A questo punto è bene riassumere molto, ma molto, brevemente la situazione dell'astronomia matematica prima di Copernico.
    Secondo un famoso aneddoto, Platone aveva chiesto ai suoi discepoli di costruire un modello geometrico del mondo che spiegasse i vari movimenti degli astri usando solo quelle idee di moto che, secondo la sua filosofia, erano movimenti perfetti e inalterabili; ovvero i moti circolari e uniformi. Sembra che Eudosso di Cnido fosse il solo a risolvere il problema, per mezzo di un sistema di sfere omocentriche (... con lo stesso centro...) che in prima larga approssimazione riusciva allo scopo.
    Oggi sappiamo che i Pianeti descrivono orbite ellittiche e non circolari e soprattutto che la terra non è al centro del sistema solare, perciò il sistema di Eudosso era tutt'altro che preciso; per questo motivo Aristotele modificò lo schema di Eudosso aumentando il numero delle sfere per renderlo un po' più aderente alla realtà.
    Successivamente per spiegare i moti in apparenza retrogradi rispetto alle stelle fisse, nel III secolo a. C., Apollonio di Perge introdusse l'idea di "epiciclo" che migliorava nettamente la possibilità di previsione delle posizioni dei pianeti.
    Dopo più o meno altri cento anni Ipparco di Nicea, forse il primo astronomo ad eseguire osservazioni sistematiche degli astri, tanto da tramandarci, tramite Plinio, la notizia della comparsa di una nuova stella, cercò di migliorare ulteriormente il sistema introducendo l'idea dell'eccentrico, e ovviamente, da quel momento le sfere non avrebbero più potuto definirsi "Omocentriche".
    Nel II secolo dopo Cristo, Tolomeo di Alessandria, nel tentativo di dare una base matematica al sistema del mondo e salvare in qualche modo l'idea dei moti "circolari e uniformi", introdusse l'equante, che serviva a mantenere il concetto di "angoli uguali percorsi in tempi uguali".
    E' evidente che a questo punto ci si era allontanati parecchio dall'idea originale dei perfetti moti circolari e uniformi... 
    Da parte loro gli Arabi, abili osservatori, avevano apportato ulteriori modifiche, come gli epicicli su epicicli e altro, per correggere la differenza da loro constatata, tra le posizioni previste secondo il modello tolemaico e quelle osservate realmente.
    Il risultato era che nel primo rinascimento non esisteva affatto, come affermerà più tardi Copernico nel "De rivolutionibus...", un "sistema tolemaico" ma quasi ogni astronomo adottava il metodo che gli era più congeniale; Alcuni usavano epicicli ed equante, altri eccentici con doppi epicicli e così via... Per di più, con il miglioramento dei metodi di osservazione, le cose sembravano peggiorare ulteriormente.
    Torniamo in Warmia!...
    Alla fine del 1503 Copernico era rientrato in patria, tuttavia non si era installato a Frauenburg dove era la sede del capitolo della diocesi, ma ad Heilsberg (Lidzbark Warminski) nel castello di Lidzbark, presso lo zio vescovo dove in pratica aveva sede il "governo" della Warmia  e lì Copernico assunse la carica di segretario e medico personale dello zio.
    Evidentemente il nepotismo non è proprio un'invenzione recente!
   Considerando che il Vescovo era in pratica il sovrano della Warmia, il lavoro di Copernico era di natura molto delicata, oggi diremmo che Copernico era "un diplomatico in carriera". Tra i suoi compiti c'erano: mediare tra i vari gruppi sociali, tenere a freno l'espansionismo dei vicini "Cavalieri Teutonici", coordinare i rappresentanti degli "stati di Prussia" e accontentare il re di Polonia. Questo, sia pure sotto le direttive dello zio, doveva essere un lavoro a tutto campo; se poi aggiungiamo che "a tempo perso" in caso di necessità, doveva fare anche il "medico di corte" non possiamo pensare che, come afferma qualche biografo, il lavoro di canonico gli lasciasse molto tempo libero. Già a meno di un anno dal suo ritorno, nel maggio 1504 partecipando al giuramento di fedeltà al re di Polonia a Gdansk (Danzica), aveva personalmente aiutato a  tradurre un testo diplomatico dal tedesco in latino per un funzionario polacco che non conosceva la lingua tedesca. 
    Sappiamo inoltre che fu presente ai successivi congressi degli stati della Prussia del 1506 a Malbork, del 1507 a Elblag e del 1512 a Sztum.
    Nel 1507 aveva inoltre presenziato all'incoronazione di Sigismondo "il vecchio" re di Polonia, a Cracovia, e nello stesso anno si era preso cura, con generale soddisfazione, dello zio colpito da non si sa quale malanno.
    Dal 1508 dovette prendersi cura del fratello Andreas colpito da un qualche "morbo ripugnante". Andreas morirà a Roma, mentre era in cerca di una cura per il suo male, sembra prima del 1519.
    Nel 1509 fu nuovamente a Cracovia per partecipare alla dieta e proteggere gli interessi della Warmia, e sempre nello stesso anno, o alla fine del precedente, un indulto papale gli assegnava ulteriori benefici che pero rifiutò.
    Nel frattempo Copernico non aveva abbandonato i suoi interessi culturali e scientifici, In una sua osservazione accurata, della congiunzione di Giove e Saturno del 1504 aveva messo in risalto la differenza fra la posizione reale e quella prevista dalle tavole di cui disponeva. 
    Nel 1509 anche la sua traduzione delle lettere di
Teofilatto Simocatta era ormai conclusa; perciò chiese all'amico "Corvinus" (J. A. Ravens van Belderen) di scrivere un'introduzione. Questi scrisse un vero poema in latino in cui esaltava Copernico per la sua ricerca sui moti del sole, della luna e degli altri pianeti e per la sua indagine sulle "cause nascoste delle cose attraverso principi meravigliosi". Non sappiamo con precisione a cosa intendesse Corvinus, ma il riferimento a "cause nascoste" lascia intendere che Copernico stesse già da tempo lavorando alla sua ipotesi eliostatica, e che almeno gli amici intimi ne fossero a conoscenza.
