A questo punto è bene riassumere molto, ma molto,
brevemente la situazione dell'astronomia matematica prima di
Copernico.
Secondo un famoso aneddoto, Platone aveva
chiesto ai suoi discepoli di costruire un modello geometrico
del mondo che spiegasse i vari movimenti degli astri usando
solo quelle idee di moto che, secondo la sua filosofia,
erano movimenti perfetti e inalterabili; ovvero i moti
circolari e uniformi. Sembra che Eudosso di Cnido fosse il
solo a risolvere il problema, per mezzo di un sistema di
sfere omocentriche (... con lo stesso centro...) che in
prima larga approssimazione riusciva allo scopo.
Oggi sappiamo che i Pianeti descrivono
orbite ellittiche e non circolari e soprattutto che la terra
non è al centro del sistema solare, perciò il sistema di
Eudosso era tutt'altro che preciso; per questo motivo
Aristotele modificò lo schema di Eudosso aumentando il
numero delle sfere per renderlo un po' più aderente alla
realtà.
Successivamente per spiegare i moti in apparenza retrogradi
rispetto alle stelle fisse, nel III secolo a. C., Apollonio
di Perge introdusse l'idea di "epiciclo" che
migliorava nettamente la possibilità di previsione delle
posizioni dei pianeti.
Dopo più o meno altri cento anni Ipparco
di Nicea, forse il primo astronomo ad eseguire osservazioni
sistematiche degli astri, tanto da tramandarci, tramite
Plinio, la notizia della comparsa di una nuova stella,
cercò di migliorare ulteriormente il sistema introducendo
l'idea dell'eccentrico, e ovviamente, da quel momento le
sfere non avrebbero più potuto definirsi
"Omocentriche".
Nel II secolo dopo Cristo, Tolomeo di
Alessandria, nel tentativo di dare una base matematica al
sistema del mondo e salvare in qualche modo l'idea dei moti
"circolari e uniformi", introdusse l'equante, che
serviva a mantenere il concetto di "angoli uguali
percorsi in tempi uguali".
E' evidente che a questo punto ci si era allontanati
parecchio dall'idea originale dei perfetti moti circolari e
uniformi...
Da parte loro gli Arabi, abili
osservatori, avevano apportato ulteriori modifiche, come gli
epicicli su epicicli e altro, per correggere la differenza
da loro constatata, tra le posizioni previste secondo il
modello tolemaico e quelle osservate realmente.
Il risultato era che nel primo
rinascimento non esisteva affatto, come affermerà più
tardi Copernico nel "De rivolutionibus...", un
"sistema tolemaico" ma quasi ogni astronomo
adottava il metodo che gli era più congeniale; Alcuni
usavano epicicli ed equante, altri eccentici con doppi
epicicli e così via... Per di più, con il miglioramento
dei metodi di osservazione, le cose sembravano peggiorare
ulteriormente.
Torniamo in Warmia!...
Alla fine del 1503 Copernico era
rientrato in patria, tuttavia non si era installato a
Frauenburg dove era la sede del capitolo della diocesi, ma
ad Heilsberg (Lidzbark Warminski) nel castello di Lidzbark,
presso lo zio vescovo dove in pratica aveva sede il
"governo" della Warmia e lì Copernico
assunse la carica di segretario e medico personale dello
zio.
Evidentemente il nepotismo non è proprio
un'invenzione recente!
Considerando che il Vescovo era in pratica il
sovrano della Warmia, il lavoro di Copernico era di natura
molto delicata, oggi diremmo che Copernico era "un
diplomatico in carriera". Tra i suoi compiti c'erano:
mediare tra i vari gruppi sociali, tenere a freno
l'espansionismo dei vicini "Cavalieri Teutonici",
coordinare i rappresentanti degli "stati di Prussia"
e accontentare il re di Polonia. Questo, sia pure sotto le
direttive dello zio, doveva essere un lavoro a tutto campo;
se poi aggiungiamo che "a tempo perso" in caso di
necessità, doveva fare anche il "medico di corte"
non possiamo pensare che, come afferma qualche biografo, il
lavoro di canonico gli lasciasse molto tempo libero. Già a
meno di un anno dal suo ritorno, nel maggio 1504
partecipando al giuramento di fedeltà al re di Polonia a
Gdansk (Danzica), aveva personalmente aiutato a
tradurre un testo diplomatico dal tedesco in latino per un
funzionario polacco che non conosceva la lingua
tedesca.
Sappiamo inoltre che fu presente ai
successivi congressi degli stati della Prussia del 1506 a
Malbork, del 1507 a Elblag e del 1512 a Sztum.
Nel 1507 aveva inoltre presenziato
all'incoronazione di Sigismondo "il vecchio" re di
Polonia, a Cracovia, e nello stesso anno si era preso cura,
con generale soddisfazione, dello zio colpito da non si sa
quale malanno.
Dal 1508 dovette prendersi cura del
fratello Andreas colpito da un qualche "morbo
ripugnante". Andreas morirà a Roma, mentre era in
cerca di una cura per il suo male, sembra prima del 1519.
Nel 1509 fu nuovamente a Cracovia per
partecipare alla dieta e proteggere gli interessi della
Warmia, e sempre nello stesso anno, o alla fine del
precedente, un indulto papale gli assegnava ulteriori
benefici che pero rifiutò.
Nel frattempo Copernico non aveva
abbandonato i suoi interessi culturali e scientifici, In una
sua osservazione accurata, della congiunzione di Giove e
Saturno del 1504 aveva messo in risalto la differenza fra la
posizione reale e quella prevista dalle tavole di cui
disponeva.
Nel 1509 anche la sua traduzione delle
lettere di
Teofilatto Simocatta era ormai conclusa; perciò chiese
all'amico "Corvinus" (J. A. Ravens van Belderen)
di scrivere un'introduzione. Questi scrisse un vero poema in
latino in cui esaltava Copernico per la sua ricerca sui moti
del sole, della luna e degli altri pianeti e per la sua
indagine sulle "cause nascoste delle cose attraverso
principi meravigliosi". Non sappiamo con precisione a
cosa intendesse Corvinus, ma il riferimento a "cause
nascoste" lascia intendere che Copernico stesse già da
tempo lavorando alla sua ipotesi eliostatica, e che almeno
gli amici intimi ne fossero a conoscenza.
E' più che evidente che Copernico
considerava sua patria la Warmia, e che a causa della
pressione dei Cavalieri dell'Ordine Teutonico fosse
estremamente favorevole alla protezione polacca. Benché
anche lo stato dei Cavalieri dell'ordine Teutonico fosse
nominalmente un feudo polacco, in realtà era una vera
nazione rivale, i cui continui tentativi espansionistici
disturbavano non poco gli altri territori vassalli della
corona.
