La vecchia Chiesa

Storia della Parrocchia come risulta dai documenti e dalle visite pastorali

SOMMARIO

 

 

 

Gli anni dell’affidamento della Parrocchia ai Sacerdoti dell’Opera Madonnina del Grappa: Don Piero Paciscopi, parroco dal 1.1.1974 al 30.10.1990

 

La Parrocchia fu affidata dal Cardinal Florit ai sacerdoti della "Madonnina del Grappa", opera diocesana fondata dopo la I guerra mondiale da don Giulio Facibeni.

Il lascito all’Opera, della famiglia Chirici, di un appezzamento di terreno edificabile sul quale avrebbe dovuto sorgere la nuova chiesa di San Bartolo, legò la parrocchia di Scandicci ai sacerdoti della Madonnina del Grappa i quali, in accordo col Cardinale, pensarono di inviare come parroco un loro giovane confratello, don Piero Paciscopi. Questi era parroco a Cinciano, un borgo nel comune di Poggibonsi ai confini del territorio della diocesi fiorentina; aveva poi rinunciato alla parrocchia per unirsi ai preti della Madonnina del Grappa e era stato mandato in aiuto a don Alfredo Nesi, parroco in Corea quartiere periferico di Livorno, dove la Madonnina del Grappa aveva in cura un’altra parrocchia.

Era il 1968, anno per antonomasia della contestazione e questa entrava anche nel tessuto ecclesiale. Di lì a poco scoppierà proprio a Firenze il primo grande caso di contestazione nella Chiesa: il caso "Isolotto". Don Nesi era un antesignano in questo senso, pur rimanendo obbediente alla gerarchia ecclesiastica, aveva sempre agito come prete "impegnato" soprattutto nel sociale, avvicinandosi a quella che oggi chiameremmo "teologia della liberazione".

Don Paciscopi, uomo di fede e di grande umanità, aveva anche lui fatto una scelta prioritaria nel suo apostolato, quella dei poveri e degli ultimi. Ci volle circa un anno prima che don Piero fosse disponibile per la nuova parrocchia dovendo rimanere ancora a Livorno in aiuto a Don Nesi.

In questo periodo svolse le funzioni di facente parroco Mons. Corso Guicciardini Corsi Salviati, Presidente dell’Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa" e successore di don Giulio Facibeni.

Nel Cronicon all’appendice "a", troviamo il nome di don Corso a proposito della sua collaborazione per la Veglia del Venerdì Santo della "Pasqua ‘68": aveva scritto dei testi con il gruppo giovanile interparrocchiale (S.Bartolo e S.Maria a Scandicci). Questa è l’unica testimonianza scritta, rimasta nell’archivio parrocchiale, della sua presenza a San Bartolo.

In realtà ben altro aveva fatto don Corso in quel breve periodo di permanenza. Aveva cominciato a ristrutturare la Chiesa, secondo le nuove norme liturgiche, volgendo l’altar maggiore verso il popolo e abbattendo la balaustra che separava il presbiterio dalla navata centrale, ristrutturando quindi tutto il presbiterio. Piccoli lavori ma che in realtà erano segno di un rinnovamento più profondo.

Anche a San Bartolo cominciava una nuova era, quella del rinnovamento conciliare!

Dal carattere schivo e riservato, don Corso, divideva il suo tempo con i numerosi e gravosi impegni di Superiore dell’Opera, ma la sua presenza era fortemente incisiva: da uomo di fede lasciava un segno indelebile per quel che era, oltre che per ciò che faceva. Dimostrò nei fatti e negli atteggiamenti un’umiltà veramente cristiana; lui, che avrebbe potuto vantare natali illustri, studi accademici e perfino esperienza di vita cristiana accanto ad un santo quale fu don Facibeni che lo prescelse personalmente come suo successore. A San Bartolo "imparò" a fare il parroco e con la sua fede imparò presto.

Quando don Piero Paciscopi arrivò a Scandicci come Vicario Sostituto (nominalmente sarà ancora parroco don Salvadori fino alla sua "rinuncia" ufficiale avvenuta il 31.12.1973) trovò una parrocchia profondamente cambiata rispetto a quella sopra descritta.

Scandicci aveva subito un cambiamento radicale: da piccolo borgo del suburbio fiorentino stava diventando un grosso comune dell’hinterland e subentra quindi un capovolgimento del tradizionale rapporto città-campagna. L’economia di questa area rurale sembra fermarsi, anzi regredire, di fronte all’avanzata della città. Molti poderi vengono abbandonati e le loro terre vendute come aree fabbricabili. In pochi anni si assiste ad un boom edilizio sorprendente: Scandicci diventa la città-dormitorio di Firenze e per la forte immigrazione cambia anche la composizione della popolazione che da agricola diviene in prevalenza operaia.

Esaminiamo adesso la nostra parrocchia dalla Relazione per la prima Visita Pastorale compiuta da Sua Ecc. Mons. Giovanni Bianchi, Vescovo ausiliare di Firenze, avvenuta nel dicembre 1972. Già in prima pagina, nel "Quadro statistico dell’ultimo quinquennio", si notano i primi vistosi cambiamenti in merito al numero degli abitanti che da 615 del 1955 passano a 5.700 del 1971 e così ovviamente per il numero delle famiglie che da 126, passano a 1500 circa.

Ma riportiamo alla pagina seguente la suddetta tabella perché indicativa dell’enorme cambiamento già accennato.

 

QUADRO STATISTICO DELL’ULTIMO QUINQUENNIO

 

Anno 1955

1967

1968

1969

1970

1971

Fedeli 615

   

4.478

 

5.700

Famiglie

   

1.119

 

1.500

Battesimi 3-5

56

57

78

104

97

Matrimoni 3

11

13

15

2

6

Morti 4-7

10

12

8

9

6

Presenti in media alla Messa nei gg. Festivi

Non ho mai fatto statistiche del genere, escluso una volta all’inizio e risultavano presenti alle Messe festive il 10% circa.

Fedeli che soddisfano il precetto pasquale

Non lo so.

Alunni partecipanti alla Gara Catechetica

Non ho gare catechistiche per principio. Gli iscritti ai corsi di quest’anno sono oltre 160.

 

"Annotazioni del Parroco circa i dati statistici: Questi dati hanno un valore molto relativo e parziale per l’impossibilità di un controllo. I matrimoni vanno quasi tutti fuori parrocchia. I funerali vengono associati nella Cappella dell’Ospedale e spesso a mia insaputa."

Occorre subito dire che le domande formulate in questo questionario, anche se lo schema generale rimane lo stesso, sono leggermente modificate.

Nelle "Notizie generali sulla parrocchia" si tiene più conto della situazione sociologica. Alla prima domanda, dove viene richiesto se la sede della Parrocchia è sempre rimasta la stessa, si fa notare come da quattro anni, cioè dal 1968, la sede parrocchiale è trasferita in un "sottofondo" preso in affitto in Via Carducci perché ubicato in una via più centrale rispetto all’intero territorio parrocchiale ed anche più adatto a contenere i fedeli il cui numero era notevolmente accresciuto. La vecchia sede parrocchiale, in seguito alla revisione dei confini avvenuta per la creazione della nuova parrocchia di San Luca a Vingone nel 1965, è rimasta nel territorio di Santa Maria a Scandicci e quindi data in uso a quella parrocchia.

