Confraternita della Cintura e

di San Nicola

   

LETTERA DEL

PADRE SPIRITUALE  

              

Tolentino, 4 novembre 2000

 

CONVENTO SAN NICOLA

62029 TOLENTINO (MC)

 

AL Sig. Mariano Piampiani

PRIORE della Confraternita

della Cintura

e di San Nicola

e tutti i Confratelli

   

Tolentino, 4 Novembre 2000

      Carissimo Priore e Confratelli,

           in questo pomeriggio siete riuniti per la prima votazione e verificare l’attività della neonata Confraternita della Cintura e di San Nicola. È il primo Capitolo: il secondo atto ufficiale dopo la Vostra vestizione!

         L'augurio che faccio a tutti è di lavorare con slancio ed entusiasmo per questa nostra «Famiglia» che tra pochi mesi compirà un anno. Slancio non solo legato alla "novità" o alle soddisfazioni fino ad oggi avute. Entusiasmo quale frutto della bontà, del rispetto, del perdono e del vivere i sani valori che ci sono stati tramandati dai nostri cari. Entusiasmo come consapevolezza di aver trovato dei fratelli che, condividendo i nostri stessi ideali, camminano verso la stessa direzione. Entusiasmo per la gioia di aver trovato nella Confraternita la presenza del Signore!

         Gli inseparabili Paolo e Barnaba, insieme ai discepoli fuggiaschi e perseguitati, «ad Antiochia per la prima volta furono chiamati Cristiani» (At 11, 26). Quest'appellativo venne loro affidato perché nonostante tutto, al di là di ogni difficoltà e problema, si volevano bene in maniera nuova e altruista. Si amavano come li amava il Signore! Questo esempio sia un'ideale per tutti noi.

         Siamo giunti al settimo mese di vita della Confraternita. Dio sia lodato, perché ha fatto grandi cose per noi! Abbiamo camminato fin dall'inizio con passione e pieni di ideali, senza soldi e alcun appoggio. Siamo stati presi per mano dalla Provvidenza.

         Ho pensato a lungo prima di scrivere questa lettera. Anzi, per meglio dire, ho pregato a lungo perché il Signore guidasse la mia mente e la mia mano. Perché dico questo? La verità è presto detta! In questa nostra, pur piccola storia ho sempre sentito la mano del Signore guidarci: come un padre e una madre accompagnano nei primi passi i propri bambini.

         Molti di voi sanno com'è bello ed entusiasmante questo momento in cui i figli vogliono essere autonomi e muovere i primi passi. Ma allo stesso tempo sperimentano la paura, l'impotenza, la debolezza e l'inesperienza. La mano del papà e della mamma divengono forza e coraggio per correre lontano. Correre fino ad inebriarsi dell'esperienza della libertà.

         In Basilica, come nei momenti di solitudine, mi sono trovato a dire nella più semplice naturalezza: Grazie Signore, non ci hai mai abbandonati! Ed invito voi tutti a lodare il Signore con me.

         La lode si fa preghiera e la preghiera è confidenza con quel Signore che ci conosce e ci vuole bene. Certo: siamo peccatori e incoerenti, deboli e vigliacchi; ed io più di voi sento il peso dell’incoerenza e della tiepidezza spirituale.

         Ho sempre presente in me l'immagine di Pietro, figlio di Giovanni, il pescatore che dopo tre anni trascorsi con Gesù, nella notte del Giovedì Santo lo tradisce per ben tre volte. Aveva sentito cantare il gallo. Aveva visto lo sguardo penetrante di Gesù mentre veniva trascinato via per essere flagellato. Quel Pietro lì, che faccia avrà fatto il giorno della Risurrezione, quando Gesù, a porte chiuse entra nel cenacolo? Oso immaginarmelo stralunato, con il pensiero che corre come una folgore: «Ma Signore: non sai quello che ti ho fatto?». «E il Signore disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"» (Lc 15, 20-24).

         Perché vi ho trascritto questo brano evangelico e questa storia concreta di S. Pietro?

