Pier Luigi e Ottavio Farnese

Pier Luigi

Per piu di dodici anni Parma ebbe la bandiera francese piantata sul capo, in pratica un preannuncio di quanto sarebbe avvenuto un paio di secoli dopo. Un collegamento internazionale che in sostanza costringeva Parma come altre regioni italiane a seguire interessi non propri, e ad affrontare ogni genere di complicazioni in nome di altri paesi. Anche se la fierezza e il valore dei singoli campioni italiani dava prova di imporsi sul campo, ciò dava ben poco a sperare che

<<Italia potesse rimanere in altro grado che di ignominiosa e perpetua servitù >>, come scriveva Guicciardini. La stessa disfida di Barletta, che tutti abbiamo letto esaltata dai manuali di storia, servi' soltanto a rinfrancare gli spagnoli del re Ferdinando il Cattolico, che si opponevano ai francesi di Luigi XII nella lite scoppiata fra loro per la spartizione del regno di Napoli. Il fatto che tra i guerrieri italiani vincenti ci fosse anche Riccio da Parma non portò alcun vantaggio alla nostra città. Dopo che i francesi si decisero a ritirarsi, per il momento almeno, dalla penisola italiana, Parma si trovò esposta a un nuovo pretendente, che non scherzava neanche lui quando si trattava di poter avanzare dei diritti.

Papa Giulio II occupò Parma e Piacenza rivendicando le due città come parte dell'esarcato di Ravenna, restituito alla Chiesa da Astolfo re dei longolardi nel 756 d.C.- erano passati un bel pò di anni, altri 756 per l'esattezza, e non si può certo affermare che il pontefice avesse quella che si dice una memoria corta.

Ma i francesi tornarono a farsi vivi e nel settembre 1515 sconfissero Massimiliano Sforza, figlio del Moro. Modena e Reggio furono cedute agli Estensi, Parma e Piacenza s'aggregarono al ducato di Milano. Papa Leone X prese opportuni accordi con l'imperatore Carlo V. erede degli immensi domini di casa d 'Austria e della corona spagnola, contrario all 'eresia di Lutero e rivale di Francesco I re di Francia.

Alla fine di agosto del 1521, un esercito papale-spagnolo cinse d'assedio Parma, e tre giorni dopo Guicciardini, commissario e governatore apostolico, prendeva possesso della città, in nome di Leone X. Uomo fermo, esatto ed esplicito, come nell'alto stile di narratore, con la sua mancanza di fiducia nell'uomo, con la saggezza della malinconia, pose il freno ad ogni discordia interna E quando, alla fine dell'anno, francesi e veneziani assediarono a loro volta la città, organizzò una resisteza da grande stratega, che registrò in un rapporto puntuale. La sua maggiore vittoria fu nel convincere la popolazione a soffocare la paura e a correre in difesa della loro libertà. E sembrò di tornare al tempo di Federico II, a giorni di valore. Gli assedianti ebbero la peggio e come ricordo della vittoria si coniò una medaglia. Furono premiati i difensori più coraggiosi, fra cui Riccio da Parma

Qualche anno dopo, nel 1525, i francesi presero una seconda, più severa batosta dagli spagnoli nella battaglia di Pavia e anche Parma dovè accogliere solennemente il trionfatore Carlo V.

I fatti evolvevano rapidamente in una nuova direzione.

Paolo III del Tiziano Papa Paolo III - Tiziano

Nel 1534 fu eletto papa col nome di Paolo III il cardinale Alessandro Farnese. Preoccupato di trovare una sistemazione a Pier Luigi uno dei suoi quattro figli naturali e legittimati, come ogni buon padre si diede da fare a raccomandarlo in alto. Prima tentò di ottenergli da Carlo V il ducato di Milano, un boccone di lusso, un pò troppo, e Pier Luigi dove accontentarsi per qualche tempo del marchesato di Novara, che restò ai Farnese dal 1538 al 1602. Il <<sommo padre> pensò poi a Parma, dove era stato vescovo nel 1509, e che, sappiamo, la Chiesa pretendeva fosse un proprio feudo.

In gran segreto il progetto fu discusso tra Carlo V e Paolo III in un convegno a Busseto nel giugno 1543. L incontro venne ripreso da un fotoreporter d'eccezione, Tiziano Vecellio, che era al seguito imperiale e che, per desiderio espresso di Girolamo Pallavicino, signore di Busseto e ospite, dipinse idue potenti in un murale sulla parete esterna di una casa nuova, sulla strada del principale del borgo. Purtroppo la pittura non resse alle intemperie, mentre i patti fra il pontefice e l'imperatore durarono piu a lungo, e incostanti.

Con i Farnese cominciamo a collocare lungo le pareti della nostra storia non tanto immagini successive della città, quanto i ritrattoni di famiglia. Sono loro che attirano l'attenzione degli storici, o di più modesti visitatori che ritornano al passato come noi. Per forza d'inerzia le vicende della città sono quelle della casa regnante, perciò la storia confina o si confonde col privato. Restano tuttavia le impronte di un passaggio, le istituzioni, le creazioni succedute in nome di chi ha avuto il dominio, almeno per giustificarlo come un fenomeno dell'evoluzione cittadina, non un elemento sovrapposto dalla volonta altrui.

Il primo duca, Pier Luigi, passò velocemente, tra Piacenza e Parma. tra il 19 agosto 1545 e il 10 settembre 1547, neanche il tempo di farne conoscenza. Dopo due anni di regno fu crivellato di coltellate e ridotto cadavere senza che potesse invocare aiuto, appeso per i piedi fuori da una finestra, quindi buttato in un fosso La congiura puniva in lui un farfallone della politica, certamente non I'unico del suo giro, ma neppure il più sprovveduto. Nell'intento di barcamenarsi fra le grandi potenze e forse sicuro di sentirsi garantito alle spalle dalla benedizione del Vaticano, I'uomo non si accorse che aveva a che fare con una giustizia occulta, molto infiltrata fra le sue stesse amicizie. Ci fu chi disse <<è morto come è vissuto>>, ma lo stesso poteva dirsi per altri rappresentanti di quelle signorie avventurose.

