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La scuola

Offagna

 

   

"...Ci sono stati anni in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari due volte al giorno, anni in cui il cinema è stato per me il mondo. Un altro mondo da quello che mi circondava, ma per me solo ciò che vedevo sullo schermo possedeva le proprietà d'un mondo, la pienezza, la necessità, la coerenza, mentre fuori dello schermo s'ammucchiavano elementi eterogenei che sembravano messi insieme per caso, i materiali della mia vita che mi parevano privi di qualsiasi forma. Il cinema come evasione, si è detto tante volte, con una formula che vuol essere di condanna, e certo a me il cinema allora serviva a quello, a soddisfare un bisogno di spaesamento, di proiezione della mia attenzione in uno spazio diverso, un bisogno che credo corrisponda a una funzione primaria dell'inserimento nel mondo, una tappa indispensabile d'ogni formazione...."
Italo Calvino, Autobiografia di uno spettatore

Le nostre RECENSIONI

Billy Elliot
Braveheart, cuore impavido
Castaway
Central do Brasil
El Bola
Il profumo della papaya verde
Lamerica
La scuola
La vita è bella
Non uno di meno
Stand by me
Tempi moderni
Le biciclette di Pechino


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Billy Elliot
 


 

Regista: Stephen Daldry
Nazione: Gran Bretagna
Anno di produzione: 2002
Durata: 110 minuti
Distribuzione: U.I.P.
GENERE: drammatico, commedia, denuncia-attualità.
AMBIENTAZIONE: Inghilterra, contea di Duram; anni ottanta.
INTERPRETI:
Jamie Bell: Billy Elliot
Julie Walters: Miss
Gary Lewis: Padre
Jamie Draven: Tony
Stuart Wells: Michael
Nicole Blackwells: Debbie
Jean Heywood: Nonna di Billy

LA TRAMA
Billy, ragazzo orfano di madre, pratica pugilato.
Un giorno nella palestra si stabilisce una scuola di danza. Billy per curiosità prova qualche passo, da cui la maestra di danza (la Miss) capisce che ha un talento superiore a quelle ragazzine che da anni frequentano le sue lezioni.
Così Billy inizia a prendere lezioni private dalla Miss, finché un giorno un giorno Tony(il fratello maggiore del protagonista), Billy e il padre, tornando dal tribunale, incontrano la Miss che dice a Billy che era in ritardo per
un’ audizione. Ed è così che il padre scopre che Billy gli ha mentito e ci sono parecchi litigi.
Nel periodo natalizio, il padre di Billy e di Michael, un suo caro amico, osservano i loro figli che danzano.
Billy, pur imbarazzatissimo, balla davanti al padre che dal quel giorno si convince che Billy ha un grande talento e potrebbe avere un brillante futuro.
Così, anche se con molti sacrifici, lo manda ad un’audizione a Londra che gli permetterà di frequentare una prestigiosa scuola di ballo.
Dopo anni, il padre, Tony e Michael vanno ad applaudire Billy, primo ballerino nel “Lago dei cigni”.

ANALISI TECNICO-FORMALE
Il film è tutto a colori, tranne una piccola parte dove fa vedere un vecchio film (citazione).
Le inquadrature più usate sono: primi piani, soprattutto nei dialoghi, per mettere in evidenzia le espressioni;campi lunghi, inquadratura soggettiva.
Quando Billy balla si usa spesso la figura intera o a volte si inquadrano solo i piedi.
Invece, quando il protagonista si esibisce per lo spettacolo, lo si inquadra dal basso verso l’alto per far notare lo slancio, la leggerezza e la vittoria del personaggio.
I movimenti di macchina sono: il movimento profilmico, quando la polizia corre dietro a Tony, il fratello di Billy; ci sono anche carrellate che servono a evidenziare il gruppo di minatori in sciopero.
Il ritmo della musica è incostante: tranquillo, con movimenti di forte eccitazione.
La luce nella casa del protagonista è cupa, mentre nella scuola di danza la luce è flood e quando la maestra aspetta Billy nella palestra, la luce è spot, perché deve evidenziare i bordi della figura della Miss.