    E' più che evidente che Copernico considerava sua patria la Warmia, e che a causa della pressione dei Cavalieri dell'Ordine Teutonico fosse estremamente favorevole alla protezione polacca. Benché anche lo stato dei Cavalieri dell'ordine Teutonico fosse nominalmente un feudo polacco, in realtà era una vera nazione rivale, i cui continui tentativi espansionistici disturbavano non poco gli altri territori vassalli della corona.
    Nel tentativo di migliorare la situazione ed evitare un conflitto che sembrava sempre più vicino, nel 1510 fu indetta la conferenza di Posen (Poznan). Naturalmente la questione dei confini era uno dei punti cruciali. Copernico aveva in consegna la mappa ufficiale della dicesi di Warmia che aveva contribuito ad elaborare, quindi era interessato in prima persona. Da una lettera firmata con nome falso da un suo ex compagno di studi a Bologna e collega canonico che pochi anni dopo diventerà Vescovo della Warmia, sappiamo che questo suo collega Fabian von Lossainen [Luzjanski], probabilmente su mandato dei Teutonici, approfittando dell'assenza di Nicola, si procurò le chiavi della casa di Copernico e la perquisì senza riuscire a trovare quella "preziosa mappa". Nella stessa lettera il futuro vescovo affermava: "La mappa non si trovava da nessuna parte. Credo che la portasse con sé o la tenesse sotto chiave in uno scrigno." Questo può dare l'idea degli intrallazzi politici che si svolgevano in Warmia.
    Nel tardo 1510, Copernico abbandona il palazzo vescovile dello zio e si trasferisce a Frauenburg, quì viene nominato "Cancelliere" del canonicato e ispettore per il distretto di Allenstein (Olsztyn) unitamente a quel Fabian che gli aveva perquisito la casa!... Non sappiamo perché Copernico abbia abbandonato il palazzo dello zio, ma la politica non era sicuramente estranea. 
    E' possibile che non fossero estranee anche le sue idee sulla struttura dell'universo, probabilmente non completamente gradite e accettate dallo zio vescovo.     
    Nel marzo del 1512 moriva lo zio Lucas Watzenrode e da quel momento Copernico non poté più contare su protezioni altolocate; tanto più che il vescovo successore era quel Fabian von Lossainen [Luzjanski] che già abbiamo conosciuto.
    Il Canonicato della diocesi di Warmia era, tutto sommato, un'azienda agricola produttiva e abbastanza ben organizzata per l'epoca. All'interno di questa i "canonici" rappresentavano la classe dirigente che si autoassegnava i compiti per la gestione amministrativa ogni mese di novembre con scadenza annuale .
    Nicola, stabilitosi definitivamente a Frauenburg, ottenne dal capitolo l'assegnazione di una casa. Dalla fine del 1512 assume la carica di amministratore dell'azienda degli approvvigionamenti del capitolo; incarico che prevedeva anche la direzione della fabbrica di birra, del forno comune e dei mulini, ragion per cui fu lo stesso Copernico a stabilire "il giusto prezzo del pane".
    Contemporaneamente non smise di esercitare la sua seconda professione di medico sia per i colleghi canonici che per il nuovo vescovo e i vari dignitari; compito che a detta del suo amico Tiedemann Giese, futuro vescovo di Kulm, doveva svolgere più che bene, tanto da essere "venerato come un secondo Esculapio"! In pratica, considerando le condizioni della medicina del tempo, Copernico era poco più di un praticone che applicava i metodi e le ricette tradizionali.
    Probabilmente negli anni precedenti aveva formalizzato la sua teoria.
    Infatti in un catalogo della biblioteca di Cracovia redatto nel 1514 a cura dello storico Mattia di Miechow, è citato un gruppo di fogli manoscritti che descrivono una teoria secondo cui "
... terram moveri, solem vero quescere...". E' la prima notizia storica sicura, che la teoria eliostatica di Copernico fosse già formalizzata a quella data, e secondo diversi biografi doveva già essere tale alla fine del 1512; anche se successivamente introdurrà molte modifiche, perfezionamenti e... altrettante complicazioni!....
   I fogli in questione, costituiscono quello che oggi è conosciuto come "
Commentariolus" che verrà dato alle stampe solo nella seconda metà dell'ottocento. Sembra però che il "commentariolus", sia pure costantemente sotto forma di manoscritto, abbia avuto una certa diffusione, tanto che perfino Tycho Brahe se ne procurerà una copia, nonostante fosse un convinto anticopernicano.
    (...ma del
Commentariolus parleremo altrove...)
    Nel 1512 era stato indetto il V concilio Laterano da papa Giulio II che morì subito dopo. Il suo successore Leone X  salito al soglio pontificio nel 1513, aveva costituito una commissione conciliare per la riforma del calendario e allo scopo aveva invitato a Roma i maggiori astronomi della cristianità. Tra i personaggi più autorevoli di tale commissione che avevano ricevuto l'invito personale c'era Paolo di Middelburg, erudito vescovo di Fossombrone. Non sappiamo esattamente quando, ma sicuramente prima del 1515, Paolo di Middelburg scrisse a Copernico invitandolo a presenziare alle "conferenze" per la riforma del calendario, o, in alternativa ad inviare per iscritto le sue osservazioni in materia. Questo vorrebbe dire che già prima del 1515 Copernico godeva di una certa fama di astronomo competente e capace. Ne consegue una domanda molto importante; su quali basi Copernico era considerato già prima del 1515 un esperto astronomo? Non lo sappiamo, ma è verosimile che le sue idee, sia pure fortemente contestate, si stessero lentamente diffondendo, anche se soltanto nel ristretto ambito locale e in quello degli addetti ai lavori.
    Comunque Copernico, nonostante le sollecitazioni del suo amico e collega Sculteti, non si mosse dalla Warmia, ma inviò una breve nota in cui faceva presente che la determinazione della durata dell'anno non era conosciuta con sufficiente precisione, e che a suo avviso sarebbe stato più opportuno basare la valutazione di tale durata sull'anno sidereo anziché sull'anno tropico. Cosa che a dispetto di quanto affermerà Galileo nella sua lettera alla granduchessa Cristina, non verrà presa in considerazione.
   Nel 1514 sembra che Copernico avesse acquistato o forse gli fu data in concessione, la torre nordoccidentale all'interno delle mura di Frauenburg, subito vi fece eseguire delle modifiche per adattarla ad osservatorio oltre che ad abitazione. Questa torre nonostante molti periodi di assenza per incarichi vari, rimarrà la sua casa fino alla morte.