Gli abitanti del quartiere adesso sono in prevalenza operai ed impiegati e pochissimi sono i contadini rimasti.

Nel territorio parrocchiale troviamo ora presenti due Scuole Medie inferiori e due Scuole Materne; all’epoca era sorta anche una prima fabbrica, la "Gucci" che aveva alle sue dipendenze circa 100 operai.

Il grado medio d’istruzione degli abitanti era medio-basso (V elementare / III Media) e le loro condizioni economiche erano definite dal parroco " sufficienti, ma non mancano i casi di povertà".

Vengono anche richieste le tendenze politiche della popolazione e queste sono di "sinistra", in modo particolare del Partito Comunista Italiano.

Fra le annotazioni nella prima parte del Questionario così scrive don Paciscopi: La Parrocchia è una zona di periferia, in cui regna l’anonimato e l’indifferentismo. È zona priva di ogni interesse; è un grande albergo o dormitorio. Non si tratta solo di un problema religioso."

Riguardo alle condizioni della Chiesa, degli arredi sacri e delle opere d’arte la situazione era completamente cambiata: col trasloco nel seminterrato, niente era stato portato via dalla vecchia chiesa, anche per scelta di "povertà" come allora si pensava; in seguito, con la costruzione della nuova chiesa parrocchiale si recupereranno le cose più pregevoli. I pochi arredi sacri esistenti erano stati comprati nuovi e più rispondenti alla riforma liturgica: l’altare era un tavolo antico ereditato dalla Madonnina del Grappa e donato alla parrocchia; vi era un crocifisso di fattura moderna regalato dall’autore; la sacrestia-archivio era stata ricavata dall’unico ambiente adibito a chiesa e separandola con una "struttura" di legno e stoffa. Tutto insomma era modesto ma dignitoso.

Le risposte al questionario proseguono poi in modo provocatorio, evidentemente si contestavano tante forme fino allora consuete per la Chiesa, come ad esempio ricevere compensi in denaro per la celebrazione della Messa e per l’amministrazione dei sacramenti. Una nuova "annotazione" di don Piero chiarisce bene questo punto: "La Messa è un dono gratuito del Padre, è un rendimento di grazie. Non esiste per me la "Messa privata" e tanto più pagata, sia pure con offerta. In essa si fa, come dice la liturgia, memoria di uno o più defunti. Nella mia parrocchia sto sperimentando positivamente tutto ciò. Si è eliminato: - Mi dice una Messa? -. Questo discorso per me vale anche per le Messe ad mentem Episcopi."

Il nuovo Parroco non vuol sapere niente del Beneficio Parrocchiale e di tutto ciò che è denaro e rimanda così, per eventuali informazioni, all’Ufficio Amministrativo della Curia. La Congrua evidentemente continuava a prenderla il vecchio parroco e perciò don Piero risponde che non percepisce Congrua e alla domanda: "quali altri cespiti di entrata ha il Parroco? (decime, livelli, elargizioni di privati o di enti, redditi di stola bianca e nera, ecc.)." viene risposto: " Per quanto mi riguarda ho cancellato l’aggettivo ‘altri’. Le mie uniche entrate sono parte delle offerte domenicali dei fedeli."

Don Piero abitava la vecchia canonica, senza riscaldamento e quindi fredda. La piccola manutenzione era da lui stesso eseguita, mancava però l’acqua potabile.

Ed ecco di nuovo una nota fortemente polemica di don Paciscopi:

" Mi rammarico perché i miei superiori mai mi hanno domandato come faccio a vivere, non avendo congrua ecc., mentre mi è giunto il loro disappunto perché ho trasformato la mia casa in casa di accoglienza, aperta a quanti hanno bisogno di tutto o di un piatto di minestra."

Sempre dalla Relazione per la Visita Pastorale del 1972, dal paragrafo 5 a pag.11 in poi, appaiono le novità più rilevanti degli ultimi 50 anni cui ci siamo soprattutto dedicati.

S’intravede nelle risposte alle varie domande un vero e proprio cambiamento nelle pastorale che non è più di tipo conservativo; comincia una vera e propria rievangelizzazione.

Per "pastorale conservativa " s’intende quel tipo di pastorale che la Chiesa aveva fino allora messo in atto al fine di "conservare" in seno alla Chiesa i fedeli che già praticavano. Si trattava semplicemente di celebrare Messe, amministrare gli altri sacramenti, incoraggiare la preghiera ed altre forme di devozione ecc.

La Società italiana appariva nel suo tessuto completamente scristianizzata ma si continuava a dar per scontato che tutti o quasi tutti avessero la fede.

Col Concilio Vaticano II e quindi da Giovanni XXIII e soprattutto con Paolo VI si cominciò a parlare di "nuova evangelizzazione": "rievangelizzare la vecchia Europa, l’Italia come terra di missione, ricostruire la Chiesa… Cominciò ad entrare nella mentalità di alcuni operatori pastorali più illuminati, l’urgenza di rifondare la fede per ogni generazione, come ai tempi della Chiesa primitiva, attraverso la predicazione della Buona Notizia, portando anche avanti la pastorale tradizionale.

Anche a San Bartolo si cura particolarmente la predicazione e non solo durante le Messe festive attraverso l’omelia, ma anche nelle Messe feriali. "Mi preoccupo di non fare discorsi moralistici e di annunciare sempre più il Vangelo della Salvezza."

Alla domanda se si erano fatte negli ultimi tre anni predicazioni straordinarie come Missioni, novene predicate, tridui ecc., don Piero risponde come nei primi tempi, ovvero nel 1968, aveva promosso delle conferenze di carattere formativo. Furono invitati: Padre Ernesto Balducci che parlò della "Comunità cristiana nella società d’oggi"; don Alfredo Nesi trattò "La comunità cristiana nel nostro quartiere di San Bartolo in Tuto. Suo significato" e il prof. Mario Gozzini parlò sul "Compito e responsabilità del Cristiano nella Comunità".

Ma appare soprattutto come don Piero puntasse al rinnovamento della tradizionale pastorale attraverso un "cammino di fede" che per l’epoca era del tutto innovativo. Atteniamoci dapprima alle sue parole, sempre nella relazione per la Visita pastorale del 1972: "…e due volte ho invitato tutti i fedeli ad una catechesi di fondo per una evangelizzazione. Purtroppo accolta da pochi, che sono coloro che ancora oggi sperimentano la loro vita di fede nella comunità catecumenale."

Il "Cammino Neocatecumenale" era stato accolto in Parrocchia già dal luglio 1969: dalla predicazione di due laici spagnoli Kiko Argüello e Carmen Hernandez e da Don Francesco Cuppini, presbitero della Diocesi di Bologna. Nacque la seconda comunità Neocatecumenale in Italia, dopo la Parrocchia del Martiri Canadesi a Roma. Di questo fatto assai rilevante per la Parrocchia di San Bartolo parleremo ancora; proseguiamo adesso ad esaminare la Relazione per la Visita Pastorale del 1972.