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"Braveheart, cuore impavido"
 


In Scozia nel secolo tredicesimo un combattente barbaro ma non selvaggio, un eroe scozzese conquista la sua libertà e cinque Premi Oscar.
William Wallace(protagonista di questo film) è un giovane guerriero che ritorna nel suo villaggio natale in Scozia dopo molti anni ed è costretto a vivere numerose ingiustizie.
Con la morte della moglie Murrobn, William si sente come pugnalato alle spalle e accecato dal dolore si ribella agli Inglesi, ma non si accorge che con un "semplice bagno di sangue" scatena una insurrezione popolare che spingerà molti Scozzesi a ribellarsi all’Inghilterra.
Scoppiano molte guerre civili in cui i ribelli guidati da Wallace vincono; queste vittorie danno una speranza in più a tutto il popolo di Scozia di diventare libero.
Questo film ha una bellissima fotografia che rispecchia perfettamente l’ambiente storico e che dà quel tocco di realtà alla storia.
Bisogna notare anche la riproduzione dei vestiti che è fedele a quella reale e che ci fa notare l’arretratezza di un popolo barbaro del tredicesimo secolo, ma anche il trucco che risalta maggiormente durante la scena della prima guerra dove tutti si presentano con le facce pitturate di blu.
Gli effetti speciali sono molto curati e ci danno la possibilità di farci un idea di come un uomo di quel periodo era costretto a vivere durante uno scontro corpo a corpo, in una mischia dove solo i più forti e i più abili riuscivano ad uscirne vivi.
La regia impeccabile di Mel Gibson che cura nei minimi particolari la storia, gli assicura un Oscar, secondo me giustamente meritato.
Quella che io ritengo formidabile è la colonna sonora che ci penetra dentro con quel suono di cornamusa rigorosamente scozzese e che ci fa provare emozioni irripetibili che solo con questo film possiamo vivere.
Per la sua bravura e la curata realizzazione del film, Mel Gibson viene ripremiato con cinque Premi Oscar:miglior film, miglior regia, fotografia, effetti speciali, sonoro e trucco.

Ho deciso di parlare di questo film perché è uno dei miei preferiti in quanto il personaggio di Wallace rispecchia la mia personalità e rappresenta ciò che tutti cercano: la LIBERTA’anche a costo della vita.
(Marco Tittarelli )

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Non uno di meno
 



Qualche settimana fa noi ragazzi della 2° e 3° media come già altre volte ci siamo recati alla chiesa del S.S. Sacramento per assistere alla proiezione di un film che i nostri professori, con molto criterio, avevano scelto.
Il film, intitolato “Non uno di meno”, è ambientato in Cina ed è recitato da attori non molto famosi che, anzi, rappresentano ciò che realmente sono nella vita quotidiana. La storia è verosimile, se non realmente accaduta e mostra le situazioni reali in cui vivono gran parte dei Cinesi nelle campagne di questo sterminato Paese.
La trama è molto avvincente.
La maestra Wei, di circa tredici anni, per guadagnare un po’ di soldi deve insegnare e badare ad una classe di alunni vivaci e ribelli: i gessetti sono contati e, al ritorno del maestro, di alunni non ne deve mancare nemmeno uno, o Wei non riceverà la paga.
Un mattino manca all’appello un bambino: Zhang Huike. Gli alunni e la maestra lavorano per ricavare un po’ di soldi, con i quali Wei va in città per cercare il ragazzo. Prova a rintracciarlo con molti mezzi: l’altoparlante, dei fogli scritti a mano, ecc. Ma alla fine solo uno di questi si dimostra efficace: l’annuncio in un programma televisivo. Wei e Zhang Huike tornano finalmente al villaggio e vengono persino dati loro dei soldi per costruire una nuova scuola e comprare tanti gessetti colorati!
Sono appunto i colori scelti per girare la pellicola che rendono l’idea del messaggio del film: nel villaggio sono presenti tinte come il verde, il marrone, il giallo; nella città compaiono il rosso, il giallo, il rosa. Abbiamo riflettuto molto su questa tecnica e crediamo che i colori scuri e soprattutto monotoni e tristi stiano ad indicare il lavoro e la povertà del villaggio, quelli chiari e più vivaci rappresentano il divertimento, il caos e la maggiore ricchezza della città.
I professori hanno ritenuto utile farci fare anche alcuni esercizi per capire meglio il significato del film.
Il primo, “l’alfabeto emotivo”, consisteva nel trovare una o più parole per ogni lettera dell’alfabeto, che ricordavano una sensazione suscitata dal film; il secondo era una “strada” che ripercorreva le tappe principali della storia, in cui dovevamo inserire i sentimenti provati da Wei, gli eventi significativi, le emozioni della protagonista, i cambiamenti nel suo rapporto con gli alunni; nel terzo dovevamo evidenziare i rapporti che intercorrono fra i vari personaggi della vicenda; il quarto richiedeva infine di segnalare le caratteristiche del villaggio e, in contrapposizione, quelle della città. Gli esercizi sono stati istruttivi, ma anche divertenti.
(Serena Pierantoni )

