Anche la Chiesa fiorentina punta ora in qualche
modo ad evangelizzare almeno in occasione dei sacramenti e questo
traspare anche dalle domande poste ai suoi preti nel Questionario:
"Si fa la predica catechistica ai funerali, ai matrimoni, ai
battesimi? Si fa la triplice spiegazione catechistica agli sposi prima
delle nozze? Si fa un pensiero religioso durante le funzioni del Mese
di Maggio, Novena di Natale, ecc.? Dimostrano i fedeli interesse per
la predicazione?". La risposta di don Paciscopi rivela la sua
crescente sfiducia verso la pastorale tradizionale: "No, i
fedeli non mostrano interesse oltre la Messa domenicale, presi dai
loro impegni quotidiani e dal giro della vita, non hanno interesse ad
altro. Il loro interesse religioso si riduce ad un’ora settimanale.
Ora, un uomo che solo dà un’ora a Dio e tantissime altre al resto,
non può che sperimentare la morte."
La percentuale dei praticanti è grosso modo sempre
la stessa, del 10-15 % ma ovviamente, essendo notevolmente accresciuta
la popolazione, occorre celebrare quattro Eucarestie domenicali più
quella vespertina del sabato, sempre festiva. Viene domandato anche
quale sia la causa di una così bassa percentuale di praticanti e se
si è fatto qualcosa per migliorarla. Il Parroco pensa di individuare
tale disaffezione alla celebrazione eucaristica domenicale nella sua
parrocchia in " una scristianizzazione in atto, unita a
mancanza di tradizione ed anche di segni esteriori tanto necessari per
chi ha poca fede (es. mancanza di una chiesa visibile)…finché
non si esce da questa situazione di religiosità naturale è un
guaio." Sempre il nostro parroco annota che i Sacramenti
vengono apprezzati e ricevuti con devozione da coloro che frequentano
ma che sono però sempre in numero minore rispetto alla popolazione e
agli anni passati e soprattutto "è un fatto di
sacramentalizzazione sproporzionato in ordine all’evangelizzazione.
È mancato a molti, per non dire a tutti, un vero annuncio
incisivo."
I fedeli, soprattutto giovani e ragazze, si
accostano frequentemente all’eucarestia, anche se rispetto al
passato ci si confessa meno; due o tre volte l’anno si celebra
comunitariamente il Sacramento della Riconciliazione, secondo le nuove
norme liturgiche. In parrocchia per i primi due anni
ininterrottamente, tutte le sere dopo i vespri per un’ora, veniva
esposto il Santissimo Sacramento, per l’adorazione eucaristica
guidata da don Piero.
Il questionario per la Visita Pastorale, come
sempre, passa in rassegna le modalità dell’amministrazione di tutti
gli altri sacramenti, e così don Piero giudica i matrimoni, anche se
celebrati in Chiesa, come "riti pagani. Si, sono convinto che
quasi nessuno
comprende il matrimonio come sacramento." E
così anche per la I Comunione e la Cresima: " Anche la I
Comunione è diventata una festa mondana che serve solo a dissipare il
bambino. La Cresima è generalmente poco sentita e quindi si presta
meno alla mondanità".
Ancora, quando si è richiesti, si assistono
religiosamente gli infermi, ma più sovente il sacerdote è chiamato
quando ormai il malato è già defunto.
Nel periodo pasquale la gente è contentissima di
ricevere la benedizione delle case, anche i non praticanti ! Il
parroco sfrutta questa occasione per incontrare i suoi parrocchiani,
anche coloro che meno frequentano la chiesa. Non si fanno più le
Rogazioni, che sono solenni benedizioni dei campi, essendo la vita di
parrocchia completamente urbanizzata.
Alla fine della Relazione, al paragrafo 8, viene
richiesto al parroco, un giudizio circa lo stato della parrocchia ed
il programma di lavoro pastorale svolto da lui e da eventuali suoi
collaboratori. Don Piero non era solo: oltre la "casa di
accoglienza" che ospitava vari casi di bisognosi, gravitavano
intorno alla parrocchia alcuni preti che erano alla ricerca di una
nuova esperienza di Chiesa e vengono così da lui presentati nella
Relazione:
"Collaboratori fissi: don Renzo Fanfani,
con un impegno domenicale festivo. Abita nella casa dell’Opera
Madonnina del Grappa a Scandicci.
Collaboratori saltuari: p.Giorgio Eschini,
Servo di Maria, sacerdote, operaio a Calenzano, abita per conto
proprio alle Bagnese. Mi aiuta nei giorni festivi.
Dom Giacomo Calabrese, monaco camaldolese. Fa
scuola di religione a Firenze. Mi aiuta fra settimana in parrocchia.