 

Anche la Chiesa fiorentina punta ora in qualche modo ad evangelizzare almeno in occasione dei sacramenti e questo traspare anche dalle domande poste ai suoi preti nel Questionario: "Si fa la predica catechistica ai funerali, ai matrimoni, ai battesimi? Si fa la triplice spiegazione catechistica agli sposi prima delle nozze? Si fa un pensiero religioso durante le funzioni del Mese di Maggio, Novena di Natale, ecc.? Dimostrano i fedeli interesse per la predicazione?". La risposta di don Paciscopi rivela la sua crescente sfiducia verso la pastorale tradizionale: "No, i fedeli non mostrano interesse oltre la Messa domenicale, presi dai loro impegni quotidiani e dal giro della vita, non hanno interesse ad altro. Il loro interesse religioso si riduce ad un’ora settimanale. Ora, un uomo che solo dà un’ora a Dio e tantissime altre al resto, non può che sperimentare la morte."

La percentuale dei praticanti è grosso modo sempre la stessa, del 10-15 % ma ovviamente, essendo notevolmente accresciuta la popolazione, occorre celebrare quattro Eucarestie domenicali più quella vespertina del sabato, sempre festiva. Viene domandato anche quale sia la causa di una così bassa percentuale di praticanti e se si è fatto qualcosa per migliorarla. Il Parroco pensa di individuare tale disaffezione alla celebrazione eucaristica domenicale nella sua parrocchia in " una scristianizzazione in atto, unita a mancanza di tradizione ed anche di segni esteriori tanto necessari per chi ha poca fede (es. mancanza di una chiesa visibile)…finché non si esce da questa situazione di religiosità naturale è un guaio." Sempre il nostro parroco annota che i Sacramenti vengono apprezzati e ricevuti con devozione da coloro che frequentano ma che sono però sempre in numero minore rispetto alla popolazione e agli anni passati e soprattutto "è un fatto di sacramentalizzazione sproporzionato in ordine all’evangelizzazione. È mancato a molti, per non dire a tutti, un vero annuncio incisivo."

I fedeli, soprattutto giovani e ragazze, si accostano frequentemente all’eucarestia, anche se rispetto al passato ci si confessa meno; due o tre volte l’anno si celebra comunitariamente il Sacramento della Riconciliazione, secondo le nuove norme liturgiche. In parrocchia per i primi due anni ininterrottamente, tutte le sere dopo i vespri per un’ora, veniva esposto il Santissimo Sacramento, per l’adorazione eucaristica guidata da don Piero.

Il questionario per la Visita Pastorale, come sempre, passa in rassegna le modalità dell’amministrazione di tutti gli altri sacramenti, e così don Piero giudica i matrimoni, anche se celebrati in Chiesa, come "riti pagani. Si, sono convinto che quasi nessuno

comprende il matrimonio come sacramento." E così anche per la I Comunione e la Cresima: " Anche la I Comunione è diventata una festa mondana che serve solo a dissipare il bambino. La Cresima è generalmente poco sentita e quindi si presta meno alla mondanità".

Ancora, quando si è richiesti, si assistono religiosamente gli infermi, ma più sovente il sacerdote è chiamato quando ormai il malato è già defunto.

Nel periodo pasquale la gente è contentissima di ricevere la benedizione delle case, anche i non praticanti ! Il parroco sfrutta questa occasione per incontrare i suoi parrocchiani, anche coloro che meno frequentano la chiesa. Non si fanno più le Rogazioni, che sono solenni benedizioni dei campi, essendo la vita di parrocchia completamente urbanizzata.

Alla fine della Relazione, al paragrafo 8, viene richiesto al parroco, un giudizio circa lo stato della parrocchia ed il programma di lavoro pastorale svolto da lui e da eventuali suoi collaboratori. Don Piero non era solo: oltre la "casa di accoglienza" che ospitava vari casi di bisognosi, gravitavano intorno alla parrocchia alcuni preti che erano alla ricerca di una nuova esperienza di Chiesa e vengono così da lui presentati nella Relazione:

"Collaboratori fissi: don Renzo Fanfani, con un impegno domenicale festivo. Abita nella casa dell’Opera Madonnina del Grappa a Scandicci.

Collaboratori saltuari: p.Giorgio Eschini, Servo di Maria, sacerdote, operaio a Calenzano, abita per conto proprio alle Bagnese. Mi aiuta nei giorni festivi.

Dom Giacomo Calabrese, monaco camaldolese. Fa scuola di religione a Firenze. Mi aiuta fra settimana in parrocchia.

Don Giovanni Serragli, prete di Volterra, parroco di una piccola parrocchia, viene un giorno o due la settimana ad aiutarmi.

Il risultato è ottimo perché oltre una collaborazione, si crea una comunione fraterna a vantaggio di tutti."

Il giudizio sullo "stato spirituale" della parrocchia, richiesto dal questionario, è così espresso da don Paciscopi: "Scristianizzazione, indifferentismo e tradizionalismo oltre che per motivi di ordine storico, la Parrocchia è in formazione e quindi regna l’anonimato." Segue la domanda se si è cercato di attuare una "pastorale d’insieme" e don Piero così risponde: " Non so cosa s’intenda per pastorale d’insieme. Cerco di fare in parrocchia quel che vorrei facessero pure i Vescovi: incoraggio, stimolo, porto avanti tutto ciò che è vivo, senza preoccuparmi dell’uniformità, ma di essere uniti nella fede e nello Spirito. La pluralità è sempre segno di ricchezza."

Riguardo al programma pastorale futuro, don Piero, coerente con quanto prima detto, insisterà soprattutto nella cura di una pastorale di nuova evangelizzazione, con occhio di riguardo al "Cammino Neocatecumenale". Ecco i punti sintetici del suo programma:

Annunziare periodicamente il Kerygma , invitando periodicamente quanti lo desiderano alla riscoperta del proprio battesimo;

Essere presente come "pacificatore in mezzo agli uomini";

Seguitare a catechizzare i bambini sperimentando nuove metodologie;

curare in modo particolare la liturgia, "fonte e culmine" di ogni azione pastorale.

In allegato alla suddetta Relazione, don Paciscopi e il suo coadiutore don Fanfani, uniscono una relazione che riassume i punti salienti del loro operato e le loro scelte pastorali che riportiamo integralmente per la migliore comprensione del nuovo modo di vivere la parrocchia.

"RELAZIONE AGGIUNTA AL QUESTIONARIO"

Questa breve relazione ha lo scopo di integrare lo schema inviato dalla Curia, per facilitare il Vescovo nella comprensione della Parrocchia di San Bartolo in Tuto, della sua realtà umana, nell’impostazione di vita dei preti che in tale realtà svolgono il loro ministero.