 

Questo film è stato prodotto in Cina e racconta la storia di una ragazzina di nome Wei che va ad insegnare in scuola a causa della partenza del maestro.
Si chiama così perché per ricevere 50 iuan (moneta cinese), lei non deve far mancare neanche un alunno.
All’inizio non c’è un vero rapporto tra l’insegnante e suoi alunni; questo nasce più tardi quando insieme si organizzano per trovare un lavoro per poi pagarsi il biglietto dell’autobus ed andare in città a cercare Zhang Huike, un ragazzino che ha abbandonato la scuola, in seguito ala profonda povertà della sua famiglia.
Quando la maestra arriva nella metropoli è come se scoprisse un mondo nuovo ed in effetti è così: in un primo momento è affascinata da questa realtà, ma in seguito, quando non riesce a trovare Zhang Huike chiede aiuto a diverse persone, molte delle quali risultano indifferenti tranne quando lei, dopo aver cercato ed aspettato giorno e notte il presidente della TV cui intende rivolgersi per un annnuncio, trova finalmente qualcuno disposto a darle una mano, impietosito da tanta ostinazione. Così Wei si ricrede sperando di ritrovare il suo alunno.
Infatti dopo aver trasmesso il messaggio televisivo riesce a trovare Zhang Huike e alcune persone generose le forniscono addirittura tutti i materiali scolastici che serviranno per favorire un insegnamento adeguato agli alunni.
“Non uno di meno” non è un film con dei veri attori, ma con persone che recitano la loro vita ed è per questo che è più realistico.
Questo film mette in risalto i problemi economici delle persone che abitano nelle campagne, e, soprattutto, la differenza tra il paesaggio rurale e la metropoli.
Ciò mi ha fatto pensare a tutti ai problemi del mondo, in particolare vedendo i bambini che si emozionano bevendo un goccio di Coca-Cola o scrivendo per la prima volta alla lavagna con dei gessetti colorati: tutte cose così normali per noi!
Ho pensato anche all’indifferenza da parte di alcune persone più ricche rispetto a quelle più povere e questo si può chiamare “razzismo”, o egoismo estremo, cose che si pensava fossero superate in una società democratica come la nostra, mentre risultano del tutto attuali. Quindi sono giunta alla conclusione che bisognerebbe tutti fare qualcosa per risolvere questi gravissimi problemi.
(
Simona Massenzio )
 

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Castaway
 


Un film veramente profondo e attuale è "Castaway", di Robert Zemeckis, protagonista Tom Hanks.
E’ la storia di un personaggio, nel quale ognuno di noi potrebbe rispecchiarsi, che passa bruscamente dalle comodità e dal ritmo del mondo occidentale, alla vita di naufrago su un’isola sperduta del Pacifico. La vicenda, che potrebbe sembrare banale, è in realtà resa molto interessante per l’accuratezza dei particolari e per l’analisi psicologica del personaggio. Chiunque, trovandosi al suo posto, avrebbe fatto esattamente le stesse cose, e forse commesso gli stessi errori; chiunque, al ritorno alla vita "civile", si sarebbe posto gli stessi interrogativi e avrebbe fatto le medesime scelte del protagonista.
Bravissimo comunque è l’attore Tom Hanks, che rende perfettamente tutti i vari aspetti del personaggio, subendo anche una notevole trasformazione fisica dall’uomo d’affari americano abituato ad ogni comodità al "selvaggio" che egli diventa sull’isola.
(Marina Carletti)

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El Bola
 


Spagna 2000
Regia di: Achero Maňas
interpreti: Joan Josè Ballista (Pablo)
Pablo Galàn (Alfredo)
Alberto Jimenez (Josè)
Manual Moron (Mariano)

