Il
premier billionaire di MICHELE SERRA
(Repubblica.it)
ESSERE qui a interrogarci sulla bandana di
Berlusconi non è esattamente quello che avremmo
sperato di fare nella nostra vita adulta.
Evidentemente, ognuno ha i rovelli che si merita.
A noi tocca, da qualche anno, soprattutto
verificare e controllare, giorno dopo giorno, che
gli elementi di commedia rimangano prevalenti,
nella vicenda italiana contemporanea, rispetto a
quelli potenzialmente tragici.
Da questo punto di vista, il Bandana-Day è un
segnale abbastanza controverso. Da un lato
tranquillizza: è difficile immaginare un uomo con
la bandana asserragliato a Palazzo per indire un
golpe - al massimo starà covando un gavettone.
Dall'altro inquieta, come accade ogni volta che
un uomo di potere dà segni percettibili di
squilibrio.
Per esempio ricevendo un capo di Stato straniero
vestito come in un pigiama-party dei primi anni
Ottanta. I tabloid inglesi, banalizzando una
volta di più, avevano sgridato i coniugi Blair
perché andavano ospiti "del nuovo Mussolini".
Categorie decrepite, bassezze antitaliane. Il
mistero (e l'orrore) del berlusconismo non sta
nella replica di vecchi stili, ma nella gioiosa
abrogazione di qualunque stile (o, se volete,
nell'adozione alla rinfusa di tutti gli stili,
postmodernamente e televisivamente, per far
ridere gli amici e per compiacere la clientela di
ogni ordine e grado).
La bandana di Berlusconi, non a caso, è di
classificazione complessa: una specie di
multibandana, riassuntiva di tutte le bandane. In
quel luogo e in questa stagione il primo effetto,
quello principale, è briatoresco, da
frequentatore anziano, gioviale e ricco di luoghi
notturni, alla Billionaire, con un possibile
rimando ai "cumenda" milanesi nella Alassio del
Muretto. Cafone ma allegro, il tipico, eterno
frescone italiano che offre da bere e conosce
l'ultima. Berlusconi, insomma.
Poi la bandana, ovvio, farebbe pensare a Pantani,
e alle legioni di emuli abbronzati e muscolosi
che pedalano ovunque, più o meno impasticcati e
più o meno felici. Ma il riferimento al Pirata è
poco olimpico, tenebroso nei suoi esiti da
cronaca nera, ulterioremente oscurato dal piccolo
trionfo ateniese di Ciampi e dei suoi livornesi
d'oro. No, Pantani non è la pista giusta.
Da non escludere un pizzico di civetteria da
lifting, per far pensare che magari, sotto la
pezzuola, è in vigoroso divenire un bel
rinfoltimento di capelli. Farlo pensare anche se
non è vero niente, come certe dame quando si
trattengono a lungo in bagno lasciando intuire
preparazioni raffinatissime, e invece magari
stanno solo leggendo Topolino.
Infine e forse soprattutto la bandana, anche se
se la tira da accessorio di gran moda, è la
chiara evoluzione del fazzoletto poggiato sulla
testa (quattro nodi alle quattro cocche, a far da
contrappesi) di tutti i Fantozzi di tutte le
epoche, quelli che scaricano dal bagagliaio il
cocomero e le carte da ramino per trascorrere la
domenica su grami praticelli riarsi. E si
asciugano il sudore sulla fronte. Un tocco
popolare molto andante, come sempre ideale per
far dire "in fondo Lui è come me" anche ai paria
che in Costa Smeralda sarebbero allontanati dai
gorilla, anche ai disgraziati che bivaccano sui
moli di Porto Cervo per fare vip watching.
Se Berlusconi abbia di queste sortite per
demagogia calcolata o per schietta vocazione non
è mai stato chiaro. E in fondo non è nemmeno
interessante. Più interessante, come si diceva
prima, sarebbe stabilire se il suo reiterato e
gongolante oltraggio alla forma, allo stile e
alle regole di qualunque ordine e grado sia solo
un pittoresco e in fondo innocuo corredo della
decadenza repubblicana, oppure il presagio di una
definitiva pazzia narcisista, tipo quello che
fece senatore il suo cavallo, o quello che rifece
la Costituzione perché non contemplava, tra i
suoi articoli fondamentali, un elogio della
bandana, specie se indossata su completino
bianco.