Nella mia vita ho scoperto un principio che è la molla della mia vita. Questa bellezza la voglio raccontare anche a voi!

Nessuno di noi sa amare, se prima non si sente perdonato. Questo è il segreto della vita cristiana!

Il Signore ama in noi la meraviglia e la gioia che deriva da chi, non aspettandosi alcunché, viene in possesso di un grande tesoro.

Sentirsi amati e non giudicati. Amati sul serio così come siamo e non come vorremmo essere. Amati dal Creatore degli astri e dell'intero universo è la gioia più grande che l'uomo possa sentire.

         Vorrei, magari per una volta, per un secondo, provare lo stordimento e l'ebbrezza di chi ha fatto 13 al totocalcio e ha vinto 50 miliardi! Credo che il sangue e la pressione corporea salirebbero alle stelle... Questa stessa felicità, questa intensità dobbiamo provare nell'intimo del nostro cuore quando guardiamo la nostra storia alla luce di Dio!

Non meravigliatevi! Questo stesso "panico inebriante" deve provare ciascuno di noi nell'attimo in cui si sperimenta, sul serio, l'amore dolce e infinito di Colui che, amando, ti dona la vita eterna e offre il proprio Sangue e il proprio Corpo come cibo!

         Invito voi all'entusiasmo! Non smettete mai di provare questa sensazione! Proprio come i bambini che chiedono mille risposte ai loro mille perché. «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio» (Mc 10, 14).

         La Confraternita dell'Ordine di Sant'Agostino, con lo stile tipico di San Nicola, è piena di vitalità e entusiasmo. Per questo vi ho chiamati, desiderati e "voluti" GIOVANI!

         Sperimentare la gioia e donare serenità è ciò di cui ha bisogno il mondo di oggi. Guardate i vostri coetanei. Forse avranno più tempo per le discoteche, o soldi per acquistare auto e conforts di ogni genere. Ma guardateli bene con attenzione: molti di loro non sanno dove trovare un po' di pace. Ricordo a voi tutti una frase del cardinale Biffi pronunciata all'Università di Bologna qualche anno fa: «I nostri giovani sono sazi e infelici».

         Offrite, fratelli della Confraternita, qualcosa a chi vi circonda. Un po' di pace, perché la vostra pace è Dio, cioè Gesù Nazareno, il Figlio di Dio che ama tutti con amore infinito. «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te» (Conf. 1.1.1).

         Queste righe che vi lascio non sono un'enciclica! Mi vergognerei e mi sentirei ridicolo!

         Sento, invece, come vostro Padre Spirituale, il bisogno di esprimerVi i sentimenti che provo per voi tutti. Permettetemi questa confidenza, la confidenza di un Vostro amico. Un frate di San Nicola che con voi è ritornato indietro negli anni, fino a sperimentare l'euforia degli anni dell'adolescenza. Fin dal primo momento. Dalla "gestazione" della Confraternita, fino al primo "vagito", ho provato tanta gioia. Vedervi portare sulle spalle l'urna di San Nicola mi ha fatto ritrovare la pace e la serenità dei primi giorni della mia vita religiosa (nel lontano 23 settembre 1976!).

         Questa sensazione, che credevo solo mia e tenevo nascosta nel cuore quale dono privilegiato, era invece di molti altri. Sono state le feste di San Nicola a farvi conoscere. E sono state le feste del Taumaturgo del Piceno a smuovere la nostra gente. Sui "Preti, frati e polli che non son mai satolli" le chiacchiere sono sempre tante.

         Mi chiedo: tutta quella gente che ci circonda, bazzica le nostre sagrestie e non si "smuove mai", sempre pronta a criticare, cosa pensa di questa simpatica "Armata Brancaleone della Confraternita di San Nicola?". Gente con la mosca al naso. Sempre pronta a guardare il bicchiere mezzo vuoto...

         Dal 9 aprile di questo Anno Domini 2000 ho visto per la prima volta fedeli varcare le porte della sacrestia e venire a congratularsi per la vostra presenza giovanile, scanzonata, seria, competente, servizievole, forte e senza la paura di salire i gradini del presbiterio. Anche per tutto questo Vi dico grazie!