I confini territoriali della parrocchia racchiudono un insieme, sorto in pochi anni. Esso ha le caratteristiche di "quartiere dormitorio". Anonimato, individualismo, mancanza di vita associata, scristianizzazione, indifferenza religiosa e politica, tempo libero limitato sono le caratteristiche più evidenti di questa periferia. La popolazione è composta per la quasi totalità da operai e piccoli impiegati, bottegai, artigiani.

In questa realtà riteniamo che il compito essenziale di noi preti sia l’annuncio gioioso del Signore risorto, testimoniare con la vita questo Vangelo, porre le basi per la crescita di una comunità di credenti adulti e coscienti. Tutto ciò che è al di fuori di questo, lo consideriamo secondario ed inutile alla missione che, come preti, dobbiamo compiere a nome della Chiesa di Dio in Firenze.

L’attività pastorale è centrata su questi punti:

formazione di comunità cristiane, impegnate in un cammino di maturazione di fede all’interno della parrocchia;

catechesi ai ragazzi in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione ( un anno in preparazione alla I Comunione; due anni in preparazione alla Cresima; incontri sul Vangelo con gli adolescenti). La preparazione dei catechisti viene fatta in collaborazione con la Parrocchia di Santa Maria.

Cura della liturgia eucaristica e sacramentale.

Incontro con tutte le famiglie della Parrocchia in cui è inclusa anche la benedizione che impegna i sacerdoti, in modo particolare don Piero, da febbraio a giugno; è un mezzo di incontro e di colloquio con tutte le famiglie.

Presenza ai malati e dove c’è sofferenza.

Disponibilità di incontri e di dialogo con chiunque, senza preclusioni di case o di ambienti

La nostra vita. L’abbiamo impostata cercando di eliminare tutto quello che a nostro parere poteva ostacolare l’annuncio del Vangelo e dividerci dalla gente.

  1. Povertà di vita e di mezzi. Sono state tolte tutte le tariffe e i diritti di stola. Non beneficiamo di nessuna congrua. Il beneficio parrocchiale è amministrato dalla Curia, senza nessuna rendita per la parrocchia. Nessun locale da noi usato è di "proprietà". Il parroco vive con una parte delle offerte libere che settimanalmente vengono deposte dai fedeli in una cassetta in fondo alla Chiesa. Lo scopo pastorale è di eliminare l’idea diffusissima di dover pagare il servizio religioso.
  2. Condivisione della situazione della maggioranza della nostra gente. Il lavoro in fabbrica per don Renzo, la conduzione della casa (spesa, mangiare, ecc.) per don Piero, sono espressioni esteriori di questa scelta.
  3. La canonica intesa non come casa del prete, ma come casa aperta ai più bisognosi, agli emarginati, a quei che altri rifiutano. In essa ci vive don Piero. Don Renzo vive in una casa-famiglia, collegata con la parrocchia in un servizio di accoglienza più limitata ed in funzione di casi particolari della parrocchia stessa.
  4. Accoglienza senza condizioni particolari a coloro che insieme a noi vogliono percorrere un cammino di fede: es. p. Giorgio, p. Giacomo, Walter Ricci e Sandro Tucci provenienti dal Seminario Maggiore.

Questa è soltanto una traccia: la riteniamo necessaria per impostare ed approfondire in tutti i particolari necessari il discorso col Vescovo in occasione della Visita Pastorale.

Don Piero Paciscopi e Don Renzo Fanfani

Scandicci, 15 novembre 1972.

A conclusione della visita Pastorale fu emesso un "decreto conclusivo" in data 30 giugno 1973, firmato dal Card. Florit e dal suo ausiliare il Vescovo Giovanni Bianchi, che in qualche modo ci mostra, in mezzo a virtuosismi di parole, come la Curia fiorentina, con in testa i suoi Vescovi, non fosse pienamente soddisfatta dell’operato dei preti di San Bartolo.

Si raccomandava di "curare un maggior impegno e spirito comunitario dei sacerdoti che prestavano servizio in parrocchia, in modo di svolgere un’attività più intensa e continua"

Francamente tutto si poteva rimproverare ai preti di San Bartolo, ma non certamente la mancanza di comunione e di spirito fraterno e che fossero poco impegnati pastoralmente! Si passa poi a lodare il buon esempio di testimonianza cristiana che dava la "casa-famiglia"; in realtà si seguita a non condividere la scelta di don Piero che così viene "distratto" dai suoi numerosi impegni di parroco "eminentemente pastorali verso tutta la comunità parrocchiale".

Per il decoroso svolgersi delle funzioni liturgiche si raccomanda di istituire il gruppo dei chierichetti.

Si loda il Comitato per la Costruzione della nuova Chiesa, ma traspare un certo sospetto verso la scelta prioritaria di don Piero: le comunità Neocatecumenali. Tali comunità, anche se permesse e addirittura caldeggiate, al loro nascere dallo stesso Cardinale, adesso erano viste con diffidenza.

" I gruppi catecumenali siano curati in vista del bene grande che ne può derivare da una più intensa vita di preghiera e di riflessione biblica, ne sia responsabile vero il parroco o un sacerdote da lui direttamente designato. Si eviti ordinariamente la S. Messa festiva esclusivamente per loro, proprio perché tutti siano animati da senso missionario e da carità verso tutta la comunità vera, che è quella parrocchiale. Promuovere anche, come espresso desiderio della Chiesa, Associazioni che corrispondano ai carismi dei singoli od a necessità di una parrocchia così vasta e variamente articolata." Seguono poi altre raccomandazioni circa l’Archivio e la preparazione dei "nubendi".

Analizzando il decreto si rimprovera al parroco, anche se con toni concilianti (non dimentichiamoci che il Cardinale e lo stesso suo ausiliare uscivano da poco "scottati" dall’esperienza "Isolotto"), di privilegiare troppo l’esperienza Neocatecumenale, trascurando la vera Chiesa. Questa esperienza doveva essere curata da un sacerdote. Anche se ormai da anni si parlava nei documenti ufficiali della Chiesa della responsabilità del laico, si diffidava di un’esperienza nata da due laici e per di più estranei alla diocesi. Accettabile quindi l’esperienza, a livello di preghiera e di approfondimento biblico, ma non si confonda con la vera Chiesa!

Purtroppo, esaurite le notizie ricavate dal Questionario della Visita Pastorale del 1972, adesso sono davvero pochi i documenti scritti rimasti all’Archivio sia Parrocchiale che di Curia. Anche il Cronicon Parrocchiale è stato in qualche modo riscritto (per fortuna non è andato perso quello vecchio) e aggiornato, aggiungendo un’appendice che liquida con cinque pagine i fatti "rilevanti" della Parrocchia dal 1967 fino ai giorni nostri.

 

 

La visita pastorale del 1985

 

La Visita pastorale del 1985 fu a lungo preparata da tutta la Parrocchia.

Il Cardinal Benelli aveva iniziato un nuovo modo di visitare le Parrocchie che traspare anche dall’introduzione al Questionario rivolto nel 1982 a tutta la Diocesi fiorentina: " …si tratta non di un avvenimento di passaggio, ma dell’avvio di un rinnovamento permanente per tutta la Diocesi nello spirito del Vaticano II".