Don Giovanni Serragli, prete di Volterra,
parroco di una piccola parrocchia, viene un giorno o due la settimana
ad aiutarmi.
Il risultato è ottimo perché oltre una
collaborazione, si crea una comunione fraterna a vantaggio di
tutti."
Il giudizio sullo "stato spirituale"
della parrocchia, richiesto dal questionario, è così espresso da don
Paciscopi: "Scristianizzazione, indifferentismo e
tradizionalismo oltre che per motivi di ordine storico, la Parrocchia
è in formazione e quindi regna l’anonimato." Segue la
domanda se si è cercato di attuare una "pastorale d’insieme"
e don Piero così risponde: " Non so cosa s’intenda per
pastorale d’insieme. Cerco di fare in parrocchia quel che vorrei
facessero pure i Vescovi: incoraggio, stimolo, porto avanti tutto ciò
che è vivo, senza preoccuparmi dell’uniformità, ma di essere uniti
nella fede e nello Spirito. La pluralità è sempre segno di
ricchezza."
Riguardo al programma pastorale futuro, don Piero,
coerente con quanto prima detto, insisterà soprattutto nella cura di
una pastorale di nuova evangelizzazione, con occhio di riguardo al
"Cammino Neocatecumenale". Ecco i punti sintetici del suo
programma:
Annunziare periodicamente il Kerygma , invitando periodicamente quanti
lo desiderano alla riscoperta del proprio battesimo;
Essere presente come "pacificatore in mezzo agli
uomini";
Seguitare a catechizzare i bambini sperimentando nuove metodologie;
curare in modo particolare la liturgia, "fonte e culmine"
di ogni azione pastorale.
In allegato alla suddetta Relazione, don Paciscopi
e il suo coadiutore don Fanfani, uniscono una relazione che riassume i
punti salienti del loro operato e le loro scelte pastorali che
riportiamo integralmente per la migliore comprensione del nuovo modo
di vivere la parrocchia.
"RELAZIONE AGGIUNTA AL QUESTIONARIO"
Questa breve relazione ha lo scopo di integrare lo
schema inviato dalla Curia, per facilitare il Vescovo nella
comprensione della Parrocchia di San Bartolo in Tuto, della sua
realtà umana, nell’impostazione di vita dei preti che in tale
realtà svolgono il loro ministero.
I confini territoriali della parrocchia racchiudono un insieme, sorto
in pochi anni. Esso ha le caratteristiche di "quartiere
dormitorio". Anonimato, individualismo, mancanza di vita
associata, scristianizzazione, indifferenza religiosa e politica,
tempo libero limitato sono le caratteristiche più evidenti di questa
periferia. La popolazione è composta per la quasi totalità da operai
e piccoli impiegati, bottegai, artigiani.
In questa realtà riteniamo che il compito essenziale di noi preti
sia l’annuncio gioioso del Signore risorto, testimoniare con la vita
questo Vangelo, porre le basi per la crescita di una comunità di
credenti adulti e coscienti. Tutto ciò che è al di fuori di questo,
lo consideriamo secondario ed inutile alla missione che, come preti,
dobbiamo compiere a nome della Chiesa di Dio in Firenze.
L’attività pastorale è centrata su questi punti:
formazione di comunità cristiane, impegnate in un cammino di
maturazione di fede all’interno della parrocchia;
catechesi ai ragazzi in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione
( un anno in preparazione alla I Comunione; due anni in preparazione
alla Cresima; incontri sul Vangelo con gli adolescenti). La
preparazione dei catechisti viene fatta in collaborazione con la
Parrocchia di Santa Maria.
Cura della liturgia eucaristica e sacramentale.
Incontro con tutte le famiglie della Parrocchia in cui è inclusa
anche la benedizione che impegna i sacerdoti, in modo particolare don
Piero, da febbraio a giugno; è un mezzo di incontro e di colloquio
con tutte le famiglie.
Presenza ai malati e dove c’è sofferenza.
Disponibilità di incontri e di dialogo con chiunque, senza
preclusioni di case o di ambienti
La nostra vita. L’abbiamo impostata cercando
di eliminare tutto quello che a nostro parere poteva ostacolare l’annuncio
del Vangelo e dividerci dalla gente.
- Povertà di vita e di mezzi. Sono state tolte tutte le tariffe
e i diritti di stola. Non beneficiamo di nessuna congrua. Il
beneficio parrocchiale è amministrato dalla Curia, senza
nessuna rendita per la parrocchia. Nessun locale da noi usato è
di "proprietà". Il parroco vive con una parte delle
offerte libere che settimanalmente vengono deposte dai
fedeli in una cassetta in fondo alla Chiesa. Lo scopo pastorale è
di eliminare l’idea diffusissima di dover pagare il servizio
religioso.
