratti le sue labbra mormoravano un dolce nome
di donna "Ines".
Poi anche il vecchio pellegrino morì, mentre i suoi occhi guardavano
ancora verso le malinconiche torri del vecchio castello.
Martina B. Federico D. II F Andora
Gaia G. Sara C. II D Arenzano
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