Già dall’Avvento del 1981 nella sua lettera pastorale "Continuiamo insieme" l’eminente porporato così scriveva: " Con la Visita abbiamo voluto e vogliamo dare inizio ad un movimento di conversione personale e comunitaria, di rinnovamento, che se trova i suoi momenti forti negli incontri del Vescovo con i sacerdoti e i fedeli delle varie parrocchie, tuttavia deve effettuarsi in tutti questi anni…"

Il Questionario di preparazione alla Visita, infatti, non era più rivolto al solo parroco come per il passato, ma doveva coinvolgere tutta la parrocchia e diventare soprattutto un aiuto al cammino di rinnovamento e conversione per tutto il popolo di Dio: "possibilmente tutta la comunità, o in ogni caso il maggior numero possibile dei suoi membri, si riunisce assieme al Parroco, per prendere coscienza dei problemi spirituali e pastorali della parrocchia e individuare le soluzioni migliori verso le quali conviene orientarsi."

Il Questionario diventa così in vero e proprio libro suddiviso in quattro parti:

  1. Verifica della situazione socio-religiosa della Parrocchia;
  2. Annunzio e catechesi;
  3. Il servizio di lode nella liturgia;
  4. Servizio di carità per tutti.

I diversi paragrafi che compongono i capitoli sono composti di tre parti: 1) la citazione di un documento della Chiesa; 2) le domande vere e proprie; 3) un suggerimento di preghiera. Già da come è impostato tutto il questionario, appare chiaramente che non vuol più essere un mero strumento di "controllo" come per il passato, ma una riflessione comunitaria.

Ecco allora che la "Relazione della riflessione comunitaria sul Questionario" della nostra Parrocchia ci tiene a precisare nella sua introduzione, datata 20 dicembre 1984, come il lavoro di preparazione alla Visita era stato curato già da due anni circa, da un gruppo di "volontari" della Parrocchia e negli ultimi sei mesi era stato proposto a tutta la Parrocchia attraverso quattro schede distribuite in Chiesa la Domenica e poi ridiscusse in quattro Assemblee Generali.

La Visita Pastorale si svolse dal 12 gennaio al 23 gennaio 1985. Il 24 ottobre 1982 era morto improvvisamente il Cardinal Benelli e gli successe il suo Vicario Mons. Silvano Piovanelli e sarà lui, in qualità di Arcivescovo di Firenze, a visitare la nostra Parrocchia.

La premessa alla "Relazione della riflessione comunitaria sul Questionario", era firmata dal Parroco Don Piero Paciscopi e per la prima volta nella storia delle Visite Pastorali, da un laico, il Presidente della Commissione per la Visita Pastorale che altro non era che il Direttore o come adesso si dice il Moderatore del Consiglio Pastorale Parrocchiale. Era in data 20 dicembre 1984.

Le famiglie abitanti in Parrocchia erano adesso 2170 e gli abitanti circa 7500; proprio in quel periodo si stava costruendo in Via Romero un nuovo complesso abitativo di 200 appartamenti. Negli ultimi 5 anni erano immigrati in parrocchia circa 4150 persone ed erano emigrate 2340. Alla voce "Tradizioni/Costume" si continuava a rispondere che non ve ne erano data la nuova formazione del quartiere. Di livello medio era il grado d’istruzione generale della popolazione, con una concezione sociale piuttosto individualista. Adesso le tendenze politiche della popolazione erano definite, dai compilatori del Questionario, "marx-craxiste". La media dei partecipanti all’Eucarestia era del 14% circa. La stessa media della Diocesi intera era invece del 19,6%. Tutti questi dati appaiono in una tabella introduttiva alle risposte al Questionario.

Sfogliando poi la suddetta Relazione, si apprendono altre notizie interessanti circa la comunità parrocchiale che così si presenta: "La nostra Parrocchia è nata dalla vecchia San Bartolo, nel momento del boom della trasformazione sociale del territorio di Scandicci. Il 90% della popolazione residente in questo quartiere si è insediata negli ultimi 15 anni. Per questo è una Parrocchia senza ’ tradizioni’ . Non esistono associazioni o gruppi o movimenti. Tantopiù che i Neocatecumenali, parte emergente della comunità parrocchiale, non si possono inquadrare in nessun termine sopraddetto. Dio ha voluto che contemporaneamente allo sviluppo territoriale della nostra parrocchia, prendesse campo in questo quartiere, tale ‘cammino’ (che poi si tratta di un itinerario comunitario verso la fede adulta, di una ‘coltivazione’ del Battesimo capace di produrre ‘ oggi’ i frutti necessari alla ‘fame del mondo’) tanto da identificarlo, da parte di molti, con la Parrocchia stessa…".

Il rapporto Comunità – Parroco è positivo ed intenso; da alcuni anni esiste in Parrocchia il Consiglio Pastorale Parrocchiale, rappresentativo di tutte le forze disponibili e sempre pronto ad affrontare con il Parroco problemi, difficoltà e soprattutto a progettare insieme una pastorale adatta ai nostri tempi.

" La maggior parte della Comunità Parrocchiale va un po’ a rimorchio. Ci sono carismi che emergono ( ministri oltre che di fatto, anche istituiti ed alcuni in cammino verso l’ordinazione diaconale) Di questo ci se ne compiace ci si sente come promossi comunitariamente e singolarmente. Il singolo fa presente la chiamata di tutta la comunità…"

Sembra che in qualche modo la linea pastorale portata avanti da Don Piero, trovi conferma nelle stesse domande del questionario, soprattutto nel paragrafo riservato ai "laici" come "soggetto della pastorale", dove si domanda se la comunità parrocchiale offre a tutti i laici un annuncio del Vangelo…così da formare laici che siano soggetti attivi e responsabili…inseriti nella vita della parrocchia ecc.

Nella nostra parrocchia si cominciava già in quegli anni a raccogliere frutti di una pastorale di rievangelizzazione rivolta soprattutto agli adulti: erano nate una decina di piccole comunità che coinvolgevano circa 400 adulti intenti nella riscoperta della loro fede e quindi "soggetti attivi e responsabili. Di conseguenza anche la "pastorale familiare" diventava efficace: "Portando le persone ad incontrare Gesù Cristo e a vivere ‘in grazia’ si recuperano le famiglie. Esistono già testimonianze in questo senso: alcuni matrimoni in crisi, salvati. Si conducono le persone a vivere il matrimonio in pienezza sia nel suo aspetto unitivo che procreativo. Si educano i genitori a trasmettere la loro fede ai figli, attraverso la testimonianza quotidiana e frequenti liturgie domestiche. Anche la figura dell’anziano in famiglia riacquista il suo valore importante".

Sono continui i tentativi di una pastorale rivolta ai giovani: gruppi di interesse culturale, assistenziale, ricreativo, liturgico…ma anche in questo senso si privilegiava il tentativo di inserire i giovani nella più vasta comunità di adulti.

