Storia del vetro di Murano


La nascita delle conterie veneziane

The Origins of Venetian Beadmaking


Le prime notizie sulle "conterie" veneziane, le perle di vetro di vari colori e grandezza, usate per collane e ricami, risalgono al XIV secolo. Allora si chiamavano "paternostri" ed erano probabilmente fatte dai fabbricatori di "veriselli", le gemme di vetro che imitavano le pietre preziose. E' pensabile che facessero i "paternostri" colando il vetro su supporti come bacchette o fili di ferro. Una grossa semplificazione in questo lavoro si ebbe ai tre quarti del XV secolo, quando i vetrai muranesi inventarono le canne di vetrro forate. I cilindri ottenuti sezionando le canne forate venivano incastrati sulle bacchette di metallo (chiamate "spiedi")e rammollite e modellate con l'azione del fuoco. Questi cilindri potevano anche essere lavorate a freddo: era il lavoro alla mola, praticato dai muranesi nei primi decenni del XVI secolo, in concorrenza con i "paternostreri" veneziani, che derivavano dai "cristalleri" e quindi lo ritenevano, a buon diritto, di loro competenza. Nel corso del prima metà del XVI secolo la richiesta di paternostri a mola cambiò probabilmente a favore di quelli lavorati a caldo, con lo "spiedo". A questa tecnica si affiancò, verso i tre quarti del secolo, quella "a ferrazza" che permetteva di ottenere in gran quantità le perle più piccole, chiamate "margaritine". Nei documenti veneziani sono rimaste molte tracce dell'invio, tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII, dei nostri oggetti che ormai si chiamavano "contarie" (o, più raramente, "conterie") verso i porti di Calais, Lisbona, Amsterdam, da dove poi venivano inoltrati in America, Africa e Asia. In quel periodo Amsterdam era un grosso nodo mercantile, ma anche centro di produzione di "Paternoster-werke", le cui tecniche di lavorazione erano state insegnate dai veneziani. Malgrado le leggi della Repubblica vietassero l'espatri ai muranesi, essi portarono spesso la propria arte all'estero, emigrarono, per fare "contarie", anche in Toscana. All'inizio del XVII secolo i toscani non sapevano farle, ma in compenso erano molto bravi nel lavoro "a lume". I lavoratori a lume, che a Venezia vennero chiamati "supialume" e poi "perleri" realizzavano i loro oggetti lavorando con canna vitrea piena, al fuoco di una lampada alimentata ad olio o a grasso, e quindi con tecnica differente dai "paternostreri", ma le due arti non erano molto diverse. A Venezia però la parola "contaria", fino al XIX secolo, fu riferita preferibilmente ai prodotti dei "paternostreri".



The first documented evidence concerning Venetian conterie, glass beads of various colors and sizes that were employed in necklaces and embroideries, dates back to the 14th century. At that time, they were called paternostri (beads for rosaries) and were probably made by the manufacturers of veriselli, glass gems that imitated precious stones. Paternostri are thought to have been made by melting glass on supports such as rods or iron wires. During the third quarter of the 15th century, this work was simplified when Venetian glassworkers invented hollow canes. The cylinders obtained by sectioning the canes were placed in metal rods (called spiedi) and were hot-worked. They could also be cold-worked with the grinding wheel. This process was used by Muranese glassmakers in the early 16th century, in competition with Venetian paternostreri (makers of paternostri), who had originally been cristalleri (crystal cutters). By the middle of the 16th century, the demand for ground and faceted paternostri had declined in favor of the hot-worked beads made with spiedi. About 1575, a new technique was introduced, in which large quantities of smaller beads, called margaritine, were made a ferrazza (with iron pans called fraches). Venetian documents of the late 16th and early 17th centuries record many instances of transporting beads that were called contarie (or, more rarely, conterie) to the ports of Calais, Lisbon, and Amsterdam for shipment to America, Africa, and Asia. At that time, Amsterdam was a center both for the manufacture of Paternoster-werke (the technique had been taught to local glassmakers by the Venetians) and for their commercial sale. Although Venetian law forbade the relocation of Muranese glassworkers, they nevertheless often took their skills abroad. They also emigrated to Tuscany to make contarie. At the beginning of the 17th century, Tuscan glassmakers did not know how to make these beads, but they were able lampworkers. Such lampworkers, who in Venice were known as supialume and, later, perleri (beadmakers), worked their objects by melting solid glass canes with heat from oil or grease lamps. This technique was different from, but similar to, that employed by the paternostreri. The word contaria continued to be used mostly in referring to the products of paternostreri and margariteri.

Paolo Zecchin Via Cappuccina 13 Mestre Venezia