    Nel 1516 venne nominato amministratore delle tenute di Allenstein e Mehlsack, incarico che fra l'altro gli permise di assegnare i terreni incolti o abbandonati a contadini polacchi della Masuria, quindi si stabilì a Allenstein, dove rimase  fino al 1519 per svolgere il suo incarico. 
    In questo periodo la zecca dei Cavalieri Teutonici aveva iniziato quella che oggi definiremmo una vera truffa colossale. Le monete in circolazione in Warmia, Prussia Reale e Prussia Ducale, erano in lega di rame e argento ed erano coniate dalle zecche dei Cavalieri Teutonici (Prussia Ducale) e dalle zecche delle città di Thorn, Danzica ed Elbing (Prussia Reale). Ad un certo punto la zecca dei Cavalieri Teutonici incominciò a coniare monete con un tenore di argento ridotto. La gente comune, all'oscuro del fatto, continuava a pagare merci e prestazioni con le vecchie monete più ricche di argento. Ovviamente gli esperti, fabbri e "gioiellieri", si accorsero ben presto della situazione e incominciò l'incetta delle vecchie monete che venivano fuse per asportarne l'argento in eccedenza. Ben presto le vecchie monete sparirono dalla circolazione e la gente incominciò a pagare con le nuove monete anche gli affitti e le imposte del capitolo, cosa che certamente fu poco gradita ai canonici. Copernico, che tra i vari incarichi che gli competevano come amministratore aveva anche quello della riscossione dei tributi, già nel 1517 stilò una prima nota in latino con le indicazioni per una globale riforma monetaria. La sua nota divenne ben presto un vero e proprio trattato e nel 1519 dovette tradurla in tedesco su richiesta degli stati della Prussia Reale. Purtroppo anche le zecche della Prussia Reale  si adattarono alla situazione, riducendo a loro volta il tenore di argento nelle monete con un conseguente profitto da parte loro, e l'inflazione continuò a galoppare. 
    La cosa non ebbe la rapida soluzione che sarebbe stata auspicabile e solo oltre dieci anni dopo una conferenza affrontò il problema in modo serio e costruttivo, recependo molte delle idee di Copernico.
    I Cavalieri Teutonici, nonostante conferenze e trattati, non avevano intenzione di abbandonare la loro aggressiva politica espansionistica, ogni pretesto era buono per sollevare nuove contestazioni. Fino a quando Lucas Watzenrode era stato vescovo della Warmia avevano trovato pane per i loro denti, ma il nuovo vescovo Lossainen evidentemente non era all'altezza per affrontare Albrecht  von Hohenzollern che a 20 anni nel 1511 era stato nominato "Gran Maestro". Questi, benché imparentato con la casa reale polacca, grazie all'appoggio dell'imperatore e del papa, non nascondeva affatto le sue mire nei confronti della Warmia.
    Così dopo una lunga serie di incidenti, l'ultimo giorno del 1519 il Gran Maestro Albrecht invase la Warmia e occupò la citta di Braunsberg. Il legittimo governo inviò un'ambasceria, di cui faceva parte anche Copernico, a chiedere la liberazione della città con l'esito che possiamo immaginare!... Il 23 gennaio del 1520 come risposta fu attaccata Frauenburg, la parte di città al di fuori delle mura fu incendiata e saccheggiata. Nel fuggi fuggi generale Copernico riparò ad Allenstein, mentre il vescovo Lossainen rimase ad Heilsberg che poco più tardi venne messa sotto assedio. Per la fine dell'estate del 1520 quasi tutta la Warmia era in mano ai Teutonici. Anche l'estremo lembo di Allenstein era fortemente minacciato, per cui Copernico, vero comandante in capo, chiese aiuto al re Sigismondo ma il suo messaggio cadde invece nelle mani dei Cavalieri Teutonici. Solo all'inizio del 1521 riuscì ad ottenere rinforzi, viveri, armi e munizioni. Finalmente in aprile del 1521 fu stipulata una tregua, ma gran parte della Warmia rimaneva occupata dagli invasori e dalle truppe polacche. 
    Esaurito il compito di generale, Copernico dovette riprendere immediatamente l'attività di amministratore e diplomatico; già a maggio aveva ratificato le successioni dei contadini sui terreni del capitolo, a Luglio, rientrato a Frauenburg, fu nominato "Sovrintendente di Warmia". Probabilmente, considerata la situazione, ben pochi erano disponibili per l'incarico!... Comunque al congresso degli stati della Prussia Reale presentò la "Querela Capituli" contro le continue violazioni dell'armistizio da parte del Gran Maestro Albrecht e nel marzo del 22 presentò allo stesso congresso anche il suo trattato sulle monete, che nel frattaempo era diventato "De estimatione monetae", per sollecitare una soluzione del problema inflazione che continuava ad aggravarsi.
   Intanto nel 1517 Martin Lutero aveva affisso le sue famose tesi alla cattedrale di Wittenberg e la riforma si stava diffondendo. La Polonia tuttavia aveva altro a cui pensare, solo il Gran  Maestro Albrecht in cerca di appoggi alla sua politica nel 1522 si recò a Norimberga dove si incontrò con Andreas Osiander, nome che ritroveremo ancora... Osiander, da poco neoluterano, cercò di convincere Albrecht a fare altrettanto, ma questi preferì per il momento rifletterci sopra. Tuttavia si convinse a raggiungere Wittenberg e far visita a Lutero che gli consigliò di abolire l'Ordine Teutonico, di prendere moglie e fondare un ducato personale.
    Albrecht dopo aver solennemente promesso al papa che non si sarebbe unito ai luterani e dopo diverse trattative con Sigismondo re di Polonia, alla fine seguì alla lettera il consiglio di Lutero, e nel 1525 nasceva il Granducato di Prussia.