Colore
Durata: 88 minuti circa
Genere: Drammatico

Prima di vedere il film mi aspettavo qualcosa di genere avventuroso, fantascientifico…, insomma non mi immaginavo per niente che fosse un film drammatico.
All’inizio sembrava un qualsiasi film che parla di una scuola, di un gruppetto di amici che formano una banda e si dedicano ad avventure paurose, ma affascinanti, e a prove di coraggio.
Osservando, o meglio ascoltando con attenzione, ho notato che la colonna sonora aiuta a rendere il film più coinvolgente.
Il titolo si riferisce ad una biglia, il portafortuna di uno dei due protagonisti. Su questa biglia lui scaricava tutta la sua rabbia per fatti che non riusciva a confidare a nessuno.
I due ragazzi protagonisti sono completamente diversi, soprattutto le loro famiglie, però nonostante ciò sono uniti dall’amicizia che li lega come fratelli.
Credo che il regista abbia voluto, in particolare attraverso i primi piani, far notare le espressioni dei protagonisti, talvolta di felicità, o, più spesso, di spavento.
Tra le tecniche studiate, mi pare che questo film impieghi pochissimi effetti speciali. Viene ripresa qualche volta la scena con la camera-car, specialmente verso la fine del film, quando sono alla ricerca del ragazzo scomparso. Ci sono molto spesso riprese soggettive, però sono presenti anche profili, tre quarti ed altre angolazioni visive.
L’aspetto che ho apprezzato di più è stata l’amicizia creata dal legame di fedeltà tra i due ragazzi protagonisti. Mi ha deluso un po’, anzi mi faceva proprio rabbia, il comportamento del padre nei confronti del figlio, perché lo picchiava a causa del rancore dovuto alla morte del primogenito.
Nel complesso “El bola” è un film bello, abbastanza chiaro e anche commovente (guardandolo, una o due lacrime sono scese e non ho potuto davvero trattenerle!)
(Federica Rossi)

Nel complesso “El Bola” è un film molto bello che sicuramente rivedrei ed è fatto molto bene, sa attirare l’attenzione soprattutto di noi ragazzi e fa capire agli adulti che molte volte anche loro possono sbagliare e che un bambino non è una cosa con cui arrabbiarsi e sfogarsi quando si hanno dei problemi, ma è un essere umano come loro.
(Laura Lucchetti)

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La vita è bella
 


Il film è ambientato in Toscana nella seconda metà del 1938 quando Guido, ebreo pieno di allegria e vitalità abbandona la campagna per andare in città per aprire una libreria.
Guido s’innamora di una maestra, Dora, già fidanzata, che però cadrà ai suoi piedi, conquistata dalla sua semplicità e simpatia.
Dal loro amore nasce un bambino, Giosuè.
La felicità della famiglia viene spezzata dalle leggi razziali contro gli ebrei: Guido, Giosuè e Dora vengono portati in un campo di concentramento nazista.
Guido, per non far capire l’orrore e la situazione che li circonda, fa credere al piccolo Giosuè che tutto ciò fa parte di un gran gioco nel quale i due dovranno affrontare una gara a punti per vincere il premio finale: un carro armato "vero".
La guerra è ormai finita, così Guido e Giosuè decidono di scappare.
Nell’ennesimo tentativo di ritrovare la moglie Dora, Guido con la scusa del nascondino, decide di far nascondere Giosuè, che si salva, mentre Guido viene scoperto e ucciso.
Le truppe alleate entrano nel campo e liberano i prigionieri.
Giosuè, stupito, riceve l’ambito premio: sale su un carro armato e ritrova la mamma.
Questo film mi è piaciuto perché è stato divertente, commovente e sincero allo stesso tempo.
(Barbini Riccardo )

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Il profumo della papaya verde
 


Noi ragazzi della seconda e terza media abbiamo deciso di intraprendere insieme alle prof. di religione e lettere una ricerca sugli usi, i costumi e soprattutto la religione di persone diverse da noi.
Abbiamo iniziato questa nuova esperienza con la visione del film "Il palloncino bianco" e, in seguito, "Il profumo della papaya verde". E’ appunto di quest’ultimo che mi vorrei occupare in particolare.
La pellicola, girata in Vietnam e ambientata all’inizio degli anni ‘50, narra la storia di una ragazzina di nome Muy di dieci anni, che viene chiamata in una famiglia per lavorare come serva.
Dopo varie disgrazie che si sono succedute in quella casa, la protagonista, ormai considerata come una figlia dalla padrona, viene trasferita da un conoscente della famiglia.
I due ben presto si innamorano e vivono una vita serena dopo essere diventati marito e moglie.
Questa è la trama, ma la cosa più bella e che colpisce di più in questo film, è la straordinaria semplicità della bimba, un’amante della natura e della dolcezza, che si manifesta in tutta la sua grandezza in forme piccole e apparentemente insignificanti (come le minuscole formiche che corrono su e giù per raccogliere granellini di cibo ecc.).
Dalla gioia di vivere di Muy e dalla sua eccezionale naturalezza si può imparare tantissimo, ad esempio che ogni cosa va apprezzata per quello che è.
La piccola, poi, con la sua durissima vita, ci vuole insegnare a non mollare mai e a continuare ad andare avanti con lo stesso carattere, lo stesso stupore ed entusiasmo che si hanno dalla prima giovinezza, perché, se in fondo, dentro, si rimane uguali, la vita ci sorriderà.