         A chi ha paura di donarsi perché potrebbe prima o poi sentirsi "fregato", in un mondo che dà perché vuol ottenere, voi, cari Confratelli, avete dato una lezione d'amore e di meraviglia. Un amore spicciolo più eloquente di prediche altisonanti! Avete servito l'altare, avete partecipato, servendo, alle feste di San Nicola, sudando e sacrificandovi. Il mio grazie nasce spontaneo: grazie di cuore a voi tutti! A chi è apparso sulle foto; a chi ha portato il peso dell'urna di San Nicola; a chi, nel silenzio e nella discrezione, ha dato il suo tempo e la sua pazienza; a tutti giunga un plauso gioioso e un abbraccio fraterno.

         Come posso lodarVi? Come ringraziarVi? Sono un povero frate. Possiedo quel che vedete. Vi dono volentieri il mio sacerdozio e il mio tempo.

         Sappiate che le quotidiane preghiere che innalzo unitamente ai miei Confratelli, sono anche per Voi. La mia celebrazione eucaristica è offerta anche per Voi, per Vostri cari, per le Vostre gioie, per i Vostri sogni, per i Vostri cari defunti.

         Ma una sola cosa desidero chiederVi: cercate, se potete, di vedere ciò che si nasconde nel mio intimo. Non è facile leggere nel cuore di un sacerdote! La vita di convento porta sacerdoti e religiosi ad essere riservati e discreti. Ma in questo pomeriggio vi invito a far festa per il dono che siete l'uno per l'altro.

E guardando il padre spirituale, sappiate che il suo cuore è pieno di gioia.

         Provate ad imitarlo!

         Con affetto...

                             P. Bruno Silvestrini O.S.A.

                   Segretario Provinciale e vostro Padre Spirituale

 

A PROPOSITO

DELLE

VOTAZIONI

              Carissimi amici,

           la data odierna sarà ricordata da molti come il primo incontro capitolare.

         Che cosa significa Capitolo?

Nella tradizione agostiniana, fin dal 1244-1265 (date che determinarono l’unione delle Famiglie eremitiche con la Regola agostiniana nell’unico Ordine di Sant’Agostino), il Capitolo determina lo stile del vivere insieme.

         Il termine “Capitolo” indica che ogni verifica di vita, ogni decisione e ogni scelta parte sempre dalla spinta illuminante e decisiva della lettura di un brano della Parola di Dio: Capitulum.

         La Parola di Dio deve sempre essere al primo posto.

         La Parola di Dio in Sant’Agostino è la molla che ha smosso la sua vita assetata di Dio: “la tua parola ha trafitto il mio cuore”.

         Per San Nicola, e nella prima tradizione dell’Ordine Agostiniano, la Parola di Dio è fonte di confronto quotidiano.

         Tutto questo viene codificato nelle Costituzioni dell’Ordine Agostiniano, come possiamo vedere negli affreschi del Cappellone.

         Andate in Basilica, entrate e guardate il ciclo di affreschi di Pietro da Rimini del XIV secolo. Con meraviglia si scorgono nei dipinti un tema dominante: in ogni altare, su ogni scrittoio è sempre adagiato un libro: il libro della Parola di Dio!

         La Parola di Dio è il Signore che ci parla e ci racconta il suo amore. La Parola di Dio è la lettera più bella che Dio poteva scrivere alla sua creatura. Lettera scritta con le mani innamorate di chi desidera il nostro bene!

         Anche per la nostra Confraternita la parola di Dio deve diventare illuminante per ogni scelta e ogni decisione! La Parola di Dio letta o ascoltata deve sempre interpellarci per mantenerci giovani e scrollarci di dosso quel senso di appiattimento che sovente, stanchi del correre quotidiano, si insinua nella nostra vita.

         In questa seduta capitolare propongo la lettura del brano del Vangelo di Marco (10, 42-45). «Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”».