- Condivisione della situazione della maggioranza della nostra
gente. Il lavoro in fabbrica per don Renzo, la conduzione della
casa (spesa, mangiare, ecc.) per don Piero, sono espressioni
esteriori di questa scelta.
- La canonica intesa non come casa del prete, ma come casa
aperta ai più bisognosi, agli emarginati, a quei che altri
rifiutano. In essa ci vive don Piero. Don Renzo vive in una
casa-famiglia, collegata con la parrocchia in un servizio di
accoglienza più limitata ed in funzione di casi particolari della
parrocchia stessa.
- Accoglienza senza condizioni particolari a coloro che insieme
a noi vogliono percorrere un cammino di fede: es. p. Giorgio, p.
Giacomo, Walter Ricci e Sandro Tucci provenienti dal Seminario
Maggiore.
Questa è soltanto una traccia: la riteniamo
necessaria per impostare ed approfondire in tutti i particolari
necessari il discorso col Vescovo in occasione della Visita
Pastorale.
Don Piero Paciscopi e Don Renzo Fanfani
Scandicci, 15 novembre 1972.
A conclusione della visita Pastorale fu emesso un
"decreto conclusivo" in data 30 giugno 1973, firmato dal
Card. Florit e dal suo ausiliare il Vescovo Giovanni Bianchi, che in
qualche modo ci mostra, in mezzo a virtuosismi di parole, come la
Curia fiorentina, con in testa i suoi Vescovi, non fosse pienamente
soddisfatta dell’operato dei preti di San Bartolo.
Si raccomandava di "curare un maggior
impegno e spirito comunitario dei sacerdoti che prestavano servizio in
parrocchia, in modo di svolgere un’attività più intensa e
continua"
Francamente tutto si poteva rimproverare ai preti
di San Bartolo, ma non certamente la mancanza di comunione e di
spirito fraterno e che fossero poco impegnati pastoralmente! Si passa
poi a lodare il buon esempio di testimonianza cristiana che dava la
"casa-famiglia"; in realtà si seguita a non condividere la
scelta di don Piero che così viene "distratto" dai
suoi numerosi impegni di parroco "eminentemente pastorali
verso tutta la comunità parrocchiale".
Per il decoroso svolgersi delle funzioni liturgiche
si raccomanda di istituire il gruppo dei chierichetti.
Si loda il Comitato per la Costruzione della nuova
Chiesa, ma traspare un certo sospetto verso la scelta prioritaria di
don Piero: le comunità Neocatecumenali. Tali comunità, anche se
permesse e addirittura caldeggiate, al loro nascere dallo stesso
Cardinale, adesso erano viste con diffidenza.
" I gruppi catecumenali siano curati in vista
del bene grande che ne può derivare da una più intensa vita di
preghiera e di riflessione biblica, ne sia responsabile vero il
parroco o un sacerdote da lui direttamente designato. Si eviti
ordinariamente la S. Messa festiva esclusivamente per loro, proprio
perché tutti siano animati da senso missionario e da carità verso
tutta la comunità vera, che è quella parrocchiale. Promuovere anche,
come espresso desiderio della Chiesa, Associazioni che corrispondano
ai carismi dei singoli od a necessità di una parrocchia così vasta e
variamente articolata." Seguono poi altre raccomandazioni
circa l’Archivio e la preparazione dei "nubendi".
Analizzando il decreto si rimprovera al parroco,
anche se con toni concilianti (non dimentichiamoci che il Cardinale e
lo stesso suo ausiliare uscivano da poco "scottati" dall’esperienza
"Isolotto"), di privilegiare troppo l’esperienza
Neocatecumenale, trascurando la vera Chiesa. Questa esperienza
doveva essere curata da un sacerdote. Anche se ormai da anni si
parlava nei documenti ufficiali della Chiesa della responsabilità
del laico, si diffidava di un’esperienza nata da due laici e per
di più estranei alla diocesi. Accettabile quindi l’esperienza, a
livello di preghiera e di approfondimento biblico, ma non si confonda
con la vera Chiesa!
Purtroppo, esaurite le notizie ricavate dal
Questionario della Visita Pastorale del 1972, adesso sono davvero
pochi i documenti scritti rimasti all’Archivio sia Parrocchiale che
di Curia. Anche il Cronicon Parrocchiale è stato in qualche modo
riscritto (per fortuna non è andato perso quello vecchio) e
aggiornato, aggiungendo un’appendice che liquida con cinque pagine i
fatti "rilevanti" della Parrocchia dal 1967 fino ai giorni
nostri.