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Il “coraggio” di Giausè, il Bordigotto

Certo, non sempre tutti sono pronti a dare tali prove di coraggio; ma non è detto che anche nei casi peggiori uno non abbia l’occasione buona per rifarsi.
Ora vi racconterò un’altra storia-leggenda: era la notte di Natale (1548) e tutto il popolo era in osteria a brindare nonostante qualcuno avesse detto che si temeva un’incursione dei Saraceni. Tutti tranne Giausè, che partì per controllare se la notizia dello sbarco nella zona era vera. Giausè prima di andare sulla riva si recò in una piccola chiesetta per pregare, ci mise solo due minuti. Il cammino fu lungo e faticoso siccome attraversò folti canneti, boschi e rovi; fin quando non arrivò nei pressi del supposto sbarco saraceno, allora sapendo di non aver speranza perché era solo decise di distanziarsi un po’! Pochissimo dopo sentì un rumore e come dei passi furtivi avvicinarsi a lui, e nel silenzio più buio si sentì: ”ohè, fuoco”; l’ordine del capo nemico era chiaro e… un dolore pungente lo trafisse. Ormai l’unica cosa che Giausè poteva fare era alzare le braccia, egli le alzò e gridò:”Sciù Turcu, m’arrendu”, in altre parole “Signor Turco, mi arrendo” .
Poi cadde come se fosse un corpo morto. Quanto morto stette non si sa, l’unica cosa che sappiamo è che i turchi non sono mai sbarcati lì e che certamente le voci erano di abitanti del paese: E le ferite? Erano solo delle piccole punture provocate da spine di rovi. Ora a noi rimane ancora in mente la sua figura coraggiosa; come quella di un guerriero invitto.
Dopo poco, si narra, che molti udirono la sua voce possente e sicura, gridare:”Nu m’arrendu, e nu m’arenderia”. Contru i Turchi de tutta a Barberia!”, noi senza parlare in dialetto diremmo: ”Non mi arrendo e non mi arrenderei. Contro i Turchi di tutta la Barbaria.”

Daniela R. Andrea V. II F Andora
Marco D. II D Arenzano

  

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