Nel tentativo di migliorare la situazione
ed evitare un conflitto che sembrava sempre più vicino, nel
1510 fu indetta la conferenza di Posen (Poznan).
Naturalmente la questione dei confini era uno dei punti
cruciali. Copernico aveva in consegna la mappa ufficiale
della dicesi di Warmia che aveva contribuito ad elaborare,
quindi era interessato in prima persona. Da una lettera
firmata con nome falso da un suo ex compagno di studi a
Bologna e collega canonico che pochi anni dopo diventerà
Vescovo della Warmia, sappiamo che questo suo collega Fabian
von Lossainen [Luzjanski], probabilmente su
mandato dei Teutonici, approfittando dell'assenza
di Nicola, si procurò le chiavi della casa di Copernico e
la perquisì senza riuscire a trovare quella "preziosa
mappa". Nella stessa lettera il futuro vescovo
affermava: "La mappa non si trovava da nessuna parte.
Credo che la portasse con sé o la tenesse sotto chiave in
uno scrigno." Questo può dare l'idea degli intrallazzi
politici che si svolgevano in Warmia.
Nel tardo 1510, Copernico abbandona il
palazzo vescovile dello zio e si trasferisce a Frauenburg,
quì viene nominato "Cancelliere" del canonicato e
ispettore per il distretto di Allenstein (Olsztyn)
unitamente a quel Fabian che gli aveva perquisito la
casa!... Non sappiamo perché Copernico abbia abbandonato il
palazzo dello zio, ma la politica non era sicuramente
estranea.
E' possibile che non fossero estranee
anche le sue idee sulla struttura dell'universo,
probabilmente non completamente gradite e accettate dallo
zio vescovo.
Nel marzo del 1512 moriva lo zio Lucas
Watzenrode e da quel momento Copernico non poté più
contare su protezioni altolocate; tanto più che il vescovo
successore era quel Fabian von Lossainen [Luzjanski] che
già abbiamo conosciuto.
Il Canonicato della diocesi di
Warmia era, tutto sommato, un'azienda agricola produttiva e
abbastanza ben organizzata per l'epoca. All'interno di
questa i "canonici" rappresentavano la classe
dirigente che si autoassegnava i compiti per la gestione
amministrativa ogni mese di novembre con scadenza annuale .
Nicola, stabilitosi definitivamente a
Frauenburg, ottenne dal capitolo l'assegnazione di una casa.
Dalla fine del 1512 assume la carica di amministratore
dell'azienda degli approvvigionamenti del capitolo; incarico
che prevedeva anche la direzione della fabbrica di birra,
del forno comune e dei mulini, ragion per cui fu lo stesso
Copernico a stabilire "il giusto prezzo del pane".
Contemporaneamente non smise di
esercitare la sua seconda professione di medico sia per i
colleghi canonici che per il nuovo vescovo e i vari
dignitari; compito che a detta del suo amico Tiedemann Giese,
futuro vescovo di Kulm, doveva svolgere più che bene, tanto
da essere "venerato come un secondo Esculapio"! In
pratica, considerando le condizioni della medicina del
tempo, Copernico era poco più di un praticone che applicava
i metodi e le ricette tradizionali.
Probabilmente negli anni precedenti aveva
formalizzato la sua teoria.
Infatti in un catalogo della biblioteca
di Cracovia redatto nel 1514 a cura dello storico Mattia di
Miechow, è citato un gruppo di fogli manoscritti che
descrivono una teoria secondo cui "... terram
moveri, solem vero quescere...". E' la prima notizia
storica sicura, che la teoria eliostatica di Copernico fosse
già formalizzata a quella data, e secondo diversi biografi
doveva già essere tale alla fine del 1512; anche se
successivamente introdurrà molte modifiche, perfezionamenti
e... altrettante complicazioni!....
I fogli in questione, costituiscono quello che
oggi è conosciuto come "Commentariolus"
che verrà dato alle stampe solo nella seconda metà
dell'ottocento. Sembra però che il "commentariolus",
sia pure costantemente sotto forma di manoscritto, abbia
avuto una certa diffusione, tanto che perfino Tycho Brahe se
ne procurerà una copia, nonostante fosse un convinto
anticopernicano.
(...ma del Commentariolus parleremo
altrove...)
Nel 1512 era stato indetto il V concilio
Laterano da papa Giulio II che morì subito dopo. Il suo
successore Leone X salito al soglio pontificio
nel 1513, aveva costituito una commissione conciliare per la
riforma del calendario e allo scopo aveva invitato a Roma i
maggiori astronomi della cristianità. Tra i personaggi più
autorevoli di tale commissione che avevano ricevuto l'invito
personale c'era Paolo di Middelburg, erudito vescovo di
Fossombrone. Non sappiamo esattamente quando, ma sicuramente
prima del 1515, Paolo di Middelburg scrisse a Copernico
invitandolo a presenziare alle "conferenze" per la
riforma del calendario, o, in alternativa ad inviare per
iscritto le sue osservazioni in materia. Questo vorrebbe
dire che già prima del 1515 Copernico godeva di una certa
fama di astronomo competente e capace. Ne consegue una
domanda molto importante; su quali basi Copernico era
considerato già prima del 1515 un esperto astronomo? Non lo
sappiamo, ma è verosimile che le sue idee, sia pure
fortemente contestate, si stessero lentamente diffondendo,
anche se soltanto nel ristretto ambito locale e in quello
degli addetti ai lavori.
Comunque Copernico, nonostante le
sollecitazioni del suo amico e collega Sculteti, non si
mosse dalla Warmia, ma inviò una breve nota in cui faceva
presente che la determinazione della durata dell'anno non
era conosciuta con sufficiente precisione, e che a suo
avviso sarebbe stato più opportuno basare la valutazione di
tale durata sull'anno sidereo anziché sull'anno tropico.
Cosa che a dispetto di quanto affermerà Galileo nella sua
lettera alla granduchessa Cristina, non verrà presa in
considerazione.
Nel 1514 sembra che Copernico avesse acquistato
o forse gli fu data in concessione, la torre nordoccidentale
all'interno delle mura di Frauenburg, subito vi fece
eseguire delle modifiche per adattarla ad osservatorio oltre
che ad abitazione. Questa torre nonostante molti periodi di
assenza per incarichi vari, rimarrà la sua casa fino alla
morte.
