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Apologetici

 

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Gli scritti apologetici

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Come dice la definizione, gli apologisti si prefiggevano di difendere la religione cristiana soprattutto contro il paganesimo e il giudaismo, ma anche contro le deviazioni dalla ortodossia dei gruppi di eretici. L'annuncio missionario per se stesso non è apologetico, ma di fronte alle calunnie grossolane contro i cristiani, al giudizio dei dotti e delle classi colte che vedevano nel cristianesimo un pericolo per il crescente dominio di Roma, e alle accuse dei magistrati che vedevano nel cristianesimo un delitto di lesa maestà contro l'imperatore e il culto ufficiale, si rese necessario difendere la nuova dottrina.

Tra gli avversari del cristianesimo nel sec. II possiamo ricordare Luciano di Samosata, che metteva alla berlina l'amore fraterno dei cristiani e il loro disprezzo per la morte (de morte peregrini, del 170), Frontone di Crita, precettore di Marco Aurelio (oratio), Celso, filosofo platonico  (Discorso veritiero, del 178) e altri.

 

Tre sono gli obiettivi principali della letteratura apologetica:

·         confutare le calunnie e ribadire gli aspetti positivi della fede cristiana;

·         ribadire l'immoralità e l'assurdità della religione tradizionale evidenziando l'alto concetto di Dio dei cristiani;

·         sottolineare il limite delle argomentazioni filosofiche addotte contro il nuovo credo. Ovviamente non si tratta mai di esposizioni scientifiche, complete e formali della fede cristiana. Inoltre la terminologia è quella del tempo, come pure la forma linguistica con la predilezione del trattato dialettico e del dialogo. Particolare rilievo è dato alla difesa della libertà di coscienza e di religione, alla dignità dell'antica origine del cristianesimo, grazie alla matrice giudaica, e alla ricerca della verità che anima ogni cristiano.

 

A. Gli apologisti greci

La più antica apologia in lingua greca, stando a quanto riferisce Eusebio di Cesarea (III-IV sec.), è composta da un certo Quadrato, personaggio a noi sconosciuto, il quale indirizza, intorno al 125 d.C., un suo scritto all'imperatore Adriano, destinatario anche di una Apologia scritta da Aristide di Atene, giunti fino a noi.

Nel II sec. comunque la figura di maggior rilievo è quella di Giustino, filosofo ed apologista, nato a Flavia Neapolis, in Palestina, intorno al 100 d.C. Uomo di grande cultura, seguace della filosofia stoica, dopo esser stato attratto dal platonismo, si avvicina alla dottrina cristiana. Giunto a Roma sotto il principato di Antonino Pio, muore nel 165 d.C. e il suo martirio è narrato nel Martyrium S. Iustini et sociorum. Tra i molti scritti attribuiti a Giustino ne vengono oggi ritenuti autentici tre: una Apologia indirizzata all'imperatore Antonino Pio, una Seconda Apologia diretta al Senato romano e un Dialogo con il giudeo Trifone. Nella prima Apologia condanna le procedure adottate nei processi contro i cristiani e respinge le accuse contro di loro, concludendo il suo discorso, dopo aver illustrato i princìpi della dottrina cristiana, con un appello all'imperatore e al suo senso di giustizia. Nella seconda il tema centrale sono le persecuzioni e il martirio, che fornisce ai cristiani la possibilità di dimostrare la saldezza della loro fede e la superiorità della loro dottrina. Un particolare significato assume il Dialogo con Trifone in quanto rappresenta la più antica testimonianza di difesa del cristianesimo nei riguardi del giudaismo, con la dimostrazione che Cristo è la verità annunciata dalle Scritture.

Più drastica è la posizione assunta da Taziano, apologista nato in Siria da famiglia pagana nel II sec., che, nel suo Discorso ai Greci, lancia un violento atto d'accusa, con toni aggressivi e polemici, contro la cultura greca, rinnegando ogni suo aspetto e creando una frattura netta con il mondo della cultura classica. Nell'opera sono presenti già numerosi indizi di quel graduale distacco dall'ortodossia che, dopo la morte di Giustino, di cui è seguace, e il ritorno in Oriente, lo porta a capo di una setta eretica. Sulla stessa linea di rifiuto della cultura pagana si pone Teofilo, vescovo di Antiochia, autore di uno scritto Ad Autòlico, un pagano che egli tenta di convertire al cristianesimo.

Atenagora di Atene riprende, nella Supplica per i cristiani, diretta intorno al 177 agli imperatori Marco Aurelio e Commodo, la posizione meno intransigente di Giustino. Egli, con toni pacati, dopo aver respinto le accuse rivolte ai cristiani, pone in rilievo gli elementi di continuità del pensiero cristiano con le posizioni anticipate dai poeti e dai filosofi greci (ad es. il monoteismo) ed illustra gli elementi di novità, come la Trinità, contenuti nel messaggio cristiano.