Nato nel 1503 diede subito prova di un temperamento non equilibrato. Entrò al servizio dei veneziani, poi passo con Carlo V e fece parte del contingente tedesco che nel l527 metteva a sacco Roma, la sua città, mentre suo padre se ne stava rinchiuso con papa Clemente II in Castel Sant'Angelo per tenere in salvo la pelle. Agendo così Pier Luigi riusci a difendere i beni della famiglia dalla masnada lanzichenecca. ma a qual prezzo si può ben capire. Del resto l'uomo non amava i mezzi termini e per le sue violenze in guerra venne costretto a un ritiro temporaneo.

Giunto il padre al soglio, Pier Luigi andò come sappiamo a Novara e quindi nel ducato di Parma e Piacenza che il pontefice creò dal nulla nell'agosto 1545. Le due città sembravano cosi destinate a collaborare, oltre a godere un'amministrazione illuminata. Il governo del nuovo duca inizio sotto buoni auspici: egli infatti incrementò l'istruzione e l'educazione dei sudditi, ingrandì abbellì la città, chiamò a corte umanisti e artisti (diremo di essi, ma citiamo subito Annibal Caro, il traduttore dell'Eneide ), consolidò la buona amministrazione e la giustizia, promosse l'agricoltura, migliorò le comunicazioni, incoraggiò l'industria, favorì i commerci, colpi' duramente i privilegi nobiliari - in pratica tutte le operazioni di un principe saggio del Rinascimento.

Cose belle ma non tali da mantenere sul capo una corona: soprattutto quelle di aver tosato le unghie ai nobili, gente fra la quale fu facile reclutare i killer e quant'altro servì alla congiura mortale, ordita da Ferrante Gonzaga, che governava Milano per conto di Carlo V, che odiava Pier Luigi e in generale i Farnese e che contava infine di rimettere il morso a Parma e Piacenza, sempre per conto del sommo imperatore, tornato a litigare col papa.

Paolo III, che in quel settembre del '47 aspetta a Pier Luigi a Roma, seppe la notizia della sua fine raccapricciante due giorni dopo. Sopportò il colpo durissimo con la dignità di un pontefice e di un Farnese, due rami della stessa pianta fiorita sul terreno della controriforma, che vedeva l'apertura del Concilio di Trento l'anno stesso dell'insediamento di Pier Luigi nel nuovo ducato. Senza perdere tempo Paolo III si preoccupò di riavere Piacenza, ma le sue manovre rimasero senza esito. Don Ferrante Gonzaga filava laggiu per ricevere le chiavi della città in nome del patron imperiale.

Ritratto di Ottavio

Ottavio

Il figlio ed erede dell'ucciso, Ottavio, giunse a Parma pochi giorni dopo e si fece incoronare in Duomo. Partecipò a una processione solenne, vestito di bianco e largendo monete alla folla che lo acclamava. Con questo e altro dimostrò di volersi avvinghiare a Parma: e non intese mollarla, anzi la pose sotto le ali protettrici di Santa Romana Chiesa. Fra lui e la corte imperiale incominciarono gli sgarbi. Agostino Landi, uno dei maggiori responsabili della congiura contro il padre, ebbe dall'imperatore il feudo di Borgotaro, Bardi e Compiano, mentre Ottavio dovette fare anticamera tre anni per ricevere col trattato segreto di Gand nel 1556 la riconferma ufficiale del possesso di Parma. Piacenza soltanto nel 1585 venne assegnata al figlio Alessandro in riconoscimento, vedremo, del suo valore militare.

Tutto sommato un boccone amaro. Per raggiungere la soluzione sperata, Ottavio dovette persino concedere l'amnistia agli assassini di suo padre, e nel 1556 mandare alla corte di Madrid, quasi come ostaggio, il detto Alessandro, un bel ragazzino magro e pensoso, come lo vediarno nel ritratto di Antonio Mor.

Ritratto di Alessandro ragazzo

In definitiva il patto di Gand stabili l'asservimento di Parma alla Spagna.

Quanto alla politica interna, Ottavio ordinò ricette ben scelte per la salute del ducato; inoltre, continuando il programma del padre, approfittò di ogni occasione per indebolire o addirittura distruggere le maggiori signorie feudali, come i Landi: quelli poi avevano avuto fin troppa parte nella vita piacentina. Come s'è visto, anche approfittando dell' amnistia del 1556, erano rimasti sani e salvi, e Ottavio dovette appostarsi a lungo per colpirli. Finalmente nel 1578, approfittando della ribellione di Borgotaro contro Claudio Landi, marchese di Bardi, conte e barone di Compiano, con il pretesto di proteggere il Borgo, che s'era rivolto a lui, occupò quelle terre. Un altro momento fortunato si verificò nel 1582. Il Landi venne accusato di attentare alla vita del duca: condannato in contumacia a morte e alla confisca dei beni, chiamò in soccorso l'imperatore. Stando alle sue proteste, Ottavio aveva inventato di sana pianta la congiura, ottenendo così il pretesto per impadronirsi di roba non sua. L'imperatore citò il duca a comparire dinanzi al proprio Consiglio aulico, ma il Farnese fece orecchie da mercante. La lunga controversia ebbe termine solo nel 16I4, quando Borgotaro venne assegnato tutto intero ai Farnese.