(Eleonora Giuliodori)

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"Central do Brasil"
 


La storia parla di un ragazzino brasiliano di nome Josuè che assiste con i suoi occhi alla morte della madre, investita da un autobus.
In seguito a questa perdita, decide di “incamminarsi” alla ricerca di suo padre, che non aveva mai visto.
Ad aiutarlo in questa missione è una signora di nome Dora che, impietosita dall’esperienza del bambino, cerca di stargli vicina e sostenerlo in questo difficile momento.
Così partono e insieme vivono tante esperienze, finché tra i due inizia a crearsi una forte amicizia.
Dopo aver sbagliato per due volte l’indirizzo della la casa del padre, riescono a trovare i due fratelli di Josuè, che lui non conosceva e di cui ignorava l’esistenza. Alla fine, per il bene del ragazzo, Dora decide di lasciarlo in mano ai suoi due fratelli con la speranza che né lei né il piccolo Josuè si dimentichi mai di quello che è nato tra loro: una profonda e sincera amicizia.

Il film mi è piaciuto molto perché è stato bello e coinvolgente durante il viaggio che i due protagonisti affrontano insieme, ma triste, quando essi - Dora e Josuè - si lasciano.
Penso che il regista abbia voluto dire che nessuna amicizia è impossibile: infatti Dora e Josuè da sconosciuti e molto diversi tra loro diventano grandi amici.
Questo è un messaggio ma è anche uno dei motivi per cui io ho preferito il film “Central do Brasil” ad altri.
La tecnica cinematografica più significativa è presente quando Dora e Josuè si lasciano e qui il regista ha scelto di usare un montaggio parallelo per far vedere che, all’alba di quel nuovo giorno in cui ognuno avrebbe cominciato una nuova vita senza dimenticarsi mai dell’altro, ambedue guardano una foto di quando erano al culmine della loro amicizia.
I dialoghi mi sono piaciuti perché, pur essendo brevi e semplici, racchiudono in sé stessi molti elementi ed idee veramente importanti per due amici (consigli, ricordi, pensieri…). Agnese Cariddi


Secondo me il film ha una trama molto intensa e piena di significati, ma non mi è piaciuto molto, soprattutto all’inizio in cui mi sono annoiata.
La fine ma ha colpito perché era inaspettata e commovente. L’amicizia prevale su tutti i sentimenti, ma ci sono anche il coraggio e l’amore.Federica Rossi
  
Il film all’inizio non mi è piaciuto tanto, ma quando si trattava di un ragazzo allora ho cominciato a vederlo con un altro occhio e mi ha davvero appassionato: mi ha fatto molto pensare e mi sono emozionata. Ci sono degli stacchi netti, che accelerano il ritmo del film e dei dialoghi brevi, ma significativi. Il messaggio che mi ha dato è l’importanza di avere un amico o una amica che ci sostengano. Martina Guidobaldi

Il film non mi è piaciuto molto, anche se alla fine mi ha fatto commuovere, perchè i due si separavano non rivedendosi mai più e Josuè aveva trovato la felicità riunendosi ai suoi due fratelli.
Il film mi ha fatto capire che anche se pensiamo di essere soli, non è così, perchè cercando nel profondo del cuore si avrà sempre un amico che ti aiuterà nel momento del bisogno.Marica Magnalardo

Questo film è molto bello ed è pieno di sentimenti che suscitano i personaggi e la storia. Aiuta a capire che a volte la distanza può far bene e altre volte male. Ma comunque una persona cara non si dimentica mai nella vita, rimane sempre come impressa a fuoco nella mente, almeno questo è ciò che spera il giovane protagonista del film.
Spesso, guardandolo, ho provato un po’ di tristezza, soprattutto alla fine, quando Josuè e Dora si lasciano. È come se la malinconia che essi provano si fosse trasmessa anche a me! Sofia Ippoliti