    A fine gennaio del 1523 moriva il vescovo di Warmia Lossainen. A detta di un cronista cattolico, alquanto maligno, sarebbe morto di sifilide, ma è più probabile che la sua colpa fosse quella di non essersi opposto con sufficiente determinazione alla "eresia luterana" e di conseguenza il "castigo divino". In attesa della nomina del nuovo vescovo, Copernico fu nominato "Amministratore Generale" e subito chiese a Prussiani e Polacchi la restituzione alla diocesi dei territori ancora sotto occupazione, cosa che i Polacchi fecero sollecitamente, i Prussiani non solo se ne guardarono bene, ma approfittarono dell'occasione per impadronirsi di altri territori. Fortunatamente ad ottobre la nomina di Maurice  Ferber a vescovo gli permise di passare in altre mani la "patata bollente". La situazione si risolse solo nel 1525, quando Albrecht von Hohenzollern dopo essersi accordato con il re, fondò il suo "Granducato".
    Nel 1526 troviamo Copernico impegnato con l'amico Wapowski ad elaborare la mappa dell'intera Polonia su incarico reale. Tra il 1526 e il 1528 completa e revisiona il suo trattato  sulle monete che diventa "De monetae cudendae ratione" (Metodo per coniare il denaro) in cui probabilmente per la prima volta ai tradizionali flagelli in grado di distruggere una nazione, cioè fame, guerra e peste, aggiunge "il denaro svilito", l'inflazione. Il trattato in questione fu illustrato da Copernico ai congressi degli stati prussiani del 1528 e del 1530. 
    Il 1529 lo vide impegnato, con l'amico Sculteti, nell'elaborazione di una nuova mappa della Warmia su incarico del nuovo vescovo vescovo Ferber.
    L'atteggiamento dei cattolici della Warmia nei confronti dei luterani si può riassumere come una "tollerante riprovazione".
    Nel 1523 un vescovo polacco, tale Georg von Polentz, aveva pubblicato un libro che esprimeva simpatia nei confronti di Lutero a cui Tiedemann Giese, amico di Copernico, aveva risposto con un'opera talmente conciliante che non ne verrà autorizzata la pubblicazione. In quest'opera, pur riconoscendo le gravi responsabilità della chiesa cattolica, auspicava una soluzione all'interno della stessa. Idee simili con tutta probabilità erano condivise pienamente da Copernico, legato a Tiedemann da grande amicizia, purtroppo nel corso del 1526 la frangia di canonici più estremista prese il sopravvento, e a settembre tutti i canonici, compresi Copernico e Giese, firmarono l'editto che espelleva i protestanti dalla Warmia entro un mese. 
    Non sembra proprio che Copernico fosse molto convinto di un simile comportamento, ne è prova la generosa accoglienza che riserverà più tardi al  luterano Rheticus.
    Dal 1531 al 1533 fu nuovamente nominato "Ispettore dei beni del capitolo", carica che aveva già ricoperto negli anni fra il 1510 e 1512 e che tornerà a ricoprire nel biennio 1535/1537. Copernico è ormai sessantenne e il suo "De rivolutionibus..." probabilmente era già completo nel 32, anche se continuerà ad apportare modifiche, perfezionamenti e complicazioni, almeno fino al 1541 quando ne consegnerà una copia al Rheticus.
    Benché molti biografi affermino che Copernico non avesse divulgato le sue idee astronomiche, qualcosa doveva essere trapelato anche negli ambienti ben al di fuori della sua ristretta cerchia di conoscenze, sembra infatti che poco dopo il 1530 il suo amico Giese, non ancora vescovo di Kulm, avesse scritto un'opera, purtroppo perduta, in favore delle teorie di Copernico.
    Nel 1533 il cancelliere austriaco Giovanni Alberto von Widmanstadt (... o Widmantetter...) illustrò in Roma al pontefice Clemente VII le nuove teorie copernicane che, per quanto ne sappiamo, non provocarono nessuna reazione di carattere teologico, anzi, papa Clemente ricompensò il cancelliere con un prezioso codice. 
    L'osservazione di alcuni autori secondo i quali se Copernico avesse divulgato il suo pensiero scientifico se ne dovrebbe trovare traccia in qualche scritto universitario dell'epoca, non è , a mio avviso, sostenibile. Considerando il sistema autoritario dell'insegnamento caratteristico dell'epoca, quasi sicuramente nessun docente era disposto a rischiare posto e carriera per diffondere strane teorie che andavano contro ogni senso comune. Ricordo che quasi 50 anni dopo la morte di Copernico, Michael Maestlin, maestro di Keplero, e personalmente copernicano più che convinto, nel pubblicare la prima edizione del suo "Epitome Astronomiae" che praticamente era un testo scolastico, parla solo del sistema tolemaico. Soltanto nell'ultima edizione dello stesso lavoro accenna al sistema copernicano. 
    Insomma, si poteva parlare, discutere, sostenere o deridere le teorie di Copernico, e probabilmente ciò avveniva abbastanza regolarmente, ma nessuno, salvo l'autore, era tanto avventato da scriverne.
    La strisciante diffusione delle idee eliostatiche procurò diversi guai a Copernico. All'epoca, lo stesso Copernico ne era perfettamente cosciente, non era pensabile poter mettere in movimento la terra sotto i piedi della gente comune ne tanto meno della gente "colta" senza andare incontro a grossi dispiaceri. Un certo Willem van de Volder noto come "Gnapheus", il quale dopo vari guai per aver deriso la religione cattolica si era rifugiato nel neogranducato di Prussia, evidentemente vedeva in Copernico un ottimo bersaglio.
    Insegnante e scrittore di commedie, mise alla berlina il Copernico in un suo dramma che ottenne un certo successo. Purtroppo il ridicolo, unito all'arroganza incompetente, è sempre stato tra le migliori armi dei meschini!... Ma anche questo a volte serve a diffondere idee nuove.
    Altra prova che le idee di Copernico erano più diffuse di quanto non si pensi, è la lettera che gli inviò da Roma Nicola Schönberg, cardinale e arcivescovo di Capua, alla fine del 1536. Nella lettera lo stesso Schönberg prega Copernico di fargli avere una copia della documentazione delle sue teorie, (in pratica una copia del "De Rivolutionibus...) dichiarandosi disposto a sostenere le spese necessarie.
   Negli anni in cui rimase in carica, il vescovo Ferber  fu sempre sofferente di seri disturbi, e Copernico dovette esercitare in continuazione la sua seconda professione di medico, spesso e più o meno volentieri, doveva precipitarsi a Heilsberg per soccorrere l'augusto paziente. Constatata la mancanza di miglioramenti, chiese un consulto a famosi medici di Cracovia tra i quali c'era anche il medico personale di re Sigismondo, ma i risultati non sortirono gran che! Nel 1537 un ultimo attacco faceva passare il vescovo Ferber nel mondo dei più. Copernico, accorso ancora una volta, non poté fare altro che preparare i funerali.