Nel 1516 venne nominato amministratore
delle tenute di Allenstein e Mehlsack, incarico che fra
l'altro gli permise di assegnare i terreni incolti o
abbandonati a contadini polacchi della Masuria, quindi si
stabilì a Allenstein, dove rimase fino al 1519 per
svolgere il suo incarico.
In questo periodo la zecca dei Cavalieri
Teutonici aveva iniziato quella che oggi definiremmo una
vera truffa colossale. Le monete in circolazione in Warmia,
Prussia Reale e Prussia Ducale, erano in lega di rame e
argento ed erano coniate dalle zecche dei Cavalieri
Teutonici (Prussia Ducale) e dalle zecche delle città di
Thorn, Danzica ed Elbing (Prussia Reale). Ad un certo punto
la zecca dei Cavalieri Teutonici incominciò a coniare
monete con un tenore di argento ridotto. La gente comune,
all'oscuro del fatto, continuava a pagare merci e
prestazioni con le vecchie monete più ricche di argento.
Ovviamente gli esperti, fabbri e "gioiellieri", si
accorsero ben presto della situazione e incominciò
l'incetta delle vecchie monete che venivano fuse per
asportarne l'argento in eccedenza. Ben presto le vecchie
monete sparirono dalla circolazione e la gente incominciò a
pagare con le nuove monete anche gli affitti e le imposte
del capitolo, cosa che certamente fu poco gradita ai
canonici. Copernico, che tra i vari incarichi che gli
competevano come amministratore aveva anche quello della
riscossione dei tributi, già nel 1517 stilò una prima nota
in latino con le indicazioni per una globale riforma
monetaria. La sua nota divenne ben presto un vero e proprio
trattato e nel 1519 dovette tradurla in tedesco su richiesta
degli stati della Prussia Reale. Purtroppo anche le zecche
della Prussia Reale si adattarono alla situazione,
riducendo a loro volta il tenore di argento nelle monete con
un conseguente profitto da parte loro, e l'inflazione
continuò a galoppare.
La cosa non ebbe la rapida soluzione che
sarebbe stata auspicabile e solo oltre dieci anni dopo una
conferenza affrontò il problema in modo serio e
costruttivo, recependo molte delle idee di Copernico.
I Cavalieri Teutonici, nonostante
conferenze e trattati, non avevano intenzione di abbandonare
la loro aggressiva politica espansionistica, ogni pretesto
era buono per sollevare nuove contestazioni. Fino a quando
Lucas Watzenrode era stato vescovo della Warmia avevano
trovato pane per i loro denti, ma il nuovo vescovo Lossainen
evidentemente non era all'altezza per affrontare Albrecht
von Hohenzollern che a 20 anni nel 1511 era stato nominato
"Gran Maestro". Questi, benché imparentato con la
casa reale polacca, grazie all'appoggio dell'imperatore e
del papa, non nascondeva affatto le sue mire nei confronti
della Warmia.
Così dopo una lunga serie di incidenti,
l'ultimo giorno del 1519 il Gran Maestro Albrecht invase la
Warmia e occupò la citta di Braunsberg. Il legittimo
governo inviò un'ambasceria, di cui faceva parte anche
Copernico, a chiedere la liberazione della città con
l'esito che possiamo immaginare!... Il 23 gennaio del 1520
come risposta fu attaccata Frauenburg, la parte di città al
di fuori delle mura fu incendiata e saccheggiata. Nel fuggi
fuggi generale Copernico riparò ad Allenstein, mentre il
vescovo Lossainen rimase ad Heilsberg che poco più tardi
venne messa sotto assedio. Per la fine dell'estate del 1520
quasi tutta la Warmia era in mano ai Teutonici. Anche
l'estremo lembo di Allenstein era fortemente minacciato, per
cui Copernico, vero comandante in capo, chiese aiuto al re
Sigismondo ma il suo messaggio cadde invece nelle mani dei
Cavalieri Teutonici. Solo all'inizio del 1521 riuscì ad
ottenere rinforzi, viveri, armi e munizioni. Finalmente in
aprile del 1521 fu stipulata una tregua, ma gran parte della
Warmia rimaneva occupata dagli invasori e dalle truppe
polacche.
Esaurito il compito di generale,
Copernico dovette riprendere immediatamente l'attività di
amministratore e diplomatico; già a maggio aveva ratificato
le successioni dei contadini sui terreni del capitolo, a
Luglio, rientrato a Frauenburg, fu nominato
"Sovrintendente di Warmia". Probabilmente,
considerata la situazione, ben pochi erano disponibili per
l'incarico!... Comunque al congresso degli stati della
Prussia Reale presentò la "Querela Capituli"
contro le continue violazioni dell'armistizio da parte del
Gran Maestro Albrecht e nel marzo del 22 presentò allo
stesso congresso anche il suo trattato sulle monete, che nel
frattaempo era diventato "De estimatione monetae",
per sollecitare una soluzione del problema inflazione che
continuava ad aggravarsi.
Intanto nel 1517 Martin Lutero aveva affisso le
sue famose tesi alla cattedrale di Wittenberg e la riforma
si stava diffondendo. La Polonia tuttavia aveva altro a cui
pensare, solo il Gran Maestro Albrecht in cerca di
appoggi alla sua politica nel 1522 si recò a Norimberga
dove si incontrò con Andreas Osiander, nome che ritroveremo
ancora... Osiander, da poco neoluterano, cercò di
convincere Albrecht a fare altrettanto, ma questi preferì
per il momento rifletterci sopra. Tuttavia si convinse a
raggiungere Wittenberg e far visita a Lutero che gli
consigliò di abolire l'Ordine Teutonico, di prendere moglie
e fondare un ducato personale.
Albrecht dopo aver solennemente promesso
al papa che non si sarebbe unito ai luterani e dopo diverse
trattative con Sigismondo re di Polonia, alla fine seguì
alla lettera il consiglio di Lutero, e nel 1525 nasceva il
Granducato di Prussia.
A fine gennaio del 1523 moriva il vescovo
di Warmia Lossainen. A detta di un cronista cattolico,
alquanto maligno, sarebbe morto di sifilide, ma è più
probabile che la sua colpa fosse quella di non essersi
opposto con sufficiente determinazione alla "eresia
luterana" e di conseguenza il "castigo
divino". In attesa della nomina del nuovo vescovo,
Copernico fu nominato "Amministratore Generale" e
subito chiese a Prussiani e Polacchi la restituzione alla
diocesi dei territori ancora sotto occupazione, cosa che i
Polacchi fecero sollecitamente, i Prussiani non solo se ne
guardarono bene, ma approfittarono dell'occasione per
impadronirsi di altri territori. Fortunatamente ad ottobre
la nomina di Maurice Ferber a vescovo gli permise di
passare in altre mani la "patata bollente". La
situazione si risolse solo nel 1525, quando Albrecht von
Hohenzollern dopo essersi accordato con il re, fondò il suo
"Granducato".