Una lettera che risale al II sec., di autore anonimo, in risposta agli interrogativi del pagano Diogneto (Lettera a Diogneto) contiene una esposizione dei fondamenti della religione cristiana e si conclude con l’esortazione alla conversione.  

Ireneo, vescovo di Lione dal 177 in poi e più grande teologo del sec. II. Sembra sia stato martirizzato nel 202 sotto Settimio Severo. Di lui abbiamo integralmente l'opera in 5 libri Adversus haereses (secondo un'antica traduzione latina) e un libretto intitolato Dimostrazione dell'insegnamento apostolico, pervenutoci in versione armena. L'importanza delle opere di Ireneo è data dall'esposizione sistematica e completa di tutte le eresie del suo tempo, nonché dal tentativo di proporre un'esposizione sistematica del pensiero cristiano.

 

Milziade, retore originario dell'Asia Minore, scrisse sotto Marco Aurelio varie opere contro gli eretici oltre a tre Apologie, tra cui una diretta ai "dominatori del mondo, in difesa della filosofia cristiana". Tutti queste opere sono attestate dallo storico cristiano Eusebio, ma sono andate perdute.

 

Apollinare di Gerapoli, vescovo, scrisse quattro Apologie, di cui una indirizzata a Marco Aurelio, 5 libri "Contro i Greci", 2 libri sulla verità e 2 "Contro i Giudei", oltre ad uno scritto sulla pasqua. Tutti si suoi scritti sono andati perduti e ne abbiamo memoria solo grazie allo storico Eusebio. È citato anche da Serapione di Antiochia (190-211).

 

Le sentenze di Sesto. Si tratta di una collezione di sentenze attribuite al filosofo Sesto, ritenuto un pitagorico, e rielaborate verso la fine del sec. II da un autore cristiano. Fu tradotta poi in latino nel 410 da Rufino. Trattano della dottrina platonica della purificazione, illuminazione e della deificazione. Piuttosto negativo nei confronti della materia, consiglia moderazione dei cibi e nelle bevande. Dio viene visto in chiave platonica.

 

B. Gli apologisti latini

 

Minucio Felice. Di Minucio si sa veramente poco, neppure il luogo di nascita è certo, sebbene si tenda generalmente a considerarlo di origine numidica e nativo di Cartagine per il fatto che il nomen "Minucius" e il cognomen "Felix" compaiono in diverse iscrizioni africane e perché Ottavio, uno degli interlocutori del dialogo, sembra provenire dall'Africa, a quanto risulta dalle parole stesse di Minucio. Incerta è anche l'epoca in cui vive ed opera, probabilmente tra il II e il III sec. La coincidenza di concetti e modalità espressive tra alcuni passi dell'Octavius e dell'Apologeticum fanno ritenere che il dialogo possa risalire agli ultimi decenni del II sec. d.C. Allo stesso periodo (fra Marco Aurelio e Commodo) si fanno risalire anche gli scritti di altri apologeti, in lingua greca, tra cui in particolare quelli di Giustino, che opera a Roma.

Le sue opere presentano motivi simili a quelli espressi da Minucio nel suo trattato e analogo è l'ambito culturale in cui sono state prodotte. Minucio, nato da una famiglia pagana, è al pari di Apuleio un agiato avvocato, che esercita a Roma la sua professione, e si converte al cristianesimo probabilmente in età matura. Di lui ci è giunto solo l'Octavius, scritto forse in risposta all'attacco di un altro scrittore africano, Frontone, maestro di retorica di Marco Aurelio ed esponente della cultura pagana. Minucio immagina di comporre il dialogo per tributare un omaggio alla memoria dell'amico e conterraneo Ottavio, che lo aveva precorso sulla via della conversione. Seguendo le modalità espositive del dialogo ciceroniano, Minucio presenta la situazione ed i personaggi prima di introdurre la discussione alla quale partecipa direttamente.

Il dialogo si apre con un intenso e delicato esordio, in cui la descrizione del paesaggio non ha la funzione di semplice sfondo ma svolge un ruolo centrale nell'economia della discussione: pone infatti immediatamente l'accento sulle bellezze del creato e sull'armonia che regola l'universo. La discussione poi si svolge seguendo una equilibrata e misurata disposizione delle parti: prima viene riferito il discorso dell'amico Cecilio, che è ancora legato alla tradizione religiosa di Roma pagana ed assume una posizione di sostanziale scetticismo, poi, dopo una breve interruzione ad opera di Minucio, prende la parola Ottavio che replica punto per punto alle argomentazioni precedenti; l'opera infine si conclude con la conversione del pagano al cristianesimo. ... Contraddistingue inoltre questa apologia una accurata proprietà di linguaggio e una attenzione alla armonia della frase che trova in Cicerone il suo modello. Non mancano echi senecani e contatti con la filosofia stoica, come pure affiorano rapporti stilistici e tematici con il Dialogus di Tacito e l'opera di Apuleio. L'opera è chiaramente diretta ai pagani colti.