    La nomina dei nuovi vescovi di Warmia non era solo un affare privato dei canonici; secondo la prassi questi sceglievano una rosa di nomi e li inviavano al re di Polonia, il quale ne sceglieva quattro fra cui sarebbe stato eletto il neo vescovo. Alla morte di Ferber il nome di Copernico era stato inserito nella rosa e faceva parte dei quattro candidati. In pratica però Copernico non solo non fu eletto, ma non ricevette nemmeno un voto, neanche il suo. Il nuovo vescovo Johannes Dantiscus  era stato in precedenza vescovo di Kulm, e aveva alle spalle una lunga carriera diplomatica. 
    Dopo un periodo di rapporti piuttosto tiepidi nei confronti di Dantiscus, Copernico divenne ancora una volta il medico personale del vescovo di Warmia, oltre naturalmente a continuare ad occuparsi della salute dei suoi colleghi.
    Fra i canonici pazienti di Copernico c'era un certo Reich. Da una lettera di fine '38, inviata al vescovo Dantiscus da parte di quest'ultimo, sappiamo che il vescovo aveva rivolto a Copernico un severo monito perché licenziasse la sua "domestica" Anna Schillings, donna separata dal marito e convivente di Nicola. Non abbiamo notizie su quando fosse iniziata la relazione tra i due, ma doveva essere un cosa che si trascinava da tempo e di dominio pubblico. Personalmente ho sempre trovato, e trovo tutt'ora, profondamente innaturale qualsiasi "voto di castità", anche se ovviamente ognuno è libero di pensarla come vuole...  Tuttavia la situazione di Copernico in un periodo vicino alla controriforma, non era assolutamente tollerabile da parte di un vescovo, anche se quest'ultimo aveva una figlia naturale!... 
    Inoltre Dantiscus aveva ancora ambizioni di carriera, essendo candidato alla porpora cardinalizia, quindi con lo scopo di mettersi in buona luce nei confronti delle autorità romane, aveva iniziato un'opera moralizzatrice della chiesa locale. 
    Copernico, ormai sessataseienne, cercò di tirare le cose un po' per le lunghe, ma alla fine, anche su pressione dell'amico Tidermann Giese, licenziò la sua compagna.
   
Georg Joachim von Lauchen (1514 - 1576), più noto col nome latinizzato di Rheticus dalla sua provincia di origine, l'antica Retia dei romani, nel 1539 era un giovanissimo "lettore di matematiche" interessato all'astrologia, presso università di Wittenberg, università che stava diventando il centro culturale più rappresentativo dei luterani, e, a detta dei cattolici,  naturalmente era "un focolaio di eresie". 
    Venuto a conoscenza, non si sa come, delle idee di Copernico, con la caratteristica intraprendente incoscienza dei giovani, per avere informazioni corrette e di prima mano era giunto alla conclusione che lui, giovane luterano piuttosto scapestrato, a dispetto del divieto di entrare in Warmia per tutti il luterani, dovesse recarsi direttamente alla fonte delle novità.
    Così, impachettati armi e bagagli, nella primavera del 1539 partì per la Warmia. Portava con sé come doni diverse "ultime edizioni" di vari libri di astronomia e matematica, tra cui "I Triangoli" di Regiomontano che Copernico usò immediatamente per aggiornare alcuni teoremi di matematica contenuti nel suo "De rivolutionibus...". Probabilmente lo stesso Rheticus non si aspettava, lui eretico luterano, un'accoglienza così cortese e amichevole come quella che ricevette  dal canonico cattolico. 
    Copernico mostrò a Rheticus il suo lavoro, e questi ne rimase subito entusiasta, al punto che da quel momento parlando dello stesso Copernico, Rheticus lo definirà sempre come suo "Dominus Doctor Praeceptor". 
    Già durante il suo viaggio versa la Warmia in una sosta a Poznam, Rheticus aveva spedito una lettera al suo ex docente Johann Schöner, con il quale aveva un rapporto di amicizia. La lettera datata 14 maggio, informava Schöner, il quale essendo anche astrologo era interessato ai moti celesti, sulle intenzioni dello stesso Rheticus, e gli prometteva che sarebbe stato tenuto al corrente degli eventi. 
    Poche settimane dopo il suo arrivo Rheticus non solo era diventato un convinto copernicano, ma aveva capito che l'opera del maestro non doveva e non poteva restare nel cassetto.
    Invitato da Tiedemann Giese a Lõbau, Rheticus, mentre approfondiva le idee del maestro, ebbe occasione discutere sul perché Copernico non fosse disposto a pubblicare il "De Rivolutionibus"e probabilmente di predisporre i piani per convincere il maestro.
    Comunque dopo poco più di due mesi ritenne di conoscere abbastanza le nuove teorie da poter aggiornare l'amico
Schöner, compose quasi di getto quella lettera che conosciamo come "Narratio Prima" e la inviò all'amico.
    In realtà la "Narratio Prima" più che una lettera è una recensione/estratto del De Rivolutionibus, anche se Rheticus non rinunciò ad inserirvi alcune previsioni astrologiche alle quali Copernico non aveva mai fatto cenno. All'inizio del 1540 Rheticus la diede alle stampe sotto forma anonima. Fu un vero successo editoriale per l'epoca, tanto che dopo un anno ne uscirà la ristampa, questa volta con il nome dell'autore. 
    Nella tarda primavera del 1540, ritornato a Wittenberg per l'inizio dei corsi all'università, in merito al programma del II semestre, il primo maggio Rheticus dichiara: "Mi è stato ordinato di fare ancora una volta, un corso sul "De Sfera Mundi di Giovanni Sacrobosco" ". Evidentemente, nonostante la "Narratio Prima", non era aria di copernicanesimo all'università di Filippo Melantone, l'intellettuale della riforma! Dopo tutto Copernico a 68 anni e probabilmente desideroso di quiete, aveva le sue buone ragioni per tenere il suo capolavoro nel cassetto!