Nel 1526 troviamo Copernico impegnato con
l'amico Wapowski ad elaborare la mappa dell'intera Polonia
su incarico reale. Tra il 1526 e il 1528 completa e
revisiona il suo trattato sulle monete che diventa
"De monetae cudendae ratione" (Metodo per coniare
il denaro) in cui probabilmente per la prima volta ai
tradizionali flagelli in grado di distruggere una nazione,
cioè fame, guerra e peste, aggiunge "il denaro
svilito", l'inflazione. Il trattato in questione fu
illustrato da Copernico ai congressi degli stati prussiani
del 1528 e del 1530.
Il 1529 lo vide impegnato, con l'amico
Sculteti, nell'elaborazione di una nuova mappa della Warmia
su incarico del nuovo vescovo vescovo Ferber.
L'atteggiamento dei cattolici della
Warmia nei confronti dei luterani si può riassumere come
una "tollerante riprovazione".
Nel 1523 un vescovo polacco, tale Georg
von Polentz, aveva pubblicato un libro che esprimeva
simpatia nei confronti di Lutero a cui Tiedemann Giese,
amico di Copernico, aveva risposto con un'opera talmente
conciliante che non ne verrà autorizzata la pubblicazione.
In quest'opera, pur riconoscendo le gravi responsabilità
della chiesa cattolica, auspicava una soluzione all'interno
della stessa. Idee simili con tutta probabilità erano
condivise pienamente da Copernico, legato a Tiedemann da
grande amicizia, purtroppo nel corso del 1526 la frangia di
canonici più estremista prese il sopravvento, e a settembre
tutti i canonici, compresi Copernico e Giese, firmarono
l'editto che espelleva i protestanti dalla Warmia entro un
mese.
Non sembra proprio che Copernico fosse
molto convinto di un simile comportamento, ne è prova la
generosa accoglienza che riserverà più tardi al
luterano Rheticus.
Dal 1531 al 1533 fu nuovamente nominato
"Ispettore dei beni del capitolo", carica che
aveva già ricoperto negli anni fra il 1510 e 1512 e che
tornerà a ricoprire nel biennio 1535/1537. Copernico è
ormai sessantenne e il suo "De rivolutionibus..."
probabilmente era già completo nel 32, anche se continuerà
ad apportare modifiche, perfezionamenti e complicazioni,
almeno fino al 1541 quando ne consegnerà una copia al
Rheticus.
Benché molti biografi affermino che
Copernico non avesse divulgato le sue idee astronomiche,
qualcosa doveva essere trapelato anche negli ambienti ben al
di fuori della sua ristretta cerchia di conoscenze, sembra
infatti che poco dopo il 1530 il suo amico Giese, non ancora
vescovo di Kulm, avesse scritto un'opera, purtroppo perduta,
in favore delle teorie di Copernico.
Nel 1533 il cancelliere austriaco
Giovanni Alberto von Widmanstadt (... o Widmantetter...)
illustrò in Roma al pontefice Clemente VII le nuove teorie
copernicane che, per quanto ne sappiamo, non provocarono
nessuna reazione di carattere teologico, anzi, papa Clemente
ricompensò il cancelliere con un prezioso codice.
L'osservazione di alcuni autori secondo i
quali se Copernico avesse divulgato il suo pensiero
scientifico se ne dovrebbe trovare traccia in qualche
scritto universitario dell'epoca, non è , a mio avviso,
sostenibile. Considerando il sistema autoritario
dell'insegnamento caratteristico dell'epoca, quasi
sicuramente nessun docente era disposto a rischiare posto e
carriera per diffondere strane teorie che andavano contro
ogni senso comune. Ricordo che quasi 50 anni dopo la morte
di Copernico, Michael Maestlin, maestro di Keplero, e
personalmente copernicano più che convinto, nel pubblicare
la prima edizione del suo "Epitome Astronomiae"
che praticamente era un testo scolastico, parla solo del
sistema tolemaico. Soltanto nell'ultima edizione dello
stesso lavoro accenna al sistema copernicano.
Insomma, si poteva parlare, discutere,
sostenere o deridere le teorie di Copernico, e probabilmente
ciò avveniva abbastanza regolarmente, ma nessuno, salvo
l'autore, era tanto avventato da scriverne.
La strisciante diffusione delle idee
eliostatiche procurò diversi guai a Copernico. All'epoca,
lo stesso Copernico ne era perfettamente cosciente, non era
pensabile poter mettere in movimento la terra sotto i piedi
della gente comune ne tanto meno della gente
"colta" senza andare incontro a grossi dispiaceri.
Un certo Willem van de Volder noto come "Gnapheus",
il quale dopo vari guai per aver deriso la religione
cattolica si era rifugiato nel neogranducato di Prussia,
evidentemente vedeva in Copernico un ottimo bersaglio.
Insegnante e scrittore di commedie, mise
alla berlina il Copernico in un suo dramma che ottenne un
certo successo. Purtroppo il ridicolo, unito all'arroganza
incompetente, è sempre stato tra le migliori armi dei
meschini!... Ma anche questo a volte serve a diffondere idee
nuove.
Altra prova che le idee di Copernico
erano più diffuse di quanto non si pensi, è la lettera che
gli inviò da Roma Nicola Schönberg, cardinale e
arcivescovo di Capua, alla fine del 1536. Nella lettera lo
stesso Schönberg prega Copernico di fargli avere una copia
della documentazione delle sue teorie, (in pratica una copia
del "De Rivolutionibus...) dichiarandosi disposto a
sostenere le spese necessarie.
Negli anni in cui rimase in carica, il
vescovo Ferber fu sempre sofferente di seri disturbi,
e Copernico dovette esercitare in continuazione la sua
seconda professione di medico, spesso e più o meno
volentieri, doveva precipitarsi a Heilsberg per soccorrere
l'augusto paziente. Constatata la mancanza di miglioramenti,
chiese un consulto a famosi medici di Cracovia tra i quali
c'era anche il medico personale di re Sigismondo, ma i
risultati non sortirono gran che! Nel 1537 un ultimo attacco
faceva passare il vescovo Ferber nel mondo dei più.
Copernico, accorso ancora una volta, non poté fare altro
che preparare i funerali.