Dalle risposte alle domande circa il "mondo del lavoro" la Parrocchia di San Bartolo appare inserita in un quartiere che ha ancora le caratteristiche di "quartiere-dormitorio". Pochi i grandi impianti di lavoro: le persone lavorano fuori zona. "Più che un ambiente di lavoro è un ambiente di lavoratori". Molti sono i pendolari. Regna una diffusa incapacità di aggregazione, ne deriva quindi un isolamento del singolo e delle famiglie: male tipico delle "grandi città". Nel "villaggio globale" si perde la dimensione umana e la persona appare sempre più isolata e sola.

L’amministrazione economica della Parrocchia è sempre tenuta esclusivamente da un consiglio di laici, il cosiddetto "Consiglio per gli Affari Economici", ma adesso, rispetto alla precedente Visita Pastorale, Don Piero sembra non dar più eccessivo peso a questa sua "scelta di povertà": pur rimanendo povero è più disincantato. La sola povertà non può essere "di per sé" strumento di evangelizzazione: "La povertà o scarsezza di mezzi della Chiesa –intesa come Parroco- non sembra però che vada troppo ad incidere sulla mentalità e sul modo di vivere dei singoli parrocchiani; certamente è un buon lasciapassare per trattare con chiunque e contemporaneamente rende tutti più compartecipi nella gestione della chiesa intesa come luogo di culto."

Le risposte alla seconda parte del Questionario riguardano "Annunzio e Catechesi" . Tutta la Parrocchia è fortemente impegnata in questo senso. La Catechesi è avvertita come "punto focale del nostro dirsi comunità di credenti." Accanto alla tradizionale catechesi rivolta ai fanciulli in preparazione ai sacramenti ( Eucarestia e Cresima ), prosegue l’educazione sistematica della fede rivolta agli adulti attraverso una catechesi permanente.

La parte terza del questionario pone interrogativi su tutto ciò che gravita attorno alla liturgia. La stessa struttura dell’edificio-chiesa risponde pienamente ai nuovi criteri della riforma liturgica. In tutte le fasi della catechesi ( fanciulli, giovani, adulti e anziani ) viene sottolineato il valore della liturgia, con opportune catechesi mistagogiche: la liturgia attua ciò che la catechesi annuncia. Esiste in parrocchia una "équipe" di animazione liturgica che prepara e aiuta a render viva ogni celebrazione. Continuano anche come per il passato le più tradizionali forme di celebrazione liturgica come le cosiddette "Quarantore" ora chiamate "Triduo Eucaristico" nel periodo di carnevale e la processione del "Corpus Domini" si svolge insieme alla vicina Parrocchia di Santa Maria.

La Liturgia della Parola di Dio, grande riscoperta del Concilio Vaticano II, è vissuta appieno a San Bartolo: " Il cammino neocatecumenale prevede una celebrazione della Parola ogni settimana; per cui si verifica che, fra il martedì e il mercoledì, tutte le settimane metodicamente, circa 400 persone si ritrovano per ascoltare e proclamare la parola di Dio."

Per coloro che non frequentano il Cammino neocatecumenale sono stati fatti vari tentativi di coinvolgimento ad una preparazione comunitaria della parola domenicale, ma il Parroco annota come " sono stati, per ora dei mezzi fallimenti: il piccolo gruppo, anche perché varia in continuazione, era portato a sfaldarsi molto presto. Riteniamo comunque utile continuare in questi tentativi."

In parrocchia viene sempre privilegiata la Celebrazione Comunitaria della Penitenza, come prevedono le direttive della Conferenza Episcopale Italiana, ma ci sono orari fissi per aiutare la gente ad accostarsi anche al sacramento della Confessione "tradizionale" e non si confessa, già da anni, durante la celebrazione Eucaristica in modo da educare le persone a vivere in pienezza ciascuna celebrazione.

La quarta parte del Questionario invitava a riflettere sul "servizio di carità" rivolto ad ogni uomo, soprattutto ai più poveri e agli emarginati.

La Parrocchia di San Bartolo è cosciente che la pratica costante della carità è frutto della luce che viene dalla Parola di Dio, dei Sacramenti, insomma dall’essere "uno" con Cristo risorto. "All’interno della comunità parrocchiale si sono formati in questi ultimi anni, per opera della ‘Caritas’ parrocchiale e delle comunità neocatecumenali, gruppi di persone che si occupano dell’aiuto e della rivalutazione degli anziani, dell’assistenza delle persone sole e malate, del sostegno ai popoli del Terzo Mondo ed ai missionari ivi operanti…" La Parrocchia, ormai da anni affidata all’Opera Madonnina del Grappa, aveva in gestione due case di accoglienza per persone sole e bisognose "si deve constatare che poche persone danno un aiuto effettivo e dimostrano la loro solidarietà verso coloro che in queste case sono accolti; la maggior parte dei fedeli si limita a dare un’offerta ogni tanto…La comunità cerca di farsi carico anche dei problemi degli sfrattati…alcuni fedeli sono presenti nelle opere assistenziali pubbliche …"

Così termina la Relazione in risposta alle domande poste dal Questionario. L’ultima Visita Pastorale per la nostra Parrocchia impegnerà il Vescovo Piovanelli per ben sei giorni. Ebbe inizio sabato 12 gennaio 1985 con una solenne celebrazione Eucaristica alle ore 17,30 e terminò mercoledì 23 gennaio alle ore 21,30 con una Assemblea Generale. Tanti furono in quei giorni i momenti celebrativi con l’assemblea parrocchiale. Numerosi gli incontri con i malati, i sofferenti. Il Vescovo visitò ambienti di lavoro, scuole, gli Amministratori Comunali. In quei giorni amministrò Battesimi, Cresime, Unzione degli infermi. Conferì l’Accolitato a tre laici della parrocchia. Incontrò i bambini del catechismo e i giovani. Fu insomma un momento di festa per tutta la Parrocchia.

Nelle pagine seguenti abbiamo voluto trattare a sé il capitolo della costruzione della nuova Chiesa, anche se iniziata e inaugurata negli anni precedenti l’ultima Visita Pastorale, preferiamo concludere con la descrizione di quest’opera in muratura perché "segno" di una Parrocchia continuamente in "cammino".

 

 

La costruzione della nuova chiesa.

Abbiamo già accennato come nel 1968, all’arrivo del nuovo Parroco, la sede parrocchiale fu trasferita in un fondo di Via Carducci. Il vecchio edificio fu abbandonando perché giudicato insufficiente a contenere la popolazione dei credenti enormemente accresciuta e soprattutto perché rimaneva ai margini del territorio parrocchiale. Attualmente la chiesetta di San Bartolomeo rientra nel territorio della vicina parrocchia di Santa Maria a Scandicci. Dal 1994 è stata data in uso ad una Comunità della Chiesa Copto- Ortodossa.