    L'estate successiva Rheticus ritornò in Warmia a preparare il "De Rivolutionibus" per la pubblicazione. Ormai con il polverone sollevato dalla "Narratio Prima" anche Copernico non aveva più motivi per opporsi.Verso la fine del 1541 Rheticus tornò ancora a Wittenberg dove venne nominato decano della facolta delle arti. Tuttavia qualcosa non andava per il giusto verso, non è improbabile che la sua promozione fosse in realtà una rimozione dall'insegnamento attivo. Melantone, a cui Rheticus aveva inviato copia della "Narratio Prima", il 16 ottobre 1541 in una lettera a Burchard Mithobius era arrivato ad affermare che: "...un governo saggio dovrebbe proibire le idee di Copernico...". 
    Stando a quanto dice Gassendi, al termine della revisione Copernico affidò una copia del manoscritto del "De Rivolutionibus" a Tiedemann che lo fece avere a Rheticus. Questi, che nei primi mesi del 1542 aveva fatto pubblicare separatamente a Wittemberg i capitoli XII - XIV del del libro I del "De Rivolutionibus" (De Triangulis...) che contengono la parte trigonometrica dell'opera di Copernico, probabilmente aveva recepito che la roccaforte dei luterani non era il posto più adatto per la pubblicazione del "De Rivolutionibus". Perciò nel mese di maggio si rivolse a Giovanni Petreio (Hans Peter) tipografo di Norimberga. 
    Purtroppo nel mese di ottobre Rheticus lasciò Wittemberg per assumere un incarico all'università di Lipsia e fu costretto a lasciare il compito di supervisione della stampa ad Andreas Hosemann, quel Osiander teologo luterano che abbiamo già nominato. 
    La questione se Rheticus abbia lasciato di sua spontanea iniziativa l'università di Wittemberg, è alquanto interessante... 

Georg Joachim von Lauchen, 1514 – 1576 Adottò il nome di Rheticus dal nome della sua provincia di origine, l'antica Retia.
Nato nel 1514 a Feldkirch (Austria).
Il padre Georg Iserin fu decapitato nel 1528 per stregoneria, per cui assunse il cognome della madre italiana "de Porris" in versione tedesca, cioè "von Lauchen". Studiò prima a Zurigo, poi all'università di Wittenberg.  Successivamente aveva seguito dei corsi a Nürnberg (Norimberga) e Tubingen (Tubinga). Protetto da Filippo Melantone, aveva ottenuto la carica di docente di matematica all'università di Wittemberg a soli 22 anni. Dal 1542 al 1551 insegnò a Lipsia e successivamente si dedicò alla professione medica a Cracovia.
Morì nel 1574 a Kosice in Slovacchia.

Il fatto che non fosse passato nemmeno un anno dalla sua nomina  a decano, e stesse curando la tanto desiderata pubblicazione del "De Rivolutionibus",  fa pensare più ad una fuga o ad un'espulsione che ad un semplice trasferimento. Per di più da quel momento Rheticus riuscirà a pubblicare quasi nulla, nonostante in alcune sue lettere accenni ad opere di rilievo come la "Astronomia Germanica" di cui non si è più saputo niente. In pratica, dalla sua partenza per Lipsia è come se Rheticus fosse stato messo al bando.
       Andrea Osiander oltre essere stato uno dei primi seguaci di Martin Lutero, anche se più volte in disaccordo col maestro su questioni rilevanti, come il concetto della "giustificazione per fede", era alquanto dubbioso nei confronti della realtà fisica delle idee di Copernico, o quanto meno era fortemente preoccupato su come sarebbe stata accolta l'opera di Copernico. Già nel 1540, all'epoca della "Narratio, Prima" aveva scritto a Copernico una lettera, oggi perduta, sulla questione delle ipotesi astronomiche. Purtroppo anche la risposta di Copernico è andata persa. Osiander, probabilmente non soddisfatto della risposta, il 20 aprile 1541 tornò alla carica con una lettera in cui, sempre a proposito delle "ipotesi", afferma: "
Le ipotesi non sono articoli di fede, ma fondamenti di calcolo, cosicché nulla importa anche se sono false, purché spieghino esattamente i fenomeni dei moti... ... Così renderesti più tranquilli i peripatetici e i teologi..." In un'altra lettera dello stesso periodo inviata al Rheticus, Osiander si esprimeva sugli stessi toni. Purtroppo anche le risposte a queste due lettere sono andate perse. 
    Copernico, da parte sua, fu estremamente chiaro. All'inizio della sua dedica a papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, scritta nella seconda metà del 1541 probabilmente pensando ai "suggerimenti" di Osiander,  dedica che poi sostituì l'originario proemio del "De Rivolutionibus", afferma: "
Mi rendo conto, o Padre Santissimo, che, non appena alcuni saranno venuti a conoscenza che io....  ....attribuisco certi movimenti al globo terrestre, subito andranno gridando che sono da mettere al bando...". Non ci potevano essere equivoci, Copernico era convintissimo della realtà del suo pensiero.
    Nonostante ciò Osiander non si dette per vinto. Non sappiamo se esclusivamente di sua iniziativa o su suggerimento di altri, prima della pubblicazione del "De Rivolutionibus" preparò il suo famoso avviso "
Al lettore sulle ipotesi di quest'opera" e lo fece stampare sul verso del frontespizio, e, quel che è peggio, senza firmarlo.
    Nel dicembre 1542 Copernico ebbe un primo attacco, chi dice "colpo apoplettico", chi infarto. Non si rimise più... Morì in seguito ad un ultimo attacco il 24 maggio 1543.
    Una bella tradizione, tramandataci da Giese, che potrebbe anche essere degna di fede, vuole che Copernico morente ricevesse tra le sue malferme mani una copia stampata del suo capolavoro.

   Fra gli addetti ai lavori, Copernico viene definito nei modi più strani e impensabili; si passa da chi come il Koestler, lo definisce "...un suscettibile pedante, senza la spontanea, sonnambolica, intuizione del genio autentico..." [A. Koestler, "The Sleepwalkers"],  a chi come A. Koyré afferma che il 1543, anno della pubblicazione del "De Rivolutionibus" , "...Segna la fine di un mondo e la nascita di un nuovo mondo..." [A. Koyré, "La rivoluzione astronomica"].
