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"Farò il mercato nero" Cecchini tuona dalla sua bottega: "Come se ci togliessero la Divina Commedia" (*) di CLAUDIA RICONDA FIRENZE - "È
come se mi staccassero un braccio", dice. "Un pensiero
nero, qualcosa di terribile, insopportabile. La bistecca alla
fiorentina senza l'osso. E come la Toscana senza la Divina Commedia,
la storia che si cancella, le radici strappate. È non
sapere più chi si è". È smarrito sul
serio, Dario Cecchini. Non credeva, non immaginava. "Travolti
fino a questo punto no, in balia delle paure, della psicosi di
massa, pronti a cancellare la nostra tradizione per ignoranza".
Lui, il poeta della bistecca, l'artigiano della fiorentina, dalla
sua bottega di Panzano è pronto a una nuova resistenza.
"Così, di pancia, dico che non mi arrendo, che venderò
di contrabbando le mie bistecche con l'osso, farò come
i carbonari, mi darò alla clandestinità. Ma io
l' entrecôte alla francese non la venderò mai".
E mica perché ce l'ha con i francesi, ma no. Ma perché
Cecchini è uno che se si guarda la mano non ci vede solo
la sua, ma quella di tutti i Cecchini che prima di lui hanno
tagliato una bistecca, c'è quella del bisnonno, del nonno,
del padre, di tutta la famiglia che per duecento anni lì
a Greve, dove ora arrivano da tutto il mondo per comprare la
sua carne, ha fatto dell'essere macellai non solo un mestiere,
ma una forma di fedeltà alla propria terra, alla storia
e alla memoria. Che per Cecchini non è tanto ritrovarsi
con il grembiule sporco di sangue a decantare Dante in bottega
con la gente che lo guarda a occhi spalancati oppure sentirlo
recitare a memoria Prezzolini, come fa adesso: "Fatti avanti,
bistecca sui ferri, tagliata nel manzo giovane, con la costola
attaccata; tu somigli a una lastra di broccatello, rosso e venato
di bianco; tu vai cotta con gran fuoco di carbone di leccio dall'una
e dall'altra parte" e la sa tutta davvero. Il senso di appartenenza
è più profondo, è il poter dire come fa
lui: "Me la ricordo ancora, la mia prima volta, la mia prima
fiorentina. Avevo sedici anni e una paura grande. Il babbo che
mi guardava e io che sentivo di fare qualcosa di sacro. Ed è
ancora così: per un artigiano toscano tagliare una bistecca
è come per il prete dare la benedizione alla fine della
messa.È l'atto finale della liturgia della carne".
E allora si capisce come sia un pensiero nero, per lui, la fiorentina
senza l'osso. "Siamo al sonno della ragione, al nuovo Medioevo.
E di fronte all'ignoranza, solo la scienza e la cultura possono
far luce. E allora, rispondetemi: finora, cari esperti, ci avete
detto che i capi a rischio erano quelli sopra i trenta mesi,
giusto? E allora che c'entra la bistecca alla fiorentina, cos'è
questa paura dell'osso? La nostra tradizione vuole che si lavorino
solo bestie fra i 12 e i 18 mesi, cioè vitelli. Questo
facciamo e questo abbiamo sempre fatto. Se ci togliete l'osso,
dovete dire perché, darci una spiegazione scientifica,
basata su dati e analisi. Altrimenti è solo terrorismo
alimentare, un uccidere la toscanità". Perché
in fondo cosa resta della fiorentina se le si toglie l'osso,
si chiede Torello Latini, nome storico della ristorazione toscana:
"Una braciola". |
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Arriva Bush, per Clinton un triste addio (*)
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nuova moda dell'anno Trucchi e segreti per essere in Rete Oggi è possibile gratis e senza conoscere "linguaggi" difficili di programmazione (*) di FRANCESCA
TARISSI |
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allo studio della "Crusca" Gli accademici impegnati nel trovare un termine equivalente (*) Gli accademici
della Crusca avranno un bel daffare a scegliere tra il centinaio
di proposte giunte sul loro tavolo, a Villa Medici a Firenze,
per tradurre con una parola italianissima il termine inglese
e-mail, che nel linguaggio di Internet è sinonimo di posta
elettronica. Le traduzioni più varie, che vanno da "e-lettera"
a "nomela", da "etera" a "e-missiva",
saranno prese in considerazione dal neonato Centro di studi e
di consulenze sull'italiano contemporaneo, costituito presso
l'Accademia della Crusca, la secolare istituzione fiorentina
incaricata di preservare la purezza della lingua italiana. |
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(*) articoli tratti da "la Repubblica" del 20.01.2001 |
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