Il Cronicon ci riporta come il 13 febbraio 1972 fosse istituito un "Comitato" per la costruzione di una nuova Chiesae poco dopo il Comitato invia una lettera a tutti i parrocchiani "per portare a conoscenza" tale iniziativa nata, a quanto si apprende, dalla volontà di tutti i partecipanti ad una "Assemblea Parrocchiale". Riportiamone qui di seguito i punti salienti:

"…Da circa tre anni la comunità parrocchiale si riunisce nella Chiesa ricavata dall’interrato sottostante ai "Magazzini Superemme" di Via Carducci. Per l’affitto di tale locale viene pagata la cifra di £ 800.000, ricavata dalle offerte che vengono dalla comunità. Da tempo il proprietario ci ha avvertito di lasciare liberi i locali in affitto, dandoci tuttavia la possibilità di una diversa sistemazione.

Presentandosi questa nuova situazione, è stata convocata l’assemblea della comunità dalla quale è emersa la volontà di costruire una chiesa il più possibile economica… la parrocchia dispone già del terreno…

Ma la chiesa di mura può sorgere ed esistere nella misura in cui esiste una Chiesa di uomini, una comunità di persone che vivono ed agiscono non solo in vista di un interesse personale ma per trasformare con la loro fraternità la società umana.

Perciò questo comitato… invita tutti coloro che possono dare il loro contributo…"

Nel contempo era stata affidata la progettazione di massima della nuova chiesa ad un équipe di architetti romani (Mattia Del Prete, Anna Gennarini, Massimo Marconi, Gabriella Diotallevi), anche loro del Cammino Neocatecumenale, che insieme al catechista Kiko Argüello, davano garanzia affinchè la struttura progettata mantenesse lo spirito di rinnovamento liturgico vissuto dall’intera parrocchia.

L’iter di progettazione, delle varie approvazioni ecclesiali e civili, fu lungo e faticoso: tanti gli ostacoli incontrati, continue le preoccupazioni, soprattutto finanziarie. Di tutto ciò rimane un nutrito carteggio conservato nell’Archivio parrocchiale.

Finalmente " Il giorno del Signore 5 marzo 1978, alla presenza del popolo di San Bartolomeo in Tuto, il Giovanni Card. Benelli, Arcivescovo di Firenze, benedice in nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, la prima pietra di questa Chiesa parrocchiale dedicata a San Bartolomeo Apostolo e affidata all’Opera Madonnina del Grappa, segno di fede della gente del quartiere." Seguono le firme: Cardinal Benelli; Don Piero Paciscopi, parroco; Don Faliero Crocetti, coadiutore; Mons. Corso Guicciardini Corsi Salviati, Presidente dell’Opera Madonnina del Grappa; Don Renzo Fanfani, per vari anni coadiutore a San Bartolo; Mons. Elio Morozzi, Cancelliere della Curia; e i Sigg: Giuseppe Pacchioni (per il Comitato) e Dino Agnoloni (per le Comunità Neocatecumenali).

La prima pietra fu murata, con grande concorso di popolo e alla presenza del Cardinal Benelli, solamente il 4 luglio 1981.

Il 27 marzo 1982 la Chiesa era finita e venne inaugurata con una solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Silvano Piovanelli, allora Vicario Generale della Diocesi fiorentina che sostituiva il Cardinale indisposto.

"Il Focolare" quindicinale della Madonnina del Grappa, fa uscire un supplemento in occasione del V anniversario dell’inaugurazione della chiesa e un articolo di Don Piero ricorda questi avvenimenti:

" Un cammino per costruire la Chiesa"

Presento queste pagine tutte nostre, dedicate a ricordare il quinto anniversario della inaugurazione della chiesa parrocchiale, avvenuta il 27 marzo 1982. …

Non abbiamo voluto far passare inosservato il quinto anniversario della inaugurazione della nostra chiesa parrocchiale: date e anniversari sono un invito a guardare indietro nella storia, a riflettere e a prendere nuovo vigore per proseguire verso la Meta.

Mons. Silvano Piovanelli, oggi nostro Arcivescovo, in veste di Vicario Generale della Diocesi, celebrava la prima Eucarestia nella nuova chiesa ancora pulita e fresca di vernice, gremita di gente. Sostituiva il Card. Benelli, indisposto.

Segno di una Chiesa rinnovata

Fu una grande festa. Quella nuova chiesa stava e sta ad indicarne un’altra molto più importante, quella degli uomini, uniti dalla fede in Gesù Cristo mediante il Battesimo, Chiesa che dopo il travaglio della grande guerra e soprattutto dopo il grande evento del Concilio Vaticano II, cercava di darsi un volto nuovo…

Chiesa post-conciliare

In questo ventennio abbiamo cercato di dare spazio ad una Chiesa post-conciliare. L’evento del Concilio non ci ha lasciati indifferenti: tramite esso lo Spirito Santo ci ha illuminati invitandoci a "svegliarci dal sonno", ad abbandonare ciò che non dà frutti di vita eterna per prendere coscienza della nostra missione di battezzati…"

L’articolo sopra citato è interessante perché oltre a fornirci informazioni sulla storia della costruzione della nuova chiesa, ci fa conoscere sempre attraverso la penna di don Paciscopi, la linea pastorale da lui portata avanti. "…prendere coscienza della nostra missione di battezzati. Questo si è concretizzato accogliendo l’annuncio da parte di alcuni fratelli ( gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, n.d.r.) inviatici dalla Provvidenza ed iniziando un cammino di conversione in piccole comunità dove si sperimenta la gratuità dell’amore di Dio…Si è reso indispensabile, per fare questo, il ritorno alle "fonti", quando gli Apostoli percorrevano le Sinagoghe annunciando la Buona Novella… il Kerigma…Nella nostra Parrocchia da circa 20 anni è iniziato per chi lo desidera, un cammino di conversione –il Cammino Neocatecumenale- ove possono essere gestati alla fede adulta coloro che accolgono l’annuncio, siano essi dentro la Chiesa o lontani da essa.

Paolo VI, parlando del catecumenato alle Comunità Neocatecumenali nell’udienza dell’8 maggio 1974, ebbe a dire: ‘Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di "dopo-battesimo" che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e approfondimento, che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al Battesimo. Voi lo portate dopo: il prima o dopo, direi, è secondario. Il fatto è che voi mirate all’autenticità, alla pienezza, alla coerenza, alla sincerità della vita cristiana.’

L’intento è di arrivare a visibilizzare Gesù Cristo Risorto in un Corpo (la Chiesa) di modo che la parrocchia risplenda come sacramento (=segno) di salvezza, come luce splendente.

L’articolo prosegue informandoci come la parrocchia, attraverso le Comunità Neocatecumenali, sentisse urgente la necessità missionaria di portare il Vangelo ad altri popoli, secondo il mandato di Gesù. "Sei nostri catechisti itineranti stanno evangelizzando e portando avanti un cammino di fede in Brasile, in Corea del Sud, in Inghilterra e a Taipei nella Repubblica Cinese, con grandi frutti. Stanno toccando con mano le meraviglie della misericordia di Dio…Il laico non è soltanto colui che deve incarnare la sua testimonianza cristiana nelle realtà temporali (sindacato, politica, ecc.) – cosa ottima e necessaria – ma deve essere, in virtù del Battesimo, annunciatore, catechista, evangelizzatore, testimone della carità di Cristo, testimone del cielo e di fondamentali valori come la famiglia, l’apertura e la difesa alla vita dei piccoli e degli ultimi etc…"

I lavori di costruzione quindi iniziati nel 1978 si conclusero, per quanto riguarda la chiesa e la canonica, nel 1982.