La nomina dei nuovi vescovi di Warmia non
era solo un affare privato dei canonici; secondo la prassi
questi sceglievano una rosa di nomi e li inviavano al re di
Polonia, il quale ne sceglieva quattro fra cui sarebbe stato
eletto il neo vescovo. Alla morte di Ferber il nome di
Copernico era stato inserito nella rosa e faceva parte dei
quattro candidati. In pratica però Copernico non solo non
fu eletto, ma non ricevette nemmeno un voto, neanche il suo.
Il nuovo vescovo Johannes Dantiscus era stato in
precedenza vescovo di Kulm, e aveva alle spalle una lunga
carriera diplomatica.
Dopo un periodo di rapporti piuttosto
tiepidi nei confronti di Dantiscus, Copernico divenne ancora
una volta il medico personale del vescovo di Warmia, oltre
naturalmente a continuare ad occuparsi della salute dei suoi
colleghi.
Fra i canonici pazienti di Copernico
c'era un certo Reich. Da una lettera di fine '38, inviata al
vescovo Dantiscus da parte di quest'ultimo, sappiamo che il
vescovo aveva rivolto a Copernico un severo monito perché
licenziasse la sua "domestica" Anna Schillings,
donna separata dal marito e convivente di Nicola. Non
abbiamo notizie su quando fosse iniziata la relazione tra i
due, ma doveva essere un cosa che si trascinava da tempo e
di dominio pubblico. Personalmente ho sempre trovato, e
trovo tutt'ora, profondamente innaturale qualsiasi
"voto di castità", anche se ovviamente ognuno è
libero di pensarla come vuole... Tuttavia la
situazione di Copernico in un periodo vicino alla
controriforma, non era assolutamente tollerabile da parte di
un vescovo, anche se quest'ultimo aveva una figlia
naturale!...
Inoltre Dantiscus aveva ancora ambizioni
di carriera, essendo candidato alla porpora cardinalizia,
quindi con lo scopo di mettersi in buona luce nei confronti
delle autorità romane, aveva iniziato un'opera
moralizzatrice della chiesa locale.
Copernico, ormai sessataseienne, cercò
di tirare le cose un po' per le lunghe, ma alla fine, anche
su pressione dell'amico Tidermann Giese, licenziò la sua
compagna.
Georg Joachim von Lauchen (1514 - 1576), più noto col
nome latinizzato di Rheticus dalla sua provincia di origine,
l'antica Retia dei romani, nel 1539 era un giovanissimo
"lettore di matematiche" interessato
all'astrologia, presso università di Wittenberg,
università che stava diventando il centro culturale più
rappresentativo dei luterani, e, a detta dei
cattolici, naturalmente era "un focolaio di
eresie".
Venuto a conoscenza, non si sa come,
delle idee di Copernico, con la caratteristica
intraprendente incoscienza dei giovani, per avere
informazioni corrette e di prima mano era giunto alla
conclusione che lui, giovane luterano piuttosto scapestrato,
a dispetto del divieto di entrare in Warmia per tutti il
luterani, dovesse recarsi direttamente alla fonte delle
novità.
Così, impachettati armi e bagagli, nella
primavera del 1539 partì per la Warmia. Portava con sé
come doni diverse "ultime edizioni" di vari libri
di astronomia e matematica, tra cui "I Triangoli"
di Regiomontano che Copernico usò immediatamente per
aggiornare alcuni teoremi di matematica contenuti nel suo
"De rivolutionibus...". Probabilmente lo stesso
Rheticus non si aspettava, lui eretico luterano,
un'accoglienza così cortese e amichevole come quella che
ricevette dal canonico cattolico.
Copernico mostrò a Rheticus il suo
lavoro, e questi ne rimase subito entusiasta, al punto che
da quel momento parlando dello stesso Copernico, Rheticus lo
definirà sempre come suo "Dominus Doctor Praeceptor".
Già durante il suo viaggio versa la
Warmia in una sosta a Poznam, Rheticus aveva spedito una
lettera al suo ex docente Johann Schöner, con il quale
aveva un rapporto di amicizia. La lettera datata 14 maggio,
informava Schöner, il quale essendo anche astrologo era
interessato ai moti celesti, sulle intenzioni dello stesso
Rheticus, e gli prometteva che sarebbe stato tenuto al
corrente degli eventi.
Poche settimane dopo il suo arrivo
Rheticus non solo era diventato un convinto copernicano, ma
aveva capito che l'opera del maestro non doveva e non poteva
restare nel cassetto.
Invitato da Tiedemann Giese a Lõbau,
Rheticus, mentre approfondiva le idee del maestro, ebbe
occasione discutere sul perché Copernico non fosse disposto
a pubblicare il "De Rivolutionibus"e probabilmente
di predisporre i piani per convincere il maestro.
Comunque dopo poco più di due mesi
ritenne di conoscere abbastanza le nuove teorie da poter
aggiornare l'amico Schöner, compose quasi di getto quella lettera che
conosciamo come "Narratio Prima" e la inviò
all'amico.
In realtà la "Narratio Prima"
più che una lettera è una recensione/estratto del De
Rivolutionibus, anche se Rheticus non rinunciò ad inserirvi
alcune previsioni astrologiche alle quali Copernico non
aveva mai fatto cenno. All'inizio del 1540 Rheticus la diede
alle stampe sotto forma anonima. Fu un vero successo
editoriale per l'epoca, tanto che dopo un anno ne uscirà la
ristampa, questa volta con il nome dell'autore.
Nella tarda primavera del 1540, ritornato
a Wittenberg per l'inizio dei corsi all'università, in
merito al programma del II semestre, il primo maggio
Rheticus dichiara: "Mi è stato ordinato di fare ancora
una volta, un corso sul "De Sfera Mundi di Giovanni
Sacrobosco" ". Evidentemente, nonostante la "Narratio
Prima", non era aria di copernicanesimo all'università
di Filippo Melantone, l'intellettuale della riforma! Dopo
tutto Copernico a 68 anni e probabilmente desideroso di
quiete, aveva le sue buone ragioni per tenere il suo
capolavoro nel cassetto!
L'estate successiva Rheticus ritornò in
Warmia a preparare il "De Rivolutionibus" per la
pubblicazione. Ormai con il polverone sollevato dalla "Narratio
Prima" anche Copernico non aveva più motivi per
opporsi.Verso la fine del 1541 Rheticus tornò ancora a
Wittenberg dove venne nominato decano della facolta delle
arti. Tuttavia qualcosa non andava per il giusto verso, non
è improbabile che la sua promozione fosse in realtà una
rimozione dall'insegnamento attivo. Melantone, a cui
Rheticus aveva inviato copia della "Narratio
Prima", il 16 ottobre 1541 in una lettera a Burchard
Mithobius era arrivato ad affermare che: "...un governo
saggio dovrebbe proibire le idee di
Copernico...".
