L'assassinio di Barbieri, Mason e Valla

Tommaso Barbieri Era una notte gelida, quella del 31 gennaio 1944, quando sicari fascisti bussarono alla porta di casa di tre cittadini ignari di ciò che stava per accadere. Tommaso Barbieri , 53 anni, imprenditore e proprietario delle Officine Meccaniche situate a barriera Bixio, Ercole Mason , 65 anni, ragioniere libero professionista, residente in via al ponte Caprazucca e Emmo Valla di 58 anni, funzionario delle poste, abitante in viale delle Rimembranze furono svegliati, trascinati fuori e assassinati davanti alle loro abitazioni da fascisti rimasti ignoti.
Barbieri, figlio di un volontario garibaldino, venne condotto in viale Caprera, a pochi metri dal suo stabilimento, dove aveva anche la residenza, e ucciso con tre colpi alla schiena. Il suo corpo riverso nel sangue, abbandonato lì sul selciato. Stessa sorte toccò ad altri due cittadini, tutti e tre conosciuti per il loro dissenso verso il regime, tutti e tre già indicati dalla federazione del Partito fascista repubblicano come possibili ostaggi da assicurare "a nostra disposizione per poter procedere ad eventuali rappresaglie nel caso di aggressioni a nostri camerati", come si legge in una "riservatissima" del vice commissario federale Guglielmo Ferri.
Nulla avevano a che fare le tre vittime con la morte del giovane fascista rimasto ucciso il giorno precedente in via Cavour dallo scoppio di una bomba. Subito i fascisti urlato all'attentato organizzato ed eseguito, a loro dire, dall'antifascismo clandestino ma nessun elemento raccolto poté suffragare l'accusa che a tutt'oggi rimane senza fondamento. A tal punto che lo stesso Comando militare tedesco sostenne in una sua relazione sui fatti, al termine delle indagini condotte dalla Gendarmeria, attribuiva il fatto avvenuto "ad un'accidentale disgrazia anziché ad attentato" e che quindi, come confermò anche il prefetto, Antonio Valli, il Comando tedesco aveva "opposto decisa resistenza all'applicazione di quelle misure che in casi del genere sogliono adottarsi": la rappresaglia, appunto.
Sui gravi fatti relazionò anche l'Ispettore generale di pubblica sicurezza Coco: "L'uccisione a titolo di rappresaglia dei tre noti elementi sarebbe stata compiuta da fascisti del luogo, per ordine superiore", sostenne in un suo rapporto da Parma sul finire di febbraio.
I metodi utilizzati dai capi del fascismo repubblicano locale, appartenenti all'alaErcole Mason intransigente del partito, vennero quindi addirittura criticati dai comandi tedeschi, intenzionati a "voler procedere di concerto con la Questura di Parma ad un'inchiesta per identificare e punire i fascisti responsabili", riferiva sempre l'ispettore Coco, mentre le conseguenze del triplice assassinio sull'opinione pubblica furono pesanti. "Pur essendo noti come di idee antifasciste – prosegue l'Ispettore di pubblica sicurezza - si vuole non fossero però assolutamente pericolosi. E' certo, ad ogni modo, che siffatta situazione ha potuto determinare nella cittadinanza uno stato di animo piuttosto penoso ed ostile».
A Parma era iniziata così molto presto la pratica delle vendette e delle rappresaglie che avrebbero finito per caratterizzare la presenza della Repubblica sociale italiana in città, soprattutto grazie al predominio dell'ala più intransigente del fascismo repubblicano, più preoccupato di innalzare il livello dello scontro che di formulare una possibile politica di consenso verso la cittadinanza disorientata, intimorita dalla presenza delle truppe d'occupazione e sostanzialmente contraria al prosieguo della guerra. In seguito a quell'episodio e alla politica del terrore praticata dalla federazione fascista, il gruppo dirigente locale venne rimosso.
Nel marzo 1944 vennero nominati un nuovo prefetto e un nuovo questore, entrambi militari ,che dovevano rappresentare un volto più ragionevole del fascismo Emmo Valla repubblicano con il compito, tra l'altro, di contenere l'anima intransigente del fascismo parmense Questa nuova situazione durò poco. Presto la ritrovata egemonia dell'anima dura del fascismo locale avrebbe riproposto con ulteriore vigore la politica del terrore e della rappresaglia. Con la creazione della Brigata nera nell'estate 1944, infatti, si sarebbe inaugurata una nuova stagione segnata da arresti indiscriminati e da violenze spietate a danno di civili e antifascisti.
Le conseguenze dei tre assassinii della notte tra il 31 gennaio e il primo febbraio 1944 furono gravi, anticipatrici del clima di terrore che avrebbe caratterizzato l'operato degli organi politici e militari della Repubblica sociale a partire dall'estate 1944. Si trattò in sostanza della risposta alla caduta di Mussolini del 25 luglio 1943 e all'iniziativa politica che i partiti democratici antifascisti avevano avviato durante i mesi del governo Badoglio e, al tempo stesso, una anticipazione della volontà fascista di spingere il confronto con le forze antifasciste sul piano dello scontro civile, mentre il movimento partigiano parmense stava muovendo i suoi primi passi nell'organizzazione della guerra di liberazione contro le forze d'occupazione tedesche.