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Lamerica





Gianni Amelio è il regista italiano del film “Lamerica” .Il regista, laureato in filosofia, lavorò prima come critico e organizzatore di circoli colturali, poi come documentarista, operatore e aiuto regista.
Il film tratta di un viaggio che in questo caso possiede due significati; uno è un percorso spirituale del protagonista che riesce a cambiare; l’altro è il viaggio materiale degli albanesi che credono di uscire dagli errori del comunismo attratti da ciò che vedono nella televisione.
Il percorso è intenso anche come un indietreggiare nel tempo perché l’Albania è come la vecchia Italia di cinquanta anni fa.
All’inizio due speculatori vanno in Albania per un operazione molto redditizia. Così Fiore il capo dell’operazione, che viene interpretato da Michele Placito, cerca con l’aiuto di un medico, un uomo albanese senza eredi e lo trovano in una casa di riposo.
L’anziano di nome Spiro scappa più volte dall’aiutante di Fiore, e dopo una di queste uscite viene ritrovato in un ospedale. Così si viene a sapere che Spiro in realtà è un italiano fuggito dal suo paese al tempo della guerra. Alla fine i due si imbarcano per ritornare al loro paese d’origine.
Nel film viene usato il primo piano per far risaltare l’espressione dei personaggi e il campo lungo per far vedere la vita dei albanesi con i loro lavori ed i loro interessi.
Per me gli attori hanno interpretato bene i personaggi richiesti ma l’uso troppo frequente del dialogo ha reso la storia monotona.
La vicenda è abbastanza efficace perché tratta i problemi di un popolo diverso e fa capire quanto la televisione possa condizionare i desideri delle persone.
Nel film viene usato un linguaggio realistico non molto facile che rende il film difficile e poco avvincente.
Secondo me però questo film è da vedere per comprendere la storia recente, anche se in alcuni passaggi è complicato e alcune volte difficile da seguire.

(Letizia Frontini)

Il film "Lamerica" di Michele Placido è un film molto serio di genere informativo. Lamerica, il titolo, vuol dire che per gli Albanesi l'Italia era un mito nel '91 come l'America per gli italiani nel ‘900. Ci sono due viaggi spirituali: uno del protagonista che cambia e uno è l'illusione degli albanesi di uscire dagli orrori del comunismo attratti da ciò che vedono in TV. Il film è stato prodotto in Italia nel 1994. Il tema fondamentale trattato è la miseria in Albania. Il film parla di un viaggio nel 1991 di due speculatori che vanno in Albania per fare un'operazione finanziaria molto redditizia. I due devono trovare un presidente per l'industria che abbia queste qualità: non deve avere parenti; deve essere albanese; deve essere un po' rintontito e deve saper firmare. All'inizio credono di, aver trovato la persona giusta: un vecchio appena uscito di prigione. Dopo tante avventure si scopre che questo anziano è un italiano fuggito in Albania per non fare la seconda guerra mondiale, è sposato ed ha un figlio in Sicilia. Uno dei due, Fiore, si ammala e torna in Italia lasciando Spiro con Gino che, si affezionerà molto all'anziano e realizzerà il sogno di quest'ultimo, cioè di tornare in Sicilia. I personaggi principali sono Gino, un italiano molto impaziente con il vecchio, che lo battecca da tutte le parti ma, alla fine quando partono per l'Italia diventano amici. Il vecchio è molto "spaurito" e pazzo, ma quando intraprenderà il viaggio per l'Italia sarà felice e spensierato. L'autore ha voluto farci capire la miseria dell'Albania attraverso questa vicenda. Il film mi è piaciuto e mi ha fatto innervosire molto quando quei bambini hanno messo nel forno il vecchio, li avrei uccisi tutti e poi quando quel bambino fingeva di non avere una gamba per prendere soldi. Sono episodi che mi hanno fatto innervosire ma mi hanno fatto capire a cosa porta la miseria. Consiglierei la visione di questo film a chi pensa che nella vita sia tutto facile.
(Linda Natalini)

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 La scuola


Regista: Daniele Lucchetti
Attori principali: Silvio Orlando Anna Galiena
Anno di produzione: 1995