         Servire! Ma siamo matti? Non è facile mettersi ai piedi dell’uomo, perché la nostra tentazione permanente è di elevarci, di comandare, di governare, di opprimere. La nostra società non vuole dei servitori, ma dei trionfatori. Siamo costantemente bombardati da immagini di falsi dèi che ci invitano alla tirannia e al dispotismo.

Il semplice servizio dell’amore significa tuffarsi nel mistero della gratuità del Signore. E tutto quello che è gratuito è dubbio agli occhi della nostra società, perché tutto si compra e tutto si vende. Per questo occorre avere un cuore nuovo, come quello di Gesù perché possiamo comprendere questo piccolo brano della Parola riporta qui sopra.

         La Parola chiave per comprendere questo piccolo brano del Vangelo è dunque servire.

Gesù ci ha amato, ci ama e ci educa all’amore nel servizio. Lui, che era Dio, non disdegnò camminare sulle nostre terre sporche di sangue e di cattiveria. Affinché non potessimo urlargli la disperazione: «Ma tu Signore dove sei? Sei un Dio troppo lontano!» egli si è fatto nostro compagno di viaggio. E ci ha detto di servire gli altri come lui lava i piedi agli apostoli e prende per mano la prostituta mentre la rialza da terra.

         La parola servire è strettamente collegata all’amore. Chi è padre sa che ai figli si dona tutto e per loro si è capaci di tutto. E nessuno conta le ore dei sacrifici affrontati per chiederne lo stipendio! Questo è possibile perché i figli non si guardano, né si sentono: si amano!

         Così è la pedagogia di Dio. Il suo amore per noi è viscerale. Ci ama e ci serve perché così lui ha deciso di farci capire il suo amore! Il suo amore è volontà decisa di vederci salvi, eternamente chiamati ad amare di amore infinito. E Dio ci serve. E noi, perché amati, perdonati e redenti, possiamo servire i fratelli!

           Perché vi ho scritto questo?

Perché nella seduta capitolare di questo pomeriggio avrà un suo risvolto nelle votazioni.

Chissà: qualcuno di voi verrà preferito ad altri. Chi conduceva la vita spensierata, verrà scelto, guidato dallo Spirito, a portare responsabilità comunitarie. Al termine della serata qualcuno sarà triste, qualche altro è stato scelto al suo posto… Nasceranno nell'intimo sentimenti di vendetta o di risentimento. Anche questa è la vita.

         Ma tra voi non sia così.

Amare il Signore significa seguire il suo esempio. E lui ci ha serviti.

Così sia lo stile della Confraternita. Chi assume un incarico non lo accetti per proprio vanto ma per servire i fratelli.

I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, volevano essere qualcuno. Ma Gesù offre loro un nuovo modo di vivere…. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire.

         Invito tutti voi, a ripensare queste parole del Signore. Ognuno si senta responsabile di questa nostra piccola Famiglia: la Confraternita della Cintura e di San Nicola. La responsabilità sia l’amore, perché l’amore porta al servizio. Fuori di questa strada, dettata dal Signore, regna la guerra, la divisione, le amarezze, il pianto, la delusione, la solitudine,. La diffidenza… il non senso della vita.

         L’augurio che vi faccio, e lo faccio con tutto il cuore è quello di vedervi sempre sorridenti, pieni di entusiasmo come oggi. Un sorriso sereno, a “36 denti (!)”, è indice di un amore profondo, di una serenità frutto di pace, frutto di sperimentata presenza della Provvidenza nei momenti di difficoltà.

         «Una volta pere tutte - ci esorta Sant'Agostino - ti viene dato un breve precetto: ama e fa' ciò che vuoi; se taci, taci per amore; se parli, parla per amore; se correggi, correggi per amore; sia in te la radice dell'amore. Da questa radice non può crescere se non il bene» (commento a 1Giovanni 7,8)

           A tutti buona fortuna!  
         

Fraternamente.

                 P. Bruno Silvestrini O.S.A.

                 Segretario Provinciale e vostro Padre Spirituale

 

 

 
   
 
Torna sù