La
globalizzazione.
La globalizzazione a livello mondiale è un fatto, un fenomeno, ma noi, io e gli
altri membri della Gorbachev Foundation, dopo averlo studiato per tre anni,
abbiamo scoperto che la globalizzazione non è soltanto una chance, ma porta
anche a dei pericoli. Qualcuno dice che le cose devono andare per se stesse, che
vinca il più forte e muoia il più debole; darwinismo sociale. Anche questa una
filosofia, ma può essere una base per una politica seria? Poi c'è qualcuno che
dice che i Paesi in via di sviluppo, che stanno seguendo i più industrializzati,
devono fare capo a questi Paesi industrializzati, devono essere westernizzati.
Io, a questo punto, mi chiedo: qual è la differenza tra questo tipo di mentalità
e l'idea comunista di rendere tutti felici sulla Terra, imponendo ai popoli il
modello comunista?
Si pone sempre questa domanda: abbiamo imparato o no la lezione del XX secolo?
Più precisamente: abbiamo imparato la lezione più importante, che ha dimostrato
in modo veramente convincente che la violenza non è una strada per costruire il
mondo? Ci sono state idee di non violenza, di riavvicinamento, ma in fin dei
conti ha vinto la politica che aveva come base la contrapposizione delle
ideologie.
Vorrei aggiungere che mi è anche capitato di difendere gli Stati Uniti.
In una tavola rotonda in un Paese arabo, ad Amman, dal tema:
Il mondo arabo nel mondo che si sta globalizzando.
Si sono riuniti scienziati, politici, ex-ministri, ex-primi ministri di tutto il
mondo arabo.
All'inizio hanno cercato di farci il lavaggio dei cervelli!
L'opinione degli arabi era:
Macchè globalizzazione! E' un nuovo colonialismo! Molto strano che Gorbachev e
la sua Fondazione stiano approfondendo questo tema...
Io sono stato costretto a intervenire 3 volte, difendendo gli Stati Uniti e il
loro pensiero.
...Ho svolto un ruolo nuovo!
Il mondo
di oggi.
Con la fine della Guerra Fredda, molti Paesi si sono aperti. Ovviamente, diversi
Paesi avevano diverse condizioni di partenza. Il risultato è stato il seguente:
i Paesi industrializzati sono riusciti a sfruttare per il meglio i fenomeni
della globalizzazione - nel loro interesse.
Il mondo
di domani.
Se prima le cosiddette forbici tra i Paesi ricchi e poveri si erano ridotte,
dopo la Guerra Fredda si sono allargate di nuovo. E invece, se cresce la
povertà, la miseria, non ci si può aspettare una pace stabile. Io dico che noi
abbiamo bisogno di una nuova filosofia, per il XXI secolo, per accogliere la
sfida ecologica, informatica, di globalizzazione. Abbiamo bisogno di una certa
governabilità, perché il caos e uno sviluppo non controllato è una strada
pericolosa. Noi dobbiamo pensare: la Guerra Fredda è finita, ma i conflitti
perdurano, persino in Europa. Questa è una specie di reazione alla
globalizzazione. Perché molti Paesi hanno paura di perdere la propria identità,
la propria storia. Per questi Paesi la globalizzazione è una specie di rullo
compressore che livella tutti. Per la gente questo futuro è peggio di una vita
in caserma. E quindi dobbiamo parlare di una rivoluzione nei cervelli, nella
mentalità. Perché tutte le rivoluzioni, prima, sono nate nella testa della
gente: la nascita del Cristianesimo, ad esempio, per quanto riguarda soprattutto
i valori. Oppure il periodo del Rinascimento; oppure quello che hanno fatto i
Materialisti francesi, avvenimenti prima della Grande rivoluzione. E poi gli
eventi che hanno fatto nascere il Comunismo sono state sempre risposte alle
sfide della vita, di ogni epoca, e ricerca e volontà di trovare risposte a
questa sfida.
Questa, appunto, è la nostra responsabilità: scegliere i punti di riferimento, i
valori. Ecco perché io, parlando in diverse occasioni, preferisco citare le
parole di Giovanni Paolo II: perché la sua idea coincide con la mia visione del
mondo.
Il nuovo ordine mondiale dev'essere più stabile, più giusto e più umano.
...Per il momento è sufficiente, ma dobbiamo scegliere questi valori come punti
di riferimento quando prendiamo decisioni per il futuro.
Le
Rivoluzioni
Anni fa, una delegazione francese, trovatasi a Pechino, ha chiesto a Lu Shau Tzi
che idea avesse della Rivoluzione francese. E lui ha risposto:
è un po' prematuro trarre conclusioni.