Stando a quanto dice Gassendi, al termine
della revisione Copernico affidò una copia del manoscritto
del "De Rivolutionibus" a Tiedemann che lo fece
avere a Rheticus. Questi, che nei primi mesi del 1542 aveva
fatto pubblicare separatamente a Wittemberg i capitoli XII -
XIV del del libro I del "De Rivolutionibus" (De
Triangulis...) che contengono la parte trigonometrica
dell'opera di Copernico, probabilmente aveva recepito che la
roccaforte dei luterani non era il posto più adatto per la
pubblicazione del "De Rivolutionibus". Perciò nel
mese di maggio si rivolse a Giovanni Petreio (Hans Peter)
tipografo di Norimberga.
Purtroppo nel mese di ottobre Rheticus
lasciò Wittemberg per assumere un incarico all'università
di Lipsia e fu costretto a lasciare il compito di
supervisione della stampa ad Andreas Hosemann, quel Osiander
teologo luterano che abbiamo già nominato.
La questione se Rheticus abbia lasciato
di sua spontanea iniziativa l'università di Wittemberg, è
alquanto interessante...
Georg Joachim von Lauchen, 1514 – 1576 Adottò il
nome
di
Rheticus
dal
nome
della
sua
provincia
di
origine,
l'antica
Retia. |
Il fatto che non fosse passato nemmeno un anno dalla
sua nomina a decano, e stesse curando la tanto
desiderata pubblicazione del "De Rivolutionibus",
fa pensare più ad una fuga o ad un'espulsione che ad un
semplice trasferimento. Per di più da quel momento Rheticus
riuscirà a pubblicare quasi nulla, nonostante in alcune sue
lettere accenni ad opere di rilievo come la "Astronomia
Germanica" di cui non si è più saputo niente. In
pratica, dalla sua partenza per Lipsia è come se Rheticus
fosse stato messo al bando.
Andrea Osiander oltre
essere stato uno dei primi seguaci di Martin Lutero, anche
se più volte in disaccordo col maestro su questioni
rilevanti, come il concetto della "giustificazione per
fede", era alquanto dubbioso nei confronti della
realtà fisica delle idee di Copernico, o quanto meno era
fortemente preoccupato su come sarebbe stata accolta l'opera
di Copernico. Già nel 1540, all'epoca della "Narratio,
Prima" aveva scritto a Copernico una lettera, oggi
perduta, sulla questione delle ipotesi astronomiche.
Purtroppo anche la risposta di Copernico è andata persa.
Osiander, probabilmente non soddisfatto della risposta, il
20 aprile 1541 tornò alla carica con una lettera in cui,
sempre a proposito delle "ipotesi", afferma:
"Le ipotesi non sono articoli di fede, ma
fondamenti di calcolo, cosicché nulla importa anche se sono
false, purché spieghino esattamente i fenomeni dei moti...
... Così renderesti più tranquilli i peripatetici e i
teologi..." In un'altra lettera dello stesso periodo
inviata al Rheticus, Osiander si esprimeva sugli stessi
toni. Purtroppo anche le risposte a queste due lettere sono
andate perse.
Copernico, da parte sua, fu estremamente
chiaro. All'inizio della sua dedica a papa Paolo III, al
secolo Alessandro Farnese, scritta nella seconda metà del
1541 probabilmente pensando ai "suggerimenti" di
Osiander, dedica che poi sostituì l'originario
proemio del "De Rivolutionibus", afferma: "Mi
rendo conto, o Padre Santissimo, che, non appena alcuni
saranno venuti a conoscenza che io.... ....attribuisco
certi movimenti al globo terrestre, subito andranno gridando
che sono da mettere al bando...". Non ci potevano
essere equivoci, Copernico era convintissimo della realtà
del suo pensiero.
Nonostante ciò Osiander non si dette per
vinto. Non sappiamo se esclusivamente di sua iniziativa o su
suggerimento di altri, prima della pubblicazione del
"De Rivolutionibus" preparò il suo famoso avviso
"Al lettore sulle ipotesi di quest'opera" e
lo fece stampare sul verso del frontespizio, e, quel che è
peggio, senza firmarlo.
Nel dicembre 1542 Copernico ebbe un primo
attacco, chi dice "colpo apoplettico", chi
infarto. Non si rimise più... Morì in seguito ad un ultimo
attacco il 24 maggio 1543.
Una bella tradizione, tramandataci da
Giese, che potrebbe anche essere degna di fede, vuole che
Copernico morente ricevesse tra le sue malferme mani una
copia stampata del suo capolavoro.
Fra
gli addetti ai lavori, Copernico viene definito nei modi
più strani e impensabili; si passa da chi come il Koestler,
lo definisce "...un suscettibile pedante, senza la
spontanea, sonnambolica, intuizione del genio
autentico..." [A. Koestler, "The Sleepwalkers"],
a chi come A. Koyré afferma che il 1543, anno della
pubblicazione del "De Rivolutionibus" ,
"...Segna la fine di un mondo e la nascita di un
nuovo mondo..." [A. Koyré, "La rivoluzione
astronomica"].
La sola ed unica cosa comune a tutti i
biografi e a tutti gli storici che ho avuto occasione di
consultare, è il fatto che vedono in Copernico uno
scienziato e un astronomo. E' possibilissimo (anzi, molto
probabile) che sia io a sbagliare, ma personalmente vedo in
Copernico un funzionario o dirigente di stato, con il
pallino dell'astronomia e della matematica.
Lo stato di cui Copernico fu funzionario
era quella Warmia che gli aveva dato i natali, a cui Nicola
dedicò l'intera sua vita attiva, per la quale lottò e
lavorò con tutti i mezzi a sua disposizione, dal 1503 fino
alla morte nel 1543.
Moltissimi hanno rimproverato a Copernico
la sua sudditanza, sia verso le autorità politico/religiose
dei suoi tempi, sia nei confronti dei grandi pensatori del
passato, Aristotele e Tolomeo in testa. Ripeto, per me
Copernico era un funzionario statale che ogni giorno doveva
guadagnarsi da vivere, per di più era perfettamente
integrato nell'ambiente in cui viveva. Ovvio quindi che un
dirigente integrato nel sistema, rispetti e si adegui
all'autorità del sistema in cui vive e lavora.