Il film “La scuola“ è ambientato nel 1995; è una commedia ed il regista è Daniele Lucchetti.
E’ quasi finita la scuola e i ragazzi sono esausti per le ultime interrogazioni, così si limitano a studiare poco, ad ascoltare la musica o a non venire per niente a scuola come Cardini, studente molto particolare che non ha avuto una vita facile.
La madre morì quando lui era ancora piccolo e il padre è costretto su una sedia a rotelle.
Cardini non studia e non si impegna; riesce solo a imitare molto bene, durante la lezione o, in qualsiasi momento, la mosca.
In classe inizia a fare il verso per poi correre e schiantarsi contro i vetri della finestra dell’aula.
Quando i professori gli dicono che se la doveva smettere lui continua e gli risponde che voleva solo morire. Si ferma solo quando gli fa il verso dell’ insetticida così lui ammutolisce e si affloscia a terra come morto. Poi c’è Coffaro uno studente che non si impegna molto infatti rischia di essere bocciato e per paura di questo voleva uccidere il suo professore Speroni, molto rigido e severo. Coffaro viene molto aiutato dal prof.Vivaldi, professore di lettere, molto sentimentale e comprensivo verso le difficoltà che provano gli alunni. Infatti non vuole far bocciare nessuno e combatte con tutte le sue forze per far promuovere anche Coffaro. Alla fine,  agli scrutini, riesce a far capire ai professori e al preside, con l’ aiuto della prof.Maiello di cui lui è innamorato, che Coffaro si impegna e quindi merita do essere promosso. Vivaldi è un prof molto ambizioso che vuole far bene il suo lavoro;insieme agli alunni instaura buoni rapporti ma è molto frustrato sia perché non riesce ad ottenere dai ragazzi più impegno nello studio, sia per i suoi problemi sentimentali con la Maiello. Egli non capisce che, anche se lei è sposata, è innamorata di lui; e è un ingenuo perché continua a pensare che la professoressa sia innamorata di Speroni. La Maiello è una professoressa molto solare con gli alunni dedita, come Vivaldi, a capire i problemi che li tormentano. Secondo me il messaggio che il regista ci vuole comunicare è la difficoltà che i professori provano a fare gli scrutini, a badare gli alunni a capire i loro problemi e cercare di aiutarli nel modo più giusto possibile. Questo film rientra in un attività di cineforum, che abbiamo svolto questo anno a scuola basato sul tema del lavoro. Questa attività mi ha fatto capire che il mondo del lavoro non è una “barzelletta” ma è pieno di difficoltà e problemi da risolvere. Ad esempio i professori che non andavano d’accordo e che avevano idee e regole di vita molto diverse, dovevano convivere e cercare in un modo o nell’ altro di venirsi incontro e capirsi. Questo film mi è piaciuto perché il regista mette in evidenza i problemi e la paura non solo degli studenti ma anche le emozioni che provano i professori e questo mi fa capire che non sono invulnerabili come si crede.
(Camilla Pesaresi)

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Stand by me


A me il film “Stand by me “ è piaciuto molto, soprattutto perché dimostra ciò che prova e come si sente un ragazzo della nostra età, forse in modo esagerato, ma comunque lo fa capire bene e vorrei rivederlo appunto perché rispecchia la vita di noi ragazzi.
Guardando questo film notiamo che noi rispetto ai protagonisti siamo più fortunati e osservando come essi si comportano possiamo evitare i loro stessi errori.
Guardate “Stand by me “ e vi rispecchierete sicuramente in uno dei personaggi che lo interpretano.
(Laura Lucchetti)
Secondo me “Stand by me” è un film molto divertente perché ci sono tantissime parolacce, ma anche commovente, perché quando ragazzi protagonisti della storia ritrovano il cadavere di un giovane come loro mi fa quasi piangere.
(Matteo Bazzano)
 
Non pensavo che questo film mi sarebbe piaciuto così tanto!
Secondo me i ragazzi hanno avuto un ruolo di per sé molto difficile ma che sicuramente, per interpreti della loro età, risulta ancora più complesso; infatti penso che siano stati attori eccezionali, sia nell’immedesimarsi nella parte, che nel recitare effettivamente le varie scene, ricche di spirito e vitalità.
I quattro ragazzi usano un linguaggio comune, con i termini e modi a volte volgari dei ragazzi d’oggi, anche se, in fondo, hanno un atteggiamento un po’ infantile.
Nel complesso, penso che il film abbia avuto un grande successo tra di noi e che sia stato gradito da tutti.
I risultati finali, insomma, sono ok !
Lo consiglierei a molte persone, perché è veramente bello: un film davvero imperdibile!!
(Sofia Ippoliti)

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Le biciclette di Pechino



1- Carta d’identità
Regista: Xiashuai Wang
Nazione: Cina
Anno: 2001
Durata: 103’
Genere: narrativo
Musiche: Feng Wang