Noi spesso abbiamo fretta: o condannando una cosa, un fenomeno, un argomento,
oppure sollevandolo a livelli irraggiungibili. Però credo e dico che costruire
le immagini del futuro, cercando di pianificare passo per passo tutta la vita
del futuro, è una cosa insensata, perché non è l'orario dei treni o il menu di
un ristorante italiano.
Il
modello americano.
Le rispondo raccontandole quest'aneddoto: festeggiando i 75 anni della rivista
Times, Bill Clinton, nel Times, ha scritto che il XX sec. è stato degli Stati
Uniti, aggiungendo che il XXI dovrà diventare un secolo americano.
Allora io ho risposto a Clinton, sempre sul Times: il mio articolo era
intitolato
"Rileggendo John Kennedy".
Infatti, il 10 giugno 1963, John Kennedy, in un'università americana, disse
questo:
"se voi credete che il mondo futuro debba essere il mondo della pax americana,
io non posso che constatare che o il mondo sarà per tutti, o non ci sarà più".
Queste sono le posizioni che io condivido.
Qualche anno fa ho avuto una discussione a S. Francisco con l'ex segretario
degli Stati Uniti Prof. Schultz, dell'Università di Stanford. Io ho detto: "Voi
americani ci volete sempre programmare il nostro futuro; ci raccomandate l''american
way of life!
Probabilmente ogni popolo, ogni nazione ha degli elementi utili anche per altre
nazioni - lo scambio di questi elementi utili è qualcosa che ci permette di
muoverci e di andare avanti. Noi, per esempio, possiamo prendere molto dagli
americani e lo stiamo facendo; nello stesso tempo voglio dire che non possiamo
prendere tutto. La cosa più importante è che tocca a noi russi di decidere se
vogliamo prendere o no qualche concetto americano, perché voi americani ce li
volete imporre.
...Il vostro Paese ha solo 200 anni di storia... noi, qualche millennio."
Il fatto che voi americani abbiate muscoli economici, non è un motivo per
imporre a noi tutto quello che state facendo.
I muscoli che avete sono frutto di una coincidenza storica, che con il passare
del tempo cambierà.
In fin dei conti, accettiamo i vostri standard di vita; però dico: voi americani
siete 270 milioni, ma per garantire i vostri standard, sfruttate il 44% delle
risorse economiche del mondo.
Vogliamo immaginare che succederebbe se altri 5 miliardi e mezzo della
popolazione umana accettassero i vostri standard? Il mondo si spingerebbe verso
la catastrofe.
Le sfide
del prossimo millennio.
Persino con la formazione di un mondo interdipendente, unico, noi dobbiamo
salvaguardare le culture, le Nazioni e tutta la molteplicità del mondo umano e
della natura. Credo che dobbiamo studiare l'esperienza dei Padri della
democrazia americana, anche perché gli americani sappiano che noi studiamo e
seguiamo con attenzione quello che sono riusciti a conquistare gli americani
stessi.
Gli storici sanno che quando i Padri della democrazia americana si sono messi a
scrivere la Costituzione, è scoppiata una discussione per cui loro per poco non
si sono separati. Loro non riuscivano a mettersi d'accordo su quale dovesse
essere la società americana. Poi hanno preso una giusta decisione: si devono
creare di volta in volta le regole del gioco, che dovrebbero permettere alla
società americana, alle persone, ai soggetti della civiltà americana, di fare le
scelte più giuste nelle diverse situazioni.
Il nuovo
ordine mondiale.
Noi abbiamo bisogno di questo nuovo ordine mondiale, una specie di raccolta di
queste regole. Che dovrebbe riconoscere la molteplicità del mondo, costruita sui
principi del rispetto della tolleranza. Solo così, andando avanti, passo per
passo, saremo in grado di costruire quel mondo di cui necessitiamo.
Quando aspireremo ad un nuovo mondo, chi dovrà partecipare alla sua costruzione?
I politici. Molto dipende da loro; perché quando essi commettono errori, nemmeno
gli artisti sono in grado di riparare agli errori commessi.
Le sfide del prossimo
millennio.
La bellezza salverà il mondo. Non sappiamo quando. Dovremo forse attraversare
tante altre sofferenze. Fare tanti altri sacrifici. Io dico che gli operatori
economici devono capire che il loro obiettivo non dev'essere solo il profitto,
ma anche i problemi sociali, di povertà ed ecologici. Situazione assolutamente
nuova per il business. Solo la scienza ci può fornire il sapere nuovo che possa
garantire meccanismi nuovi per la crescita demografica. Ecco perché non è
sufficiente un dialogo solo tra i politici. Ci vuole tra gli scienziati, gli
esponenti culturali, le confessioni religiose. Tutto ciò deve far parte di una
cultura nuova. Dobbiamo purtroppo constatare che ci mancano le ricerche
intellettuali, dobbiamo capire in quale sistema di coordinate stiamo vivendo. E
come questo sistema possa essere riflesso nei cervelli della gente.