L’esterno della Chiesa apparve subito piuttosto modesto. È da tener conto come il "senso estetico" di quegli anni ed anche le varie norme civili e religiose raccomandassero, anche per gli edifici religiosi, un adeguamento all’ambiente circostante: la chiesa insomma doveva rimanere "nascosta" e se i palazzi circostanti erano anonimi, così in qualche modo lo doveva essere anche l’edificio sacro.

Attualmente per l’aggiunta del nuovo complesso parrocchiale ancora in costruzione, si tenta di migliorare anche l’aspetto esterno della Chiesa.

L’interno è a forma ottagonale: secondo la tradizione il numero otto è simbolo della Resurrezione di Cristo; è costruito come un anfiteatro per facilitare la partecipazione dell’assemblea all’azione liturgica. Al centro sono posti i segni liturgici: la sede presidenziale, l’ambone, il grande altare in pietra serena e il fonte battesimale.

La sede presidenziale, realizzata in pietra serena e a forma di trono-cattedra, sottolinea l’immagine di Cristo, Capo del Corpo.

L’ambone, anche questo in pietra serena, è posto al centro dell’assemblea per dar risalto alla Parola di Dio.

La Mensa Eucaristica, grande e coperta di tovaglie

 

sottolinea l’aspetto conviviale e rialzata sopra uno scalino evidenzia l’aspetto sacrificale dell’Eucarestia.

Il tetto in legno converge al centro sopra l’altare, dove termina con una piccola cupola con lanterna in vetro che rende "visibile" il cielo dove Cristo ascese e dal quale un giorno ritornerà glorioso.

Il fonte battesimale è un’ampia e profonda vasca in marmo scavata in terra, che forma una grande croce inserita in un ottagono. Vi si può amministrare il Battesimo sia per infusione che per immersione, ai bambini o agli adulti.

Ma ciò che colpisce immediatamente, entrando in chiesa, è il ciclo pittorico che percorre tutta la corona (alta fascia ottagonale che circonda nella parte superiore tutta la grande aula della Chiesa) e rappresenta al centro il Cristo Pantocrator che rivestito della gloria divina torna alla fine dei tempi, alla sua destra è rappresentata la vita terrena di Cristo (Annunciazione, Natività, Battesimo, Trasfigurazione, Entrata in Gerusalemme, Ultima Cena e

Crocifissione ) e alla sua sinistra la Vita Celeste (Deposizione, Discesa agli inferi, Resurrezione, Apparizione di Cristo risorto,

Ascensione, Pentecoste e Assunzione di Maria). Tale corona non ha solo uno scopo di abbellimento, ma aiuta l’assemblea riunita a partecipare più intensamente, riproponendo i misteri che essa celebra. Le pitture, ispirate all’iconografia della Chiesa Orientale, ripercorrono tutto l’Anno liturgico contemplando i principali momenti del Mistero della Salvezza.

Tutte le pitture, opera di Kiko Argüello sono state realizzate tra il 1984 e il 1998, con una nuova tecnica atta a mantenere inalterati nel tempo i colori: il muro è stato preparato con "stucco romano" (polvere di marmo e calce); i colori fatti con ossido di ferro e minerali vari sono agglutinati con olio di lino cotto ed essenza di trementina cosicché sono assorbiti dal muro e come negli affreschi, diventano parte di esso. I dipinti sono tutti circondati da fogli di "pan d’oro zecchino", formando un’unica striscia di luce che rappresenta la luce divina.

Il 30 ottobre 1990 Don Piero Paciscopi rinuncia alla Parrocchia perché chiamato come Superiore dell’Opera Madonnina del Grappa e questa dovrà rinunciare all’affidamento della nostra parrocchia; scarseggiano infatti anche fra i preti dell’Opera vocazioni al sacerdozio e non ci sono più le "forze" per mantenere in cura una così impegnativa parrocchia.

Il 31 ottobre 1990, il Cardinale Piovanelli nomina Don Marco Calamandreinuovo parroco di San Bartolo; questi che era precedentemente parroco a Barberino di Mugello, continuerà con forza la pastorale già portata avanti dal suo predecessore.

Purtroppo il Cronicon non registra più nessun avvenimento.

Intensa è sempre l’opera di evangelizzazione, sia in Parrocchia che fuori. Le comunità Neocatecumenali sono ben 16, ed anche per questo occorrono nuovi spazi celebrativi, per questo si prodigherà con tenacia don Calamandrei.

Attualmente è in fase di avanzata costruzione, oltre al campanile, segno della presenza della Chiesa nel quartiere, il cosiddetto "Catecumenium": una struttura comprendente più edifici, che riprendono le linee ottagonali della chiesa, e permettono lo svolgersi della vita di fede nei suoi molteplici aspetti; è così chiamata perché si ispira alle complesse strutture delle chiese del periodo pre-costantiniano nelle quali, una parte era utilizzata per l’iniziazione cristiana.

Sono quasi terminati i lavori di un’Aula Magna che potrà accogliere circa 400 persone e di un edificio con varie aule per le celebrazioni di piccole comunità e per le riunioni di catechismo.

Il progetto, opera dell’architetto Alberto Durante, traduce in costruzione architettonica l’opera divina nell’uomo: la presenza del ‘cielo’ nel mondo. Traspare la ricerca di una ‘Nuova Estetica’. ‘Nuova’ in quanto capace di comunicare all’uomo moderno l’armonia creata dall’amore di Dio in noi.

L’intero progetto che Don Marco Calamandrei ha chiamato "la città della fede", ha l’ardire di rendere visibile l’esperienza della fede cristiana, rende visibile perlomeno la vitalità di questa parrocchia. Come ogni edificio, pittura o rappresentazione sacra, vuole rendere visibile la "bellezza" di Dio, cioè l’amore che Dio ha per ogni uomo. Anche questa è una sfida che la Parrocchia di San Bartolo lancia all’uomo del terzo Millennio; sfida che così ha realisticamente descritto Giovanni Paolo II nel discorso tenuto all’incontro con i Movimenti per la Pentecoste del 1998:

"Nel nostro mondo spesso dominato da una cultura secolarizzata che fomenta e reclamizza modelli di vita senza Dio, la fede di tanti viene messa a dura prova e non di rado soffocata e spenta. Si avverte quindi con urgenza la necessità di un annuncio forte e di una solida e approfondita formazione cristiana. Quale bisogno vi è oggi di personalità cristiane mature, consapevoli della propria identità battesimale, della propria vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo! Quale bisogno di comunità cristiane vive! Ed ecco, allora, i movimenti e le nuove comunità ecclesiali: essi sono la risposta suscitata dallo Spirito Santo a questa drammatica sfida di fine millennio. Voi siete questa risposta provvidenziale."

 

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