Associazione Esposti Amianto

e ad altri rischi ambientali del Veneto

 
 

 

COMUNICATO STAMPA

 

Giuliano Cazzola, uomo di fiducia del Ministro Maroni e da questi nominato presidente della commissione amianto insediata presso lo stesso ministero, rilancia l'allarme ed il lamento confindustriale sul problema pensioni e questa volta ritorna su una questione di assoluto interesse per migliaia di lavoratori che sono stati esposti alle polveri cancerogene dell'amianto e per i loro familiari; non  a caso proprio alla vigilia dell’approvazione di un testo di legge unificato, che dovrebbe modificare la legge del 27 marzo 1992, n, 257.

 

Per evitare di finire vittime di una operazione di bassa macelleria, preparata con un fuoco di sbarramento ad alzo zero sul Sole 24Ore di lunedì 21 ottobre e che ha impegnato, con un ampio richiamo in prima, l'intera pagina 4 e le firme di tre giornalisti. È bene fare qualche precisazione.

Non è poi detto che non venga seguita a ruota da altro quotidiani  sensibili alle sirene della Confindustria.

I problemi in campo, sia pur sinteticamente si possono così riassumere:

 

1) i benefici previdenziali previsti per coloro che sono stati esposti per più di 10 anni, e che per loro fortuna non abbiano contratto una malattia asbesto-correlata (il cui riconoscimento rimane affidato all'INAIL) riguardano quasi esclusivamente gli assunti dopo il 1965 e prima del 1975; lavoratori che hanno quindi una contribuzione previdenziale variante tra i 27 ed i 37 anni.

 

2) la legge prevede che sia il lavoratore a dover dimostrate l'esposizione subita attraverso un iter burocratico che vede datore di lavoro e INAIL schierati come controparti;


3) se l'esposizione è stata prolungata, il beneficio può consentire, sommandolo ai contributi previdenziali degli anni di effettivo lavoro, il raggiungimento dell'età pensionabile.

 

Vanno aggiunte altre informazioni:

 

1) nel nostro Paese e fino ad oggi, i lavoratori morti per esposizione professionale all'amianto sono migliaia ( solo di Mesotelioma sono circa 1000 l’anno; proporzionalmente il doppio rispetto ai residenti degli USA) e che le stime più caute prevedono ancora .circa 2000.- 2500 l’anno, comprese le neoplasie amianto correlate con il picco massimo nel 2010-2015;

    
2) già negli anni '60 era ben nota anche in Italia la pericolosità dell'amianto la cui azione cancerogena era stata ampiamente dimostrata e ribadita a livello internazionale con studi scientifici che negli anno '30, '40 e '50 (Selikov ed altri) hanno coinvolto decine di migliaia di lavoratori esposti professionalmente;

 

3) fino alla promulgazione della legge 257/92 che ha bandito nel nostro Paese l'estrazione, il commercio e l'utilizzo dell'amianto e dei suoi prodotti, l'AUA (Associazione Utilizzatori Amianto) il "cartello" dei produttori e utilizzatori della sostanza cancerogena hanno tentato, con varie complicità, di accreditare l'idea criminogena che esistesse un possibile uso sicuro di questo materiale.

 

L'accanimento con cui gli industriali del settore hanno ostacolato l'iter legislativo della legge si spiega bene nelle ottime caratteristiche meccaniche dell'amianto e nel suo basso costo che garantiva elevati e sicuri arricchimenti.

 

Uno dei tre giornalisti (Marco Peruzzi) calca l'acceleratore sullo sbilancio che la legge andrà a produrre sui conti dell'INPS; l'articolo, che è corredato da tabelle previsionali dimostrative, inizia: "L'amianto non mette in pericolo solo la salute dei lavoratori, ma anche i conti previdenziali".

 

Nulla di meno vero e di più falso nelle argomentazioni del giornalista che dimentica di mettere nel conto - e questa è una certezza non una previsione - l'aggravio di spesa sanitaria, i morti e le responsabilità di chi, facendo lauti profitti, ha impestato con l'amianto il bel Paese (coibentazioni, eternit, etc.) e oggi gradirebbe essere dimenticato, o almeno non venir chiamato in causa per un risarcimento dei danni prodotti ai singoli ed alla comunità; vuoi sul versante dell'inquinamento che su quello della previdenza. Si afferma nell'articolo che qualcuno sta stornando i soldi previsti in bilancio per la cassa integrazione, dirottandoli a copertura della legge sull'amianto, e dove sarebbe il problema?