2- Analisi del linguaggio filmico
Colonna visiva
-Colori
inquadrature -Primi piani all’inizio, alcuni campi lunghi e per il resto figure intere, mezzi busti e dettagli.
angoli di ripresa -Soggettiva mentre i ragazzi spiano la loro vicina; prospettiva ascendente quando il ragazzo osserva gli enormi grattacieli.
movimenti di macchina -Panoramica che riprende l’intera città; camera a mano durante alcuni momenti nella città frenetica.
montaggio -Il montaggio è quasi sempre regolare con un ritmo né veloce né lento (ad eccezione di alcune scene, per esempio gli inseguimenti, ben più rapidi).
Segue un ordine cronologico con delle ellissi temporali.
punteggiatura -Durante gli inseguimenti in bici ci sono stacchi netti che rendono il ritmo più veloce.
Quando i ragazzi si scambiano la bicicletta, per dare l’idea che trascorrono i giorni, si usano dissolvenze incrociate.
colori -I colori sono un po’ opachi nella zona più povera della città, mentre in mezzo alla confusione cittadina sono un po’ più chiari.
All’interno dell’albergo, è tutto molto più lumi
noso e brillante per dare l’idea di un posto pulito e ricco.

Colonna sonora
-Musiche: Originali

La musica è presente all’inizio come presentazione e in alcune scene significative.
Una di queste, che mi ha particolarmente colpito, è stata quando il ragazzo, che finalmente aveva acquistato la sua adorata bicicletta, pedalava con le braccia allargate al vento e c’era una musica che dava un senso di libertà e felicità. È stata una magnifica scena.
-Dialoghi: sono molti presenti, brevi ma abbastanza importanti.
È usato un linguaggio comune e comprensibile.
-Effetti speciali: non visibili

3- SINOPSI
Questo film racconta la storia di due ragazzi legati per motivi diversi ad una bicicletta.
Il primo desidera molto averne una tutta sua e il lavoro che trova, cioè il fattorino, gliene procura una che diventerà di sua proprietà solo quando raggiungerà un guadagno stabilito.
L’altro vuole più di ogni altra cosa al mondo una bicicletta, ma i genitori non possono permettersela e fanno continue promesse che poi non vengono mantenute.
Così questo ruba i soldi della famiglia e va al mercato delle cose usate per comprarsi una bicicletta che, per pura coincidenza, è la stessa dell’altro ragazzo, a cui era stata rubata.
Così, mentre uno dei due protagonisti è disperato perché senza quel mezzo non può lavorare, l’altro è felicissimo perché possiede anche lui, come tutti i suoi amici, una bici di cui vantarsi e andare fiero.
Ma quando il disperato lo scopre, pensa subito che il colpevole del furto sia lui e così, dopo vari tira e molla di questa bicicletta, decidono di tenerla un giorno unno e un giorno l’altro. Ma una banda di prepotenti interviene a creare nuovo scompiglio.

Come andrà a finire questa affascinante e complicata storia?

4-
Questo film mi è piaciuto molto per la sua trama intrecciata, ma allo stesso tempo facile da comprendere.
L’argomento principale sono le biciclette e lo si capisce già dall’inizio, quando scorrono i titoli di testa e come sfondo ci sono dettagli di ruote di biciclette che scorrono e le immagini si dissolvono una sull’altra.
Il regista ha usato anche delle panoramiche durante il film, che riprendevano l’intera città e mostravano la grande differenza tra la parte moderna di Pechino, ricca e piena di enormi edifici, e quella bassa, povera e caratterizzata da piccole case tradizionali.
Forse, infatti, uno dei messaggi di questa storia è proprio quello di mostrarci la reale situazione di questo paese in rapido sviluppo.
Quando uno dei due protagonisti osserva gli enormi edifici ricchi e maestosi, è usata una ripresa ascendente che rende l’idea della forte differenza tra lui ed uno di questi palazzi che sembra quasi crollargli addosso.
Per farci osservare il continuo caos e la freneticità di questa città, a volte, durante gli spostamenti di massa con le biciclette, è usata la camera a mano.
Inoltre questo film tende a nascondere i momenti brutti della storia (per esempio gli incidenti o le risse) con delle ellissi temporali: una differenza notevole rispetto ai film americani che vediamo di solito! Ho apprezzato molto questa scelta, perché, eliminando le scene più “violente”, si attribuiva un tono positivo e meno brusco al film.


Federica Rossi

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