    La sola ed unica cosa comune a tutti i biografi e a tutti gli storici che ho avuto occasione di consultare, è il fatto che vedono in Copernico uno scienziato e un astronomo. E' possibilissimo (anzi, molto probabile) che sia io a sbagliare, ma personalmente vedo in Copernico un funzionario o dirigente di stato, con il pallino dell'astronomia e della matematica. 
    Lo stato di cui Copernico fu funzionario era quella Warmia che gli aveva dato i natali, a cui Nicola dedicò l'intera sua vita attiva, per la quale lottò e lavorò con tutti i mezzi a sua disposizione, dal 1503 fino alla morte nel 1543.
    Moltissimi hanno rimproverato a Copernico la sua sudditanza, sia verso le autorità politico/religiose dei suoi tempi, sia nei confronti dei grandi pensatori del passato, Aristotele e Tolomeo in testa. Ripeto, per me Copernico era un funzionario statale che ogni giorno doveva guadagnarsi da vivere, per di più era perfettamente integrato nell'ambiente in cui viveva. Ovvio quindi che un dirigente integrato nel sistema, rispetti e si adegui all'autorità del sistema in cui vive e lavora. 
    Forse può apparire meno ovvio il suo atteggiamento nei confronti dei grandi del passato, ma a ben guardare la sua "rivoluzione" è basata sul rifiuto dei grandi filosofi e astronomi del tempo, e sulla constatazione dell'impossibilità delle teorie correnti di giustificare le osservazioni. La ricerca  di un'alternativa che avesse solide basi, è l'impegno che lo ha accompagnato per l'intera vita, e ai tempi di Copernico in pieno umanesimo, la base più solida era l'autorità di cui godevano i grandi pensatori del passato.
    Tutti i protagonisti del periodo della rivoluzione scientifica, nessuno escluso, (almeno per quanto ne so...) nel corso della loro vita non si sono mai dedicati in modo continuativo ad attività direttamente produttive.
    Copernico, alzandosi ogni mattino, sapeva che lo aspettavano problemi e incombenze che poco o nulla avevano a che fare con le sue ricerche scientifiche. Ora, ognuno è libero di immaginare i geni come meglio preferisce; ma pensare che il genio sia solo colui che si comporta in un certo modo è davvero poco intelligente. 
    D'altra parte i grandi pensatori solo raramente hanno caratterizzato precise date storiche, nella maggior parte dei casi, i grandi sono divenuti tali perché come dice Newton "...sono saliti sulle spalle dei giganti!...", cioè hanno utilizzato e progressivamente ampliato e migliorato in modo originale, le ricerche di coloro che li avevano preceduti.
    Probabilmente la migliore delle pochissime opere di Copernico è quel "Commentariolus" che è rimasto sepolto per oltre 300 anni, sotto forma di copie manoscritte, nei polverosi scaffali di varie biblioteche e stampato solo nella seconda metà dell'ottocento. 
    In quest'opera è sostanzialmente compreso tutto il pensiero del nostro autore, anche se nella sua opera "maggiore", il "De Rivolutionibus Orbium Caelestium" che ha più la caratteristica di un trattato di matematica che di cosmologia e di conseguenza difficilmente accessibile ai non matematici, introdurrà molte spiegazioni e modifiche, i concetti di base rimarranno sostanzialmente invariati.
    Il Commentariolus, noto con il titolo completo di: "Nicolai Copernici De Hypotesibus Motuum Caelestium a Se Constitutis Commentariolus", fu pensato e scritto probabilmente prima del 1512; sicuramente non dopo il 1514, cioè 30 anni prima che fosse dato alle stampe il "De Rivolutionibus". 
    Per quanto ne sappiamo Copernico lo fece conoscere direttamente solo agli amici più intimi ed evitò accuratamente di diffonderlo. 
    Tuttavia il fatto che nel 1514 ne esistesse una copia archiviata presso la biblioteca di Cracovia, sembrerebbe indicare che un'idea tanto originale abbia suscitato fin dall'inizio una viva curiosità, e che più o meno clandestinamente, diverse persone ne fossero a conoscenza e fra questi molti ne facessero una copia manoscritta. 
    In caso contrario non si spiegherebbe il rilevante interesse, sia in positivo che in negativo, per le idee di Copernico, interesse che anticipò anche di molto la diffusione della "Narratio Prima" del Rheticus e soprattutto anche fra i non addetti ai lavori e in località ben al di fuori del ristretto mondo della Warmia. 
    Oltre ai già citati
sostenitori Giovanni Alberto von Widmanstadt e al cardinale Nicola Schönberg, è il caso di ricordare che qualcosa doveva essere giunto perfino all'orecchio di Martin Lutero, il quale non era certo un competente o un addetto ai lavori. Nel 1539, un anno prima della diffusione della "Narratio", in uno dei suoi "discorsi a tavola" si era scagliato contro "quel folle" che, volendo essere originale a tutti i costi, cercava di sovvertire la "scienza astrologica", e aveva ribadito che: "... La Sacra Scrittura afferma che Giosuè disse al sole e non alla terra di fermarsi!...".
    Il "Commentariolus", poche pagine in tutto, inizia con un brevissimo enunciato dei presupposti astronomici universalmente riconosciuti dall'antichità fino ai tempi di Copernico, il quale condivideva pienamente detti principi. 
    L'esistenza delle sfere celesti, la perfezione dei moti circolari e uniformi, e il concetto che il moto circolare e uniforme è un moto "naturale" che non ha bisogno di una causa e si mantiene indefinitamente, sono e rimarranno alla base del suo pensiero cosmologico. Ogni moto apparentemente irregolare, per essere eterno come i cieli, deve necessariamente essere ricondotto a un insieme di tali movimenti perfetti. 
    Da questa premessa Copernico inizia la critica al concetto di "equante" del sistema tolemaico, che secondo lui viola la necessaria uniformità del moto. Ciò constatato, è necessario ricercare un differente sistema del mondo che oltre a a mantenere l'uniformità dei movimenti, permetta di stabilire in ogni momento la posizione dei corpi celesti. 
    Copernico, pur fortemente limitato dai suoi preconcetti, afferma di aver trovato una soluzione al problema, che anche a lui era sembrato insolubile, a patto che si accettino i postulati o "assiomi" qui riassunti:

   Per fortuna la controriforma non era ancora iniziata, il concilio di Trento verrà convocato solo nel 1545, altrimenti il povero Copernico avrebbe fatto una prematura e brutta fine.