Forse può apparire meno ovvio il suo
atteggiamento nei confronti dei grandi del passato, ma a ben
guardare la sua "rivoluzione" è basata sul
rifiuto dei grandi filosofi e astronomi del tempo, e sulla
constatazione dell'impossibilità delle teorie correnti di
giustificare le osservazioni. La ricerca di
un'alternativa che avesse solide basi, è l'impegno che lo
ha accompagnato per l'intera vita, e ai tempi di Copernico
in pieno umanesimo, la base più solida era l'autorità di
cui godevano i grandi pensatori del passato.
Tutti i protagonisti del periodo della
rivoluzione scientifica, nessuno escluso, (almeno per quanto
ne so...) nel corso della loro vita non si sono mai dedicati
in modo continuativo ad attività direttamente produttive.
Copernico, alzandosi ogni mattino, sapeva
che lo aspettavano problemi e incombenze che poco o nulla
avevano a che fare con le sue ricerche scientifiche. Ora,
ognuno è libero di immaginare i geni come meglio
preferisce; ma pensare che il genio sia solo colui che si
comporta in un certo modo è davvero poco
intelligente.
D'altra parte i grandi pensatori solo
raramente hanno caratterizzato precise date storiche, nella
maggior parte dei casi, i grandi sono divenuti tali perché
come dice Newton "...sono saliti sulle spalle dei
giganti!...", cioè hanno utilizzato e progressivamente
ampliato e migliorato in modo originale, le ricerche di
coloro che li avevano preceduti.
Probabilmente la migliore delle
pochissime opere di Copernico è quel "Commentariolus"
che è rimasto sepolto per oltre 300 anni, sotto forma di
copie manoscritte, nei polverosi scaffali di varie
biblioteche e stampato solo nella seconda metà
dell'ottocento.
In quest'opera è sostanzialmente
compreso tutto il pensiero del nostro autore, anche se nella
sua opera "maggiore", il "De Rivolutionibus
Orbium Caelestium" che ha più la caratteristica di un
trattato di matematica che di cosmologia e di conseguenza
difficilmente accessibile ai non matematici, introdurrà
molte spiegazioni e modifiche, i concetti di base rimarranno
sostanzialmente invariati.
Il Commentariolus, noto con il titolo
completo di: "Nicolai Copernici De Hypotesibus Motuum
Caelestium a Se Constitutis Commentariolus", fu pensato
e scritto probabilmente prima del 1512; sicuramente non dopo
il 1514, cioè 30 anni prima che fosse dato alle stampe il
"De Rivolutionibus".
Per quanto ne sappiamo Copernico lo fece
conoscere direttamente solo agli amici più intimi ed evitò
accuratamente di diffonderlo.
Tuttavia il fatto che nel 1514 ne
esistesse una copia archiviata presso la biblioteca di
Cracovia, sembrerebbe indicare che un'idea tanto originale
abbia suscitato fin dall'inizio una viva curiosità, e che
più o meno clandestinamente, diverse persone ne fossero a
conoscenza e fra questi molti ne facessero una copia
manoscritta.
In caso contrario non si spiegherebbe il
rilevante interesse, sia in positivo che in negativo, per le
idee di Copernico, interesse che anticipò anche di molto la
diffusione della "Narratio Prima" del Rheticus e
soprattutto anche fra i non addetti ai lavori e in località
ben al di fuori del ristretto mondo della Warmia.
Oltre ai già citati sostenitori
Giovanni Alberto von Widmanstadt e al cardinale Nicola
Schönberg, è il caso di ricordare che qualcosa doveva
essere giunto perfino all'orecchio di Martin Lutero, il
quale non era certo un competente o un addetto ai lavori.
Nel 1539, un anno prima della diffusione della "Narratio",
in uno dei suoi "discorsi a tavola" si era
scagliato contro "quel folle" che, volendo essere
originale a tutti i costi, cercava di sovvertire la
"scienza astrologica", e aveva ribadito che:
"... La Sacra Scrittura afferma che Giosuè disse al
sole e non alla terra di fermarsi!...".
Il "Commentariolus", poche
pagine in tutto, inizia con un brevissimo enunciato dei
presupposti astronomici universalmente riconosciuti
dall'antichità fino ai tempi di Copernico, il quale
condivideva pienamente detti principi.
L'esistenza delle sfere celesti, la
perfezione dei moti circolari e uniformi, e il concetto che
il moto circolare e uniforme è un moto "naturale"
che non ha bisogno di una causa e si mantiene
indefinitamente, sono e rimarranno alla base del suo
pensiero cosmologico. Ogni moto apparentemente irregolare,
per essere eterno come i cieli, deve necessariamente essere
ricondotto a un insieme di tali movimenti perfetti.
Da questa premessa Copernico inizia la
critica al concetto di "equante" del sistema
tolemaico, che secondo lui viola la necessaria uniformità
del moto. Ciò constatato, è necessario ricercare un
differente sistema del mondo che oltre a a mantenere
l'uniformità dei movimenti, permetta di stabilire in ogni
momento la posizione dei corpi celesti.
Copernico, pur fortemente limitato dai
suoi preconcetti, afferma di aver trovato una soluzione al
problema, che anche a lui era sembrato insolubile, a patto
che si accettino i postulati o "assiomi" qui
riassunti:
Non esiste soltanto un centro per tutte le sfere celesti
Il centro della terra non è il centro dell'universo, ma solo il centro verso cui si muovono i corpi pesanti e attorno a cui si muove tutto ciò che è compreso nella "sfera della luna".
Tutte le sfere dell'universo ruotano attorno al sole, il quale è al centro del mondo.
Il rapporto fra la grandezza della la sfera della terra e la grandezza della sfera delle stelle fisse è notevolmente minore del rapporto tra il raggio della terra e la distanza sole-terra, così che quest'ultima vista dalla sfera delle stelle fisse è impercettibile.
Tutti i movimenti del firmamento non appartengono ad esso, ma alla terra. La terra con gli elementi vicini [ sotto la sfera della luna ] compie in un moto diurno un intero giro attorno ai suoi poli fissi, mentre il firmamento rimane immobile, inalterato con l'ultimo cielo.
Qualunque movimento ci appaia del sole, non appartiene ad esso, ma dipende dalla terra e dalla sfera che la porta, insieme alla quale noi ruotiamo intorno al sole come qualsiasi altro pianeta, così la terra compie più movimenti.
Il moto retrogrado e il moto diretto dei pianeti non dipendono da loro, ma dal moto della terra; pertanto il solo moto della terra basta a spiegare tante irregolarità celesti.
