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Guzzanti e Tarantino

 

La prima impressione che si ha di fronte all’archiviazione giudiziaria, l’una dopo l’altra, da due diverse procure della Repubblica, delle indagini che hanno dato vita nell’attuale legislatura rispettivamente alla commissione Telekom Serbia e a quella sul caso Mitrokin è quella, da una parte, di sconcerto e, dall’altra di conferma di un’ipotesi di politica avanzata subito all’inizio della legislatura dalle forze di opposizione e da una parte non piccola dell’opinione pubblica nazionale.

Nell’uno come nell’altro caso, la maggioranza di centrodestra uscita vittoriosa dalle elezioni politiche del 13 maggio 2001 decide di istituire due commissioni d’inchiesta non per accertare questioni di interesse generale, ma per processare di fronte al paese le forze politiche che erano state al governo nella precedente legislatura.

E, nel primo caso, quello della Telekom Serbia, il presidente Trantino tenta inutilmente di montare una massiccia offensiva scandalistica contro tre leader dell’opposizione ma i testimoni, emersi dal profondo di oscure vicende di malaffare, non sono in grado di dimostrare quello che dicono e al contrario cadono in una tale serie di clamorose contraddizioni da finire loro stessi indagati e perseguiti dalla magistratura.

Il presidente di una commissione parlamentare che fosse minimamente coerente con la sua alta funzione istituzionale dovrebbe necessariamente dimettersi e lasciare il campo e la carica ricoperta. Ma il presidente Trantino resta imperturbabile al suo posto e chiede addirittura al Parlamento la proroga e il rifinanziamento della commissione fino alla fine della legislatura. Per fare che cosa, nessuno è in grado di capire né di ipotizzare. Ma chiudere la commissione significherebbe per Trantino e i suoi colleghi della maggioranza dimostrare agli italiani l’inutilità, per non dire di peggio, della commissione istituita a suo tempo.

Quanto al caso Mitrokin, il pretesto è stato dall’inizio ancor più discutibile giacché si tratta di vicende legate agli anni della guerra fredda e già giudicate dalla magistratura in più occasioni come esenti da profili penali rilevanti. Inoltre il presidente della commissione Guzzanti ha tentato per due anni fitti, senza minimamente riuscirci, di dimostrare che i governi dell’Ulivo avevano influito sui servizi segreti italiani per impedire che si facesse luce sul dossier del sovietico Mitrokin, giudicato a suo tempo di nessun rilievo dalla Cia e regalato da quest’ultima ai servizi segreti britannici e poi a quelli italiani.

Tutti i tentativi dell’opposizione parlamentare di ottenere gli originali russi del dossier Mitrokin sono stati resi vani dalla presidenza della commissione e nulla di rilevante è emerso dal dossier sicuramente manipolato nel passaggio dai servizi britannici a quelli italiani.

Ma anche qui non si intende rinunciare all’arma fin dall’inizio spuntata e si vuole proseguire fino alla fine della legislatura sempre alla ricerca di accuse infondate verso la maggioranza della scorsa legislatura.
Quel che si ricava dai due episodi è il tentativo, ormai fallito di usare le commissioni di inchiesta parlamentari non con lo scopo di rilevare fatti o vicende di interesse generale, come in passato era sempre successo a partire dall’unificazione italiana, ma soltanto usarle come capi d’accusa contro l’ex maggioranza.

Peccato che l’attuale coalizione di centrodestra non sia stata in grado per ragioni tecniche prima ancora che politiche, di muoversi con un minimo di conoscenze nella società italiana, di cui pure fa parte. Così va incontro a veri e propri boomerang come quelli della Telekom e del caso Mitrokin, l’una e l’altro rivelatisi eloquenti non sulle responsabilità dei governi dell’Ulivo, ma sull’incapacità insieme tecnica e politica della nuova maggioranza a fare il proprio mestiere.