    Dobbiamo tener presente che la chiesa da sempre insegnava che l'uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, era centro e  signore di tutto il creato, e l'universo era solo il teatro su cui si svolgeva il dramma: Creazione - Caduta - Redenzione - Salvezza dello stesso e questo principio era pienamente accettato anche dai luterani.
    A parte i problemi teologici, che durante la vita di Copernico assunsero importanza rilevante solo presso i luterani, sia per la gente comune che per le persone "colte", anche il solo pensare che la terra sotto i loro piedi fosse in movimento era, e rimarrà ancora a lungo, un'assurdità inconcepibile.
    A questo punto Copernico sente il bisogno di spiegarsi e riassumere il contenuto del seguito del "Commentariolus". Dichiara per prima cosa che le "dimostrazioni matematiche" sono rimandate ad un volume più ampio; che intende salvare il concetto dei moti "circolari e uniformi", e che "
... non si creda che io, assieme ai pitagorici, abbia asserito a caso la mobilità della terra...", inoltre avverte che le dimostrazioni sull'immobilità della terra sono basate sull'apparenza.
    Subito dopo, descrivendo l'ordine delle sfere celesti e i relativi tempi di rivoluzione, sferra un duro colpo ai vecchi concetti circa  il modo di ruotare delle sfere. Essendo la sfera delle stelle fisse immobile, per Copernico la sfera che ruota più velocemente è la sfera di mercurio, seguita come velocità dalle altre sfere dei pianeti fino a quella di saturno che è la più lenta. Esattamente all'opposto di quanto affermato nei vecchi sistemi.
    Passando quindi a descrivere i moti apparenti del sole, dopo aver spiegato chiaramente gli apparenti moti diurni e annuali, incomincia ad introdurre le prime complicazioni che progressivamente aumenteranno. Per prima cosa assegna al sole una posizione eccentrica (...per giustificare la differente durata della stagioni...) rispetto al centro dell'orbita terrestre, quindi già in contrasto con un suo postulato che lo metteva al centro del modo, dopo di che assegna all'asse terrestre un moto conico di durata quasi annuale per mantenere lo stesso asse costantemente parallelo all'asse dell'eclittica ( Per Copernico, la terra è portata da una sfera che terrebbe l'asse terrestre sempre inclinato verso l'interno o sempre verso l'esterno di detta sfera. ) e giustificare il moto di precessione degli equinozi. Ciò secondo Copernico deve essere giustificato "... in virtù di una qualche sfera..." 
    Nel brano successivo stabilisce che i punti a cui riferire il moto uniforme della terra non sono gli equinozi, i quali cambiano lentamente la loro posizione, ma che detto moto va riferito alle stelle fisse. Inoltre determina in base a sue osservazioni, la direzione della "linea degli absidi" (linea che congiunge i punti di perielio e afelio dell'orbita terrestre).
    Passando al moto della luna, per giustificarne il movimento talvolta apparentemente [ ...apparentemente per lui!...] più veloce, talaltra più lento, assegna alla stessa un doppio epiciclo, di cui stabilisce le dimensioni e l'inclinazione dell'asse rispetto al piano dell'eclittica.
   Per i pianeti superiori, marte, giove e saturno, propone un sistema analogo a quello proposto per la luna, basato su doppi epicicli, dei quali stabilisce le dimensioni proporzionali. Nel "De rivolutionibus" sostituirà i doppi epicicli dei pianeti con un sistema "eccentrico ad un solo epiciclico" ( in pratica reintrodurrà l'equante...). Per giustificare le variazioni di declinazione assegna ai deferenti un'inclinazione appropriata nei confronti dell'eclittica e altre complicazioni. Correttamente giustifica i moti retrogradi dei pianeti esterni come dovuti al moto terrestre.
    Anche i moti di venere sono trattati allo stesso modo dei pianeti superiori. Le variazioni di declinazione complicano parecchio la teoria, come e più di quanto avesse fatto per i pianeti superiori. Anche in questo caso da una corretta spiegazione degli apparenti moti retrogradi e del fatto che venere non sia mai in opposizione. 
    Per mercurio le cose si complicano ulteriormente, (ricordo che mercurio ha l'orbita più eccentrica tra i pianeti a parte Plutone ) constatando, in base alle osservazioni, che i due epicicli non sono sufficienti a giustificare le apparenti variazioni di velocità, introduce un più complicato moto di "librazione" (paragonabile ad un moto armonico semplice) del centro dell'epiciclo maggiore, dovuto al moto combinato di due "circoli", sistema che aveva usato anche per le variazioni di declinazione dei pianeti superiori.
    L'opera finisce qui, pochi fogli manoscritti che solo apparentemente non hanno lasciato traccia!

    Il "Commentariolus" mette in evidenza il carattere metodico fino alla pignoleria del suo autore, ma contiene, in mezzo a tantissime inutili complicazioni che nel "De Rivolutionibus" aumenteranno ulteriormente, idee che lo stesso Copernico sapeva benissimo essere non solo contro il senso comune, ma anche contrarie a millenni di pensiero scientifico. Probabilmente è per questo che cerca di costruire la sua teoria su "solide basi", cioè sull'idea di sfere perfette e su moti circolari uniformi, mantenendo e ricalcando nel "de Rivoluzionibus", la struttura dell'Almagesto di Tolomeo. 
    Purtroppo proprio queste "solide basi" determinano i grossi limiti della teoria copernicana. 
    Tuttavia dobbiamo riconoscere che molto probabilmente, se per assurdo Copernico avesse rinunciato alle sfere e ai moti uniformi, la sua opera, considerata come opera di un pazzo, sarebbe finita in un angolo e presto dimenticata; e noi avremmo dovuto aspettare non poco un altro riformatore dell'astronomia.
    Questo non vuol dire che Copernico abbia riformato l'astronomia, ma dobbiamo riconoscere che se nei successivi 70 o 80 anni l'astronomia verrà veramente riformata, la prima spinta, o meglio, la prima determinante spallata,  fu opera di un funzionario di quel principato ecclesiastico chiamato Warmia che risponde al nome di Nicolò Copernico.

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