Per
fortuna la controriforma non era ancora iniziata, il
concilio di Trento verrà convocato solo nel 1545,
altrimenti il povero Copernico avrebbe fatto una prematura e
brutta fine.
Dobbiamo tener presente che la chiesa da
sempre insegnava che l'uomo, fatto a immagine e somiglianza
di Dio, era centro e signore di tutto il creato, e
l'universo era solo il teatro su cui si svolgeva il dramma:
Creazione - Caduta - Redenzione - Salvezza dello stesso e
questo principio era pienamente accettato anche dai
luterani.
A parte i problemi teologici, che durante
la vita di Copernico assunsero importanza rilevante solo
presso i luterani, sia per la gente comune che per le
persone "colte", anche il solo pensare che la
terra sotto i loro piedi fosse in movimento era, e rimarrà
ancora a lungo, un'assurdità inconcepibile.
A questo punto Copernico sente il bisogno
di spiegarsi e riassumere il contenuto del seguito del
"Commentariolus". Dichiara per prima cosa che le
"dimostrazioni matematiche" sono rimandate ad un
volume più ampio; che intende salvare il concetto dei moti
"circolari e uniformi", e che "... non si
creda che io, assieme ai pitagorici, abbia asserito a caso
la mobilità della terra...", inoltre avverte che le
dimostrazioni sull'immobilità della terra sono basate
sull'apparenza.
Subito dopo, descrivendo l'ordine delle
sfere celesti e i relativi tempi di rivoluzione, sferra un
duro colpo ai vecchi concetti circa il modo di ruotare
delle sfere. Essendo la sfera delle stelle fisse immobile,
per Copernico la sfera che ruota più velocemente è la
sfera di mercurio, seguita come velocità dalle altre sfere
dei pianeti fino a quella di saturno che è la più lenta.
Esattamente all'opposto di quanto affermato nei vecchi
sistemi.
Passando quindi a descrivere i moti
apparenti del sole, dopo aver spiegato chiaramente gli
apparenti moti diurni e annuali, incomincia ad introdurre le
prime complicazioni che progressivamente aumenteranno. Per
prima cosa assegna al sole una posizione eccentrica (...per
giustificare la differente durata della stagioni...)
rispetto al centro dell'orbita terrestre, quindi già in
contrasto con un suo postulato che lo metteva al centro del
modo, dopo di che assegna all'asse terrestre un moto conico
di durata quasi annuale per mantenere lo stesso asse
costantemente parallelo all'asse dell'eclittica ( Per
Copernico, la terra è portata da una sfera che terrebbe
l'asse terrestre sempre inclinato verso l'interno o sempre
verso l'esterno di detta sfera. ) e giustificare il moto di
precessione degli equinozi. Ciò secondo Copernico deve
essere giustificato "... in virtù di una qualche
sfera..."
Nel brano successivo stabilisce che i
punti a cui riferire il moto uniforme della terra non sono
gli equinozi, i quali cambiano lentamente la loro posizione,
ma che detto moto va riferito alle stelle fisse. Inoltre
determina in base a sue osservazioni, la direzione della
"linea degli absidi" (linea che congiunge i punti
di perielio e afelio dell'orbita terrestre).
Passando al moto della luna, per
giustificarne il movimento talvolta apparentemente [
...apparentemente per lui!...] più veloce, talaltra più
lento, assegna alla stessa un doppio epiciclo, di cui
stabilisce le dimensioni e l'inclinazione dell'asse rispetto
al piano dell'eclittica.
Per i pianeti superiori, marte, giove e
saturno, propone un sistema analogo a quello proposto per la
luna, basato su doppi epicicli, dei quali stabilisce le
dimensioni proporzionali. Nel "De rivolutionibus"
sostituirà i doppi epicicli dei pianeti con un sistema
"eccentrico ad un solo epiciclico" ( in pratica
reintrodurrà l'equante...). Per giustificare le variazioni
di declinazione assegna ai deferenti un'inclinazione
appropriata nei confronti dell'eclittica e altre
complicazioni. Correttamente giustifica i moti retrogradi
dei pianeti esterni come dovuti al moto terrestre.
Anche i moti di venere sono trattati allo
stesso modo dei pianeti superiori. Le variazioni di
declinazione complicano parecchio la teoria, come e più di
quanto avesse fatto per i pianeti superiori. Anche in questo
caso da una corretta spiegazione degli apparenti moti
retrogradi e del fatto che venere non sia mai in
opposizione.
Per mercurio le cose si complicano ulteriormente, (ricordo
che mercurio ha l'orbita più eccentrica tra i pianeti a
parte Plutone ) constatando,
in base alle osservazioni, che i due epicicli non sono
sufficienti a giustificare le apparenti variazioni di
velocità, introduce un più complicato moto di
"librazione" (paragonabile ad un moto armonico
semplice) del centro dell'epiciclo maggiore, dovuto al moto
combinato di due "circoli", sistema che aveva
usato anche per le variazioni di declinazione dei pianeti
superiori.
L'opera finisce qui, pochi fogli
manoscritti che solo apparentemente non hanno lasciato
traccia!
Il "Commentariolus" mette in evidenza il carattere
metodico fino alla pignoleria del suo autore, ma contiene,
in mezzo a tantissime inutili complicazioni che nel "De
Rivolutionibus" aumenteranno ulteriormente, idee che lo
stesso Copernico sapeva benissimo essere non solo contro il
senso comune, ma anche contrarie a millenni di pensiero
scientifico. Probabilmente è per questo che cerca di
costruire la sua teoria su "solide basi", cioè
sull'idea di sfere perfette e su moti circolari uniformi,
mantenendo e ricalcando nel "de Rivoluzionibus",
la struttura dell'Almagesto di Tolomeo.
Purtroppo proprio queste "solide
basi" determinano i grossi limiti della teoria
copernicana.
Tuttavia dobbiamo riconoscere che molto
probabilmente, se per assurdo Copernico avesse rinunciato
alle sfere e ai moti uniformi, la sua opera, considerata
come opera di un pazzo, sarebbe finita in un angolo e presto
dimenticata; e noi avremmo dovuto aspettare non poco un
altro
riformatore dell'astronomia.
Questo non vuol dire che Copernico abbia
riformato l'astronomia, ma dobbiamo riconoscere che se nei
successivi 70 o 80 anni l'astronomia verrà veramente
riformata, la prima spinta, o meglio, la prima determinante
spallata, fu opera di un funzionario di quel
principato ecclesiastico chiamato Warmia che risponde al
nome di Nicolò Copernico.