 

Ma se un problema esiste invece è quello di attivare iniziative che portino al recupero dei contributi INAIL; quelli che a suo tempo non vennero versati per i dipendenti esposti e che l'Inail non ha mai voluto accertare. Il Ministero del Lavoro, Inail ed altri che nel novembre del 1995 per supplire ad inesistenti carenze legislative si sono "inventati" un livello di esposizione di 100 ff/litro in sintonia con stravaganti interpretazioni giurisprudenziali; livello al di sotto del quale l'esposizione non viene riconosciuta al lavoratore.

 

Una posizione censurata dalla Corte Costituzionale che si è dovuta pronunciare ben due volte per ribadire la piena applicabilità della legge così come è uscita dalla penna di un legislatore. Legislatore che sembra aver preso coscienza di come il problema dell'esposizione coatta all'amianto di centinaia di migliaia di lavoratori, privi di adeguati mezzi di protezione,  si potrebbe tranquillamente configurare come  un'azione stragista. La legge sull'amianto che all'art. 13 commI 7 e 8 è una legge che propone un risarcimento, seppure parziale e tardivo, per intere categorie di lavoratori che grazie alle condizioni di lavoro imposte risultano avere ridotte aspettative di vita e l'incubo quotidiano di una morte atroce.

 

In buona sostanza colui che è stato vittima ignara viene oggi rappresentato come il bandito che da l'assalto alla diligenza dell'INPS. La pensione, per molti di questi lavoratori diventa una meta non raggiungibile; se tutto questo è un ³elisir di lunga vita² sono ben disponibili a regalarlo a chi lo crede.

 

Giuliano Cazzola, l'ex sindacalista che ha saltato il fosso è scatenato. A suo avviso la legge 271/93 con cui il legislatore riconosce l'esposizione all'amianto come un danno che va risarcito, è il frutto avvelenato di un "colpo di mano parlamentare"; il riconoscimento dei benefici previdenziali a tutte le categorie di lavoratori esposti (es. i ferrovieri) - ribadito dalla Corte Costituzionale - rappresenta una "comune iniquità" che nella situazione data diventa "una quasi-equità". I "prepensionamenti da amianto", così li definisce Cazzola, rischiano a breve di raggiungere e magari superare quei 400mila posti di lavoro soppressi, che hanno permesso, per un intero decennio, le "tranquille" ristrutturazioni e hanno interessato l'intero sistema industriale. I costi sono stati scaricati, dalla politica, sulle spalle robuste dei lavoratori che hanno visto decurtata la previdenza e peggiorate condizioni di lavoro e di vita.

 

Cazzola che indaga la previdenza nazionale, da molto tempo - l'INPS in particolare - e lancia continui allarmi denunciando squilibri spaventevoli e sponsorizza la prospettiva di un dissesto prossimo venturo dimostra di avere un solo problema: il denaro che viene destinato alla previdenza, non è più nelle disponibilità dello Stato per soddisfare le pressanti richieste di una Confindustria oltremodo famelica.

 

I suoi datori di lavoro si lamentano e lui abbaia. L’obiettivo che gli è stato dato è appoggiare l¹operazione in atto per stravolgere l¹attuale legge e lui, zelante, abbaia.

 

Le leggi 257/92  e 271/93 sono state un atto di civiltà e di giustizia e chi come Cazzola li ha ritenuti un colpo di mano non lascerà nulla di intentato per cancellarli, qualificando l’ex sindacalista  ed  i suoi nuovi protettori per quelli che sono.

 

 

SI FA APPELLO A TUTTI I LAVORATORI  DI MOBILITARSI E  RIVOLGERSI AI PROPRI SINDACATI DI CATEGORIA AL FINE DI BLOCCARE GLI INTENDIMENTI CONFINDUSTRIALI E GOVERNATIVI.

 

 

Padova 21 ottobre 2002

 

                                                                                                                      Per l’ AEA

                                                                                                            C. Mandosio. A. Neri