Tertulliano. Quinto Settimio Fiorente Tertulliano nasce intorno al 160 a Cartagine da genitori pagani di condizione piuttosto agiata: il padre è un centurione della coorte pretoria d'Africa. La sua formazione culturale è di livello elevato, consona ad un giovane di buona famiglia. Riceve infatti una accurata educazione retorica, filosofica e giuridica e conosce perfettamente il greco e il latino. Gli studi di retorica gli fanno ac­quisire familiarità con il pensiero e lo stile di Cicerone e Quintiliano. Gli studi filosofia lo introducono nel dibattito filosofico contemporaneo e lo portano ad occuparsi delle principali correnti di pensiero della sua epoca. ...  Tertulliano è il più intenso e vigoroso autore di scritti apologetici. Egli incentra la disputa con i pagani sull'aspetto giuridico e trasforma la difesa in un duro atto d'accusa contro l'illiceità dei procedimenti seguiti, esaltando i princìpi della dottrina cristiana con una eloquenza dai toni appassionati e drammatici da tempo, assenti nella produzione letteraria latina. Lo scrittore cartaginese denuncia con sprezzante ironia l'assurdità delle procedure giudiziarie ani-cristiane come una violazione della grande tradizione romana e della logica del diritto; irride i miti osceni della mitologia come indegni di un popolo evoluto; dimostra la corruzione dei pagani e la santità cristiani; scinde abilmente la responsabilità degli imperatori da quella dei settari governatori provinciali, proclama, con una fede incrollabile rocciosa e totalizzante che si muta in sfida, la sua certezza nella vittoria finale: semen est sanguis christianorum. L'Apologeticum presenta notevoli affinità con l'Octavius di Minucio Felice, nonostante la differenza di toni e modi espressivi, tanto da rendere difficile non ipotizzare un rapporto di dipendenza dell'uno dal altro. La questione è complessa e dibattuta in quanto costituisce non solo un problema di collocazione cronologica dei due autori, ma investe una più delicata disputa sull'originalità delle loro opere e sugli inizi della letteratura cristiana. Dopo un intenso periodo di adesione al cristianesimo (196-206), il rigorismo morale insito nel suo carattere porta Tertulliano ad avvicinarsi alla setta dei montanisti, la cui intransigenza ed entusiastica attesa di un prossimo giudizio finale rispondevano alle esigenze del suo temperamento. Da questa setta poi si allontana perché deluso dai princìpi e dalle pratiche che essa richiedeva ai suoi adepti (penitenza, digiuno, esaltazione del martirio) per fondare una propria setta (tertullianismo), ispirata ad una moralità ancora più rigorosa. Incerto è l'anno della morte, avvenuta probabilmente tra il 220 e il 230 (di lui non si hanno più notizie dopo il 220). Di lui ci sono pervenuti 31 scritti che vengono solitamente raggruppati in base al genere e al periodo di composizione:

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negli anni di adesione al cristianesimo compone: Ad nationes, Apologeticum, De testimonio animae (di carattere polemico-apologetico); Adversus Iudaeos, Ad martyras, De spectaculis, De oratione, De patientia, De cultu foeminarum, Ad uxorem (di carattere parenetico; dal gr. parainetikós, derivante dal verbo parainèin, "ammonire, esortare"); De praescriptione haereticorum, Adversus Hermogenem (di carattere antiereticale); De baptismo e De paenitentia (di carattere liturgico e penitenziale);

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negli anni in cui si manifesta l'influsso del montanismo (207-212) compone: Ad Scapulam (di carattere apologetico); De idolatria, De corona, De exhortatione castitatis, De virginibus velandis (di carattere parenetico); Adversus Marcionem, Adversus Valentinianos, De anima, De carne Christi, De resurrectione mortuorum, Scorpiace (di carattere antiereticale);

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negli anni infine di rottura con l'ortodossia cristiana e con la Grande Chiesa compone: De fuga in persecutione, De ieiunio adversus psychicos, De pallio (di carattere parenetico); Adversus Praxean (di carattere antiereticale); De monogamia, De pudicitia (di carattere sacramentale).

 

Cecilio Cipriano, presbitero e vescovo di Cartagine dal 249 al 258 quando muore martire sotto Valeriano. Di lui citiamo i trattati de catholicae ecclesiae unitate, de lapsis (lettera pastorale che deplora la defezione di molti cristiani durante la persecuzione), ad Donatum (scritto apologetico in cui elabora il tema della trasformazione interiore operata dal cristianesimo), de dominica oratione (spiegazione molto interessante del "padre nostro"), de mortalitate, de habitu virginum ecc. Importante è anche una raccolta di Lettere, significative per lo studio della vita della chiesa dell'epoca. Abbiamo poi gli Atti del martirio e la Vita di Cipriano scritta dal diacono Ponzio, la più antica biografia cristiana (pregevole più per l'ideale del vescovo che propone che per il valore storico).

Arnobio il vecchio, retore di Numidia, che alla conversione nel 303 scrive un trattato (incompleto) adversus nationes, in 7 libri in cui combatte la religione tradizionale, più che difendere la nuova fede.

Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, discepolo di Arnobio, che troviamo nel 316 a Treviri con la funzione di pedagogo di Crispo, figlio di Costantino. A questo autore è stato attribuito il titolo di "Cicerone cristiano", per la finezza della cultura e la classicità della lingua. Il suo scritto apologetico in 7 libri è intitolato divinae institutiones e, oltre ad essere un'apologia contro il paganesimo, si prefigge di fornire un manuale di cultura cristiana. Ricordiamo inoltre il de opificio dei e il de ira dei.

Ippolito (+235), presbitero della chiesa romana, fu di fatto autore di lingua greca versatile per ingegno e per numero di opere scritte, anche se più dotto e occupato in questioni pratiche che originale e profondo. Esercitò un notevole influsso su autori come Ambrogio e Girolamo, mentre molto più numerosi furono gli scrittori che ne rimasero influenzati. Entrato in conflitto con papa Callisto ed eletto antipapa, fu capo di uno scisma che si protrasse sotto i pontificati di Urbano e Ponziano. Alla fine della sua vita si riconciliò con la chiesa e venne onorato come martire essendo morto in esilio. Di lui è conservato lo scritto intitolato philosophoumena dove, confutando le eresie del tempo, dimostra che gli eretici hanno attinto agli autori pagani e non alla tradizione cristiana. Nella seconda parte dello scritto elenca ben 33 sistemi gnostici che abbina a sistemi di pensiero pagani. Delle opere Syntagma, Commento su Daniele, Scritti esegetici di Ippolito abbiamo solo versioni in varie lingue, come pure in versione e in citazioni di altri autori abbiamo frammenti della sterminata produzione di questoa utore.

 

Scritti dei papi - sotto questo nome vanno numerose lettere dei papi del III secolo (Callisto 217-222, Ponziano 230-35, Cornelio 251-53, Lucio I 253-54, Stefano I 254-57, Sisto II 257-58, Dionigi 259-68, Felice I 269-74) che tuttavia ci sono pervenute solo in versioni o citazioni di altri autori.

Novaziano. FDi lui si sa che verso il 250 occupava un posto importante nel clero romano e che probabilmente morì martire sotto Valeriano, dopo aver guidato uno scisma riforista essendosi fatto nominare antipapa da altri tre vescovi. I suoi seguaci si definivano i katharoi (=puri) in quanto escludevano per sempre dalla chiesa gli apostati dalla chiesa e coloro che si erano macchiati di peccato mortale. Di lui sono rimasti de Trinitate (interessante trattato in prosa ritmica, composto prima del 250, in cui combatte l'eresia monarchiana e ritiene il Figlio subordinato al Padre e lo Sprito Santo subordinato al Figlio) e de cibis iudaicis (attribuiti a Tertulliano) e de spectaculis e de bono pudicitiae (attribuiti a Cipriano). Girolamo cita altri scritti andati perduti.

Commodiano, ritenuto il più antico dei poeti cristiani latini, tuttavia la datazione degli scritti di questo personaggio è molto controversa e varia dal 300 al sec. V. Le Instructiones sono 2 libri che contengono 80 componimenti acrostici di cui il primo a carattere apologetico contro i pagani e i Giudei, il secondo si rivolge ai catecumeni e ai fedeli con varie esortazioni. Il Carmen apologeticum si propone di convincere pagani e Giudei a convertirsi al cristianesimo che espone in 1060 esametri. Interessante la descrizione degli avvenimenti escatologici, mentre per la dottrina si colloca nella linea degli scritti eretici e chiliastici.

Vittorino di Pettau (+340), vescovo di Ptuj in Slovenia, probabilmente greco di origini morì martire sotto Diocleziano. Scrisse in un latino non troppo elegante vari commenti alla bibbia, ma a noi è pervenuto solo il suo Commento all'Apocalisse in cui manifesta tendenze millenariste. Abbiamo anche un trattatello de fabrica mundi sulla settimana della creazione e forse a lui dobbiamo la traduzione dell'opera adversus omnes haereses trasmessa in appendice al de praescriptione di Tertulliano.

tratto da www.luzappy.it

 

 

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